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Sabato, 25 Settembre 2004 18:12

Quando parlo, sono gli altri che non mi capiscono?... e Dio?

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Capitolo 5



INDICE:

  1. 5.0.0 Premessa per l’Animatore
  2. 5.1.0 Accoglienza
  3. 5.2.0 Esercitazione su: Sono gli altri che non mi capiscono?
  4. 5.3.0 "La Bibbia ci propone...": Dio mi capisce? (La Preghiera del Nome di Gesù)
  5. 5.4.0 Conclusioni dell’incontro
  6. 5.5.0 Da Partecipanti ad Animatori

5.0.0 Premessa per l'Animatore

5.0.1 Finalità

Toglierci le false certezze circa la nostra capacità di comunicare.
Stimolare l'umiltà ed un sano senso critico verso noi stessi. Imparare ad andare oltre le parole che si usano per comunicare.

5.0.2 Problema

Noi tendiamo a credere che:

- i nostri pensieri siano logici nei contenuti e che la loro esternazione sia consequenzialmente lineare e chiara.
- lo strumento della comunicazione da noi scelto, il modo con il quale lo usiamo e quanto vogliamo esprimere corrisponda ad uno schema comune a tutti.

5.0.3 Messaggio di fondo

Quando entriamo in relazione con qualcuno comunichiamo con:
i sentimenti (es. tra fidanzati), gli atteggiamenti (es. Autoritario, sfrontato), le esteriorità (es. indossare giacca e cravatta, avere dei tatuaggi), le parole, .....
Prima di comunicare un messaggio bisogna avere chiaro in testa ciò che si vuole esprimere, ma anche cercare di capire chi ci sta difronte, per poterlo esporre in un modo a lui comprensibile.
Se si cerca di instaurare una “comunicazione vera”, che porti ad una reciproca conoscenza (senza secondi fini) bisogna fare intimamente propria la frase: “scusa, forse non mi sono spiegato bene”; in luogo di quella, astiosa, che tanto spesso sentiamo dire: “tu!, non hai capito quello che ho detto!”.

5.0.4 Tempo 2 ore e 30 min.

1. Finalità dell’incontro 10 min.
2. “Esercitazione su: ” e conclusioni 60 min.
3. “La Bibbia ci propone” 60 min.
4. Conclusioni 20 min.

5.0.5 Materiale di supporto

[un Partecipante, affiancato dall’Animatore]

Dovrà assumersi la responsabilità di questa fase e procurare:

per “esercitazione su” :
* un disegno fatto con linee rette (all. 5/A)
* Per ogni partecipante:
- Una biro
-  Due fogli bianchi (senza righe o quadretti)

per la “Bibbia ci propone”:
- per la sua introduzione selezionare dei passi dalla Bibbia in linea con il tema e che siano vicini alla sensibilità e ai problemi dei partecipanti (sono ragazzi, coppie, ecc.);

5.0.6 Spunti per le conclusioni

Evidenziare che due nuovi momenti dell'incontro coinvolgono la responsabilità dei partecipanti:
 - Un Partecipante è responsabile, affiancato dall'Animatore, di cinque momenti dell’incontro.
- Un Partecipante affianca l'Animatore in quattro momenti dell’incontro.

* Le due esercitazioni confermano il “Messaggio di fondo”.
* Quando siamo solo noi a comunicare (con parole, manifestando sentimenti, ecc), e l'altro “ascolta e tace” il nostro modo di esprimerci corre il rischio di non essere compreso perchè involontariamente ciascuno propone i propri limiti di esposizione verbale, stereotipi della propria esperienza di vita (es. una rosa rossa non per tutti significa “amore”, il colore bianco per gli orientali simboleggia il lutto, l'omelia teologicamente perfetta può essere incomprensibile a causa di un linguaggio troppo erudito per l'uditorio presente, ecc).
* Quando la comunicazione avviene attraverso un dialogo “fraterno” si cerca la semplicità (vedi lo stile di predicazione usata da Gesù!), è percepibile la voglia di farsi capire dall'altro.
Non si parte dal presupposto: “sei tu che non mi capisci!”, ma da “spero di essere stato chiaro, vi prego aiutatemi con le vostre domande ad esserlo”, e l'interlocutore sul punto che non condivide non aggredirà con “che idiozia hai detto”, ma chiederà una verifica costruttiva “che significato dai alle parole (gesto, sentimento, ecc.) che hai pronunciato?”.
Questo stile di dialogo dovrebbe essere la base della comunicazione tra persone che si amano (fidanzati, sposi, genitori – figli, momenti ecclesiali, ecc) Il più alto livello di comunicazione è quello che coinvolge il “cuore”, ma ne parleremo nel prossimo incontro.

Ci siamo mai chiesti qual'è il livello qualitativo del nostro modo di comunicare con Dio?
Chiediamo, chiediamo, ... senza ascoltare le sue rispote, oppure cerchiamo un dialogo che potrebbe metterci in crisi sul “valore” delle cose che gli chiediamo?
Come sarebbe bello raggiungere quella maturità, di uomini e di credenti, necessaria per: parlarGli ed ascoltarLo!

GRAFICI - TAVOLE

Disegni (all. 5/A):

-1- Disegno per l'esercitazione sulla comunicazione ad “una via”, con “I” in alto a destra.
-2- Disegno per l'esercitazione sulla comunicazione a “due vie”. E' il precedente disegno, ma capovolto; con “II” in alto a destra.


All. 5/B

Esempio di possibili letture
|___| Is 29,13
|___| Mt 6, 9-13 il Padre Nostro
|___|
|___|
|___|


5.1.0 Accoglienza
[ conduce un Partecipante affiancato dall'Animatore]

Arrivo dei partecipanti

Ad accoglierli questa volta sarà un Partecipante, mentre l’Animatore farà da “spalla” .
Si tratta come sempre di vivacizzare “fraternamente” questo momento dell'incontro (10-15 minuti).
Se vi sono dei nuovi partecipanti è necessario fare la presentazione (vedi primo incontro).

Spiegare le finalità dell’incontro

Nel precedente incontro abbiamo sperimentato come l’incontro con una persona, il contatto con un oggetto, il vedere un tramonto meraviglioso, ecc. originano in ciascuno di noi delle sensazioni, dei giudizi, delle percezioni differenti.
Adesso affronteremo il problema: riusciamo a comunicare correttamente?

5.1.3 Momento comunitario

Ringraziare Dio per essere qui nel suo Nome, ... certi che Lui è in mezzo a noi.
Ricordare ai presenti che con umiltà e con carità dobbiamo spogliare noi stessi da ciò che può impedirci di comunicare con Dio e con i fratelli.

Breve momento di lode

Ad esempio:
il Salmo 25 (Speranza del giusto)

Il nostro tema è:

Quando parlo,
sono gli altri che non mi capiscono?
... e Dio?

 

5.2.0 Esercitazione su:

 

Quando noi comunichiamo, siamo sempre capiti?

Se no!:

Chi ne ha la colpa?
Se di colpa si può parlare. Cosa possiamo fare?

5.2.1. Svolgimento
[Conduce l'Animatore affiancato da un Parttecipante]

Primo esercizio

- S’informano i partecipanti della meccanica dell’esercizio:

- Un Partecipante dovrà descrivere un disegno, senza che i presenti possano vederlo.
- Gli altri Partecipanti dovranno riprodurre il disegno descritto; ma senza poter fare delle domande a colui che parla, ne chiedere aiuto agli altri.
- Si distribuisce il materiale:
1. Al “lettore” il disegno da illustrare scheda 5/A con “I” in alto a destra
2. Agli altri un foglio bianco (senza quadretti o righe) con scritto “I” in alto a destra
3. ed una biro

Per non mettere a disagio il Partecipante che descrive il disegno sarebbe bene dire agli altri: “Non crediate che se foste stati al posto del “lettore” sareste stati più chiari di Lui!”
- Si procede all'esecuzione dell'esercizio.
- Al termine ciascuno trattiene il proprio foglio e senza commenti si passa al 2° esercizio.

Secondo esercizio

- S’informano i partecipanti che esso sarà identico al primo, ma con una variante:
Si possono fare delle domande a chi descrive il disegno.
- Nuova distribuzione del materiale:
1. Allo stesso Partecipante si da ... lo stesso disegno (5/A), ma capovolto con “II” in alto a destra. Ciò non deve essere noto ai partecipanti!
2. Agli altri un nuovo foglio bianco con scritto “II” in alto a destra.

* Si procede all'esecuzione dell'esercizio.
* Ciascuno trattiene il proprio foglio

5.2.2 Analisi del lavoro fatto e dibattito
[ conduce un Partecipante affiancato dall'Animatore]

Il Conduttore, senza trarre conclusioni e/o conclusioni, fa una lettura dell'esercitazione.

Mostra ai partecipanti:

1 - il disegno della scheda 5/A (con “I” in alto a destra). Prende atto ed evidenzia come i disegni riprodotti siano diversi dall'originale. Ascolta i commenti dei partecipanti, ma non li stimola. Sottolinea la difficoltà (sicuramente denunciata da qualcuno) derivante dal non aver potuto fare delle domande e/o chiedere delle spiegazioni.

2 - il disegno della scheda 5/A (con “II” in alto a destra).
Ora i disegni riprodotti sono sicuramente molto più simili all'originale. Eppure non era più facile, perchè volutamente si trattava dello stesso disegno (solo capovolto) e anche il “lettore” era lo stesso. L'unica causa tangibile del miglioramento avvenuto è da imputare al “dialogo”!
Non ha importanza se qualcuno ha incontrato ancora delle difficoltà (inutile mettere in crisi la singola persona, ciascuno ha un diverso tipo di intellligenza), non è questo lo scopo dell'esercitazione!

Dibattito

Momento di silenzio per una riflessione individuale

Il Moderatore stimolerà il dibattito, attingendo se necessario dai commenti uditi durante l'analisi del lavoro fatto e in particolare evidenzierà quelli in linea con la “finalità” dell'esercitazione.
Non dimentichiamo che la sua funzione non è quella di parlare Lui, ma di aiutare tutti gli altri a farlo.
L’Animatore, non più coinvolto in prima persona nel moderare il dibattito, potrà dedicare la sua attenzione ai contenuti e alle sfumature dello stesso per arricchire le conclusioni; nonché ad appuntarsi suggerimenti da dare, a riunione conclusa, al Conduttore per migliorare la sua formazione.

Per eseguire al meglio l'esercizio bisognava dare dei riferimenti e dall'altra, bisognavacercare  di coglierli (o richiederli nel 2° esercizio). Se si osserva il  disegno si può notare che divedendo vertivalmente il foglio in 4 parti si ottiene la misura della distanza dall'angolo in alto a sinistra del punto di partenza del disegno. Tutto il disegno fa riferimento ad un quarto della larghezza del foglio (o alla sua metà).
Per potersi relazionare con gli altri bisogna cercare/creare punti di "riferimento" comuni.

5.2.3 Conclusioni sull’“esercitazione”
[l'Animatore affiancato da un Partecipante]

Nell'esercitazione fatta nel precedente Capitolo abbiamo visto come la stessa immagine comunicava a ciascuno di noi qualcosa di diverso; ora un semplice disegno geometrico, descritto da uno di noi, viene stravolto da noi nella sua rappresentazione.

Perché?

 * Il “lettore” credeva di essere chiaro nell'esporre le indicazioni
* Noi, comunque le abbiamo recepite in modo diverso gli uni dagli altri
* Quando è stato possibile dialogare la comunicazione è stata più efficace. Se si parla, ci si capisce meglio! Abbiamo sperimentato che quando comunichiamo, per tutta una serie di cause, il messaggio decodificato dal nostro destinatario non sempre coincide con quanto noi volevamo comunicargli. E le possibili cause sono:
* noi ci siamo spiegati male
* gli altri non ci hanno capito

perchè:
* quando parliamo crediamo che le parole che noi usiamo ed il modo con cui la usiamo avranno per chi ci ascolta lo stesso significato.
* quando ascoltiamo non ascoltiamo gli altri, ma noi stessi; ossia facciamo la traduzione simultanea di emozioni, valori, ecc., dando però loro il significato che esse hanno per noi.
Ossia le parole da noi pronunciate non hanno lo stesso significato per chi le ascolta e, viceversa, quelle che noi ascoltiamo non hanno per chi le ha pronunciate lo stesso significato che esse hanno per noi.

MA ALLORA E' IMPOSSIBILE COMUNICARE!

No!,
è possibile, e se riflettiamo sul percorso sin qui fatto possiamo già intravvedere come.

Comunicare significa volersi relazionare, significa volersi incontrare con
UNA PERSONA!

Che almeno è da rispettare, se non da amare

Se voglio parlare con lei, come i radio amatori, devo cercare di sintonizzarmi con la sua lunghezza d'onda. Perchè non lo facciamo quando decidiamo di parlare con qualcuno?, perchè diamo tutto per scontato?

Quindi dobbiamo sforzarci di capire il nostro interlocutore

il suo modo di comunicare, i suoi valori.

Se non lo conosciamo iniziamo a relazionarci con lui con tatto, senza affrontare subito questioni di “principio” che, per una incomprensione, possono creare fratture poi difficili da sanare. Ciò non è un'ipocrita e vilemodo di evitare il confronto con gli altri, ma anzi vuole farlo in maniera più profonda e costruttiva per entrambe le parti quando una reciproca conoscenza ci consentirà di farlo.

Se vogliamo comunicare con qualcuno implicitamente ammettiamo che

noi non siamo al centro dell'universo.

Abbiamo appena sperimentato che una comunicazione che passa attraverso domande e risposte, nonostante i diversi significati che si danno alle parole, gesti, ecc, aiuta a capirci meglio. Quindi un'importante strumento è

ll dialogo

Negli incontri precedenti abbiamo sperimentato che nel nostro vivere quotidiano dobbiamo ed abbiamo la possibilità di sviluppare la nostra capacità di ascolto, di conoscenza di sè, di valutazione del comportamento e di una diversa percezione di quanto accade a noi ed attorno a noi. Noi non siamo perfetti per definizione, ed infatti le esperienze che abbiamo fatto assieme in questi incontri ci portano ad una conclusione che viviamo tutti i giorni e che ci disturba, ci toglie sicurezza:

la relatività umana nell'uso della comunicazione

Ma accettare questa fastidiosa e faticosa realtà è una grande conquista!

E' il punto di partenza, e riuscirci ripaga ampiamente il nostro impegno. Si!, perchè se accettiamo la nostra personale limitatezza ammettiamo che chiudendoci in noi stessi ci condanniamo ad essa; se ci relazioniamo con gli altri stimoliamo i talenti che non sappiamo d'avere e scopriamo quelli degli altri: arricchendoci a vicenda! ...

e potremmo correre il rischio di scoprire la presenza di Dio in chi ci stà difronte! e ...in noi!

E come ci relazioniamo con Dio?

Prima di parlare, parlare, ... e chiedere, chiedere cerchiamo di conoscerLo, di amarLo?


5.3.0 La Bibbia ci propone:

E Dio mi capisce quando gli parlo?



5.3.1 La preghiera del nome di Gesù

[ conduce un Partecipante affiancato dall'Animatore]

Qualsiasi preghiera è un parlare a Dio. O meglio, qualsiasi parlare con Dio è una preghiera.

In senso biblico pregare è l'intrattenimento dell'uomo con Dio, nelle sue varie situazioni.

Proponiamo di ripercorrere la strada fatta dal popolo di Dio con due preghiere:
* iniziando dall'Antico Testamento, per noi uomini ancora oggi di “dura cervice”, che lodano e chiedono “cose umane”: Is 29,13
* nel Nuovo Testamento è Gesù stesso che ci insegna a parlare con il “Padre” attraverso la recita del “Padre Nostro”. (vedi: Signore da chi andremo? Catechismo degli adulti) Mt 6, 9-13

L'argomento trattato potrebbe essere l'occasione per riflettere sul proprio modo di pregare, al valore che la preghiera ha nella nostra vita, a cosa ci attendiamo dalla preghiera. A questa riflessione si potrebbe dedicare un intero incontro!

Le finalità delle preghiere possono essere moltissime ed infatti sarebbe impossibile elencare tutte le preghiere che il popolo di Dio ha espresso nella Bibbia. Ne troviamo volte, all'adorazione, alla lode, al ringraziamento, alla confessione, alla richiesta di perdono, di aiuto, conforto, sostegno, grazia, ecc.

Qui di seguito proponiamo una preghiera antichissima; che forse è la più semplice, la più essenziale, con la quale non si chiede nulla, ma solo si riconosce che Egli esiste. Nella tradizione bibblica ben sappiamo quale importanza avesse il nome di una persona da un punto di vista spirituale!

La preghiera del nome di Gesù

 



Il cammino del nostro gruppo famiglie è stato accompagnato e guidato, in un'esperienza che ci ha toccato profondamente, dai monaci Benedettini.

Una serie di incontri con la comunità dalla Novalesa, ai piedi del Rocciamelone, presso Susa (TO), ci ha permesso di prendere contatto con la realtà monacale cattolica. Grazie a questo incontro abbiamo potuto scoprire che esiste un mondo, ai più sconosciuto, ricco di spiritualità ed ecumenismo che coinvolge il cristianesimo ( fratelli Separati, Ortodossi, ecc.) e le altre religioni (ebraismo, islam, buddismo, ecc.). Questo loro camminare assieme ci ha entusiasmati.

Il monastero della Novalesa fu fondato nel 726 e non è un'opera monumentale, ma è composta dalla chiesa abbaziale e da quattro cappelle con stupendi affreschi e un'interessante bibblioteca con annessa scuola di restauro di antichi manoscritti. In un ambiente di questo genere è più facile cogliere la spiritualità monacale (che proprio si respira!), ma noi cristiani crediamo nella promessa fatta da Gesù: “ basta che “due siano insieme nel mio Nome e Io sono con loro”.

Quindi quest'esperienza può essere fatta ovunque: in una saletta parrocchiale, in una casa privata, immersi nel silenzio della natura; è sufficente che sia possibile il raccoglimento e che ci si trovi nel suo Nome.

Il cammino da noi fatto alla Novalesa ha avuto due momenti, ed in questo 5° capitolo vi descriveremo il primo di essi:

LA PREGHIERA DEL NOME DI GESU'

Si tratta di una preghiera personale che trasforma interiormente l’individuo. Il cammino per farla propria è lungo, da qualche settimana a qualche mese, a seconda dell'impegno e della disponibilità di tempo. Ma ne vale la pena! Essa è propedeutica al secondo momento vissuto alla Novalesa, di cui parleremo nel capitolo successivo.

Aspetti logistici per realizzare un incontro riguardante questa forma di preghiera; è necessario che:

* il gruppo di persone partecipanti al corso non superi le 15 unità,
* il locale sia al riparo da rumori molesti e da possibili distrazioni/interruzioni
* che tutti possano disporre di una sedia normale (con schienale verticale e senza spigoli vivi) che consenta la postura raccomandata dagli ortopedici
* gli abiti, o quanto noi indossiamo, non devono opprimerci o addirittura far male (ad esempio: niente scarpe strette! )

Queste raccomandazioni possono far sorridere, ma dobbiamo essere pronti a cambiare mentalità. Per incontrare Dio con la preghiera e la meditazione dobbiamo eliminare tutto ciò che di umano ci condiziona impedendoci di volgere il nostro pensiero solo a Lui. Dobbiamo liberarci dei nostri “idoli”, delle nostre preoccupazioni (anche da quelle “lecite”) e anche da ciò che potrebbe distrarci in questo incontro: ossia i suddetti banali impedimenti.

Non ci accorgiamo che abbiamo ancora degli erronei falsi valori che risalgono alle aberrazioni del medio evo, quando per arrivare a “dio” bisognava castigare, far soffrire la carne. Il corpo è la casa di Dio, è una chiesa ove è custodito il Tabernacolo. Come non averne cura, questo pensiero più evidenziato non potrebbe aiutarci a “usare”,”spendere” noi stessi in modo più consono nella costruzione del Regno?

I primi gruppi monastici della palestina insegnavano a staccarsi dall'uomo mortale, idolatra e imperfetto, per potersi incontrare con Dio; ma attraverso una serena separazione dell'anima dal corpo.
Il dolore, la sofferenza impediscono/rallentano l'incontro con Dio, perchè realisticamente le ginocchia dolenti sull'inginocchiatoio non mi consentono di pensare solo a Dio!

Vi sono dei monaci che difronte al tabernacolo non fanno la ginuflessione, ma chinano il capo come massimo segno di umiltà (l'intelligenza umana rispetto al “sapere di Dio”), invece di usare il gesto del vassallo che piega il ginocchio davanti al principe.

P. Franco, che all'epoca ci aveva proposto ed organizzato l'incontro con la comunità della Novalesa, ha sviluppato ampiamente nella Rubrica “La Preghiera” il Tema: "La preghiera del nome di Gesù". Vi invitiamo a visitarla e a  leggere con attenzione quanto vi troverete scritto.
Essa potrà rappresentare, per alcuni voi, un fatto culturale, per altri un'occasione per sperimentare individualmente questo tipo di preghiera, per altri ancora lo stimolo per cercare chi, competente, possa guidarVi in questo cammino (vi suggeriamo in questo caso di contattare la vostra Diocesi).


5.3.2. Condivisione
[ conduce un Partecipante affiancato dall'Animatore]

- momento di silenzio
- Ascolto dei commenti e delle domande dei partecipanti

5.3.3 Conclusioni su “ la Bibbia ci propone”

[l'Animatore affiancato da un Partecipante]

L’Animatore evidenzierà che questa breve esperienza non è sufficente a far cogliere la “bellezza” di questa forma di preghiera. Non basta una settimana, forse neanche un mese per cominciare a percepire l'efficacia e la gioia di questo tipo di incontro con Dio.

Per chi inizia questo cammino possono apparire delle parole non incoraggianti, ed è certo difficile per l'uomo di oggi, abituato a voler provare tutto e subito, imporsi di impegnarsi con costanza per raggiungere una meta che apparirà lentamente.

Abbiamo però la certezza che nella storia della Chiesa tantissimi fratelli e sorelle hanno, e stanno, procedendo per questo cammino, e si sono avvicinati a Dio. Questo tipo di preghiera è presente, in forme molto simili, in altre grandi religioni.

 

5.4.0 Conclusioni dell’incontro

[l'Animatore affiancato da un Partecipante]


Spunti


Quanto affrontato in questo quinto incontro, a livello di intuizione e/o teorico, è sicuramente banale. Ma le esercitazioni e i momenti di riflessione ci hanno fatto capire che nella nostra vita quotidiana, a causa della fretta (e ... di tante altre cause meno nobili!), dimentichiamo che se non siamo capiti, può essere colpa degli altri, ma potrebbe anche essere colpa nostra; e che in entrambi i casi ciò potrebbe essere generato non da mala fede, ma scarsa attenzione dell'altro (e di noi stessi!).

Se il nostro interlocutore è Dio liquidiamo il problema pensando: “tanto Lui sa cosa volevo dire”.
Questo è certo!, ma per nostra fortuna ... o per nostra condanna?

 

5.5.0 Da Partecipanti ad Animatori


Un Partecipante è il responsabile, affiancato dall'Animatore nei seguenti cinque momenti dell’incontro: quello organizzativo, all'accoglienza, come moderatori delle due esercitazioni e come animatori della preghiera.
Un Partecipante affianca l'Animatore nei seguenti quattro momenti dell’incontro:
xxxx

In questo incontro abbiamo avuto un primo importante coinvolgimento dei partecipanti come responsabili, in prima persona, della conduzione di alcuni momenti. L’Animatore per la preparazione dell’incontro successivo dovrà avvalersi della disponibilità di sette partecipanti nei seguenti ruoli: Aspetti logistici : un Partecipante è affiancato dall’Animatore Accoglienza : l’Animatore è affiancato da un Partecipante Esercitazione: Conduttore : l’Animatore è affiancato da un Partecipante Moderatore : un Partecipante è affiancato dall’Animatore Conclusione : l’Animatore è affiancato da un Partecipante la Bibbia propone … scelta Letture : un Partecipante è affiancato dall’Animatore Conduttore : l'Animatore è affiancato da un Partecipante Moderatore : un Partecipante è affiancato dall’Animatore Conclusione : l’Animatore Conclusione dell'incontro: l’Animatore è affiancato da un Partecipante Al termine di questo lavoro l'Animatore deve prevedere un incontro con i partecipanti, responsabilizzati su indicati e con quelli dell'incontro successivo, per continuare la formazione. Impostare l'incontro sull'auto critica dei Partecipanti stessi e sulla correzione “fraterna”, ciò aiuterebbe il gruppo a crescere più rapidamente.

Letto 3217 volte Ultima modifica il Giovedì, 09 Settembre 2010 12:05

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