Le battute conclusive del fondamentale n. 7 della Sacrosanctum concilium, infatti, suonano molto simili alla definizione che della liturgia offriva l'enciclica:
La sacra liturgia è il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre come capo della chiesa, e il culto che la società dei fedeli rende al suo Capo e, per mezzo di lui, all'eterno Padre; è, per dirla in breve, il culto integrale del corpo mistico di Gesù Cristo, cioè del Capo e delle sue membra.
1. La liturgia, momento della storia della salvezza
C'e' da rilevare, però, che tra i due documenti esistono differenze sostanziali. Anzitutto perché l'enciclica considera della liturgia prevalentemente la dimensione ascendente del culto che la chiesa, unita a Cristo suo capo, rende al Padre. La Sacrosanctum concilium invece, senza negare la dimensione latreutica, pone al primo posto la santificazione che per mezzo della liturgia Dio opera a favore degli uomini rendendoli capaci di offrire a lui il culto in spirito e verità. La liturgia, prima che azione degli uomini nei confronti di Dio, è azione di Dio per loro, dono che essi devono accogliere nella fede.
Ancora maggiore è la distanza fra i due documenti nel procedimento adoperato per elaborate tale concetto. Infatti, come ha messo in luce nei suoi studi Salvatore Marsili - del quale ricorre quest'anno il ventesimo anniversario della morte - la Mediator Dei procede deduttivamente con argomentazione filosofica: l'uomo creato da Dio è tenuto a rendergli culto, ma, essendo egli essere sociale, il suo culto deve essere comunitario. Avendo però Dio nell'Antico e soprattutto nel Nuovo Testamento indicato il modo con cui vuole essere onorato, l'uomo deve attenersi a queste indicazioni. Si inserisce qui la definizione di liturgia sopra citata. La Sacrosanctum concilium, invece, fondandosi sulla visione patristica della rivelazione come storia, ricuperata dalla teologia nel lungo travaglio della prima metà del XX secolo, pone la liturgia a conclusione di una riflessione sulla storia della salvezza (2).
La storia della salvezza è la realizzazione attraverso i tempi del progetto o disegno eterno salvifico di Dio, realizzazione annunziata e preparata nell'Antico Testamento con le grandi gesta salvifiche (i mirabilia) da Dio operati a favore dei padri, spiegati e attualizzati dai profeti, e compiuta in Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, soprattutto con la sua morte-risutrezione-ascensione, vertice di tutta la storia salvifica, parola ultima e intervento decisivo dì Dio. Questa costituisce la perfetta riconciliazione degli uomini con Dio e il culto perfetto a lui reso. La realizzazione del progetto di Dio continua nella chiesa. Essa, frutto dell'opera di Cristo e dello Spirito da lui ottenuto (scaturita dal costato di Cristo addormentato sulla croce), a sua volta ha la missione di estendere a tutti i tempi e a tutti gli uomini tale opera.
Si potrebbe forse aggiungere - ma la Sacrosanctum concilium non lo fa - che la realizzazione del disegno di Dio ha una fase preistorica, costituita dalla rivelazione pre-biblica e da tutti gli sforzi fatti dagli uomini nelle religioni e nei loro riti per mettersi in contatto con Dio, rendergli culto, ottenere il perdono e la comunione con lui, che si possono considerare con Ireneo una praeparatio evangelica.
Il disegno di Dio è espresso dalla Sacrosanctum concilium con il binomio: salvezza e conoscenza della verità (cfr. 1Tim 2,4). Questi due poli, parola e azione, caratterizzano la storia salvifica in tutte le sue fasi. L'Antico Testamento è storia profetica: è costituita, infatti, di interventi, gesti, fatti; ma anche di parola profetica, che spiega quei fatti, li interpreta, li rilegge nelle mutate situazioni. Cristo, realizzazione del disegno di Dio, a sua volta, è Verbo, parola, icona, segno che rivela il Padre, annunzia la salvezza, la riconciliazione, il culto in spirito e verità; ma Verbo fatto carne, realizzazione di ciò che viene annunziato: nella sua umanità Dio non soltanto si rivela, ma è con noi, opera, si dona; in lui la salvezza si realizza, il culto perfetto è compiuto.
Questo binomio caratterizza pure la continuazione della storia della salvezza che si compie nella chiesa. Cristo infatti ha inviato gli apostoli e, in essi, la chiesa che è la visibilizzazione (il corpo, il mirabile sacramento) della sua persona e della sua opera, perché annunziassero la salvezza già compiuta nella sua morte-risurrezione-ascensione; e perché attuassero attraverso i segni della liturgia la salvezza che annunziavano (cfr Mt 10,1-15; 28,18; Mc 16,15-20; Gv 20,21) (SC 5). E difatti, sin dalla sua prima manifestazione il giorno della pentecoste, la chiesa appare intenta all'annunzio e all'ascolto della predicazione e dell'insegnamento degli apostoli, e alla celebrazione del battesimo e dell'eucaristia, che di tutta la liturgia costituiscono il perno (cfr. At 2). Da allora la chiesa continua a riunirsi in assemblea per far memoria della morte-ri surrezione di Cristo mediante la lettura delle Scritture, il rendimento di grazie e la celebrazione dell'eucaristia e degli altri sacramenti. In essi per opera dello Spirito Santo, che nella storia salvifica ha il compito di attualizzare, estendere e approfondire l'opera di Cristo, gli eventi di cui la chiesa fa memoria vengono resi presenti (cfr. SC 6).
A questo punto si hanno tutti gli elementi per descrivere la liturgia. Essa è l'esercizio del sacerdozio di Cristo, da parte di Cristo e della chiesa. Cristo vi è pertanto presente nel ministro, nella Parola proclamata, nella comunità orante, nel segno sacramentale, in maniera tutta particolare nel pane e nel vino dell'eucaristia. E vi è presente la chiesa, suo corpo e sua sposa, a lui unita in maniera indissolubile.
In essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata, resa visibile, manifestata e, in modo a ciascuno di essi proprio, viene realizzata la santificazione dell'uomo, la perfetta riconciliazione, l'opera dell'umana redenzione, e viene esercitato dall'intero corpo di Cristo, capo e membra, il culto pubblico integrale, ossia la pienezza del culto, la perfetta glorificazione di Dio, il rendimento di grazie, che costituiscono il contenuto della storia della salvezza e di tutta l'opera di Cristo (SC 7).
Il compimento definitivo di quest'opera - aggiunge SC 8 – è proiettato nei futuro escatologico. La celebrazione della liturgia e dei sacramenti lo anticipa, lo fa pregustare e lo affretta. In essa chiesa celeste e chiesa pellegrina sono associate nello stesso canto (3). Le azioni liturgiche, così, sono memoriale nel quale la storia salvifica trova compimento per opera dello Spirito Santo, in attesa del compimento escatologico.
2. Liturgia e storia della salvezza nell'attuazione della riforma liturgica
Tutto ciò risulta evidente nelle grandi preghiere sacerdotali: la preghiera eucaristica, la benedizione dell'acqua per il battesimo, la consacrazione dei crisma, la preghiera dell'assoluzione nella celebrazione della penitenza, la benedizione dell'olio degli infermi, le preghiere di ordinazione, la benedizione nuziale, ma anche la benedizione dell'abate, nella professione religiosa e nella consacrazione delle vergini e le preghiere del benedizionale. Queste preghiere cominciano sempre rievocando il progetto originario di Dio e le grandi opere da lui compiute nella storia della salvezza, che hanno trovato piena realizzazione in Cristo morto e risorto; per esse rendono grazie; e chiedono che egli, per opera dello Spirito Santo, compia nell'oggi della chiesa, per i credenti, in conformità a quanto ha mostrato di potere e voler fare, in attesa del compimento definitivo nel suo Regno.
Lo stesso procedimento si trova nelle premesse con cui i diversi rituali presentano e spiegano i riti della liturgia e la loro struttura. Ma questa visione soggiace soprattutto alla struttura stessa di tutte le azioni liturgiche quale la presentano i libri della riforma liturgica: esse iniziano ogni volta con la liturgia della Parola, la quale presenta ciò che Dio ha fatto e detto nell'Antico e nel Nuovo Testamento; segue la preghiera d'intercessione; quindi viene la preghiera sacerdotale, in cui si chiede a Dio di attuare nei simboli e nei segni quanto la Parola rievoca e annunzia.
3. Ciò che resta ancora da fare
Questa chiarificazione concettuale, il riordino dei riti e la composizione di nuovi testi eucologici non significa però che questa visione della liturgia sia entrata nella coscienza e nella prassi delle assemblee celebranti e dei presidenti. Lo dimostra la strumentalizzazione e la funzionalizzazione delle celebrazioni a trasmettere questo o quel messaggio o ad ottenere questo o quello scopo Per accorgersene è sufficiente ascoltare le omelie che, spesso, invece di narrare le meraviglie di Dio in modo da fare esplodere gioioso il rendimento di grazie, sono piene di moralismi colpevolizzanti. Basta osservare l'iconografia presente nelle chiese di nuova costruzione o adeguate alla riforma liturgica (statue, Mosaici, affreschi, vetrate), spesso devozionali; basta osservare i canti non di rado infarciti di sentimentalismi e di luoghi comuni.
Molto resta da fare perché questa visione della liturgia, che è quella della Scrittura e della grande patristica, entri nella coscienza delle comunità. La via è quella di una formazione biblica che favorisca una soave e viva conoscenza della Scrittura, raccomandata, prima ancora che da DV 25, da SC 24. «Da essa infatti si attingono le letture da spiegare nell'omelia, i salmi da cantare, del suo affiato sono permeate le preci, le orazioni e gli inni. Da essa infine prendono significato le azioni e i gesti liturgici». La Scrittura, soprattutto, presenta l'unità della storia della salvezza dalla creazione alla parusia e la visione del mondo e della vita che soggiace a tutta la liturgia cristiana.
Pietro Sorci
Note
(1) Cfr. A. G. Martimort, La chiesa in preghiera, I: Principi della liturgia, Queriniana, Brescia, 1984, 28; A. Adam, Corso di liturgia, Queriniana, Brescia 1985, 14-15; J. Lòpez Martìn, «In spirito e verità». Introduzione alla liturgia, Paoline, Milano 1989, 59-64; S. Marsili - D. Sartore, Liturgia, in D. Sartore - A. M. Triacca - C. Cibien (edd.), Liturgia
(2) Cfr. S. Marsili, La teologia della liturgia del Vaticano II, in Aa.Vv., Anamnesis, I: La liturgia, momento della storia della salvezza, Marietti, Casale Monferrato (Al) 1974, 88-92.
(3) Per un approfondimento della nozione di liturgia nella Sacrosanctum concilium, cfr. i capp. II e XIII di Lòpez Martìn, «In spirito e verità», cit., 52-84; 415-456. (Dizionari San Paolo), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001, 1042-1046.
«Dio, "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), "dopo avere già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti" (Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, "medico della carne e dello spirito", mediatore di Dio e degli uomini. Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Perciò in Cristo "avvenne il perfetto compimento della nostra riconciliazione e ci fu data la pienezza del culto divino"». (Sacrosanctum concilium 5)
«Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore, principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero con il quale "morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha rinnovato la vita". Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la chiesa. (...) Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre nella sua chiesa, specialmente nelle azioni liturgiche». (Sacrosanctum concilium 5.7)