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Sabato, 12 Marzo 2011 09:15

La coppia scoppia, un matrimonio su due si rompe

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«E vissero felici e contenti». Un lieto fine, buono per le fiabe, che nel terzo millennio appare decisamente demodé. A meno che non si aggiunga una postilla: felici e contenti, certo, ma ognuno per i fatti suoi. È quanto emerge dai dati sulle separazioni nel primo semestre del 2010: quattro matrimoni su dieci si sfasciano. 

Forum delle Associazioni Familiari
di Ersilio Mattoni - Milano

 «E vissero felici e contenti». Un lieto fine, buono per le fiabe, che nel terzo millennio appare decisamente demodé. A meno che non si aggiunga una postilla: felici e contenti, certo, ma ognuno per i fatti suoi. È quanto emerge dai dati sulle separazioni nel primo semestre del 2010: quattro matrimoni su dieci si sfasciano. In Lombardia 472 unioni su mille, benedette da un pastore o celebrate da un sindaco, finiscono con un addio, una  separazione che nel 70 per cento dei casi è consensuale, mentre sono 334 le coppie che si lasciano con un divorzio vero e proprio.

Il record spetta comunque alla Liguria, dove oltre la metà delle coppie si lascia. Segue a ruota il Friuli, con un 50 per cento tondo tondo di rotture. Se però isoliamo il dato di Milano, allora le cose cambiano, perché nella capitale morale il popolo degli scoppiati è in forte aumento: tra divorzi e separazioni si passa il 50 per cento. È la città dei single, di quelli che restano fedeli a un vecchio principio, a conti fatti da rivalutare: meglio soli che mal accompagnati.

Avevano ragione quelli della Cesim, una società che, copiando Vienna e Parigi, portò proprio a Milano, in anteprima nazionale, la Fiera del divorziato, intitolandola «Ex. Punto e a capo». Il business degli addii, del resto, frutta bene. Fra spese legali, traslochi, servizi di babysitter, assistenza psicologica e persino maghi che predicono il futuro si stima un giro d'affari da 800 milioni di euro. Divorziare, insomma, costa. E richiede pure tempi di attesa interminabili.

Se i coniugi sono d'accordo, le spese legali sono contenute, attorno a 1.500 euro. L'attesa varia, da due a otto mesi. Quando invece la coppia è litigiosa, si deve discutere tutto: la custodia dei figli, la divisione dei beni, l'assegno di mantenimento. Senza considerare che ogni rimostranza (tradimento, percosse, cure mediche, esigenze lavorative) deve essere provata attraverso costose perizie.

Risultato: si aspetta dai tre ai cinque anni, con un esborso che oscilla tra i 5mila e i lOmila euro a testa. Dopodiché si ricomincia, alleggeriti nel conto in banca e negli affetti. E ci si affida a un'agenzia per rendere più agevole la ripresa.

Si stima che il single di ritorno spenda, solo nel primo anno di vita nuova, 20-30mila euro.

Ecco perché si deve leggere oltre i numeri: a Milano, per esempio, ci vuole un anno a cinque mesi per chiudere una separazione, mentre serve un mese in più per un divorzio. Ma, come accennato, il 70 per cento delle rotture sono consensuali, dunque più veloci. Ne scaturisce così un valore di media, poco rispondente alla realtà.

Innegabile rimane il dato principe: le coppie scoppiano, sempre di più. Unica eccezione, la Calabria: soltanto 72 unioni su mille finiscono davanti al giudice. Qui i matrimoni, complice un vecchio retaggio per cui divorzio fa rima con disapprovazione sociale, continuano a durare. Vuoi per scelta, vuoi per costume.

  • I procedimenti: La strada scelta in prevalenza dai coniugi è quella della fine di comune accordo: le separazioni consensuali sono circa il 70%
  • Mesi ed anni: i tempi per ottenere il provvedimento sono i lunghi se manca l'accordo: in genere si arriva anche a cinque anni.
  • Le motivazioni: dietro il fallimento spesso si nascondono la concezione consumistica dei sentimenti e una assoluta perdita di progettualità.
  • In Parlamento: i tre disegni di legge sul divorzio breve sono ancora fermi in commissione a altre un anno dall'inizio dell'esame.
Letto 2615 volte Ultima modifica il Venerdì, 06 Luglio 2012 08:06

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