L’unico criterio di appartenenza alla parrocchia è la professione di fede: non si chiede di condividere una spiritualità particolare, di fare azioni particolari, si chiede solo di professare pubblicamente la fede in Gesù, secondo la comprensione di fede che ciascuno ha maturato e di vivere questo come parte attiva e responsabile di un soggetto collettivo: “In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio, chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr At 10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità” (Lumen Gentium, n. 9).
In questa prospettiva la famiglia, e singolarmente i suoi membri, trova il diritto d’accesso in parrocchia.
Il ruolo della famiglia
La famiglia credente è una concreta comunità di vita che “opera” la formazione permanente dei suoi membri sia nell’educazione reciproca dei coniugi sia nell’educazione dei figli, se vi sono. La comunità familiare vive di amore, ascolta, rispetta, pone un’attenzione tutta speciale ai suoi membri più deboli, bimbi, malati a anziani che siano, e ognuno trova (o dovrebbe trovare!) risposte ai propri bisogni.
In questo la famiglia si pone quasi come modello della comunità parrocchiale, chiamata a tener presente una pluralità di gradi di consapevolezza, di coscienza, di apertura al nuovo.
La parrocchia cambia
Il percorso di cambiamento che la parrocchia sta affrontando “esige che gli spazi della pastorale si aprano a nuove figure ministeriali, riconoscendo compiti di responsabilità a tutte le forme di vita cristiana e a tutti i carismi che lo Spirito suscita…..”. Non si tratta di fare supplenza ai ministri ordinati, ma di promuovere la molteplicità dei doni e la varietà dei servizi di cui la chiesa ha bisogno” (Nota pastorale. Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 12).
Queste poche affermazioni della nota pastorale ci rinviano all’importanza di essere protagonisti, come famiglie, in questo momento di transizione che la parrocchia vive. Tale partecipazione non potrà esplicarsi soltanto in un impegno diretto dei membri della famiglia nelle varie attività pastorali parrocchiali, si tratterà piuttosto di imparare ad affrontare, insieme alle altre componenti della Chiesa, una riflessione articolata all’interno della quale portare e donare lo specifico della famiglia affinché cooperi all’edificazione di comunità parrocchiali rinnovate e più evangeliche.
La ministerialità familiare
E’ chiaro che non sempre è facile, nella riflessione sul tema della parrocchia, veder riconosciuto uno spazio alla famiglia, ma questo è tanto più vero laddove sono le famiglie stesse ad abdicare al proprio ruolo. Quando la famiglia smette di porsi come interlocutore per diventare semplice recettore di servizi, oppure semplice esecutore di compiti affidati dal parroco, è chiaro che costruire un dialogo ed una riflessione diventa molto difficile. Laddove gli strumenti di partecipazione (consigli pastorali) sono vissuti con serietà ed impegno e le famiglie che vi partecipano si sentono portatrici di un messaggio preciso e “loro”, questo dialogo può portare ad esperienze nuove ed interessanti.
Anna e Guido Lazzaroni - Gruppi Famiglia/ marzo 2006
Per chi, dopo aver letto quanto qui esposto, desiderasse approfondire ulteriormente questo tema proponiamo il seguente testo:
Terzariol Piero, 2010 - Rotta dei pescatori. (La) Elledici Ed.
Questo libro costituisce una ricca "riflessione pastorale" sulla necessità di dare "un volto missionario" alla parrocchia "in un mondo che cambia". Una prospettiva rispetto alla quale molte comunità parrocchiali italiane stanno tentando da tempo una rielaborazione pastorale faticosa, ma affascinante. E' una riflessione sulla doverosa responsabilità che tutti i cristiani hanno di essere missionari nel proprio contesto di vita, per trovare e poi indicare una rotta e una salvezza non in se stessi, ma in Gesù Cristo e nella sua Chiesa.