Nato a Tessalonica, Nicola Cbamaetos Cabasilas è di casata nobile. In gioventù studia retorica, filosofia, matematica, astronomia e diritto. Soprattutto, viene a contatto con alcune grandi personalità del cosiddetto «rinascimento bizantino», manifestando grande interesse per la spiritualità cristiana nel suo senso più alto. Tra i suoi amici più cari, due figure già dicono molto della sua biografia: da una parte san Gregorio Palamas, forse uno dei più grandi teologi bizantini del secondo millennio, che proprio in quegli anni poneva le nuove basi della spiritualità monastica orientale; dall’altra Demetrio Cidone, traduttore a oriente delle opere di Tommaso d’Aquino, amante della latinità al punto da convertirsi al cattolicesimo, senza per questo perdere l’amicizia con Cabasilas.
Il nostro non è un monaco, né un uomo di lettere, pur mantenendo grande confidenza sia con le pratiche ascetiche, sia con il mondo delle idee del tempo. Forse, l’etichetta meno inadatta è proprio quella di “laico”, nel senso di interessato a ciò che diventerà il titolo stesso di una delle sue opere più famose: la «Vita in Cristo», strutturata intorno a una magistrale riflessione sui sacramenti e attuata con un forte impegno nelle cose mondane. Negli anni della sua maturità, l’Impero va sgretolandosi: due imperatori reclamano il trono, dando vita a una guerra civile caratterizzata da notevoli violenze e feroci repressioni. Cabasilas presta i propri servizi alla causa di Giovanni Cantacuzeno, assumendone oneri e onori. In quegli anni, scrive un trattato contro l’usura e le ingiustizie sociali che sembra travalicare il tempo. Il prestigio personale è tale che, durante un’ambasceria, scampa a un massacro proprio grazie all’aiuto di partigiani dell’opposta fazione, che riconoscono in lui dignità e umanità superiori all’inimicizia politica.
Quando il Cantacuzeno raggiunge il trono, è chiamato come consigliere a corte, dove divide il proprio tempo fra lo studio e la politica attiva. Nel 1349 accompagna l’amico Palamas in fuga sul Monte Athos, dove restano un anno, Nel 1351 contribuisce al tentativo di un Concilio di unione fra latini e greci, che purtroppo fallisce, Quando nel 1354 l’imperatore abdica e si rifugia a sua volta sull’Athos, Cabasilas si ritira dalla vita politica attiva: viaggia, è ricercato da molte personalità dell’epoca, cui però preferisce il silenzio dei monasteri per dedicarsi alle sue due opere più famose: la Vita in Cristo e il Commento delta Divina Liturgia. Muore, senza lasciare testimonianza dei suoi ultimi anni, tra il 1391 e il 1397: qualcuno dice dopo essersi fatto monaco, secondo molti altri fedele alla propria vocazione fino all’ultimo.
Tra questi, anche Enzo Bianchi che Io ha recentemente definito «un laico che visse al cuore stesso delle vicende del suo tempo e del suo mondo, lasciandosene coinvolgere radicalmente. Un laico, cioè un semplice cristiano, che tuttavia ci ha lasciato una delle meditazioni più profonde sulla vita spirituale e una delle comprensioni più alte del mistero dell’eucaristia. (….) Uomo fedele al suo tempo, persona colta e aperta anche al sapere profano, (…) seppe cogliere il significato che l’eucaristia occupa nella spiritualità del credente, la sua qualità di viatico necessario nella lotta della vita. Partecipare all’eucaristia, infatti, non è semplice osservanza di un rito, ma molto di più: suo fine è entrare nella vita di Cristo, nella sua logica, nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti; significa esercitarsi, secondo le parole di Cabasilas, “ad avere gli stessi desideri di Cristo e a godere con lui delle stesse gioie”, significa guardare se stessi, gli altri e il mondo con il medesimo sguardo di Dio».
(da Jesus, novembre 2006)