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Venerdì, 24 Gennaio 2014 12:14

F - Una tavola, tanti servitori

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Percorso per adulti sui ministeri nell'eucaristia

di EZIO GAZZOTTI

La chiesa ha il volto feriale: quello del lavoro, della testimonianza dei singoli, dell'immersione nel provvisorio, della diaspora.

Assume poi, nel giorno del Signore, il suo volto festivo. Si esprime come assemblea in festa; convocata in un solo luogo, attorno alla duplice mensa della Parola e del pane (DV21). Questo suo secondo volto è il più segreto, ma è anche quello più profondo e definitivo. Lì si mostra con la sua identità, ritrovando il dove e da chi nasce; di chi vive e verso dove sta andando. Ecco un'ipotesi di percorso di adulti (già credenti e praticanti) alla scoperta dei ministeri presenti nell'eucaristia.

1. Confrontarsi con le varie situazioni

L'animatore accoglie i partecipanti. Sullo sfondo c'è un quadro con una tavola imbandita e tanti commensali. Prospetta due situazioni di cui è stato testimone. Personalizza molto il racconto.

a) Prima situazione. «Mi sono trovato a passare le vacanze con i miei amici, in una spiaggia dell'Adriatico. Abbiamo cercato l'orario delle messe. Siamo arrivati per tempo alla chiesa. Tutto buio e silenzio. Poche persone. All'ultimo minuto è arrivato il prete. Ha suonato le campane, acceso le candele, sistemato microfono e messale. Ha poi dato inizio alla messa. Niente canti. Nessuno che si sia prestato, per le letture. Anche l'omelia è stata frettolosa e così la seconda parte della messa. Ha spiegato che aveva altre tre messe da dire altrove».

b) Seconda situazione. «Un nostro amico, prete in Mozambico, è venuto meno recentemente, all'improvviso. La sua parrocchia di origine ha predisposto una celebrazione. Ci sono andato con mia moglie. Mezz'ora prima dell'inizio, siamo giunti in paese. Un gruppo di adulti ci accoglie. Forniscono le vesti liturgiche ai presbiteri. Accompagnano le famiglie ai banchi. Dieci minuti prima dell'ora esatta, il direttore del canto fa le prove. Il prete attraversa l'aula preceduto dai lettori e dagli accoliti. Tutti gli adulti della parrocchia sono già alloro posto con i propri figli. Ci si accorge che c'è stata una scelta precisa delle letture. Commenti e omelia sono stati veramente un inno al Dio vivente e non una pura commemorazione del missionario. Tutta l'assemblea partecipa ai canti, alle acclamazioni, all'eucaristia. Finito il rito, i partecipanti sono stati invitati a un rinfresco. Siamo andati a fare i complimenti al parroco. Ci ha detto: "È il nostro normale modo di procedere. Noi ci sentiamo una comunità tutta ministeriale"».

È capitato anche a voi di trovarvi o nella prima o nella seconda situazione? Avviene lo scambio di esperienze; emergono anche situazioni intermedie.

2. Individuare il livello di partenza

Dopo questa fase puramente esplorativa, l'animatore chiede: In che cosa consiste la differenza tra le due situazioni? Questa domanda invita a trovare che cosa si gioca in termini di immagini della fede cristiana e di visione di chiesa. Emergono le varie precomprensioni della stessa liturgia:

- Nel primo caso la 'cerimonia' è meno bella, meno riuscita. Tutto è sotto il segno della trascuratezza. Nel secondo caso, emerge una comunità più attiva, più preparata.

- Nel primo caso una sola figura emerge, quella del prete; nel secondo caso ci sono tanti 'attori'.

Che ruolo hanno le figure del lettore, del direttore di canto e degli altri ministri? Possono emergere queste risposte:

- Sono figure richieste dal rito.

- Sono aiutanti del prete. Lo accompagnano.

- Sono dei compiti che il presidente dell'assemblea assegna. Vanno svolti con dignità e 'professionalità'.

Infine l'animatore chiede: Quando una liturgia, è veramente 'riuscita'?

Probabilmente si evidenziano criteri diversi. Possono emergere questi valori:

- la perfetta esecuzione di canti, gesti, preghiere;

- la partecipazione vera, interiore;

- la sinfonia tra i vari ministeri.

Nasce poi l'opportunità per mettere in guardia da alcuni scogli che la navigazione di una normale parrocchia incontra:

- La pretesa di una comunità ideale in cui tutti siano partecipi e attivi.

- L'esatta esecuzione dei gesti, cui non corrispondono gli atteggiamenti tipici del ritrovarsi insieme (per esempio non si sopportano i bambini, si escludono i diversamente abili...).

- L'attendere, per ogni compito, che ci siano persone preparate e competenti e, con questa scusa, non avviare alcun livello di partecipazione.

- L'autoreferenzialità dei ruoli. Ecco allora un omileta così erudito da risultare incomprensibile al suo popolo. Ecco la scelta di canti, possibili solo a provati solisti o a un raffinato coro. Ecco architetti che sperimentano ardite forme di edifici di culto, mai utilizzabili per le normali assemblee dei fedeli.

Lentamente emergono questi collegamenti:

- Ogni 'ministero' è a servizio dell'assemblea. Ha funzione simbolica, ma anche educativa.

- I gesti che si compiono nella liturgia rilanciano tutti i credenti verso la storia e la vita cristiana. L'accoglienza è da protrarsi sempre; quella Parola è da annunciare prima e dopo il rito; quel dirsi fratelli ha degli esiti sociali e politici; quel chiedere perdono implica un atteggiamento di tolleranza e compassione.

- I vari ministeri sono simboli delle tante dimensioni della comunità.

Tramite queste persone, essa accoglie, annuncia, si pone a servizio, spezza il pane.. .

L'animatore, partendo dai vari elementi o momenti del rito, procede a una esemplificazione dei ministeri.

3. Una mensa, tanti servizi

3.1. L'aula ecclesiale

Con il suo esserci, e il suo stare tra le case degli uomini, ci offre l'immagine di un Dio divenuto nostro conterraneo e contemporaneo. È simbolo del tempio fatto di pietre vive. Ci sono ministeri un tempo assai fiorenti e decisivi, quelli degli architetti, scultori, pittori, mosaicisti, artisti. Certo si può ricorrere anche a professionisti non credenti perché ci offrono delle 'prestazioni'. Sarebbe utile, però, poter vedere di nuovo il rapporto tra popolo, Bibbia, arte e liturgia che stabilivano persone come: Antelami, Wiligelmo, Duccio di Boninsegna, fra Angelico, Ghiberti, Giotto, Caravaggio. Ciò che questi artisti hanno fatto per secoli. Essi mostrano come la vita di Dio sia divenuta visibile (1 Gv 1,2).

3.2. La porta

È un po' il tutto dell'edificio, anche a livello simbolico. Separa e unisce.

Una cosa è essere dentro altra cosa è restare fuori. Cristo è la porta; attraverso di lui si accede al Padre. A proposito dell'immagine che si dà della chiesa, una cosa è trovare la porta aperta, ben altra è trovarla chiusa. Quali gli ostiari di oggi? Quelle famiglie che garantiscono che la chiesa resti aperta. In una diocesi dell'Italia del Nord c'è un movimento detto dei 'Tre Pani'. Sono coppie che garantiscono l'apertura delle canoniche, la liturgia della Parola, la distribuzione della comunione. Esistono un po' ovunque persone che tengono pulita la chiesa o garantiscono fiori freschi.

All'inizio dell'azione liturgica domenicale, ci deve essere il gruppo liturgico. Accompagna alloro banco gli anziani. Porge il libro dei canti. Garantisce il regolare funzionamento dei microfoni, il riscaldamento, l'illuminazione. Con un cartello posto nell'atrio o nella bacheca annuncia la meraviglia di Dio che viene sottolineata dai testi liturgici in quella data domenica.

Lo fa con una frase biblica, ma soprattutto con un'immagine.

L'animatore dei canti fa le prove dieci minuti prima. Il canto ha una funzione educativa e simbolica. Fa in modo che i tanti 'io' diventino lentamente un 'noi'. Aiuta il passaggio dalla ferialità alla festa. Dà la sensazione a tutti i partecipanti di essere pellegrini verso il banchetto del cielo di cui 1'eucaristia è anticipazione.

3.3. Liturgia della Parola

Il lettore presta la voce a Dio perché si rivolga al suo popolo. Sale sull'ambone come annunciatore di una buona notizia importante per tutti. Fa in modo che il testo scritto ridiventi viva voce.

Il lettore può essere uno tra i fedeli, scelto occasionalmente. Ma è bene più significativo che sia una persona (nonno, genitore, catechista) che, nella sua vita, porge quotidianamente il vangelo.

Il lettore non procede a una lettura individuale. Apre solennemente la lettera che Dio ci ha scritto. Ci invita ad attuare il primo atteggiamento della fede, udire.

3.4. Presentazione dei doni

In questa processione verso la mensa, può essere protagonista una famiglia (nonni, genitori, figli). Può compiere quei gesti che sono normali in una casa: predisporre la tovaglia e la mensa, recare ciò che è indispensabile per la liturgia eucaristica e per la vita dei poveri. Avviene contemporaneamente la raccolta delle offerte. È utile che sia protagonista (con un intervento telegrafico) uno dei membri del Consiglio pastorale. Può educare la comunità a farsi carico delle spese per strutture e iniziative pastorali. Ottimo può essere, in alternativa, un animatore della Caritas. Può finalizzare la raccolta di fondi. Può educare a segnalare e seguire le situazioni. Può far comprendere che mentre Dio è onnipresente e onnipotente, il nostro intervento ha da essere preciso, continuativo, organico. Questo tipo di intervento deve evitare che le 'giornate' usurpino un posto indebito o nella monizione iniziale o nell'omelia. Verrebbero così a esaltare le 'opere dell'uomo' all'interno della liturgia, che san Benedetto definisce giustamente Opus Dei.

3.5. La preghiera eucaristica

Sin dall'inizio compare la figura del presbitero. Egli presiede l'assemblea una volta che essa è riunita. Si pone a capotavola come primo servitore. Svolge la funzione di ospite nel senso attivo del termine o, nello spezzare il pane, quella di padre. È segno dell'unicità del Cristo, dono del Padre, venuto qua tra noi come capo. Egli non svolge il suo ruolo semplicemente per una sua decisione dal basso: è lì per l'imposizione delle mani da parte del vescovo e del collegio dei presbiteri. Ci rimanda al vescovo, e tramite lui, alla chiesa universale. Con lui non siamo più assemblea acefala. Ciò che compie in quel contesto, ha poi un corrispondente in ciò che ha da svolgere sempre. Prima annuncia l'evangelo, poi lo porge realizzato in modo som- mo come pane. Prima costruisce e raduna una comunità e poi la presiede.

Prima fa scoprire le meraviglie di Dio e poi è il primo a rendere grazie. Accanto a lui sta il diacono. E servitore dell'assemblea per la Parola e per il pane.

Al momento della comunione, è bene che intervengono anche gli altri ministri ausiliari della comunione. Sono segnale di una chiesa che si fa carico dei malati, li visita, li cura. È preoccupata di portare a loro, già nel giorno del Signore, la Parola e il pane.

3.6. Riti di conclusione

Il parroco dà gli avvisi prima della benedizione. Pone così in rilievo il fatto che tutto nasce dall'eucaristia. Indica i luoghi e i tempi per l'approfondimento della Parola; segnala le strutture di servizio (centro di accoglienza ma anche ospedali, case di cura, ospizi) che prolungano la carità. Invita ognuno a vivere il giorno del Signore come giorno dell'ospite, del malato, dell' anziano. Si prolunga poi la festa nel sagrato e nelle famiglie.

4. Nuova sintesi

Si invita ogni partecipante a esprimere con un'immagine ciò che ha scoperto. Ecco alcuni esempi per designare le assemblee domenicali:

- Una mensa, tanti servitori.

- Tante voci per un solo coro.

- Tanti animatori della festa del Signore.

- Una spiga, tanti grani di frumento.

- Una sinfonia, tanti strumenti.

- Tante membra, un solo corpo.

- Tante persone, un solo popolo di Dio.

 

 

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"Catechesi per adulti sui Sacramenti e l'Eucarestia"

 

 

Letto 2568 volte Ultima modifica il Giovedì, 03 Aprile 2014 11:09

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