Sì, maestro interiore della preghiera, lo Spirito inizia il cristiano all'ascolto della parola di Dio da lui sempre accompagnata, e porta a poco a poco a dire Amen al Padre in Cristo.
Il cristiano innalzerebbe certamente domande da sé, perché queste lo abitano in quanto umano, ma nella sua debolezza non saprebbe a chi indirizzarle e cosa chiedere in esse: questo rende necessario l'agire dello Spirito santo che fa sentire la presenza viva di Dio e mette nel cristiano il desiderio di Dio, perché lo Spirito è lui stesso invocazione, lode, preghiera. Come l'olio dell'unzione penetra e impregna il corpo, lo Spirito santo riempie il nostro cuore, lo impregna dell'atmosfera divina, lo rende ricettivo, gli toglie la callosità (sklerokardia), gli concede di pulsare in pienezza, crea l'ambiente del tempio dove avviene la preghiera, l'incontro, la comunione tra il credente e Dio stesso. Non è forse lo Spirito santo il desiderio di Dio in Dio (cf. 1Cor 2,10-11) che, immesso nel nostro cuore, diventa desiderio di Dio in noi più forte del nostro stesso desiderio?
Così il cristiano cerca nello Spirito la sua pienezza facendo una liturgia interiore in cui innalza a Dio salmi, inni e cantici spirituali ispirati dallo Spirito stesso (cf. Ef 5,18-20; Col 3,16-17). Questo è il vero culto cristiano in Spirito e verità (Gv 4,24) annunciato da Gesù come autentica via d'accesso a Dio nei tempi escatologici, liturgia al Padre nello Spirito santo celebrata attraverso il Figlio (Ef 2,18). Diventa allora così forte l'unione tra cristiano e Dio che non si può più dire dove in essa termini l'opera umana e dove cominci l'azione di Dio7, perché l'azione di Dio diventa azione del cristiano giustificato dalla giustizia di Dio, non dalla propria (cf. Rm 4,6).
Pregare nello Spirito santo come raccomanda l'apostolo Giuda (Gd 20), pregare senza interruzione come raccomanda Paolo (Ef 6,18 e 1Ts 5,17), significa allora essere costantemente in epiclesi, in invocazione dello Spirito e simultaneamente capaci, nello Spirito, di dire Amen a Dio. Allora è possibile da questo intimo ed essenziale dinamismo che scaturiscano cammini diversi di preghiera, quanti sono i credenti che pregano perché comunque, se diverse e molteplici sono le forme, uno solo è lo Spirito che invoca Dio e a lui consente.
In questo senso si può dire che l'azione dello Spirito, sempre all'opera in un cuore che sa ascoltare (lev shomea': 1Re 3,9), rende il cristiano preghiera. Così testimonia Isacco il Siro: «Quando lo Spirito stabilisce la sua dimora nell'uomo, questi non può più smettere di pregare, perché lo Spirito non cessa di pregare in lui: dorma o vegli, la preghiera non cessa in lui; mangi o beva, dorma o lavori, il profumo della preghiera esala spontaneamente dal suo cuore: ormai questo cristiano non fa più preghiera in ore determinate, ma prega in ogni momento»8.
Il cristiano, mai isolato ma sempre membro del corpo di Cristo nella sua chiesa santa, unisce dunque la sua voce alla voce della sposa che con lo Spirito invoca: «Vieni, Signore!» (Ap 22,17). Epiclesi che causa la pentecoste, mai evento racchiuso nel passato, ma sempre evento attuale in ogni eucaristia, in ogni liturgia, in ogni celebrazione sacramentale, in ogni comunità cristiana.
All'inizio della preghiera c'è lo Spirito santo che fa pregare e alla fine della preghiera c'è sempre lo Spirito santo, perché in verità egli è l'oggetto dell'invocazione, egli è «quelle cose migliori tra le cose buone» che bisogna domandare e che il Padre concede, come ha detto Gesù stesso (cf. Mt 7,11 e Le 11,13).
Nel cuore del cristiano lo Spirito santo che inizia ad esprimersi come istinto di vita, a poco a poco, col crescere della capacità di pregare, diventa Spirito che toglie ogni paura e angoscia e fa gridare con parresia: «Abba, Padre» (Rm 8,15 e GaI 4,6).
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