Si è affermato così un sistema di welfare privato - data anche la limitata offerta di servizi pubblici di assistenza domiciliare - basato sul ricorso alle assistenti familiari straniere, risorsa sempre più essenziale per le famiglie, ma fragile, poiché impiegata in un settore scarsamente tutelato e con un'irregolarità diffusa a livello contrattuale. Infatti, la presenza rilevante di donne immigrate nel contesto italiano si è intrecciata con le esigenze delle famiglie degli anziani non autosufficienti, delineando una relazione che si configura come "un incontro tra persone fragili", espressione che si riferisce alle difficoltà vissute dai differenti soggetti coinvolti - donne straniere discriminate e poco tutelate, anziani in condizione di debolezza e dipendenza, famiglie in cui le donne spesso sono le uniche ad assumersi le responsabilità di cura.
L'affermazione del fenomeno delle assistenti familiari — dalla sua comparsa in Italia negli anni '90 fino al 2007, anno del riconoscimento contrattuale della figura professionale - ha dato origine alla necessità di comprendere il mondo delle lavoratrici della cura: in questi ultimi anni, gli studi basati su dati statistici sono risultati complementari rispetto ad una recente e ampia letteratura sociologica, che ha studiato attraverso le indagini empiriche il modello di cura italiano, privato e informale, ricostruendo i percorsi di accesso al lavoro, il funzionamento delle reti etniche, la migrazione tra lavoro e famiglia, il punto di vista dei datori di lavoro, gli atteggiamenti nei confronti della formazione. Le analisi hanno messo in evidenza, inoltre, le specificità dei percorsi migratori al femminile, in quanto i significati che le donne attribuiscono alla migrazione si sono rivelati contraddittori e discrasici: si tratta, nello stesso tempo, di percorsi di emancipazione da vincoli economici, sociali e familiari, ma anche di conferma delle disuguaglianze di genere, poiché l'inserimento lavorativo avviene in ruoli tradizionalmente assunti dalle donne (UNFPA, IOM, 2006). Gli unici ruoli a cui una donna straniera - indipendentemente dalla provenienza, dalle motivazioni e dal capitale culturale a disposizione - può accedere nel nostro paese sono quelli di moglie, domestica, prostituta, dinamica che mette in evidenza il fenomeno dell'etnicizzazione del mercato del lavoro1.
In tal senso, il termine "badante", diffuso ampiamente nel contesto italiano, cristallizza alcuni processi discriminatori e di esclusione subiti dalle donne migranti, segnando una distanza sociale rispetto agli autoctoni, e contribuisce a costruire e consolidare uno stereotipo riduttivo e svalorizzante della professione di assistenza agli anziani, nonché delle immigrate che svolgono tale lavoro e degli anziani fragili cui la cura si rivolge. Nel dibattito scientifico che si è sviluppato, sono emerse voci critiche e nuove denominazioni quali aiutanti domiciliari o assistenti familiari - anche se forse è mancata un'analisi critica sistematica delle etichette e del linguag-gio di senso comune. Alcuni studiosi, tuttavia, hanno rivalutato il concetto di cura della persona, che si configura come un legame basato sulla reciprocità e sulla responsabilità: risulta necessaria e ancora inesplorata un'analisi della funzione sociale delle assistenti familiari attraverso i paradigmi interpretativi che fanno riferimento all'approccio transnazionale (Ceschi, Riccio, 2007) e alla teoria delle capacità (Nussbaum, 2001), al fine di comprendere il ruolo della donna migrante nel mantenimento di connessioni e relazioni tra luoghi, paesi, case, famiglie, ovvero di relazioni familiari transnazionali ancora scarsamente studiate nelle loro differenti forme.
I percorsi lavorativi delle immigrate necessitano di essere compresi nella loro complessità, considerando anche le ricadute delle migrazioni femminili sui legami familiari, poiché è necessario analizzare i molteplici ruoli - lavorativi e familiari - assunti dalle donne, impegnate in un gioco di equilibri tra presenza ed assenza, lontananza e vicinanza rispetto ai familiari rimasti in patria o ricongiunti in Italia, in una difficile conciliazione tra la cura degli altri (anziani e/o famigliari) e la cura e la promozione di sé. Gli studi europei, d'altro canto, hanno scarsamente considerato il ruolo delle strategie familiari nelle migrazioni, concentrando l'attenzione sull'analisi dell'inserimento lavorativo delle donne in settori a rischio di irregolarità e sfruttamento come il settore domestico e dell'assistenza (Kofman, 2004): per tale motivo, l'indagine presentata nel volume si propone un approfondimento sui percorsi delle donne tra migrazione, lavoro e famiglia.1
Nota paragrafo 1
1Queste donne che vengono da lontano occupano i posti che noi abbiamo lasciato liberi,
fanno I mestieri che non siamo riuscite a condivìdere con i nostri uomini, svolgono ruoli che
non abbiamo ottenuto che fossero organizzati civilmente dalle strutture sanitarie e per i quali il volontariato non ha abbastanza braccia e cuori" (Luciano. 1994, p. 225).
2. L'indagine nell'ambito del progetto SolidAssistenza
I nodi problematici dell'inclusione lavorativa e sociale delle assistenti familiari - delineati a livello fenomenologico, concettuale e interpretativo a partire dalla letteratura sociologica italiana e internazionale - sono alla base dell'esigenza di realizzare un'indagine sociologica con finalità conoscitive, che si è collocata nell'ambito di SolidAssistenza, progetto inserito nell'Iniziativa Comunitaria Equal finalizzata al superamento delle discriminazioni nel mercato del lavoro e promosso dalle rappresentanze territoriali di Confcooperative Piemonte e dell'ANOLF CISL Piemonte: SolidAssistenza si pone, nello specifico, l'obiettivo di sperimentare, nella Regione Piemonte, azioni che possano favorire le lavoratrici, mediante processi che facilitino il passaggio a condizioni di lavoro regolare e garantiscano qualità nel servizio offerto. Percorsi formativi e informativi per le assistenti, supporto agli utenti e alle loro famiglie, coinvolgimento delle istituzioni locali sono alcune delle attività che trovano una sintesi nella sperimentazione di un modello di qualificazione ed innovazione delle imprese sociali del territorio piemontese.
II volume presenta, quindi, un'analisi sociologica partendo dalle problematiche focalizzate dal progetto, quali: le criticità dell'esperienza di lavoro delle assistenti alla luce del percorso migratorio e della condizione familiare; il nodo della qualificazione professionale; le possibili prospettive di miglioramento nell'organizzazione del lavoro.
L'indagine, in una prima fase, ha utilizzato con finalità esplorative una metodologia qualitativa, basandosi su interviste semi-strutturate realizzate con un gruppo di 50 donne, che hanno permesso di precisare le ipotesi alla base del questionario strutturato - somministrato ad un campione di 500 assistenti - che si è posto l'obiettivo di indagare la qualità della vita delle lavoratrici straniere tra esperienza migratoria e di lavoro, condizione familiare, proposte ed esperienza di tutela della condizione lavorativa, progetti di formazione e di vita.
I risultati della ricerca hanno evidenziato un legame tra esperienza migratoria e discriminazione lavorativa delle assistenti familiari, in cui l'obiettivo della regolarità del soggiorno e del contratto di lavoro costituiscono solo un punto di partenza, in vista di un effettivo miglioramento della propria qualità di vita, e la formazione è intesa non solo come strumento di tutela contro lo sfruttamento dei datori di lavoro ma è anche un mezzo di promozione sociale.
L'analisi mette in luce le differenti condizioni di vita delle assistenti familiari, delineando alcuni principali tipi in relazione alla qualità di vita sperimentata nella quotidianità, in cui le variabili significative sono costituite dalla condizione abitativa e familiare, dal tipo di soggiorno in Italia, dall'esperienza di lavoro definita da diritti acquisiti o negati.
In tal modo, l'indagine ha consentito di cogliere le contraddizioni di un'esperienza lavorativa spesso totalizzante come quella delle assistenti, in cui la cura degli altri - anziani e propri familiari - non lascia tempo e spazio per la cura di sé, dimensione fondamentale per la persona e premessa per una piena integrazione nella società di accoglienza.
3. Un quadro di sintesi
Nel corso dell'elaborazione dei dati del questionario è stata svolta un'analisi multivariata, mediante il ricorso all'analisi delle corrispondenze multiple2. A partire da questa tecnica fattoriale, si è poi costruita una cluster analysis, che ha avuto l'obiettivo di aggregare i soggetti del campione in gruppi o classi, con caratteristiche comuni e distintive che hanno permesso l'individuazione di una tipologia, consentendo di arrivare ad un livello interpretativo più approfondito.
Nell'ambito dell'introduzione si anticipa la presentazione dei quattro gruppi di assistenti familiari emersi da questa analisi, dal momento che questi rappresentano in modo sintetico i principali risultati della ricerca mostrando profili differenti di qualità della vita, cui è stato attribuito un nome che ne riassume i tratti qualificanti. La seguente descrizione rappresenta il punto di arrivo dell'indagine, ma soprattutto la premessa per l'attuazione del progetto, finalizzato alla creazione di percorsi di inclusione lavorativa e sociale delle assistenti, attraverso processi di facilitazione del passaggio da condizioni di lavoro irregolari a modalità regolari, individuando possibili collaborazioni tra pubblico e privato - anche attraverso la realizzazione dì focus group con operatori testimoni privilegiati delle diverse province - nella formazione, nella tutela, nell'organizzazione del lavoro, nell'attuazione di politiche integrate.
Tab. 1 - Analisi dei cluster
Gruppo |
% |
Caratteristiche
|
1 lavoratrici part time alla ricerca di un equilibrio e di una conciliazione tra lavoro e famiglia |
19 |
- orari di lavoro ridotti - stipendi bassi - conciliazione tra bisogno di lavorare e presenza del proprio nucleo familiare in Italia - gestione equilibrata tra tempo di lavoro e tempo libero per i familiari |
2 lavoratrici conviventi poco tutelate e sfruttate per le quali tempo di lavoro e tempo libero coincidono |
32 |
- parziale regolarità rispetto a contratto di lavoro lavoratrici conviventi (stipendio, contributi, orario, ferie, malattia) - conviventi con l'anziano presso cui lavorano - tempo libero passato con l'anziano: la famiglia dell'anziano diventa la propria famiglia |
3 lavoratrici regolari tutelate e garantite integrate |
33 |
- presenza regolare in Italia - un contratto di lavoro rispettato nelle sue parti - relazioni significative interetniche con italiani e connazionali |
4 lavoratrici irregolari clandestine e incerte |
16 |
- regolarità dubbia nel soggiorno - regolarità dubbia nella situazione lavorativa - risposte incerte o mancanza di risposte |
Tab. 2 - Tipologia
Gruppo |
% |
Tipo |
1 2 3 4 |
19 32 33 16 |
tradizionale / regolare isolato / sfruttato integrato / tutelato incerto / indefinito |
Come si può osservare, i 4 gruppi estratti si presentano con una diversa consistenza numerica, due gruppi raccolgono rispettivamente circa il 30% dei casi, mentre gli altri circa il 20%. Si notano differenze relative alle variabili strutturali, in particolare età, titolo di studio, stato civile, luogo di provenienza e di residenza. Inoltre, per cogliere la specificità del gruppo occorre mettere in luce le caratteristiche specifiche del percorso migratorio, la condizione familiare, la progettualità dei soggetti, la propensione verso la sindacalizzazione e la cooperazione, aspetti che qualificano ulteriormente la tipologia proposta. Nella descrizione che segue, non viene preso in considerazione il gruppo 4 (Tab. 2), definito incerto, dal momento che manifesta una condizione poco chiara e scarsamente specificata nelle risposte.
Il primo tipo - tradizionale/regolare - è costituito dal 19% del campione: all'interno del gruppo emergono in particolare le donne più giovani (con meno di 30 anni), provenienti in prevalenza da Albania e dal continente africano, anche se in misura minore, residenti nella provincia di Asti.
Le motivazioni della migrazione sono legate principalmente al ricongiungimento familiare: le donne si trovano spesso a partire dal proprio paese d'origine, senza avere a disposizione informazioni precise sul contesto italiano. I percorsi migratori sono tendenzialmente regolari nelle modalità di ingresso e nella permanenza sul territorio nazionale, tipici di una migrazione di vecchia data o comunque precedente al 2000.
Queste donne, il cui percorso si caratterizza spesso per una migrazione simultanea di tutta la famiglia in quanto sono partite dal proprio paese d'origine con marito e figli, si distinguono per l'unità del proprio nucleo familiare presente in Italia. Infatti, a livello familiare, il tipo equilibrato è composto da lavoratrici che vivono in prevalenza con la famiglia3 (con il marito e i figli) e, talvolta, anche in nuclei allargati, trascorrendo di conseguenza con i familiari il proprio tempo libero dal lavoro. È netta quindi la separazione tra luoghi e tempi di vita, tra casa dell'anziano inteso solo come luogo di lavoro e casa della propria famiglia e spazio di vita, nonché tra tempo di lavoro e tempo libero.
Infine, queste donne manifestano di frequente un desiderio di migliorare la propria situazione lavorativa, anche cambiando professione, e sono interessate al riconoscimento del proprio titolo di studio al fine di lavorare nel proprio campo e migliorare nel complesso la propria condizione di vita. Tale prospettiva può essere facilitata anche dal fatto che si tratta di donne che conoscono molte persone che lavorano in cooperativa o iscritte al sindacato, inserendosi in circuiti positivi e promozionali.
Il secondo tipo - isolato/sfruttato - rappresenta il 32% del campione: tra le sfruttate, si evidenzia il gruppo delle più anziane (con oltre 50 anni), di provenienza europea dall'ex Unione Sovietica (soprattutto Moldavia e Ucraina) e insediate prevalentemente nelle province di Novara, Vercelli e Cuneo.
Tra le motivazioni della migrazione, le donne sottolineano i fattori di espulsione e di crisi economica che caratterizzano il paese d'origine e le proprio famiglie. Si tratta, in genere, di donne immigrate arrivate di recente in Italia, anche dopo il 2002, informate alla partenza attraverso canali informali rispetto al mercato del lavoro italiano e giunte con la consapevolezza di andare a svolgere lavoro di assistenza presso gli anziani italiani. Molte tra di esse sono state, tra l'altro, protagoniste della "grande regolarizzazione" del 2002.
Si tratta di donne che spesso migrano da sole - talvolta sono single o vedove a livello di stato civile - i cui figli sono rimasti in patria e il cui obiettivo principale è quello di inviare rimesse che servano proprio per mantenere i figli negli studi. Sono, dunque, lavoratrici senza famiglia in Italia, che convivono con l'anziano di cui si occupano, al punto che la famiglia dell'anziano sostituisce e diventa la propria famiglia. Esiste, in questo caso, una totale identificazione tra luogo di lavoro e casa, con una perdita progressiva del proprio spazio privato e un'assenza di distinzione tra tempi di lavoro e di riposo.
L'isolamento di cui soffrono le donne di questo cluster si esprime, anche, nella scarsa conoscenza del sindacato - di cui non si riconosce l'utilità se non per un bisogno di tutela - nonché nel limitato interesse per la cooperazione, dato dall'assenza di informazioni su tali organizzazioni.
A livello di progettualità, i soggetti di questo gruppo intendono soprattutto continuare a lavorare nell'assistenza agli anziani, senza preoccuparsi di migliorare la propria condizione, in quanto considerano temporaneo il proprio lavoro e la presenza in Italia: tra di esse, non vi è alcun interesse al riconoscimento della formazione pregressa, né un desiderio di cittadinanza. Il valore della formazione consiste solo in una maggiore tutela e difesa, a fronte di una situazione di notevole sfruttamento e disagio.
Il terzo tipo - integrato/tutelato - rappresenta il 33% del campione: tra le cosiddette tutelate, spicca il gruppo delle rumene e delle latinoamericane (provenienti soprattutto dall'Ecuador), concentrate nel contesto alessandrino, spinte a emigrare da fattori di attrazione del paese d'accoglienza e da reti consolidate di parenti e connazionali in Italia. Nonostante tutto, molte di esse non disponevano di informazioni chiare alla partenza, dunque sono entrate in maniera irregolare e successivamente hanno sanato la propria posizione giuridica, spesso prima del 2002.
Le donne di questo gruppo vivono, in prevalenza, da sole o con l'anziano, ma passano il proprio tempo libero indifferentemente con italiani e connazionali e in questo atteggiamento si rivelano le più integrate. Tra di esse, è maggiore la conoscenza delle funzioni del sindacato e delle cooperative e numerosi sono legami che queste intrecciano con persone sindacalizzate o lavoratori di cooperative.
Inoltre, la famiglia rimasta in patria delle integrate è, in genere, quella d'origine cui sono destinate principalmente le rimesse. All'interno del cluster vi sono dunque le figlie, ma anche donne divorziate e separate che hanno lasciato i propri figli con i nonni al paese d'origine.
Note paragrafo 3
2 Descritta nel dettaglio nell'ultimo capitolo del volume, curato da Bollani.
3 SI sottolinea che alcune variabili relative alla famiglia rientrano all’interno dell’individuazione degli assi fattoriali vengono considerate, infatti, le differenti tipologie di convivenza che caratterizzano la presenza delle donne in Italia e le persone frequentate nel tempo libero.
4. Il percorso dell'opera
La tipologia descritta in precedenza rappresenta il punto di arrivo di un articolato percorso proposto nel volume, che presenta analisi di fenomeni e processi, riflessioni teoriche e risultati di una ricerca empirica, e si struttura in due parti.
La prima parte teorico-fenomenologica, basata su una bibliografia italiana e internazionale, è dedicata all'analisi dei soggetti coinvolti nella relazione di cura: anziani, famiglie, assistenti familiari stranieri. In primo luogo, si è approfondita la relazione tra anziano, con i bisogni relazionali e assistenziali che esprime, e il caregiver. In secondo luogo, si sono descritte le caratteristiche delle donne immigrate che svolgono nel nostro paese un lavoro di cura con gli anziani, sulla base di dati statistici, di ricerche quantitative e qualitative, e di una lettura critica di concetti e paradigmi interpretativi.
La seconda parte del volume presenta i risultati della ricerca sulle assistenti familiari in provincia di Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Vercelli, realizzata nell'ambito di SolidAssistenza: dopo una premessa metodologica e una descrizione dei tratti distintivi dei soggetti della ricerca, si è analizzata e interpretata la quotidianità di vita dell'assistente familiare, nella situazione sperimentata di un "lavoro tra due famiglie" - quella dell'anziano e la propria rimasta in patria o ricongiunta in Italia. Si sono introdotte, infine, alcune ipotesi per una rivisitazione del lavoro di cura, a partire dalla rivalutazione del ruolo della formazione nell'assistenza agli anziani, dall'assunzione di responsabilità da parte dei territori provinciali e della società civile, dalla proposta di soluzioni di tipo cooperativistico nell'organizzazione del lavoro e dalla diffusione di forme di tutela per le donne straniere.
Tratto da:
Lazzarini G., Santagati M., Bollani L., 2007 - Tra cura degli altri e cura di sé. Percorsi di inclusione lavorativa e sociale delle assistenti familiari. Ed. FrancoAngeli. Milano.