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Venerdì, 19 Marzo 2010 22:09

L'universo in danza. Tradizioni patristiche sulla dormizione della Madre di Dio (Rosario Scognamiglio)

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Più che tracciare una panoramica di questa plurisecolare tradizione, che inevitabilmente risulterebbe incompleta, nonché ripetitiva, si tenterà di presentare uno "spaccato" di essa assumendo due esempi della tradizione del cristianesimo orientale, che per alcuni versi lo riassumono e lo rappresentano: S. Giovanni Damasceno e Nicola Cabasilas.

L'universo in danza
Tradizioni patristiche
sulla dormizione della Madre di Dio

di Rosario Scognamiglio o.p.

"O straordinario prodigio!
La fonte della vita è deposta nel sepolcro, e la tomba diventa scala verso il cielo.
Rallegrati o Getsemani, santuario della Madre di Dio!
Acclamiamo pure, o fedeli, con le parole dell'arcangelo Gabriele:
Rallegrati o piena di grazia, con te è il Signore che per mezzo tuo ha elargito
al mondo la più grande misericordia!"

Gli sticherà vespertini delle chiese bizantine per la solennità della Dormizione della Vergine Maria (15 Agosto) sono introdotti da questo tropario, che è una delle testimonianze più antiche della festa (risale probabilmente al sec. V). Infatti sul suo motivo melodico (ritmotonico) si basano numerose antifone o tropari posteriori, composti per la medesima solennità mariana.

Rileviamo la semplicità del canto1 e allo stesso tempo la sobrietà e la pregnanza teologica del suo impianto. Sobrio il riferimento ai testi apocrifi; ben solida l'intelaiatura biblica.

Il sepolcro, che comunemente accoglie un morto, si apre ad un duplice prodigio: da una parte accoglie colei che come fonte ha generato nel tempo la Vita stessa; dall'altra, diventa scala per il cielo, dove è trasferita Maria. Il giardino del Getsemani, dove è deposto il suo corpo, è salutato come luogo sacro o santuario della Madre di Dio, senza altra precisazione. Il tutto è fondato sulle parole dell'angelo Gabriele: Salve o piena di grazia, il Signore è con te (Lc 1,28). L'ultimo verso ha una significativa struttura a coppie: il biblico metà sou si risolve nel dià sou; il biblico titolo kecharitomene motiva il mèga éleos indicante la disposizione divina, l'opera stessa della redenzione, in vista della quale la santità di Maria è voluta e preordinata da Dio.

"In nuce" abbiamo dunque i seguenti clementi:
a) l'economia divina (méga éleos);
b) la sinergia di Maria (dià sou);
c) il nesso profondo con la cristologia (metà sou);
d) il rapporto dialettico morte-vita;
e) la tensione e l'unione terra-cielo, nell'immagine della scala che li congiunge, come nella biblica visione di Giacobbe.

Con questi cinque motivi, intrecciati in uno tra i più antichi canti dell'Oriente sulla Dormizione della Vergine, siamo davanti a una preziosa sintesi di mariologia, che verrà variamente sviluppata diacronicamente nella tradizione patristica e nella riflessione mariologica posteriore.

Più che tracciare una panoramica di questa plurisecolare tradizione,2 che inevitabilmente risulterebbe incompleta, nonché ripetitiva, si tenterà di presentare uno "spaccato" di essa assumendo due esempi della tradizione del cristianesimo orientale, che per alcuni versi lo riassumono e lo rappresentano, per altri mostrano come quelle cinque piste da noi individuate compiano percorsi teologici tutto sommato convergenti rispetto alla tradizione occidentale. Ci riferiremo a Giovanni Damasceno (sec. VIII) e a Nicola Cabasilas (sec. XIV); dall'uno all'altro, la riflessione mariologica compie passi determinanti che si rivelano di grande interesse sul piano teologico ed ecumenico.

1. San Giovanni Damasceno (+749)3

La dottrina mariologica giunge, nell'ottavo secolo, ad una matura formulazione, e in Giovanni Damasceno trova un fedele trasmettitore. È in questo periodo che nella teologia bizantina affiorano le prime testimonianze esplicite sull'assunzione corporea della B.V Maria, come quelle di Germano di Costantinopoli (+733), S. Andrea di Creta (+740), S. Cosma Melode (+ 743), S. Gregorio Studita (+826), S. Giorgio di Nicomedia (+880).

Il Damasceno sarà letto e citato come rappresentante attendibile della chiesa di Oriente sia da Pietro Lombardo che da Tommaso d'Aquino, ma anche da altri scolastici che per lo più non conobbero la traduzione latina del De fide Orthodoxa.

Da sottolineare ancora la larga stima che il Damasceno gode nell'insegnamento mariologico della Chiesa cattolica, specie in quello più recente. Oltre che nella Bolla Munificentissimus Deus di Pio XII (1 Novembre 1950) che ne cita esplicitamente un brano, il Damasceno ricorre tra i testimoni citati nel cap. VIII della Lumen Gentium e nell'Enciclica Redemtporis Mater di Giovanni Paolo II. Un'approfondita conoscenza del Damasceno e del suo influsso in questo settore darebbe un forte contributo alla causa ecumenica.

Pur riportando genealogia e vita della Vergine Maria, e indulgendo a considerazioni piuttosto congetturali, Giovanni si dimostra in genere equilibrato e critico verso le fonti apocrife.4

Ammesso questo suo atteggiamento di fondo, passiamo in rapida rassegna i temi più caratteristici alla sua mariologia5 prima di considerare da vicino il testo che direttamente attiene al nostro argomento. Nella Esposizione della fede Ortodossa, egli tratta delle seguenti tematiche: il concepimento verginale del Verbo (L.1, c.2), la nascita del Verbo da Maria e per opera dello Spirito Santo (L.III, c.1; c.2); la carne del Cristo è presa dalla santa Vergine (c.7); Maria è in senso stretto "Theotòkos" (c. 12), titolo che contiene tutto il mistero dell'economia: creazione, incarnazione, eucaristia (LVI, c.13), ecc.

Riferimenti mariologici sono presenti anche nei Tre discorsi in difesa del culto delle Immagini, soffermandosi sulla simbologia veterotestamentaria e sul culto a Maria.

La Vergine Maria viene direttamente celebrata in quattro omelie rimaste celebri per la loro profondità: la prima sulla Natività, le altre sulla Dormizione. Di particolare importanza sono queste ultime (sulla Dormizione o Assunzione) pronunciate il 15 Agosto del 740 nella Basilica del Sepolcro della Vergine in Gerusalemme, al Getsèmani.

La seconda di queste omelie ha toni sublimi ed un impianto solidissimo. Dopo un proemio finemente retorico che dichiara l'incapacità dell'uomo di parlare di Lei, annuncia l'"hypothesis" con una serie di "oggi". Il tono è incalzante, e passa dalle figure bibliche (fuoco, arca, colomba, Adamo) a considerazioni più strettamente teologiche:

"Oggi la santa ed unica Vergine è condotta al tempio celeste, lei che ha talmente amato la verginità da esserne trasformata come in fuoco purissimo. Qualsiasi vergine perde la sua verginità con il parto; costei invece, rimane vergine prima del parto, mentre partorisce e dopo aver generato. Oggi l'arca santa ed animata del Dio vivente, che ha recato in seno il proprio Artefice, si riposa nel tempio del Signore non costruito da mano d'uomo, ed esulta Davide, suo antenato e antenato di Dio, e danzano assieme agli angeli, applaudano gli arcangeli, le potenze rendono gloria, i principati con lui trasaliscono, le dominazioni gioiscono, le potestà si rallegrano, i troni festeggiano, inneggiano i cherubini e glorificano i serafini. Non è per essi onore da poco, infatti, rendere gloria alla Madre della Gloria. Oggi la santissima colomba, l'anima illibata e innocente, consacrata dal divino Spirito, volata via dall'arca, cioè dal corpo che ospitò Dio e fu sorgente di vita, ha trovato riposo ai suoi piedi (cf. Gn 8,9); partita per il mondo intelligibile, si è fermata nella terra immacolata dell'eredità celeste [...].

Colei che per tutti ha fatto sgorgare la vera vita, come poteva cadere in potere della morte? Ma essa si conforma alla legge del proprio Figlio e, come figlia dell'antico Adamo, subisce le pene toccate al padre, dal momento che neppure suo Figlio, la vita in persona, le ha rinnegate; ma come Madre del Dio vivente, è giusto che sia condotta presso di Lui. Se Dio dice: "Non stenda più la sua mano, il primo uomo creato, non colga dell'albero, non ne gusti e non viva in eterno" (Gn 3,21), come può essere che colei ha accolto la vita stessa, senza inizio e senza fine, libera dai limiti del principio e della conclusione, non viva per un tempo infinito e può essere che la colomba, l'anima illibata e innocente?"6

L'argomentazione teologica fa perno sul nesso morte-peccato e sull'opposizione tra morte-vita. Sullo sfondo è il racconto genesiaco del peccato (cf. Gn 3) considerato alla luce della correlazione tra il primo ed il secondo Adamo. Fondamentalmente la morte, o perdita della eternità, è effetto del peccato del primo Adamo (cf Rm 5,12); ma per merito del nuovo Adamo giunge a tutti la giustificazione che dà vita (v. 18). La Vergine Maria è strettamente associata a questa missione salvifica, come madre del secondo Adamo e nuova Eva; ma come il Figlio non rifiuta la morte (pena comune dovuta al progenitore), e la vince con la risurrezione, così la Vergine passa anche lei attraverso l'esperienza della morte per essere, subito dopo, trasferita nella stessa condizione del Figlio. Il Damasceno raccoglie la migliore tradizione patristica, che a partire da Rm 5 e da Ireneo legge la storia della redenzione come "ricapitolazione": l'iniziativa divina ripercorre le stesse tappe del peccato, ma in senso inverso e salvifico.

Sottolineiamo appena il tema biblico della danza di Davide davanti all'arca del Signore (2 Sam 12ss), che si estende nel caso di Maria a tutto il mondo celeste, tema che considereremo estesamente più avanti.

Ed eccoci al testo centrale (citato in parte dalla Bolla Munificentissimus Deus, di Pio XII): il nostro autore partendo da considerazioni generali giunge alle motivazioni teologiche vere e proprie che fondano il mistero della dormizione/assunzione di Maria; motivazioni espresse con mirabile arte oratoria, mediante la ripetizione ritmata (per ben sette volte) del verbo bisognava. Nella citazione che segue, non riporteremo che il primo e l'ultimo dei casi:

"Poi il corpo viene portato al santissimo Getsemani; ancora baci e abbracci, ancora lodi e inni sacri, invocazioni e pianti: il sudore scorre a rivoli per l'angoscia e il rimpianto. E così il corpo santissimo è deposto nel monumento pieno di gloria e di magnificenza; da lì viene assunto, dopo tre giorni, alle dimore celesti.
Bisognava che questa sede degna di Dio, la sorgente non scavata dell'acqua del perdono, la terra non arata [che produce] il pane celeste, la vigna non irrigata [che fa sbocciare] i grappoli dell'immortalità, l'olivo sempreverde e fruttifero della misericordia del Padre, non rimanesse imprigionata nella cavità della terra. Ma come il corpo santo e puro, unito ipostaticamente - per tramite di lei - al Logos divino, il terzo giorno risuscitò dal sepolcro, così anche costei doveva essere sottratta alla tomba e la Madre andava resa al Figlio; e come questi era discesa a Lei, così anche lei, prediletta, doveva essere trasportata fino "al tabernacolo più grande e più perfetto […] nel cielo stesso”.
7

Il testo esige per lo meno due delucidazioni. La prima, relativa all'insistenza ritmata del verbo iniziale: "Bisognava". Nel greco dei padri, come in quello biblico, l'impersonale bisogna, bisognava, quando si riferisce agli eventi di cui Dio è l'autore, è configurato non secondo una cieca fede nel destino, ma secondo la fede negli eterni decreti di Dio, che con essi è vincolato. In tal modo esso esprime una necessità che si ha ancora nella natura stessa di Dio e che porta a compimento i suoi disegni negli eventi escatologici. Dire al riguardo di Maria: "bisognava che", non enuncia una necessità, e neppure una semplice "convenienza", ma sottolinea il rapporto profondo di sottomissione e di ottemperanza della sua persona al mistero ed ai disegni ineffabili di Dio.

La seconda osservazione conferma la prima: il Damasceno ribadisce la uniformità della Vergine Madre al mistero del Figlio con la chiara correlazione come... così. Il percorso della Madre segue e completa quello del Figlio. Non si può contemplare la sua vicenda come avvenimento avulso dalla missione del Cristo: per capire la Madre occorre guardare a Lui. L'ultimo "bisognava" spiega come la linea ereditaria che normalmente passa dai genitori ai figli, in questo caso si ribalta. Non il Figlio prende dalla Madre, ma la Madre dal Figlio:

"Bisognava che la Madre di Dio diventasse partecipe dei beni del Figlio, e da tutta la creazione venisse celebrata come Madre e serva di Dio. Sempre infatti dai genitori l'eredità passa ai figli. In questo caso invece, come disse un saggio, le acque dei fiumi sacri scorrono all'indietro. Il Figlio ha asservito alla Madre tutta quanta la creazione. 8

2. Nicola Cabasilas (+1349)

"Nessuno a Bisanzio, e neanche altrove, almeno in quell'epoca, si espresse in modo migliore sulla Madre di Dio quanto il Cabasilas".

Così ha scritto M. Jugie, l'insigne studioso che ha diffuso in Occidente la mariologia del teologo medievale,9 esponente dell'umanesimo bizantino. Oltre alle grandi opere di teologia mistica e sacramentaria,10 Cabasilas compose tre omelie11 in onore della Beata madre di Dio, tradotte e diffuse appunto dal Jugie.12

Sia la compianta Luciana Mortari nell'introduzione alla versione italiana delle tre omelie, sia il p. Yannis Spiteris nella sua monografia su Cabasilas,13 hanno ampiamente mostrato come questi tre sermoni sulla Madre di Dio contengano un vero trattato di mariologia in linea con tutto il sistema ed il pensiero teologico del Cabasilas. Ripercorrendo queste tre omelie, e particolarmente la terza (sulla Dormizione), mettiamo in evidenza alcuni motivi che avranno profonde incidenze sulla mariologia posteriore.

Collaboratrice di Dio. La vera grandezza di Maria non consiste tanto nelle sue eccelse virtù, quanto nel fatto che collabora con Dio alla creazione dell'uomo e con Cristo alla sua ricreazione. Quanto alla creazione, "la Tuttapura non creò l'uomo, ma lo trovò [già creato] e perduto; non gli diede la natura, ma offrì quello mediante il quale siamo stati ricreati. Così diventò l'aiuto del Creatore, la statua ha collaborato con l'artefice".14

Il di Maria è così importante nell'economia della salvezza che lei appare la collaboratrice delle stesse Persone Divine: "senza il Padre non sarebbe stato possibile che esistesse la decisione dell'incarnazione, neppure senza lo Spirito che l'attualizzò così, ma senza la volontà e la fede della Tuttapura, sarebbe stato impossibile la realizzazione della divina volontà".15 Per il Cabasilas, la sua accettazione non si limita al consenso a diventare la madre biologica del Figlio di Dio, ma a dargli tutta la ricchezza della natura umana: la carne, con tutte le facoltà che costituiscono l'uomo realmente tale (mente, volontà, tutta la sensibilità inerente alla sua esistenza). Con tutta la sua ricchezza umana, Maria diventa madre perfetta. La verità proclamata dal dogma di Calcedonia, per quanto riguarda la natura umana di Cristo, non si realizza in pieno se non mediante la sinergia di Maria.

Notevoli sono le incidenze ontologiche di tale sinergia. Il Signore ha bisogno di Maria non per essere semplicemente con lei, ma per trovare in lei un luogo, Lui che per natura divina è senza luogo. In realtà Maria "ha dato a colui che era senza-casa (aoikos) una vera abitazione tra gli uomini... Colui che dà una casa adatta a tutte le creature, per Se stesso non aveva nessun luogo e nessuna casa prima della Vergine”. 16

Maria diviene il luogo mirabile dell'ipostasi dello stesso Salvatore, di colui che è oltre ogni limite locale".17 È divenuta la terra di Dio; terra che, grazie a Lei diventa cielo, anzi lei stessa è cielo: ouranòs ouranoù, cielo del cielo. Andare verso il cielo significa rivolgersi a lei. E qui acquista dimensione più ampia il termine di Odighitria, essendo lei stessa la via di coloro che vogliono innalzarsi verso il cielo.

Frutto e primizia. In stretta consequenzialità con questa sinergia, il Cabasilas considera la Vergine come il frutto della creazione.18 Tutto il creato tende, è "portato in alto" (ana-feretai), verso Maria: grazie alla sua profonda unione col Figlio si realizza il piano di salvezza, sono inaugurati i cieli nuovi e la terra nuova dove non c’è più corruzione, ma la novità dell'incorruttibilità.

Nell'omelia sulla Dormizione, il Cabasilas utilizza l'immagine del frutto, per applicarla a Maria:

"Che lei sia il frutto del creato e che la Beata abbia questa ragion d'essere rispetto a tutto l'universo, è chiaro da quanto precede e da quanto segue: e se fra tutte le cose il frutto è ciò che, impedendo alla natura di esaurirsi, la riconduce a chi genera e la manifesta nuova come in principio, chi ha riplasmato gli uomini? Donde la nuova creazione? Chi ha cambiato questo universo? In realtà il cielo ha accolto dei nuovi cittadini riplasmati; questi dalla terra li ha trasferiti la Vergine. La terra poi aveva come suo abitatore l'uomo nuovo, il Sovrano stesso del cielo, poiché non produsse l'antico frutto del peccato, spine e triboli, ma il nuovo fiore della giustizia, la Vergine.
Per lei non solo ha tolto di mezzo la vecchiaia e ha offerto a tutti come di rivivere, ma il cielo stesso, come in virtù sua divenuto migliore, insieme alla luna, alla terra e alle stelle, avrebbe ricevuto il corpo puro da ogni corruzione. Poiché non era possibile che la creazione risorgesse dalla corruzione senza che i figli di Dio conseguissero la libertà, il riscatto di questa libertà l'ha portato nel mondo la Vergine, cioè il bensì il Primogenito dei morti (Col 1,15-20). E lei avrebbe sciolto dalla corruzione la terra, stabilendola saldamente e restituendole l'incorruttibilità che bramava; la voce di Paolo infatti ci descrive la terra gemente nell'attesa (cf. Rm 8,22), così che ciò che dice il profeta, dal frutto delle tue opere sarà saziata la terra (Sal 103,13), conduce a questo frutto e con questo frutto si allude alla Vergine, e lei è la brama della terra che sarà anch'essa saziata - secondo il detto - all'apparire della gloria del Salvatore (cf. Sal 103,13)".
19

Soffermiamoci a contemplare quest'ampia apertura dell'Oriente cristiano verso una prospettiva insieme economica e cosmica. La figura di Maria è profondamente inserita nella visione del primato cosmico di Cristo, così come leggiamo nell'inno cristologico di Col 1: "Tutte le cose sono state create in lui e per mezzo di lui...  egli è il capo del corpo cioè la Chiesa, il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose, perché piacque a Dio far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose" (vv. 16.18-20). Il cammino di questa realtà è paragonabile alla crescita di un albero verso la produzione del suo frutto, crescita interna al suo dinamismo fecondo; e la brama verso questo scopòs, ricorda quella della creazione verso la liberazione dalla caducità e la corruzione; mentre i nostri gemiti attendendo l'adozione a figli e la redenzione del nostro corpo (cf. Rm 8, l9ss). La parte attiva svolta dalla Vergine non rappresenta un capitolo solitario e avulso da questa realtà cosmica.

L'Oriente vede in lei questo frutto, il punto di approdo del travaglio (con Teilhard di Chardin, si direbbe "il punto Omega") del creato. Maria è identificata con l'appagamento stesso di questa brama.

La prospettiva del Cabasilas non fa che radicalizzare il coinvolgimento di Lei nella economia cosmico-salvifica, al punto da estenderla non solo al mondo di quaggiù ma anche a quello celeste, che lei copre con la sua virtù:

"Si è rivelata utile anche agli angeli, agli stessi Principati e Potestà, e ha fatto sorgere la Luce, e ha dato loro di divenire più sapienti e più puri di se stessi, e di conoscere la bontà e la sapienza di Dio meglio di prima".20

Citando Ef 3,10, Cabasilas inserisce nel versetto un'audacissima variante: sostituisce a per mezzo della Chiesa, un altro complemento: per mezzo di Lei (Maria), e così ne evidenzia la realtà ecclesiale, come icona e specchio della Chiesa:

"Infatti la molto varia sapienza di Dio si è manifestata ora per mezzo di Lei alle Potenze e alle Potestà, insieme alla profondità della ricchezza della sapienza e della conoscenza di Dio (Rm 11,33). Così tutti hanno chiaramente visto, come attraverso gli occhi o la luce della Beata. Lei sola è per ogni anima e intelligenza la guida alla verità di Dio".21

A questo punto, con passaggio teologico naturale, il Cabasilas attribuisce a Maria la categoria biblica di "primizia”:

"Così lei fu la prima ad essere conforme per somiglianza alla morte del Salvatore, e perciò fu anche la prima di tutti partecipe della resurrezione. Infatti, dopo che il Figlio ebbe sciolto la tirannia dell'inferno e risuscitò, essa godette della sua vista e del suo saluto, e finché fu possibile lo accompagnò quando stava per ascendere al cielo; e quando se ne fu andato, fu stabilita in vece di lui tra gli apostoli e gli amici del Salvatore, così che aggiunse anche questo beneficio che aveva elargito alla comune natura e compì più degnamente di chiunque altro, ciò che mancava all'opera del Cristo. A chi infatti se non alla Madre convenivano queste cose?".22

Si rilevi, anche qui, l'uso del verbo dei all'imperfetto, riscontrato già nel Damasceno, a indicare l'assoluta sottomissione della Vergine al piano salvifico di Dio; e inoltre, si consideri come venga esaltata la conformità della Madre col Figlio, conformità che passa attraverso varie tappe, esigendo il suo pieno inserimento nella vita degli apostoli e della Chiesa.

Ed ecco ora il brano fondamentale per il nostro tema:

"Ma bisognava che quell'anima tutta santa fosse sciolta da quel corpo santissimo. E sciolta e si congiunse all'anima del Figlio, luce seconda alla prima luce. E il corpo rimasto per poco sulla terra, se ne andò anch'esso insieme all'anima.

Bisognava infatti che passasse per tutte le vie per le quali era passato il Salvatore, e risplendesse ai vivi e ai morti. Per cui la tomba l'accolse per poco, e il cielo, invece, ricevette quella nuova terra, il corpo spirituale (1 Cor. 1 5,44), il tesoro della nostra vita, più glorioso degli angeli, più santo degli arcangeli. E fu restituito il trono al re, il paradiso all'albero della vita, il disco alla luce, l'albero al frutto, la Madre al Figlio, degna rappresentante del genere umano" (ibid.).

Il brano si iscrive nel tema generale di una restituzione, un ritorno al piano primordiale di Dio, un’apocatàstasis del mistero nella sua primitiva realtà. Tra le immagini utilizzate, tutte aderenti al mistero, c'è quella del frutto, già considerata; ma c'è anche quella della terra nuova, primizia di tutto il genere umano, che in un altro brano della stessa omelia viene più estesamente ripreso come tema isaiano del cielo nuovo e della terra nuova:

"È lei la nuova terra e il nuovo cielo; terra, perché da essa procede, nuova però, perché in nessun modo assomiglia ai suoi progenitori né ha ereditato il lievito antico, ma lei stessa è divenuta secondo la parola di Paolo, la nuova pasta e ha dato inizio a un nuovo genere umano. Ma chi può ignorare inoltre che la Vergine è il cielo? E nuovo poi, perché è distante da ogni vecchiezza ed è incomparabilmente superiore ad ogni corruzione; anzi lei sola ha trasceso il tempo perché è stata data agli uomini alla fine di questi tempi, conforme alla promessa divina annunciata da Isaia, Cielo nuovo e terra nuova darò a voi (Is 65,17)”.23

Suggestivo il riferimento al battesimo di Gesù, in particolare al momento in cui si squarciarono i cieli (Mc 1,10). Se questi si squarciarono quando lo Spirito Santo scese sul Cristo che gli era pari in onore, la Beata Vergine alla discesa dello Spirito godette di quella pace ancora più grande di cui Paolo dice che supera ogni intelligenza, e della realtà in lei sussistente del Salvatore stesso che trascende ogni confine".24

"Cielo" inoltre è la Vergine per coloro che si innalzano a Dio, e per i quali il cielo rappresenta una barriera invalicabile: lei rappresenta la scala, il tramite tra Dio e gli uomini, grazie al quale le realtà terrestri comunicano alle reatà ipercosmiche (ib.).

3. A mo' di epilogo: la danza dell'universo

Non è il caso prolungare ancora i riferimenti a questo illustre esponente della teologia orientale. In luogo dell'epilogo, vorremmo mettere in risalto un tema già rilevato nel Damasceno, presente nella mariologia del Cabasilas, come nella liturgia orientale, non privo di grande spessore teologico-spirituale: quello della danza.

Nel partecipare alla veglia pasquale nei monasteri bizantini, si resta sempre positivamente impressionati dalla danza della luce, quando i testi liturgici invitano Gerusalemme a gioire e a danzare per il giorno nuovo inaugurato dalla risurrezione: "Sfavilla, sfavilla di gioia e danza Gerusalemme, perché il Signore è in mezzo a te". A questo punto, uno o due monaci lasciano gli stalli, mettono mano energicamente ai grandi candelabri sospesi al soffitto e imprimendo loro una forte spinta, li lasciano per così dire "danzare". Oscillando, le lampade proiettano sulla gente, sulle pareti, sugli affreschi e le iconi presenti la loro fulgida luce, producendo un effetto meraviglioso: è come se tutto il mondo ballasse avvolto di luce. È la danza della luce pasquale, espressione della gioia di Dio e dell'umanità redenta. Ricordiamo la danza di Maria, sorella di Mosè, al suono dei timpani dopo la traversata del Mar Rosso (Es 15,20), o quella di Davide davanti all'arca del Signore, mentre questa veniva trasferita a Gerusalemme (2 Re 6,16). La tradizione bizantina applica questa danza anche alla Vergine Maria, in riferimento alla sua tomba luogo della Dormizione:

"Prendi, o Maria, prendi, il timpano e precedi le vergini - canta Andrea di Creta -. Suona la lira, o David, innalza la voce, canta la tua regina. Danza, eleva le note della cetra... Disponi le file ed esse corrano dietro e davanti al letto, siano guidate verso il tuo letto. Danzino in giro alla tua tomba! Ecco infatti la nuova arca della gloria di Dio, nella quale è l'urna tutta d'oro, e la verga di Aronne che era fiorita e le tavole dell'Alleanza".25

La danza delle vergini attorno alla tomba, assimilata all'arca dell'alleanza, diventa in Cabasilas danza che coinvolge tutto l'universo, realtà visibili ed invisibili, esseri umani ed esseri angelici. E la "nota" che dà inizio e imprime movimento a questa esultanza cosmica; è la voce stessa di Maria, che esprime il alla parola dell'Angelo:

"O voce sacra! O grandezza di parole potenti! O beata lingua, che ha chiamato a raccolta tutto il mondo! o tesoro di un cuore che con poche parole ha riversato per noi un cumulo di beni! Queste parole hanno reso la terra cielo, hanno svuotato l'Ade dei suoi prigionieri, hanno popolato il cielo di uomini, hanno dato luogo ad una danza della stirpe celeste e terrestre intorno a colui che è queste due realtà insieme".26

Note

1) Si rinvia all'antologia di canti mariani greci (liturgici e popolari) contenuta dal cofanetto (due CD + libretto) dal titolo: "O glykasmòs ton angelon" (La dolcezza degli Angeli), a cura del Protopresbitero p. G. TZABLAS, Metropoli di Petra (Creta). Vedi annotazioni su contenuto e metrica del nostro tropario (cf. libretto, p. 23).

2) Rinviamo all'autorevole studio di M. JUGIE. La mort et l'assomption de la Sainte Vierge. Etude historico-doctrinale, [Studi e Testi 114], Città del Vaticano 1944. Si veda la raccolta antologica di G. GHARIB - E. M. TONIOLO - L. GAMBERO - G. DI NOLA (a cura di), Testi Mariani del Primo Millennio, voll.1-4, Città Nuova, Roma 1988-1991. [Testi mariani], con vasta bibliografia in ciascun volume.

3) Cf. Testi mariani, vol. 2, 482-571.

4) Cf. Testi Mariani, vol. 2, 484.

5) Cf. V. GRUMEL, La mariologie de saint Jean Damascéne, in Echo d'Orient, 40 (1937), 318-346. V. FAZZO, "La mariologia di San Giovanni Damasceno", in S. FELICI (ed.), La mariologia nella catechesi dei Padri (età post-nicena), (BiblScRel 95), Roma 1991, 120-137

6) Hom, II in dorm. B.V. Mariam, 14; trad. it. in Testi mariani, vol. 2, 522ss.

7) Ibid., 14; tr.it. in Testi mariani, vol. 2, 530ss.

8) Testi mariani, vol. 2 531.

9) Homélies sur la Nativité, l'Annonciation et la Dormition de la Sainte Vierge, in PO 21, Introd., 458.

10) Il Commento alla Divina liturgia e la vita in Cristo di N. Cabasilas furono presenti e citati al Concilio di Trento fin dalle prime sessioni.

11) Vedi nota 10. In italiano: N. CABASILAS, La Madre di Dio. Tre omelie mariane. Trad. di M. Francesca Lovato e Luciana Mortari. Introduzione e commento di L. Mortari, Ediz. Scritti Monastici, Abbazia di Praglia, 1997 (La Madre di Dio).

12) La Madre di Dio, 1-44.

13) Sullo stesso argomento, cfr. Y. SPITERIS, Cabasilas: teologo e mistico bizantino, Ed. Lipa, Roma 1966, 45-58.

14) Hom. in Nativit., 17. SPITERIS, 52.

15) Hom. in Annunt., 4. SPITERIS, ib.

16) Hom. in Ann., 6, SPITERIS, 53s.

17) Hom. in Dorm., 4.

18) SPITERIS, 47.

19) Hom. in Dorm. 3. Tr. it. in La Madre di Dio, 125ss.

20) Hom. in Dorm., 33. Tr. it. in La Madre di Dio,127ss.

21) Ibid. 12; tr. it. La Madre di Dio, 151.

22) Hom. Dorm., 12.

23) Hom. cit. 4., tr. it. in La Madre di Dio, 129.

24) Ib. La Madre di Dio, 130.

25) Andrea di Creta, Omelia III per la Dormizione, in Testi mariani, vol. 2, 456.

26) Hom. in Adnunc., 10, in La Madre di Dio, 117ss.

(Relazione tenuta al Convegno di studio Assunzione/Dormizione di Maria, a Chieti, presso il Pontificio Seminario Regionale, il 5 Ottobre 2004)

(da O Odigos - La Guida, n. 3, anno XXIII, lug/set 2004, pp.3-10)

Letto 4752 volte Ultima modifica il Venerdì, 11 Febbraio 2011 14:09
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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