GENESI 11
Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.
Emigrando dall'Oriente, capitarono in una pianura
nel paese di Sine’ar e vi si stabilirono.
Si dissero l’un l'altro: «Venite, facciamo dei mattoni
e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra
e il bitume da cemento.
Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre
la cui cima penetri nei cieli e facciamoci un nome,
per non essere dispersi su tutta la superficie della terra».
JHWH scese a vedere la città e la torre
che i figli d'Adamo uomini stavano costruendo;
JHWH disse: «Ecco un solo popolo, poiché hanno tutti una lingua sola.
Ed ecco quanto cominciano a realizzare.
Quanto hanno in progetto di fare li fa credere dèi.
Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua,
perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro».
E JHWH li disperse di là su tutta la superficie della terra
ed essi cessarono di costruire la città.
Per questo la si chiamò Babele, perché là
JHWH confuse la lingua di tutta la terra e di là
JHWH li disperse su tutta la superficie della terra
Da molto tempo si sottolinea che il racconto di Genesi 11,1-9 non è un capolavoro di coerenza. Questo testo ha due inizi, il progetto di costruzione è espresso due volte, ora si tratta di una città, ora di una città e di una torre, ecc. Nella sua redazione finale, questo racconto procede intrecciando tre temi: la costruzione della città e della torre, la confusione delle lingue e la dispersione dei popoli. Questo intreccio è certo il frutto di scritture successive, ma non c'è oggi nessun consenso a proposito della storia della redazione. Così come ci è giunto, il testo sembra essere, anch'esso, letterariamente parlando, un cantiere incompiuto.
BABELE-BABILONIA E ALTRI GIOCHI DI PAROLE
La città, la cui costruzione è interrotta, ha un nome: Babele. Si sa del resto che a partire dal momento in cui la storia di Giuda incontra Babilonia la Bibbia chiama questa città e il suo impero con il nome di Bābēl, forma ebraica di Bāb-ili, che significa «porta di dio».
Nel racconto della Genesi, per un gioco di parole ottenuto avvicinando Babele al verbo ebraico bālal (=confondere), questa designazione è ironica e si può dire che il testo rechi la traccia di una polemica diretta contro questa città. Nella versione greca, il traduttore si è trovato nella impossibilità di rendere questo gioco di parole, così ha scelto di sostituire direttamente Bābēl con Synchysis, che vuol dire confusione.
NEMROD, L'ANTENATQ DEI NEMICI MESOPOTAMICI
In un altro testo – Gn 10,10 - Babele era citata come città, e Sennaar come contrada dell'impero di Nemrod. Nemrod comincia la serie dei potenti della terra. Questa «tavola dei popoli» di Genesi 10 riassume la geopolitica mondiale, come la concepiva allora Gerusalemme. Nemrod figura come l'antenato di lutti i nemici mesopotamici di Israele e di Giuda. La prima apparizione di Babele nella Bibbia non ha dunque niente di anodino.
Ma mentre, nei testi di Genesi 1-10, costruire delle città, parlare lingue diverse, disperdersi, dipende da un normale e positivo processo dell'evoluzione umana, in Genesi 11 ciò costituisce una catastrofe. L'originalità di questo testo è tanto più sorprendente.
PRECISIONE TECNICA SULLA COSTRUZIONE
Il mattone e la sua cottura, il cemento, il bitume sono termini che dimostrano una buona documentazione su materiali e le tecniche di costruzione, impiegate in Mesopotamia. In Palestina, si costruiva generalmente con la pietra e il legno. Erodoto fa un racconto della costruzione e una descrizione di Babilonia. Vi si può leggere in particolare questo: «A mano a mano che si scavava il fossato, la terra che si toglieva serviva a fare dei mattoni; quando si ebbero sufficienti mattoni, li si fece cuocere nei forni. Poi, con del bitume caldo per cemento e, ogni trenta strati di mattoni, con un letto di giunchi intercalato, si fece prima il rivestimento del fossato, poi il muro, allo stesso modo» (Storie I, 179).
Ma la precisione del vocabolario non contribuisce in primo luogo al colore locale. La parola mattone, per esempio, appare nei testi sacri sulla fondazione di Babilonia: così, Enūma eliš VI, 55: «Erigete dunque Babilonia, (disse), poiché ve ne volete assumere la fatica! Che ne venga preparata la muratura, poi alzatene la copertura!». Al di là dunque della precisione tecnica, è alla finalità della costruzione che sembra interessarsi il testo biblico: al suo aspetto politico-religioso.
DALLA ZIQQURAT DI BABILONIA ALLA TORRE DI BABELE
Il santuario di Esagila, nome che significa «tempio che alza la testa», dedicato al dio delle acque En, fu dapprima costruito a Eridu. Trasferito a Babilonia da Hammurabi, fu allora dedicato a Marduk. Nabucodonosor I intraprese la costruzione di una ziqqurat che, per una sconosciuta ragione, fu interrotta per essere ripresa e terminata solo da Nabopolassar e Nabucodonosor II. Il nome di quella ziqqurat era Etemenanki, «tempio delle fondamenta del cielo e della terra». Distrutta da Sennacherib nel 689, fu ricostruita da Assarhaddon. Erodoto la conobbe così restaurata, verso il 460, e la descrisse come una torre a più piani, formata da otto torri successive (Storie I, 181).
È evidentemente impossibile dimostrare che la torre della Genesi sia la ziqqurat Etemenanki. Tuttavia, l'associazione del nome di Babele alla costruzione interrotta di una città e del suo centro simbolico, come pure l'evocazione di materiali e di tecniche propriamente mesopotamici, tendono a suggerire che l'accostamento non sia casuale.
UNA CHIAVE Dl LETTURA PER UN TESTO ENIGMATICO
La torre dl Babele è l'ultimo episodio del ciclo delle origini. Visibilmente rimaneggiato a più riprese, questo testo è attualmente inserito tra le due genealogie dei figli di Sem, in mezzo alle quali appare come un corpo estraneo. La fine del capitolo precedente (10,32), vera conclusione dell'insieme genealogico dei discendenti di Noè, dice che i popoli si sono già separati: non spiega dunque affatto la transizione tra la prima genealogia dei figli di Sem e il racconto di Babele.
Di conseguenza, nulla permette di identificare con certezza gli attori che appaiono in maniera anonima in Genesi 11,2 (le traduzioni inseriscono qui «gli uomini» per rimediare a questo stato di cose). Bisogna arrivare al versetto 5 per avere conferma che si tratta dell'insieme dell'umanità designato qui con «figli di Adamo». A partire da Genesi 11,10, una seconda genealogia dei figli di Seni, arricchita di alcuni elementi narrativi sul clan di Terach e la sua migrazione da Ur fino a Carran, ci introduce chiaramente verso Abramo.
Considerato sotto questo aspetto, il racconto di Genesi 11,1-9 si presenta dunque come un blocco autonomo. Ma poiché è posto in quel punto preciso, si può pensare che costituisca l'ultimo tocco al quadro della storia primitiva, proprio poco prima dell'ingresso in scena di Abramo e le nuove prospettive universali aperte dalla sua chiamata. Di fatto, si constata che alla dispersione generale dei popoli a Babele, risponde la promessa di una benedizione per tutti popoli in Abramo (Gn 12,3).
Questa è forse la principale chiave di lettura dell'episodio. Essa presenta il vantaggio di non dilatare l'uno o l'altro dei temi particolari, e ciò potrebbe evitare una lettura un po' riduttiva, di tipo ideologico, per esempio, secondo cui il racconto di Babele non sarebbe che la critica di ogni società totalitaria. Permetterebbe inoltre di evitare il rischio di una speculazione teologica troppo spinta sull'aspetto punitivo della sanzione che colpisce gli uomini a Babele.
Damien Noël *
* Institut Catholique di Parigi
(tratto da Il mondo della Bibbia n. 20)