Solo così si potrebbe entrare in consonanza con quello 'spirito' del concilio che consente di assumere le sue affermazioni più rilevanti non solo come termine di un percorso, ma soprattutto come inizio di un cammino e di un'evoluzione di cui i testi sono i necessari punti di riferimento, fecondi nella misura in cui suscitano e orientano la creatività teologica e spirituale dei credenti nella storia.
1. La Scrittura come sacramento della Parola
Le affermazioni sull'importanza massima della Scrittura nella celebrazione liturgica (SO 24), sulla presenza di Cristo nella Parola, «giacché è lui che parla quando nella chiesa si legge la Sacra Scrittura» (SC 7; cfr SC 33), sulla mensa della parola di Dio (SC 51) che è anche la mensa del Corpo del Signore (SC 48), sull'unità della liturgia della Parola e di quella eucaristica che formano un unico atto di culto (SC 56), unitamente ad altre affermazioni conciliari (DV 21; 24; 26; AG 6; 15; PO 18; PC 6), vanno nella direzione della comprensione della Scrittura come sacramento della parola di Dio. Viene così recuperata la comprensione patristica del sacramentum come quasi visibile verbum; della Scrittura come corpo di Cristo; come segno rivelatore del disegno di amore e salvezza di Dio che si condensa (verbum abbreviatum) nel Cristo; come mediazione dell'alleanza. «La Scrittura è il primo tabernacolo o il primo 'sacramento' della parola di Dio» (L.-M. Chauvet). Si apre cosi la strada a uscire dalla logica controriformistica ancora visibile in certi imbarazzi del testo conciliare e della sua ricezione: questa presenza di Cristo è unica «sia nella parola di Dio..., sia soprattutto (riprendendo il maxime sub speciebus eucharisticis di SC 7) sotto le specie eucaristiche» (Ordo lectionum Missae 46).
Il fatto che Sacrosanctum concilium abbia utilizzato espressioni come celebratio Verbi o liturgici Verbi (SC 56) restituisce alla liturgia la sua essenza costitutiva di 'Parola e Sacramento' e dovrebbe far comprendere che la Parola, ascoltata e accolta nella liturgia attraverso la proclamazione delle Scritture, è capace di alleanza. Purtroppo però, nell'introduzione generale al Messale, la mensa della Parola pare solo luogo di istruzione e la mensa eucaristica luogo di ristoro (PNMR II, 8); e nei Praenotanda della seconda edizione tipica dell'Ordo lectionum Missae (1981) si afferma che «la chiesa, nutrita spiritualmente all'una e all'altra mensa, da una parte si arricchisce nella dottrina e dall'altra si rafforza nella santità. Nella parola di Dio si annunzia la divina alleanza, mentre nell'eucaristia si ripropone l'alleanza stessa, nuova ed eterna» (n. 10). Se la parola di Dio non viene vissuta nell'economia sacramentale fino ad essere accolta come sacramento, come trasmissione di potenza e di grazia e non solo di dottrina, resterà sempre una parola su Dio e sarà solo un preludio alla celebrazione del sacramento. E così si disattenderà l'indicazione della costituzione liturgica, per cui l'unica presenza di Cristo è visibilizzata dall'unità intrinseca e inscindibile delle 'due parti' della messa (SC 51).
2. La Parola e lo Spirito al cuore del rito
La comprensione della Scrittura come sacramento è visibile anche nella strutturazione dialettica delle letture nella celebrazione eucaristica (cfr. SC 51): l'Antico Testamento prefigura e annuncia il Nuovo Testamento, che è incomprensibile come compimento se scisso dall'Antico come promessa. Se la Scrittura è sacramento, icona, allora essa è rinvio oltre se stessa e ad altro da sè, ed ecco che la parola di Dio 'avviene' in questa unità dialettica e pneumatica fra Antico e Nuovo Testamento che si compie in Cristo, ma che tende a compiersi, sempre in virtù dell'azione dello Spirito Santo, anche nella vita dei fedeli, dei partecipanti all'assemblea eucaristica attuale. Questa stessa unità situa la comunità celebrante nella tensione escatologica, nell'attesa del tempo in cui la promessa dell'Antico Testamento, rinnovata e risignificata in Cristo, troverà compimento nel Regno.
Come in Lc 24.13-35, anche nella struttura della celebrazione eucaristica si manifesta il fatto che il sacramento è il dispiegamento dell'essenza e dell'efficacia della Parola: l'ermeneutica delle Scritture 'precipita' nell'evento della fractio panis. Non è solo l'unità e unicità dell'atto eucaristico (Parola e Pane) a indicare questo, ma anche il fatto che ogni gesto sacramentale sia preceduto da una o più letture bibliche, e non possa non esserlo. Questo fatto «è un luogo teologico di prim'ordine e significa che il sacramento non è altro che il compimento della Scrittura come parola di Dio» (L.-M. Chauvet).
Si può rilevare su questo punto una deficienza della Sacrosanctum concilium: la carenza pneumatologica. Solo l'azione dello Spirito vivifica la Scrittura nell'azione liturgica e la risuscita a Parola vivente per l'oggi, così come solo l'azione dello Spirito fa del pane e del vino il luogo della presenza vivente del Risorto. Tuttavia si può dire che la valorizzazione conciliare del Lezionario e della liturgia della Parola da una parte e delle epiclesi allo Spirito dall'altra, apra un sentiero che occorre battere con decisione per le evidenti ricadute ecumeniche. Questa sottolineatura dell'azione congiunta della Parola e dello Spirito come fattore determinante della comprensione della natura di un sacramento può ridurre il rischio del cristomonismo denunciato a suo tempo da Y.-M. Congar come minaccia per la chiesa latina e avvicinare così alle chiese ortodosse, ma può anche costituire il necessario passo per ritrovare una convergenza con la concezione dei sacramenti da pane delle chiese della Riforma che hanno sempre accentuato l'importanza della Parola (anche a rischio di sminuire i sacramenti) e sottolineato anche l'azione dello Spirito nei sacramenti stessi.
Vi è qui un compito essenziale oggi e un'occasione da non perdere perché il fatto che il sacramento non possa essere compreso al di fuori dell'azione dello Spirito e del campo della Parola costituisce una base veramente comune di riavvicinamento tra le chiese.
Enzo Bianchi
«Massima è importanza della sacra Scrittura nella celebrazione liturgica. Da essa, infatti, vengono tratte le letture da spiegare nell'omelia e i salmi da cantare, del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e i segni. Perciò, Per favorire la riforma, il progresso e l'adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga promossa quella soave e viva conoscenza della sacra Scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali sia occidentali». (Sacrosanctum concilium, 24)