Che dovrò fare per te, Efraimche dovrò fare per te, Giuda?Il vostro amore è come una nube del mattino,come la rugiada che all'alba svanisce.Per questo li ho colpiti per mezzo dei profeti,li ho uccisi con le parole della mia boccae il mio giudizio sorge come la luce:poiché voglio l'amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocausti.
Ecco quanto statuisce la Legge per le donne che sono nella situazione di Gomer (moglie di Osea):
“Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa. Se essa, uscita dalla casa di lui, va e diventa moglie di un altro marito e questi la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo consegna in mano e la manda via dalla casa o se quest’altro marito, che l’aveva presa per moglie, muore, il primo marito, che l’aveva rinviata, non potrà riprenderla per moglie, dopo che essa è stata contaminata, perché sarebbe abominio agli occhi del Signore; tu non renderai colpevole di peccato il paese che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità.” Dt 24, 1-4.
Tuttavia Osea non ha applicato la legge nei riguardi di Gomer sua moglie, come pure Dio non l’ha fatto nei riguardi del suo popolo. Osea ha avuto pietà e ha perdonato come pure ha fatto Dio.
Nei riguardi del suo popolo Dio si comporta come uno sposo che può lasciare scatenare la sua violenza e il suo dolore quando il suo amore è disprezzato od oltraggiato, ma che manifesta senza reticenze la sua tenerezza quando la sposa ritorna verso di lui. Osea per aver vissuto personalmente questa situazione, può a buon diritto parlarne e testimoniare davanti al popolo. E proprio questo che dà tanta forza e originalità al suo messaggio. Il libro d’Osea si deve leggere e meditare nella sua integralità tenendo presente la somiglianza della situazione che ha vissuto Osea, marito tradito e abbandonato da Gomer, e Dio tradito e abbandonato dal popolo che s’era scelto: Israele.
Un profeta nel suo tempo
Sposando Gomer, prostituta di professione, Osea ha obbedito all’ordine di Dio: «Va’, prenditi in moglie una prostituta... Egli andò” (Os 1, 2-3).
Con questo atto; egli compie la sua missione profetica: il matrimonio realizzato con Gomer che è anche simbolo dell’unione di Dio con il suo popolo: «Ama una donna che è amata da un altro ed è adultera, come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dèi Os 3,1. Per Osea questa situazione coniugale dolorosa è nello stesso tempo una predicazione e una esperienza di vita che diviene una parola, una parola indirizzata a un popolo, che come Gomer si prostituisce, si allontana da Dio (Os, 4, 12), che brucia, ai Baal, profumi (Os 215). Anche i preti hanno dimenticato la Legge (Os 4, 4-6)) e uccidono (6, 9).
La situazione politica e sociale non è per nulla migliore di quella religiosa: “Si spergiura, si mente, si uccide, si ruba, si commette adulterio, si fa strage e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue” (Os 4, 2-3). L’istituzione regale vede i re susseguirsi rapidamente, perché delitti e intrighi sono moneta corrente. Cerca di salvarsi domandando aiuto all’Egitto e all’Assiria (I Re 14, 23-15, 38). Il paese, che Dio ha donato al suo popolo, è colmo di peccato (DT 24, 4).
Quel ritrovarsi provvisorio...
«Ritornerò al mio marito di prima perché ero più felice di ora» (Os 2,9) dice Gomer.
«Venite, ritorniamo al Signore... Affrettiamoci a conoscere Yahvè!”, dice il popolo (6:1). Quando il popolo ripensa alla sua passata esperienza, ecco ciò che rievoca “Egli ha straziato, ha percosso... li ho fatti tagliare a pezzi dai profeti; li ho uccisi con le parole della mia bocca.” Il Signore è stato per Israele come un leone che strazia la preda, (Os 5, 14). Tuttavia il popolo spera e aspetta dal suo Dio un avvenire migliore : “Egli ci guarirà, ci fascerà, ci ridarà la vita, ci farà rialzare, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia di primavera...”
E che dice Dio? “Che ti farò Efraim? Che ti farò Giuda? Che fare d’un popolo “duro a convertirsi”? Dio Io sa! Fra il passato catastrofico e l’avvenire migliore tanto sperato, c’è un tempo presente, il tempo della presenza di Dio. Infatti è proprio al presente che parla Dio quando constata: “Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce...” e esprime il suo desiderio “ voglio l’amore e non il sacrificio...”
Questo versetto 6 è molto conosciuto, poiché è citato due volte da Gesù in Matteo. La parola ‘amore’ traduce il termine ebraico hesed che la versione greca ha reso con pietà, compassione. Analogie di questo brano si trovano in Is 15, 22. Infatti, Saul , il primo re d’Israele, non aveva effettuato l’anatema che Dio gli aveva ordinato per bocca di Samuele, l’intermediario, aveva invece preferito agire di sua propria iniziativa offrendo il meglio del bottino in sacrificio al Signore, ciò che gli vale di ricevere questa parola dal profeta:
«Dio forse gradisce gli olocausti e i sacrifici come l’obbedienza alla parola di Yahvé? Ecco, l’obbedienza vale più del sacrificio,
la docilità più del grasso degli arieti.”
I due termini impiegati, obbedienza e docilità, traducono due parole che in ebreo significano rispettivamente l’ascolto e l’ascolto attento o l’attenzione. Si potrebbe tradurre parola per parola: l’ascolto vale di più del sacrificio, l’attenzione più del grasso dei montoni. L’obbedienza a Dio è prima di tutto un atteggiamento del cuore, un ascolto del desiderio di Dio, della sua domanda, per potervi rispondere nel miglior modo possibile, cercando di conformarsi alla sua volontà. Se dunque Saul avesse veramente ascoltato Dio con tutto il cuore, avrebbe applicato l’anatema, questo atto, considerato allora religioso; che consisteva nel rinunciare a tutto il bottino per offrirlo a Dio senza riservarsi alcunché.
C’è un’analogia di vocabolario e d’idee anche nel salmo 50, versetto 18, quando il salmista si rivolge a Dio e riconosce: “non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti.” Al culto che gli si rende; Dio preferisce un cuore contrito che ritorna verso di lui e che si converte.
Dio preferisce essere amato e riconosciuto, piuttosto che ricevere offerte e sacrifici, poiché lui stesso è, totalmente, amore, hesed. Tale si era presentato al momento del rinnovo dell’alleanza, quando era passato davanti a Mosé: “Yahvé, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34, 6).
Infatti, il Dio della Bibbia é un Dio vicino a noi e che ha bisogno, come noi tutti, d’essere riconosciuto per quello che é in realtà: un Dio che ama, e che desidera essere amato. E per amore che aveva scelto Israele come suo popolo; e ancora per amore che ha tessuto con lui legami speciali: “lo sono Yahvé; tuo Dio; fin dal paese d’Egitto”(Os 12, 10; 13, 4). E ancora per amore che ha scelto e riscelto il suo popolo, rinunciando ad applicare la Legge e a “ripudiarlo”. Così, Dio stesso fa passare la misericordia e la tenerezza prima dell’osservanza e dell’applicazione della Legge.
Quando Gesù cita Osea
Due volte la prima parte del versetto 6 è citata da Gesù. In Matteo 9,13 dove, dopo aver chiamato Levi a seguirlo, condivide il pasto con pubblicani e peccatori. Ai Farisei che si scandalizzano, Gesù manifesta apertamente la maniera di esistere di Dio, fatta tutta di tenerezza e di bontà per chi ne ha bisogno, cominciando da quelli che ne sono più privati: i peccatori, riconosciuti tali, e i loro collaboratori. Proprio come Osea che aveva perdonato e ripreso la sua sposa impura davanti alla Legge, e ancora come Dio aveva perdonato e nuovamente scelto il popolo che si era macchiato con le sue prostituzioni, Gesù manifesta la fedeltà di Dio e il suo amore scegliendo di frequentare le persone considerate come impure dalla Legge, fino al punto di rendersi impuro lui stesso, condividendo i loro pasti.
In Matteo 12, 7, dove un giorno di sabato, i discepoli che hanno fame raccolgono e stropicciano delle spighe per mangiarne i chicchi, ai Farisei che s’indignavano, Gesù cita Osea per ricordare loro che la legge del sabato, come pure le prescrizioni ad essa inerenti, non hanno altra ragione d’esistere se non per il servizio dell’uomo e non per asservirlo. Se Davide ha avuto fame e ha mangiato i pani dell’offerta all’altare nella dimora di Dio, perché i discepoli non potrebbero mangiare del grano per rifare le loro forze? Applicare la Legge, sì, ma sempre nel rispetto dei bisogni più fondamentali dell’uomo.
Conclusione
Leggere e meditare Osea può fare riscoprire l’amore incredibile di Dio. Un amore che sceglie ancora e sempre la sua sposa, nonostante le sue infedeltà, le sue miserie, le sue povertà. Un amore che perdona senza stancarsi. Un amore che non solo sa ignorare il passato, ma che ha anche la capacità di restaurare completamente la donna amata: alla sua sposa che si è prostituita Dio si rivolge indicandola come la sua fidanzata. Manifesta così, a colei che ritorna da lui e che vuole rispondergli come nella sua gioventù, che gli renderà non soltanto ciò che gli aveva già donato - “le renderò le sue vigne... (2, 17) - ma anche la giovinezza, l’innocenza, l’integrità:
Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai Yahvé. (2, 21- 22)
( Edito in La VIE SPIRITUELLE, 01/01/08. Traduzione a cura di Suor M. Immacolata Occorsio SMSM)