Esperienze Formative

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 73

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 62

Giovedì, 05 Maggio 2005 12:13

Lo spogliamento in Maestro Eckhart

Vota questo articolo
(5 Voti)

 

            Nacque nel 1260 a Hochheim in Turingia, il suo nome completo: Giovanni Eckhart; entrò molto giovane nell’Ordine dei Predicatori (domenicani) ad Erfurt.

Studiò a Parigi filosofia e forse anche teologia.

Evidentemente stimato nel suo ordine fu eletto nel 1324 priore di Erfurt e vicario della provincia di Turingia.

In questo periodo di Erfurt scrisse i “Trattenimenti Spirituali”, un vero capolavoro dove appaiono i grandi temi dell’ideale di perfezione religiosa che deriva dalla sequela di Cristo.

Nel 1304 fu eletto provinciale della provincia di Sassonia e nel 1307 vicario generale della provincia di Boemia. Poi nel 1311 fu di nuovo inviato a Parigi per insegnare S. Scrittura.

Nel 1314 fu a Strasburgo come Maestro e Professore di Teologia e nel 1322 a Colonia per dirigere lo Studium Generale.

Scrisse molte opere di Teologia e di spiritualità.

Il suo modo di esprimersi piuttosto vulcanico, l’arditezza delle espressioni e quindi le imprecisioni di linguaggio, il clima creato dalle sette del Libero Spirito fecero nascere dei sospetti nella sua ortodossia e nel 1326 fu intentato un processo canonico contro di lui.

Chiarissima  fu la volontà di ortodossia di Eckhart come pure la malafede e la malevolenza degli avversari.

Morì nel 1328 e soltanto nel 1329 una piccola parte dei suoi articoli fu condannata ma lo stesso Giovanni XXII decretò che la sentenza fosse comunicata soltanto nella città di Colonia.

In campo spirituale egli si trova nella linea di Agostino e di Bernardo da Chiaravalle, nel campo della mistica ne incarna una tipica intesa come vetta dell’intelligenza illuminata.

Nel suo insegnamento spirituale indica il cammino dell’anima che deve ritrovare l’immagine della Trinità attraverso una povertà, un distacco, una nudità nelle quali l’uomo giunge a prendere coscienza del suo nulla.

Egli insegna che occorre divenire spiriti liberi e definisce così lo spirito libero: “è colui che non è turbato da nulla, che non è attaccato a nulla, non pensa assolutamente a ciò che è suo. Completamente immerso nella volontà di dio, è uscito da se stesso”.

Ed ecco la prima sua formula:

“Se lasci te stesso, tu avrai lasciato tutte le cose. Allora tu troverai la pace che è il contrario dell’inquietudine”.

È un lavoro senza fine di cui bisogna farsi carico, perché: “Sappilo, mai in questa vita, qualcuno ha lasciato delle cose al punto tale da non aver più nulla da lasciare. Quanto più tu esci da ogni cosa, quanto più tu esci da ciò che ti tiene, tanto più Dio entra in te con tutto ciò che è suo”.

La sua seconda formula:

Tanto tu esci da te, altrettanto Dio entra”.

Abbiamo così faccia a faccia: l’abbandono radicale e l’assoluto del dono di Dio. Ciò che conta per Eckhart è il dono radicale della nostra vita, del nostro essere.

Scrive ancora:Uscire da se stessi

In tutti i doni che riceve, l’uomo deve imparare ad uscire da se stesso, a non conservare nulla di personale, a non cercare più nulla per se stesso, né vantaggio, né piacere, né intimità, né dolcezza, né ricompensa, né il Regno dei cieli, né la propria volontà, né la soddisfazione di fare la volontà di Dio”.

Ed aggiunge:

La volontà perfetta sarebbe quella di entrare pienamente nella volontà di Dio e di restare senza volontà propria”.

 

Raccomanda di non pensare mai che si sta realizzando qualcosa di grande e di giusto, di non avere neanche il desiderio di somigliare a questo e a quel santo; perché sarebbe una forma di vanità spirituale, una forma di ambizione per sé e non per Dio.

Uscire da se stessi, per Eckhart, è una dura disciplina nella quale occorre esercitarsi; è infatti necessario ammettere che dobbiamo prendere coscienza della nostra tendenza a crearci delle illusioni, della nostra testardaggine nel difendere queste illusioni, delle nostre perenni esitazioni. E spiega così la beatitudine: “Beati coloro che hanno un’anima di povero, beati colo che sono poveri nella volontà, cioè beati coloro che sanno accogliere il piano di un Altro”. Aggiungendo : “Osserva te stesso ed ogni volta che ti trovi lascia te stesso”.

Non è questione di privarsi di ogni gioia della vita. Occorre piuttosto volgere verso Dio tutto ciò che noi viviamo nella vita quotidiana.

La maggior parte dei cristiani, scrive, vorrebbe provare dei grandi sentimenti e possedere, contemporaneamente, l’apparenza ed i vantaggi dell’abbandono.

Tutto ciò, secondo Eckhart, non è che l’esprimere la propria volontà ed insiste: “La volontà perfetta e vera sarebbe quella di entrare completamente nella volontà di Dio e di rimanere senza volontà propria”.

Naturalmente la continua verifica delle nostre scelte è un’ascesi difficile. Verificare se il nostro atteggiamento è corretto e rettificarlo con perseveranza senza ingannare noi stessi è essenziale per la vita cristiana ma è profondamente impegnativo.

Se Dio sarà veramente il “tutto” per noi, allora scompariranno le menzogne, il mercanteggiare, la perpetua ricerca di ciò che è buono per noi stessi.

È il solo e folle amare di Dio che ci spingono a lasciare tutto per Lui; scrive il Maestro:

Dio è trascendente, al di là della mia comprensione e dei miei schemi. Se voglio entrare in contatto con lui bisogna che io lasci i miei piccoli ragionamenti, i miei progetti. Egli è al di là delle mie percezioni intellettuali, dei miei sentimenti di devozione, dei miei desideri”.

È l’abbandono di sé, fin nella più profonda fibra di sé, ciò che è essenziale.

Scrive il Maestro:

Una volta che la nascita del Figlio in noi ha avuto luogo, una volta che il Cristo ha preso possesso del nostro essere le creature non possono più costituire un ostacolo”.

L’aiuto viene dalla grazia, la forza viene dal S. Spirito. Quindi l’uomo deve affidarsi e collaborare. La certezza che niente ci può separare dall’amore di Dio, come dice S. Paolo, dona uno stato di libertà.

A questa libertà si arriva guidati dal distacco da tutte le cose perché Dio sia il solo ad attirare l’uomo. È lo spogliamento  in cui ovviamente si procede per piccoli passi.

La crescita spirituale non si può forzare è un dono di Dio, quindi mai e poi mai pensare che stiamo facendo grandi cose per Dio.

La vita spirituale, per Eckhart, è molto semplice: fare un passo dietro l’altro, lasciandosi guidare da Dio.

Punto fondamentale della sua spiritualità è la fiducia che si fonda sulla frase Padri della Chiesa:

Dio si è fatto uomo perché l’uomo potesse divenire Dio”.

Ovviamente perché questo si verifichi è necessario che l’uomo sia spogliato da tutto ciò che è effimero, transitorio, da tutto ciò cui è attaccato.

 

Il distacco Lo spogliamento

Per Eckhart il distacco non è altro che il fatto di divenire liberi da se stessi e da tutte le cose e questo si applica anche ad ogni modo e maniera attraverso cui uno vuole impossessarsi, comprendere, sperimentare, conoscere Dio.

L’uomo deve scoprire le circostanze del suo mondo per volgersi alla sua condizione essenziale che è identica alla povertà di spirito interiore.

In questo stato l’essere umano cessa anche di praticare gli esercizi spirituali che gli sono cari. Ma occorre anche che l’uomo interiormente povero non sappia nulla, al punto di non sapere, non riconoscere, non sentire che Dio vive in lui.

L’uomo interiormente povero non deve neanche possedere se stesso perché Dio possa abitare in lui, ma bisogna che egli affidi la propria anima perché Dio stesso possa essere il luogo nell’anima in cui egli vuole agire.

Distacco, spogliamento è il termine tecnico che Eckhart utilizza per parlare di questo atteggiamento di povertà spirituale.

In proposito ha scritto:l’uomo diviene una “tabula rasa” su cui l’uomo può scrivere.

Il vero distacco non è altro che il fatto che lo spirito sia completamente immutabile di fronte ad ogni amore, sofferenza, onori, offese, ingiurie. Ma ciò avviene per mezzo della grazia perché questa allontana l’uomo dalle cose temporali e lo purifica da quelle passeggere”.

Non si tratta dell’apatia ricercata dagli stoici ma di un atteggiamento interiore per cui l’uomo diviene una “tabula rasa” su cui l’uomo può scrivere.

Questo processo di spogliamento ha il fondamento essenziale nel fatto, insostituibile ed assoluto, che l’uomo è , per grazia, capace di essere “modulato” nel bene semplice che è Dio.

Per divenire Uno nella Luce.

 

Visita altri "Metodi di Meditazione"

Letto 3898 volte Ultima modifica il Venerdì, 05 Novembre 2010 12:17

Search