Famiglia Giovani Anziani

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Martedì, 01 Marzo 2005 14:06

Pensavo fosse amore e invece era…

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Pensavo fosse amore e invece era…

Alfabeto emotivo

...Invece chissà che cosa era
quella strana sensazione che mi aveva preso lo stomaco, come in una
morsa, che mi impediva di ingoiare anche il più piccolo boccone. Ad un
certo punto avevo pensato di stare poco bene. E così mi ero tenuto
"leggero", come mi aveva abituato la mamma quando da piccolo avevo mal
di pancia

 

Ma mi ero reso conto che quello non era un mal di pancia comune. Quella mattina non avevo preso freddo: nessun colpo d'aria.

Piuttosto un gran colpo... di fulmine. Erano due settimane che a scuola andavo molto volentieri: allora, la prima volta era bastato un cenno, una delicata carezza, quasi un buffetto, per farmi perdere la testa.

La sua presenza, ogni giorno, mi alleggeriva lo
sguardo, facendomi fissare il vuoto incantato. Ma se mancava
d'improvviso lo sentivo pesante tanto da non riuscire a staccare gli
occhi dal piatto.

Già chissà cos'era. Nessuno mi aveva insegnato a
capire queste strane sensazioni; nessuno mi aveva spiegato o
interrogato. In questo, come in tanto altro, mi ero fatto da solo,
scoprendo pian piano come ero fatto dentro, cercando di destreggiarmi
tra gli imperativi degli adulti: "devi voler bene a tuo cugino!";
"dovresti vergognarti!"; "non devi avere paura". Sembrava quasi che vi
fossero dei sentimenti obbligati. Addirittura le emozioni, le mie emozioni, erano imposte dagli altri, dai grandi?

Adesso, solo adesso, ho imparato a chiamarle per nome.

Sì perché le emozioni hanno un nome, ho imparato
che hanno un nome e tante sfumature. Esistono delle parole che servono
a riconoscerle. Sono le parole del cuore, della pancia e anche delle
"braghe", come dice mio fratello grande. Lui dice così perché crede che
le emozioni sono tante e diverse e così le senti in tante e diverse
parti dei corpo: il cuore, la pancia e certe anche... ...là in fondo.

È stato anche lui ad insegnarmele alcune parole: gioia, felicità, letizia; rabbia, collera, ira; malinconia, tristezza.

Mi ha detto che se conosco le parole e provo a
riconoscere le mie emozioni, poi posso anche provare a capire le
emozioni degli altri, chiamandole per nome.

Se l'avete provata saprete bene che è una cosa
difficile. È difficile capire le emozioni degli altri: per questo
bisogna limitarsi a provare a capire.

Ma, secondo me, la cosa più difficile è riconoscere le proprie.

Le emozioni certe volte sono troppo grandi e per
questo vanno smontate in piccoli pezzettini: basta chiedersi forse il
perché, se si ride o si ha mal di pancia, se si piange o ci si sente
felici.

Altre volte scrivere su un foglio le proprie
emozioni, quando le si prova, fa bene, aiuta a ricordarsele e, perché
no, a spiegarsele.

Facendo così, io mi sono accorto che a volte
l'emozione non dipendeva da quello che stavo vivendo in quel momento,
ma era nata molto tempo prima ed ancora non si era fatta vedere.

E, andando indietro nel tempo, si può scoprire anche
che, molto probabilmente, quell'emozione da qualche parte l'ho già
vissuta.

Così ho imparato a leggere e a scrivere le mie emozioni.

Già, allora pensavo che fosse amore, invece ero cotto!

Francesco Silipo

Da "Scout – Proposta Educativa" 2/2003

Letto 6571 volte Ultima modifica il Domenica, 08 Maggio 2005 19:16

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