Il nuovo esodo
di Tiziano Lorenzin
È opinione predominante in campo esegetico che il filo conduttore della predicazione del Deutero Isaia sia la teologia del secondo esodo, anche se da qualcuno in questi ultimi anni si è sollevato qualche serio dubbio sulla presenza di questo tema nel profeta. (2)L'esodo fu l'esperienza fondamentale sulla quale fu edificato il popolo di Israele. Non è solo un fatto avvenuto una volta per tutte, ma possiede un valore paradigmatico in quanto rivela le linee essenziali dell'azione salvifica del Dio d'Israele: egli è colui che «fa uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù» (Es 20,2). Questo evento storico diventò il simbolo dominante nel pensiero ebraico del passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita.
Il posto del tema dell'esodo nella tradizione e la condizione di perdita della libertà d'Israele a Babilonia resero inevitabile il confronto con l'analoga situazione dei tempi primitivi in Egitto. Tuttavia l'esilio non significò per il popolo semplicemente una ripetizione delle sofferenze d'Egitto: esso comportò anche una profonda crisi di fede. Questa fu provocata da un fatto davanti gli occhi di tutti: il centro del potere mondiale non sembrava più nelle mani di JHWH, ma di un uomo, Ciro. Il Dio d'Israele inoltre pareva aver subito una sconfitta umiliante per opera del dio di Babilonia, Marduk. Le domande che nascevano erano queste: È possibile per un Dio nazionale continuare a vivere, quando il suo popolo è privo di qualsiasi "potere? È possibile mantenere con questo Dio un'alleanza che impegna tutta la vita?
Nel Deutero Isaia a livello letterario possiamo osservare una ripresa dello schema base dell'esodo: uscire, luogo intermedio/cammino, entrare. Si esce dall'Egitto o da Babilonia, si cammina attraverso il deserto, si entra nella terra di Canaan o a Gerusalemme. (3) È uno schema che nei vari testi subisce diverse riletture.
1. Lettura dei testi
Cerchiamo ora di individuare la presenza dello schema dell'esodo in alcuni testi del Deutero Isaia facendone emergere le novità: sostituzioni, esclusioni, sottolineature, ampliamenti.
1.1. Is 40,3-5: la via del Signore nel deserto
3 Una voce grida:
«Nel deserto preparate
la via del Signore (derek yhwh),
appianate nella steppa
la strada per il nostro Dio.
4 Ogni valle sia colmata,
ogni monte e colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in pianura.
5 Allora si rivelerà la gloria (k'bôd) del Signore
e ogni uomo la vedrà,
poiché la bocca del Signore ha parlato».
Nel deserto, tappa intermedia nel primo esodo, si prepara la «via del Signore» (derek yhwh), che viene. La gloria del Signore, presente nel Mar Rosso (Es 14,17), nella manna (Es 16,10), sul Sinai (Es 24,16), ad Aronne e agli israeliti (Es 16,10), ora è visibile da ogni uomo nel deserto.
1.2. Is 41,17-20: il deserto trasformato
17 I miseri e i poveri cercano acqua (mayim) ma non ce n'è,
la loro lingua è riarsa per la sete (sāmā');
io, il Signore, li ascolterò; .
io, Dio di Israele, non li abbandonerò.
18 farò scaturire fiumi su brulle colline,
fontane in mezzo alle valli;
cambierò il deserto in un lago d'acqua,
la terra arida in sorgenti.
19 Pianterò cedri nel deserto,
acacie, mirti e ulivi;
porrò nella steppa cipressi,
olmi insieme con abeti;
20 perché vedano e sappiano,
considerino e comprendano a un tempo
che questo ha fatto la mano del Signore,
lo ha creato (berā’āh) il Santo di Israele.
Il testo allude all'esperienza della sete nel deserto, considerato dall'autore come «terra arida» ('eres sîyâ) in 18b e «steppa» (‘ărābâ) in 19b. La risposta divina è una meravigliosa trasformazione della situazione: una nuova creazione. Il deserto si cambia in regione abitabile e in un nuovo paradiso terrestre con i suoi quattro corsi d'acqua (fiumi, fontane, lago, sorgenti) e con sette specie di alberi pregiati. Conseguenza di quest'azione storica è la risposta della fede espressa nei quattro verbi «vedere, sapere, considerare e comprendere». Nel testo non si accenna ad alcun movimento, al cammino, all'attraversare, né si parla di fuggitivi, ma di miseri e poveri.
1.3. Is 43,16-21: «Non ricordate più le cose passate»
16 Così dice il Signore che offrì una strada (derek) nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti
17 che fece uscire (carri e cavalli),
esercito ed eroi insieme;
essi giacciono morti: mai più si rialzeranno;
si spensero come un lucignolo, sono estinti.
18 Non ricordate ('al tizkerû) più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
19 Ecco, faccio una cosa nuova ('ōśeh hădāsâ):proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?Aprirò anche nel deserto una strada (bammidbār derek),immetterò fiumi nella steppa.20 Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
21 Il popolo che io ho plasmato (yāsartî) per me
celebrerà le mie lodi.
Il ricordo dell'antica liberazione (una strada attraverso il mare e il deserto, fornito miracolosamente d'acqua) illumina quella presente. Diversamente però dall'antico esodo, Dio è «colui che fa uscire» (hammôsî’) non gli Israeliti ma gli Egiziani verso la loro rovina: la loro strada terminò bruscamente in mezzo alle acque (v. 17). Il deserto irrigato è un anticipo della terra promessa. Il futuro esodo sarà superiore al primo: una cosa nuova fatta dal Signore. All'antico popolo mormoratore subentrerà il popolo della lode, che cammina per il suo «sentiero» (netîbâ) (Is 43,16): (4) è un popolo nuovo creato da Dio.
1.4. Is 48,20-21: uscita da Babilonia
20 Uscite (se'û) da Babilonia,
fuggite dai Caldei;
annunziatelo con voce di gioia,
diffondetelo,
fatelo giungere fino all'estremità della terra.
Dite: «Il Signore ha riscattato (gā' al)
il suo servo ('abdô) Giacobbe».
21 Non soffrono la sete .
mentre li conduce per deserti;
acqua (māyim) dalla roccia (sûr) egli fa scaturire per essi;
spacca la roccia,
sgorgano le acque.
È presente il tema dell'uscita da Babilonia e dalla terra dei Caldei. L'ordine di uscire, dato nel primo esodo dal Faraone (Es 12,31), ora è pronunciato da Dio stesso. È una fuga nella «gioia». L'azione di Dio è ancora una atto di redenzione (gā' al, cf Es 6,6) dei suoi servi (cf Lv 25,42.55; 26,13; Dt 32,36.43), di Giacobbe (cf Dt 9,27). Il loro cammino attraverso luoghi desertici sarà protetto dal Signore, che come allora avrà cura del suo popolo, donandogli l'acqua. La risposta a questo avvenimento sarà la lode della comunità. A questo coro è invitato anche tutto il mondo.
1.5. ls 49,9-10: il Signore pastore del suo popolo
9 per dire ai prigionieri: Uscite (se'û),
e a quanti sono nelle tenebre: Venite fuori.
Essi pascoleranno lungo tutte le strade (derākîm),
e su ogni altura troveranno pascoli.10 Non soffriranno né fame né sete
e non li colpirà né l'arsura né il sole,
perché colui che ha pietà di loro li guiderà,
li condurrà alle sorgenti di acqua.
Il profeta parla in nome di Dio. Il popolo è invitato ad uscire. Il viaggio di ritorno è descritto come quello dell'uomo pio sotto la protezione del Signore in Sal 77,21 e 78,52: non mancherà né cibo, né bevanda, né ombra per difendersi dal sole come nel primo esodo.
1.6. Is 51,9-10: una strada attraverso il mare
9 Svegliatì ('ûrî), svegliati, rivestiti di forza,
o braccio (zerôa ') del Signore.
Svegliati come nei giorni antichi,
come tra le generazioni passate.
Non hai tu forse fatto a pezzi Raab,
non hai trafitto il drago?
10 Forse non hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso
e non hai fatto delle profondità del mare una strada (derek),
perché vi passassero i redenti (la'ăbōr ge’ûlîm)?
È una supplica della comunità in cui si invita Dio a svegliarsi come un eroe e a ricordare il passaggio del Mar Rosso nell'esodo, descritto come un'attualizzazione del mito cosmologico della vittoria del Signore sopra il mostro del mare (cf Sal 74,13; 89,10-11). Vi è una relazione tra il motivo della creazione e il passaggio del mare: l'atto di potenza sulla storia è associato al potere sulla natura. Una strada per i redenti attraversa il mare: il dragone è trafitto definitivamente.
1.7. Is 52,9-12: una carovana in cammino sicuro verso Gerusalemme
In un inno conclusivo le rovine di Gerusalemme si uniscono al coro di lode davanti all'intervento concreto di Dio: il suo «santo braccio» (vv. 9-10). Viene quindi dato l'ordine di partenza (vv. 11-12). Il profeta parla nel nome del Signore. Anche qui il linguaggio richiama quello dell'esodo, con alcune variazioni. Gli Israeliti non devono prendere niente da Babilonia, eccetto gli arredi sacri, mentre i loro antenati presero doni dagli Egiziani (Es 12,31-36). Non devono uscire come i loro padri «in fretta» (behippāzôn): un termine che in tutto l'AT appare solo qui e nei due racconti della pasqua in Es 12,11 e in Dt 16,3. Dio però proteggerà come un tempo la colonna degli israeliti, aprendo davanti a loro il cammino e difendendolo alle spalle (cf Es 14,19): un viaggio fatto in pace e in sicurezza.9 Prorompete insieme in canti di gioia,
rovine di Gerusalemme,
perché il Signore ha consolato il suo popolo,
ha riscattato Gerusalemme.
10 Il Signore ha snudato il suo santo braccio
davanti a tutti i popoli;
tutti i confini della terra vedranno
la salvezza del nostro Dio.
11 Fuori, fuori, uscite (se'û) di là!
Non toccate niente d'impuro.
Uscite da essa, purificatevi,
voi che portate gli arredi del Signore!
12 Voi non dovrete uscire in fretta (behippāzôn)né andarvene come uno che fugge,perché davanti a voi cammina (hōlēk) il Signore,
il Dio di Israele chiude la vosta carovana.
2. La riattualizzazione della tradizione dell'esodo
Nei testi esaminati in nessun passo troviamo uno svolgimento completo del tema dell'esodo: uscita, cammino, entrata.
L'antica uscita dall'Egitto è riattualizzata nell'uscita dalla terra di deportazione, da Babilonia (Is 48,20; 52,11). Non sarà più una uscita «in fretta», come quella dall'Egitto: non sarà una fuga. Allora si portarono via oggetti impuri, donati loro dagli egiziani, ora tutto quello che è impuro viene lasciato oltre i confini della terra santa, che non dovrà mai più essere contaminata: portano solo gli arredi sacri (Is 52,11-12).
Nel deserto che separa Babilonia dalla Siria il Signore si aprirà una via, rivestita di splendore. Davanti e alle spalle della colonna dei prigionieri riscattati non ci sarà come un tempo una nube di giorno e un fuoco di notte, ma egli stesso. Questa via nel deserto diventa il luogo della rivelazione del liberatore: la sua gloria si manifesta a tutto il mondo (Is 40,5). Il deserto è trasformato in un nuovo giardino terrestre: un anticipo della terra promessa (Is(Is 51,9b). Il tempo del deserto non sarà un cammino di stenti, segnato dalla fame e dalla sete: cibo e acqua si troveranno ovunque (Is 49,9-10) perché guida del popolo sarà il Signore. 41,18-19),frutto della vittoria di Dio sulla morte
L'esodo terminerà non più nella terra, ma nella città di Gerusalemme, le cui rovine riprenderanno a vivere con la presenza di una comunità che offrirà a Dio un culto purificato dai compromessi con gli idoli dei popoli pagani (Is 52,9-12). Solo là sarà possibile la liturgia del nuovo Giacobbe: una comunità riscattata, diventata la famiglia del Signore (Is 48,20).
Questo annuncio di un nuovo esodo viene a rispondere ai dubbi profondi che turbavano la fede del popolo in esilio: dopo la rottura dell'antica alleanza sarà ancora possibile un legame con Dio? Ci potrà essere ancora qualcosa di nuovo? Geremia e Ezechiele l'avevano fatto intravedere (Ger 31,31-34; Ez 36,22-38). L'esodo è il nuovo atto di grazia, una nuova creazione come quella del cuore nuovo, che prepara una nuova alleanza. L'evento che apre la strada ad un rapporto con Dio così straordinario, supera addirittura in forza l'atto che ha costituito il popolo d'Israele: l'antico esodo (/s 43,18). È un popolo nuovo che esce da questa esperienza.
Il secondo esodo allora, prima ancora d'essere un movimento di ritorno geografico, è un camminare per il sentiero (netîbâ) (Is 43,16) di Dio, non più con cuore mormoratore, ma ricolmo di gratitudine (Is 43,21). Un popolo paralizzato dal dubbio sull'amore di Dio non potrà mai mettersi in cammino: il suo cuore deve essere prima liberato dalla schiavitù più profonda, la pretesa di conoscere meglio di lui la strada del ritorno (cf Is 40,2). Vedendo e considerando la nuova azione salvifica, gli si riapriranno gli occhi della fede (Is 43,19). Saprà e comprenderà chi sia veramente il suo Dio (Is 41,20): non è solo un liberatore ma anche un redentore (gō’ēl), che mantiene con la comunità d'Israele rapporti familiari; il creatore del mondo è anche il creatore del nuovo popolo.
3. Conclusione
Nonostante qualche incertezza, la maggioranza degli esegeti vede il tema del nuovo esodo nei testi sopra elencati. Lo schema: uscita, tempo intermedio (deserto), dono della terra, presente nella tradizione dell'esodo non si trova mai al completo nei testi esaminati, tuttavia è evidente nell'insieme che ogni singolo momento presuppone gli altri due. Le novità più evidenti del nuovo esodo rispetto all'antico sono la liberazione non solo da una schiavitù politica, ma anche da quella più profonda: il dubbio che il Signore fosse realmente Dio e che perciò la sofferenza dell'esilio non avesse nessun senso, e in secondo luogo l'anticipo dell'esperienza della terra promessa nel deserto: quando il Signore è presente anche la croce più pesante diventa gloriosa. Il paradiso (la vita eterna) è anticipato nella presente esperienza del Dio vicino.
(da Parole di Vita, n.4, 1999)
Note
1) Cf 1. BLENKINSOPP, «La tradition de l'Exode dans le Second-Isaie, 40-55», in Concilium (F) 20 (1966) 41-48; W. ZIMMERLI, Rivelazione di Dio. Una teologia dell'Antico Testamento (Teologia 25), Jaca Book, Milano 1975, pp. 175-185; C. WESTERMANN, Isaia - Capitoli 40-66, Paideia, Brescia 1978; C. WIÉNER, Il profeta del nuovo esodo (deutero-isaia) (Bibbia-Oggi: strumenti per vivere la parola), Gribaudi, Torino 1980; L. ALONSO SCHÖKEL, I Profeti. Traduzione e commento, Borla, Roma 1984, pp. 293-384; A. SPREAFICO, Esodo: Memoria e promessa. Interpretazioni profetiche, EDB, Bologna 1985, pp. 13-16; A. BONORA, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio liberato, Queriniana, Brescia 1988; B. MARCONCINI, «Rilettura e profezia dell'esodo nel Secondo-Isaia», in Parola Spirito e Vita 24 (1991) 17-29.2) Cf J. M. VINCENT, Studien zur literarischen Eigenart und zur geistigen Heimat von Jesaia. Kap. 40-55 (BET 5), Frankfurt/M. 1977; H. SIMIAN-YOFRE, «Exodo en Deuteroisaias», in Biblica 61 (1980) 530-553.
3) Cf L. ALONSO SCHÖKEL, Salvezza e Liberazione: l'Esodo, EDB, Bologna 1997.
4) «Sentiero» (n'tîbâ) in parallelo con «strada» (derek) nell' AT ha senso etico, più che fisico. Ct H. SIMIAN-YOFRE, «Exodo en Deuteroisaias», 542.