Il secolo XIX, pag 29, 4.12.2010
Il dibattito sulle proposte di riforma del sistema scolastico e i tagli previsti per il sistema istruzione nel suo complesso sta assumendo toni e modi sempre più accesi e dimensioni sempre più ampie. La più diffusa forma di protesta all'interno degli edifici scolastici sembra essere la c.d. "autogestione", modello operativo non previsto da alcuna normativa ma ormai considerato da studenti e scuole come efficace forma di critica "possibile" e "lecita". Numerose sono le dichiarazioni, diffuse dai mezzi di informazione, di studenti, dirigenti scolastici o personalità che si esprimono su tale modalità di protesta: nessuno, tuttavia, sembra interessato a sentire la voce delle famiglie e a riconoscere loro un ruolo.
Eppure la nostra Costituzione è chiarissima sul punto (art. 30): il diritto/dovere di educare, ed istruire i figli spetta ai genitori, non ai docenti, né ai presidi, né ad altre figure più o meno impegnate sulla pubblica scena sociale, culturale, politica che, al più, in proposito si possono considerare solo dei delegati. A quel che accade negli istituti scolastici, quindi, le famiglie non possono restare estranee.
In realtà un piccolo spazio in questi giorni ai genitori viene lasciato: essi possono, anzi devono, firmare la giustificazione dei ragazzi minorenni assenti dalle lezioni, ma presenti negli edifici scolastici per partecipare ai diversi eventi dell'autogestione.
È difficile capire chi li autorizzi a non entrare in classe: d'altra parte, se si tratta di autogestione probabilmente è autogestita anche questa autorizzazione.
La bizzarra situazione venutasi a creare mette in luce con particolare chiarezza cosa manca oggi al nostro sistema di istruzione, oltre ai fondi: una vera alleanza tra scuola e famiglia, che sappia dire con forza che la libertà non si separa mai dalla
Responsabilità e che dove gli interessi sono più alti (la formazione delle nuove generazioni) più esteso deve essere il patto di co-responsabilità, anche intergenerazionale. L'autogestione che si esprima solo come rifiuto temporaneo dell'istruzione da parte degli studenti nel silenzio degli adulti non è un atto di libertà ma un vero e proprio abbandono educativo e formativo, di cui scuola e famiglia si rendono complici.
Un'autogestione, pur stimolata da contingenze politiche, presentata invece come progetto dai contenuti davvero culturali (quindi pluralistici e non faziosi) proposto dagli studenti ed avallato da tutte le componenti responsabili del buon funzionamento del sistema scolastico (comprese le famiglie), potrebbe rappresentare un'occasione di crescita dell'autonomia dei giovam e della loro capacità di costruirsi responsabilmente un futuro con impegno e libertà e con il doveroso accompagnamento della generazione precedente.
Perché, allora, non superare la natura solo socialmente disgregante di certe forme di protesta e non avviare un nuovo corso di collaborazione scuola/studenti/famiglie, cominciando dal sottoporre le proposte di autogestione degli studenti ai Consigli di Istituto?
Anna Maria Panfili, presidente forum ligure delle Associazioni Familiari