Chi è abituato a seguire il metodo classico della lectio divina potrà forse rimanere un po’ perplesso o per lo meno sentirsi a disagio davanti a questa esposizione. Ne è autore p. Michel de Verteuil, della Repubblica di Trinidad, un laureato alle università irlandese di Dublino e di Friburgo in Svizzera. Dopo essere stato missionario in Nigeria, divenne provinciale della provincia di Trinidad e rettore del seminario maggiore dell’omonima città. Attualmente fa parte dello staff del centro pastorale dell’arcidiocesi di Trinidad, dirige il «Catholic Newspaper» dei Caraibi e insegna in seminario.
L’esperienza di lectio divina che qui descrive è maturata stando in mezzo ai poveri. Ce lo presenta in maniera discorsiva e pensiamo anche convincente. Ne ha parlato al seminario del SEDOS (servizio documentazione studi), a Roma.. Qui noi riprendiamo parte del suo discorso con alcuni ritocchi di carattere redazionale per rendere l’esposizione più fluida e comprensibile.
La lectio divina è insieme un metodo di preghiera e di far teologia. Questo è un fatto importante per diverse ragioni.
1. Oggi nella chiesa la lectio divina è usata semplicemente come metodo di preghiera. Si tratta di una tradizione comprensibile. Le due cose, preghiera e teologia, sono considerate come realtà separate così come la parola «monastico» fa venire in mente il chiostro, ossia la separazione dal mondo e la lectio divina è messa in relazione con questa idea. La lectio divina è allo stesso tempo un metodo di preghiera e di riflessione teologica. In altre parole è proprio della lectio divina superare le divisioni. Si tratta di un metodo molto antico, ma se si limita solo alla preghiera non giova molto per l’insieme della vita teologica della chiesa.
2. E’ un metodo di lettura biblica. La parola lectio è molto significativa. E’ lettura. Il termine divina, nel latino della chiesa, non significa propriamente divina. Per esempio, S. Tommaso era chiamato «Divus Thomas». Il termine può essere tradotto con «sacra», ma non divina. Una buona versione perciò sarebbe la seguente: «lettura sacra».
Ma ciò che conta non è la lettura. Lettura di che cosa? E’ allo stesso tempo una lettura della bibbia e una lettura dell’esperienza vissuta, ossia un modo di leggere che mette l’accento sulla vita. Significa leggere la bibbia e insieme leggere la vita. E’ un leggere come esercizio sacro.
3. Il metodo è stato variamente elaborato nei secoli quarto e quinto. In quell’epoca della storia della chiesa costituiva il metodo principale di leggere la bibbia. La lunga tradizione di interpretare i testi dell’ufficio divino, appartiene alla tradizione della lectio divina. Si tratta di un metodo biblico che si trova nella stessa bibbia. Esso ha costituito il modo principale di fare teologia nella chiesa ed è stato la scienza dominante al tempo di S. Benedetto. Tutta la sua Regola è basata su questo.
DUE MODI DI LEGGERE
Dobbiamo distinguere due modi di lettura: lettura del libro e Lettura della storia. Noi leggiamo i libri per avere delle informazioni, per trovarvi fatti oggettivi e statici.
I racconti invece li leggiamo per immedesimarci con i personaggi, e ciò implica la partecipazione dei sentimenti, del cuore, dell’immaginazione. Si tratta di qualcosa di soggettivo e implica un movimento. In genere si crede che lo scopo della lettura dei racconti, dell’ascolto della radio o TV, sia il divertimento, mentre i libri si leggono per imparare. Ma non è così.
I racconti trasmettono memorie, valori, cultura. Nella lettura di un libro di testo la mente è attiva, il materiale è oggettivo. Nella lettura di un racconto sono coinvolti i sentimenti e la narrazione ha del movimento. La nostra cultura ci insegna che i racconti vanno bene per il divertimento, per i bambini, mentre i libri sono per le persone adulte . Questo è completamente falso poiché in ogni cultura, compresa quella moderna, i racconti costituiscono il veicolo attraverso il quale la cultura trasmette i suoi valori. Per esempio, i genitori ci parlano di quand’erano giovani, ci raccontano quanto fosse dura la vita allora, quanto fossero poveri o benestanti. Non c’era elettricità né acqua corrente, eppure hanno vissuto una vita piena. Raccontano tutto questo non per far divertire, ma per mostrarci come fossero contenti senza tutte queste nostre cose.
Ci raccontano quanto fossero poveri per farci sapere che non sono diventati ricchi per caso, ma hanno lavorato duramente per raggiungere la posizione attuale.
Questo è il modo con cui la famiglia trasmette i valori ai figli, li aiuta ad acquisire il senso della dignità e dell’onore, ad assumere i veri valori.
Lo stesso avviene all’interno di una comunità di credenti. Ci vengono narrati dei racconti interessanti poiché siamo in una comunità che possiede dei suoi valori e ha le sue tradizioni. Il modo di comprendere questi valori non è quello astratto o proprio dei libri. ma quello dei racconti, delle memorie, o attraverso statue, pitture. Tutto fa memoria.
Ogni cultura trasmette i suoi valori mediante narrazioni. Ma nella nostra cultura occidentale, con la sua grande stima per la ragione e l’intelletto, diamo per scontato che i racconti non sono cose serie.
L’effetto disastroso che ne deriva è che i valori sono trasmessi senza che vi siano dietro persone che ne siano consapevoli.
LETTURA DI UNA STORIA
Che cos’è la bibbia? Molti rispondono, un testo; altri un racconto e insieme un libro; ma molto pochi rispondono che è un libro di racconti. In effetti è una raccolta di racconti riguardanti la storia del popolo di Dio. I singoli libri sono racconti. La bibbia contiene proverbi e leggi, ma anch’essi hanno la qualità dei racconti.
La bibbia è stata scritta per trasmettere dei valori; Dio ha scritto una storia per comunicare dei valori. E’ difficile far capire questo al mondo moderno. È difficile perfino farlo capire alla gente del terzo mondo poiché si è insegnato loro a considerare la loro cultura come qualcosa di inferiore.
Quando insegnavo in Africa ho scoperto che la gente era del tutto convinta di questo, anche se la loro cultura era tutta intessuta di racconti.
Il mondo si è persuaso che il razionale costituisce la forma più alta di sapienza e di conoscenza. Ma Dio che conosce molto bene la natura umana quando ha voluto trasmetterci dei valori e offrirci importanti lezioni di vita si è servito di racconti.
UNA STORIA VIVA E SERIA
Dio ci ha inviato una storia viva: Gesù. Dobbiamo rieducarci alla serietà dei racconti. Noi abbiamo perduto l’arte e la capacità del raccontare poiché pensiamo di essere persone serie, mentre il raccontare storie lo consideriamo qualcosa di inferiore, adatto al divertimento.
È triste che delle persone entrino in seminario con una grande capacità narrativa, e venga loro lavato il cervello fino a far perdere questa arte. È un’arte che dobbiamo riscoprire. La lectio divina è basata su questo presupposto. È la lettura di un racconto, è il modo più profondo di comunicare con Dio e di trasmettere la parola di Dio agli altri, poiché questo è il modo con cui la bibbia è stata scritta. Questo è il primo principio della lectio divina.
Il secondo è il seguente: vi sono due modi di leggere i racconti: il primo è quello alienante; il secondo quello che viene dalla tradizione.
Oggi il 90% dei racconti è alienante. Alieno significa estraneo; una lettura alienante vi fa sentire estranei. Vi identificate con i personaggi, ma non potete farlo realmente vi sentite alieni, estranei. Quello non è il vostro mondo, ma qualcosa di cui non fate parte. Le cosiddette soap operas (drammi sentimentali a puntate) ne sono un chiaro esempio.
La gente si identifica con i personaggi. ma quando il programma è finito s’accorgono del contrasto che esiste con le loro povere abitazioni, le loro famiglie, gli amici o le auto. Il mondo del teleschermo è molto più eccitante e attraente, ma non è il loro mondo. Fa parte dell’attrattiva fuggire da un mondo di grigiore,senza dignità, bellezza o romanticismo.
Il racconto che è tramandato dalla tradizione viva invece è completamente diverso. È quello di cui si servono i genitori quando vogliono dire ai loro figli: noi siamo gente dignitosa, ciò che abbiamo ce lo siamo guadagnato: la nostra casa forse non è così bella, ma ecco come l’abbiamo costruita. In questo modo i bambini acquisiscono il senso della loro dignità. Capiscono che dovranno lavorare duramente e comprendono che cosa ha valore nella vita. Allo stesso modo avviene con le storie dei santi che ci aiutano a capire noi stessi: ci mostrano da dove siamo venuti, dove stiamo andando e che significato ha la vita.
RACCONTO DELLA TRADIZIONE
La bibbia è un racconto che viene dalla tradizione. Prendete la storia primordiale del passaggio del Mar rosso. È un racconto molto semplice, ma drammatico, Gli israeliti fuggono, sono spaventati degli egiziani, ma anche preoccupati del mare che sta loro davanti, pieno di mostri e di pericoli. Mosè stende la mano, l’acqua sì divide ed essi possono attraversarlo in sicurezza, più liberi di quanto non fossero prima.
Abbiamo noi mai avuto un’esperienza del genere? Sì, tutti noi a volte nella vita ci siamo trovati circondati da pericoli da ogni parte, e in qualche modo Dio ci ha aiutato a superarli, rendendoci più liberi di quanto non fossimo prima.
Ma quando voi raccontate questa storia drammatica della bibbia e domandate se qualcuno ha avuto simili esperienze, vi risponderanno: «No, niente di così drammatico ci è mai capitato!». In realtà, invece, queste cose sono capitate loro ed è triste doverglielo dimostrare.
Il problema è che il cinema americano presenta gli episodi della bibbia come semplici fatti avvenuti in tempi lontani, che non ci toccano oggi personalmente. La gente pensa che l’Esodo sia capitato solo a Mosè e a gente straordinaria. In questo modo la bibbia può essere letta come un racconto alienante, come qualcosa con cui non abbiamo relazione. Ma essa non è stata scritta per questo. E’ una vera storia che giunge a noi. Dalla lettura della bibbia, io imparo a conoscere la mia stessa storia.
La lectio divina presenta dei racconti drammatici, ma che non devono essere letti come cose del passato, ma come racconti che ci aiutano a capire dove siamo noi oggi e dove andiamo domani. La difficoltà sta nel fatto che non consideriamo i racconti come qualcosa di serio, ma semplicemente come qualcosa di ricreativo e pensiamo che niente di particolarmente interessante può capitare a noi. Non riusciamo a immaginare che questi fatti avvengano nella nostra vita, ma che siano capitati solo nel passato ad altri.
Il nostro modo di insegnare la bibbia dà l’impressione che essa sia un libro da guardare, da imitare perché contiene un messaggio, non qualcosa che stiamo vivendo adesso.
La Iectio divina si basa sul principio che la bibbia è un racconto che ha lo scopo di spiegarci non tanto quello che dovrebbe capitare, né semplicemente ciò che capiterà, ma ciò che capita ora, in questo momento, ad ognuno di noi. E’ importante che lo scopriamo
UN ESEMPIO:-. ISAIA 43,16-21
Quanto abbiamo detto è espresso molto bene nel seguente brano di lsaia. Ci fa capire bene che il metodo della Iectio divina è implicito nella bibbia stessa. Si tratta del famoso brano 43,16-21:
«Così dice il Signore che offrì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi insieme; essi giacciono morti: mai più si rialzeranno; si spensero come un lucignolo, sono estinti. Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi».
Tutto questo è stato scritto mentre gli ebrei erano in esilio a Babilonia. Essi erano un grande popolo, ma poi si sono divisi e alla fine sono stati sopraffatti e condotti in schiavitù. Non è chiaro se Isaia facesse parte della comunità in esilio o vi si fosse recato come missionario, ma ciò non ha importanza. Egli li ammaestrò servendosi della bibbia. In quanto schiavi erano stati obbligati ai lavori manuali; erano sfruttati e oppressi. Benché fossero un popolo orgoglioso, furono trattati in un modo che offendeva la loro dignità. Isaia li istruisce in tre movimenti successivi.
Anzitutto dice loro: «Così dice il Signore che offri una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi insieme; essi giacciono morti: mai più si rialzeranno; si spensero come un lucignolo, sono estinti.
E’ il racconto dell’Esodo, narrato in maniera molto drammatica, senza preoccuparsi dei dettagli, come fa ogni buon narratore, per toccare i loro sentimenti. Dio stesso mise in campo gli egiziani e li spazzò via. Come avranno reagito gli ascoltatori a questo racconto? Si saranno sentiti incoraggiati, aiutati? Alcuni avrebbero potuto dire cinicamente: «Che cosa interessa a noi oggi questa storia?». Altri avrebbero potuto evaderla dicendo: «Che bel racconto! Continua a narrare così dimentichiamo le nostre difficoltà».. Ma Isaia anticipa ambedue le risposte affermando: «Non c’è bisogno di richiamare il passato».
Non c’è una logica in questa risposta. Ha appena richiamato il passato e dice che non c’è bisogno di ricordarlo. Perché raccontarci una storia se non ce n’è bisogno? La risposta è: «Ecco, faccio una cosa nuova!».
LA STORIA RACCONTATA DI NUOVO
Egli ha raccontato un vecchio episodio non per renderli cinici o per incoraggiare la fuga dalla realtà, ma per aiutarli a riconoscere che la stessa cosa stava avvenendo in quel momento: non ciò che avrebbe potuto capitare o che capiterà. ma ciò che stava avvenendo lì e in quel momento. «Faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?». Questo è il modo impiegato dalla lecito divina per narrare una storia antica e nello stesso tempo per mostrare che quel racconto lontano è realmente un fatto attuale.
lsaia continua: «Aprirò anche nel deserto una strada. immetterò fiumi nella steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi».
In questo paradosso troviamo tutta la bellezza di una buona lettura della bibbia. Essa non viene usata solo come un punto di partenza. leggendo il testo. La tendenza è di dire che l’episodio di Mosè al Mar rosso non ha niente a che fare con me, o di usarlo come fuga dalla realtà rimanendo fermi al passato. Ma la bibbia non deve essere usata come un testo moraleggiante nè come una realtà di fatto, ma come un racconto che getta luce nel presente e aiuta a comprendere ciò che sta accadendo ora.
COMPRENDERE IN MANIERA NUOVA
Questo è soltanto il secondo movimento. Il terzo consiste nel raccontare di nuovo l’avvenimento antico per comprendere il presente e il futuro. Il vecchio testo è così preso in considerazione in maniera completamente nuova. Un esempio di lectio divina è quello appunto fatto da Isaia. È la stessa cosa oggi. La bibbia letta correttamente non è un libro che riguarda il passato, ma il presente. Noi impieghiamo il linguaggio biblico per comprendere il presente. Non usiamo il testo biblico e poi continuiamo a parlare del presente con un nuovo linguaggio teologico.
Parliamo del presente nel linguaggio biblico, ma sapendo di parlare del presente e del futuro. E’ il modo usato dal teologo. Il teologo è uno che narra i fatti biblici e legge il presente alla luce delle storie antiche; egli quindi narra una nuova storia biblica. Ciò richiede conoscenza della bibbia, ma conoscenza anche di ciò che avviene oggi. Non si tratta in primo luogo di un’esortazione morale. Questo bisogna sottolinearlo poiché il 90% dell’insegnamento della bibbia è stato ridotto a un’esortazione morale e non è questo l’aspetto che più conta, anche se è necessario ricavare delle conclusioni morali.
La Lecito divina è una lettura del presente fatta in linguaggio biblico. Non esistono due letture separate; è una lettura globale in cui passato e presente sono attuali.
LE TRE TAPPE DELLA LECTIO
Il metodo della lectio divina è molto semplice; si sviluppa in tre momenti: lettura, meditazione, preghiera. Questi tre momenti sono gli stessi per tutti, sia per chi ha una formazione universitaria che per l’illetterato. È importante sottolinearlo.
Nella tradizione monastica soltanto alcuni monaci erano in grado di leggere, ma la lectio divina era fatta da tutta la comunità. Oggi è fatta anche da molta gente che non sa leggere. Ho costatato però che tutti hanno bisogno delle stessa disciplina. E questa consiste nel leggere, meditare, pregare.
a) Anzitutto leggere
Leggere significa familiarizzarsi con il testo. E importante leggere ad alta voce in modo che le parole giungano la profondità. Le parole in sé sono molto importanti, anche se nella chiesa alcuni pensano che non è così. Alcuni criticano i fondamentalisti dicendo che essi sottolineano le parole, mentre noi diamo importanza al significato. Questo vuol dire fare cattiva teologia, cattiva spiritualità, cattiva storia. Noi amiamo le parole. La lectio divina è basata sull’amore al testo concreto. Amore alle parole, ai suoni, alle metafore. Poi bisogna rifarsi a un commento per coglierne il significato e capire il contesto. La parole sono importanti.
b) Meditare
Nella lecito divina meditare significa qualcosa di diverso da ciò che si intende comunemente. Nella meditazione quando ci si accosta a un racconto, l’immaginazione rimane attiva riconoscendosi in esso. Per esempio, leggendo la pagina del vangelo dove si parla del servo inutile, la prima impressione che se ne ha è quella di un padrone apparentemente privo di considerazione e ingiusto. Ma uno può vedere nella figura del servo sua madre, ossia una persona che lavora duramente e quando torna a casa anziché badare a se stessa si occupa della famiglia e solo dopo pensa a se stessa. Questo vuol dire meditare: riconoscere nel racconto le persone d’oggi.
c) Pregare
Poi segue la preghiera. La meditazione ci porta a ringraziare Dio. Ciò che è essenziale al metodo è che in un primo momento preghiamo spontaneamente usando nostre parole. ma col tempo la preghiera sarà sempre più fatta con le parole stesse della bibbia e queste diventeranno la nostra preghiera. Così, anziché dire: «Signore, ti ringrazio per mia madre perché si occupa della famiglia senza cercare gratificazioni», useremo le parole stesse di Gesù. Ringrazieremo Dio perché nostra madre, quando torna a casa, prima serve noi e solo dopo pensa a se stessa.
A questo punto riprendiamo la lettura e quindi meditiamo nuovamente e poi preghiamo ancora: si tratta di un’attività continua. La preghiera si trasforma in uno stile globale di vita, e la bibbia diviene parte della nostra vita. Noi comprendiamo noi stessi e la nostra vita molto meglio.
OCCORRONO TEMPO E DISCIPLINA
Abbiamo detto all’inizio che la bibbia non è un libro di informazioni, ma un racconto che trasmette dei valori. In quanto storia parla all’immaginazione e lo scopo della lettura è di entrare nel racconto, riconoscerlo come nostro e come storia dell’intera umanità. Non si tratta di un’esperienza alienante. per cui non ci chiediamo: «sarò capace di trovare me stesso in questo racconto?». Crediamo che Dio ha scritto questo libro per noi e che possiamo incontrarlo per suo mezzo; è un atto di fede.
La bibbia può sempre toccarci profondamente, ma occorre darle tempo sufficiente. Troppe nostre letture sono superficiali.
Come insegnanti di bibbia e di teologia dobbiamo aiutare la gente a penetrare in profondità il brano. Una meditazione che vada in profondità non può essere fatta in una sola sessione. L’ho scoperto per esperienza personale. Attualmente io impiego diversi incontri stando sullo stesso testo, con intervalli di una settimana.
Nella seconda settimana c’è la condivisione in comunità.
Non dobbiamo considerare la bibbia come un libro di messaggi da trasmettere. I brani devono risvegliare le memorie, i ricordi profondi della gente e le cose. memorie dimenticate e cose di cui non abbiamo ringraziato Dio.
Mediante questa esperienza, cresciamo nella fiducia in noi stessi. Molto raramente la gente che viene alla messa la domenica sente che quel vangelo è stato scritto per essa; che Dio vuole che ascolti proprio quella parola. Dio non ci istruisce con parole astratte, con messaggi oggettivi; egli ci presenta dei racconti e vuole ascoltare la nostra storia; ci scopriamo l’un l’altro con i nostri racconti che s’intrecciano.
Occorre anche una disciplina. Migliaia di persone ascoltano parole concrete da parte di Dio; la lectio divina ci fornisce un metodo e una disciplina perché questo ascolto possa avvenire. Bisogna leggere e rileggere il testo; qualcosa sempre accadrà se perseveriamo. Occorre ascoltarlo senza volervi leggere quello che non contiene o omettere ciò che non piace. Non bisogna cercare di scommettere su ciò che Gesù può aver detto o fatto; bisogna stare al testo così come è. C’è una disciplina anche nella meditazione. Occorre essere fedeli al testo, fedeli all’esperienza. «Ecco io faccio una cosa nuova». Dobbiamo essere capaci di vedere che Dio sta facendo una cosa nuova. Il segno che ne siamo capaci è se preghiamo, e preghiamo con le parole del brano stesso.
PER GIUNGERE ALLA SAPIENZA
La lectio divina non inizia partendo dai principi generali, ma da un semplice testo che porta a meditare, a evocare ricordi, e conduce alla preghiera e al discernimento. Questa è vita, è sapienza. Si attua mediante l’immaginazione e non la ragione. È questo a cui la bibbia deve condurre. Spesse volte non permettiamo che ciò avvenga nei nostri gruppi biblici. Non ci prendiamo sufficiente tempo e forse anche noi non siamo del tutto convinti che il popolo di Dio è capace di profonda teologia e di sapienza. Noi non possiamo insegnare la sapienza, ma possiamo insegnare il metodo che la propizia. Possiamo aiutare la gente ad attendere il momento in cui la sapienza e le pace interiori si comunicano. È il frutto della lectio divina. Vi sono certe qualità particolari della sapienza. Non si tratta di qualcosa di regolamentato, non possiamo pianificarla o produrla; è qualcosa che avviene.
1 - Si tratta di una realtà universale che non riguarda solo i cattolici. Per esempio, se diciamo che il vero servizio non guarda alla ricompensa e che in questo consiste il vero servizio, facciamo un’affermazione che è valida per qualsiasi ministro: dello stato o della chiesa.
2 - La sapienza della lectio divina è un’intuizione del cuore. Non è qualcosa di astratto, ma di concreto che porta alla celebrazione.
3 - E un’intuizione nuova, un’esperienza di conversione.
4 - Essa porta all’azione. E’ un peccato che nella nostra chiesa non venga più sottolineato il ruolo della sapienza. Paolo pregava continuamente per il dono della sapienza. La teologia è diventata una scienza così astratta perché ha perso le sue radici bibliche. La sapienza porta all’azione, ma non si identifica con essa. Nelle nostre omelie non è necessario continuare a ripetere che bisogna fare questo o quello. Gesù ci ha detto semplicemente a che cosa assomiglia il regno dei cieli. Lasciamo che il racconto operi e parli da se stesso.
La lectio divina è molto semplice, molto profonda. Non richiede una grande istruzione, ma esige un metodo e una disciplina.
La lectio divina è una realtà globale di vita, un modo di comprendere Dio, la chiesa, noi stessi e la nostra crescita spirituale. Anche la teologia un tempo era una realtà unificata. Solo più tardi si è divisa nei vari settori: dogma. morale, ascetica, teologia spirituale. ecc. Era una sola perché nasceva dalla meditazione della parola di Dio. Era anche una scienza integrata nel senso che era immersa nella cultura. Gli artisti pre-cristiani e i filosofi furono integrati nel pensiero e nella cultura della chiesa. Questo si vede per esempio nella celebrazione del Natale, del 2 febbraio e nelle feste popolari in diverse parti dell’Europa. L’integrazione ebbe luogo perché la chiesa viveva la lectio divina.
Accanto ai tre momenti scanditi dalla lettura. meditazione e preghiera, alcuni autori introducono nella Iectio divina un quarto grado, la contemplazione. Ma leggendo i loro scritti ho l’impressione che non si tratti di un concetto distinto. Tutta la preghiera è contemplativa e non è giusto distinguere due generi di preghiera: non contemplativa e contemplativa. Ciò significa distorcere il senso della preghiera come è stata tramandata nella chiesa cattolica.
PREGHIERA DIFFERENZIATA
Il momento della preghiera nella lectio divina si sviluppa secondo due modalità: attraverso quella che possiamo chiamare la preghiera differenziata e la preghiera semplificata.
La preghiera differenziata si esprime con il ringraziamento, l’atteggiamento di umiltà e la domanda.
1 - Anzitutto il ringraziamento, la lode e la celebrazione. Questo avviene quando leggendo un racconto - per esempio la guarigione dei lebbrosi - lo facciamo nostro e diciamo: «Signore ti ringrazio perché Gesù ha guarito quei lebbrosi.... Ti ringrazio per le esperienze di guarigione nella mia vita...».
2 - In secondo luogo, l’umiltà: «Signore mi rendo conto di non essere mai tornato sulla mia guarigione per riconoscerla; in questo modo non sono mai stato pienamente risanato».
3 - Infine, la domanda: «Signore penso a tutti i lebbrosi della nostra società, manda loro Gesù o qualcuno che cammini sulle acque per aiutarli...».
Ecco tre diversi modi di pregare.
Di questi tre, i più trascurati sono i primi due: la lode e l’umiltà, Il segno autentico che la nostra è veramente lectio divina si ha quando giungiamo a lodare e celebrare Gesù come una persona viva nella nostra esistenza e in quella degli altri. Finché questo atteggiamento perdura, la meditazione non è ancora terminata. Ci vogliono tempo, sincerità e profondità per scoprire Dio all’opera nella nostra vita. Allo stesso modo abbiamo bisogno di umiltà per scoprire il significato pieno della nostra vita.
Qualcuno chiederà: «La lectio divina può servire a risanare le ferite in una comunità religiosa o in una parrocchia?». Certamente, ma bisogna stare attenti che la preghiera di umiltà sia davvero espressione della mia umiltà, non un modo per puntare il dito sugli altri. Noi ringraziamo Dio per l’opera della grazia presente negli altri e in questo modo si realizza una comunione nella preghiera a partire dalla meditazione.
PREGHIERA SEMPLIFICATA
Se ci fermiamo abbastanza a lungo sul brano della nostra meditazione, ad esempio per una settimana o anche più, ci accorgeremo che la preghiera tende a cambiare. Diviene qualcosa di semplice. Se vogliamo, possiamo chiamarla preghiera semplice contemplativa. Ogni vera preghiera è contemplativa.
Il processo di semplificazione agisce in due direzioni. Prima di tutto ci accorgeremo di concentrarci su un numero sempre minore di parole del brano. «Signore, sono un servo inutile, voglio pulirmi e servirti, e solo dopo mi siederò a mangiare»; oppure: «Alzati e cammina; quando sono venuto per mostrarmi, ho scoperto di essere guarito».
Sentiamo che ci bastano semplici frasi.
Il secondo passo verso la semplicità consiste nel fatto che non facciamo più differenza tra lode, umiltà e domanda... Diciamo semplicemente una preghiera di ringraziamento, umiltà e domanda allo stesso tempo. Nella tradizione della lectio divina non esiste un metodo diverso per la preghiera di contemplazione e le altre preghiere, e nemmeno con il resto della nostra vita teologale.
Il risultato della sapienza e della meditazione è che semplicemente ci fermiamo al brano e siamo contenti di ripeterne le parole.
LA PREGHIERA DEL CUORE
Giungiamo al terzo grado quando diciamo le parole non con le labbra ma con il cuore.
In certo senso le diciamo e non le diciamo. Qui siamo a un grado molto avanzato di preghiera contemplativa. Secondo la tradizione questo è una realtà inerente alla stessa lectio divina. Non si tratta di qualcosa che è riservato semplicemente ad anime elette o ad un’élite spirituale.
E’ per tutti. Ognuno è chiamato all’unione con Dio mediante la bibbia. Una donna di casa qualsiasi va a lavorare cantando un versetto di un salmo senza analizzarne le parole; il testo della bibbia ferma la sua attenzione e la mantiene in pace, in unione con gli altri e con tutto il creato e il suo stesso lavoro. Una persona del genere si meraviglierà se le chiedete se sta facendo qualcosa di sacro. Certamente! Il metodo della lectio divina è così normale, così ordinario.
Chi studia dovrebbe aiutare la gente a giungere a quest’esperienza di preghiera, di riposo in Dio, come atteggiamento normale della vita. Non c’è bisogno del monastero o di una particolare struttura. A Trinidad ho fatto una strana esperienza: c’era un famoso autore di scritti spirituali il quale insegnava a un gruppo di persone che se volevano vivere la vita contemplativa dovevano ritirarsi in una camera separata della casa dove ci fosse la quiete, e avere un tappeto. Ma pochi dei suoi ascoltatori avevano una camera del genere o esperienza di tappeti.
Se si ascoltassero questi suggerimenti, bisognerebbe subito escludere il 90% della gente in quanto incapace di preghiera contemplativa. E che cosa dire della mamma che vive con 6/7 bambini in due camere. O della moglie che medita mentre riposa accanto a un marito ubriaco sette giorni alla settimana? Queste persone sentono il bisogno della preghiera di contemplazione, ma noi con la nostra teologia abbiamo dato l’impressione che non è loro possibile. Noi separiamo la preghiera dall’esperienza della gente, dalla vita di tutti i giorni. Questo non è secondo la tradizione cattolica.
Tutti sono chiamati alla santità, a progredire e a crescere in essa. E un aspetto della lectio divina che deve essere continuamente sottolineato. La lectio unifica la riflessione teologica e la vita di preghiera. La nostra esperienza di unione con Dio avviene nella vita concreta di tutti i giorni. Non occorre ritirarsi in camera per riservarsi dei momenti di contemplazione o da dedicare alla preghiera contemplativa. Ricordo la testimonianza di una donna attorniata dai suoi bambini la quale mi diceva come lei riusciva a vedere Gesù in essi, ringraziava Dio per loro e riposava in questa esperienza.
Si può anche avere l’esperienza del peccato e accorgersi all’improvviso di quanto si è peccatori e come siamo stati risanati. Rimaniamo così umilmente alla presenza di Dio. Ciò porta al silenzio, a riposarsi in Dio. La lectio divina conferisce unità a tutte le realtà della vita ed è basata su una semplice ma fondamentale verità: che Dio è realmente all’opera nella nostra vita.
È molto diverso invece se la lettura della bibbia è fatta in modo moraleggiante. In questo caso si viene a scoprire di non essere come Gesù ci viene detto che dovremmo fare questo o quello; preghiamo per divenire più simili a lui; la nostra preghiera è attiva. Ma se nella meditazione riusciamo a percepire la piccola traccia di Gesù nella nostra vita, allora ci fermiamo in essa comprendendo che la vita di Gesù in noi è la cosa più profonda che ci riguarda.
L’importante non è pregare perché accada qualcosa, ma essere convinti che questo sta accadendo: «Ecco, io faccio una cosa nuova» (Is 43).
INTEGRAZIONE TRA PREGHIERA E VITA
Una delle grandi grazie della lectio divina sta nella profonda esperienza di Dio che comunica, nel senso della sacralità della nostra vita che ci trasmette, nel metodo efficace che rappresenta per discernere il nostro stato di peccato e fare l’inventario della propria esistenza. Si tratta di una realtà da celebrare, ma non in forma sentimentale vedendo tutto bello e il mondo come un luogo meraviglioso. Il mondo è crudele e ingiusto e il peccato è molto potente. Ma la grazia non è mai estinta e noi questo lo celebriamo.
La lectio divina aiuta a pregare in modo da fare un tutt’uno con il ritmo della vita quotidiana e con la vita della chiesa. Oggi c’è il rischio di una specie di consumismo nella preghiera. Questo si ha quando la gente va a cercare nei vari metodi quello che le piace. passando da uno all’altro. Ciò può essere segno di profondo desiderio, ma anche di evasione, un modo di evitare la sfida della preghiera stessa.
La disciplina della lectio divina consiste nel rimanere aderente al racconto biblico e cercare di approfondirlo. Il metodo è impegnativo, ma semplice, non laborioso. Nei gruppi in mezzo ai poveri dove manca l’elettricità, dove la gente si arrangia con le candele e con la bibbia, non occorre altro per trascorrere una meravigliosa serata di preghiera, non occorrono video o altri audiovisivi.
I poveri non devono essere considerati come persone di seconda categoria. L’ambiente dove ci si riunisce può essere molto semplice, con i mariti che aspettano fuori, i bambini che giocano attorno al luogo di raduno. Dio è presente in tutto questo. Non vi è nulla di più bello di questo nella vita di preghiera della chiesa. La preghiera di contemplazione non costituisce un passo avanti rispetto a questo. La lectio divina infrange la separazione tra preghiera e vita e mostra chiaramente che la contemplazione è alla portata di tutti e non qualcosa di riservato a una speciale élite.
a cura di A. Dall’Osto
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