Ecumene

Domenica, 28 Gennaio 2018 14:30

Meditazione Rm 8.12-27 (Vladimir Zelinskij)

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La fede è il modo di conoscere le cose che non si vedono. E noi le conosciamo insieme e questa conoscenza condivisa ci porta alla grande speranza dell’unità nella fede.

Ho scelto questo brano di San Paolo della lettera ai Romani perché mi ha sempre attirato. Nella mia vita ho riflettuto tante volte su queste righe. Ma devo dire la verità, che dopo aver riletto questo brano, prima del nostro incontro, sono entrato un po’ in un amichevole conflitto con l’interpretazione che abbiamo letto. E sulla base di un’altra esegesi vorrei proporre la mia visione ecumenica di questa stupenda rivelazione paolina. La traduzione che abbiamo sentito parla del “vivere secondo il suo egoismo”. Invece la traduzione della CEI, che è perfettamente ortodossa, parla del “vivere secondo la carne”. Sembra che una differenza simile sia una cosa da poco. In originale sarx è proprio carne, il corpo con le sue passioni, ma il traduttore vuole spiegare questo termine enigmatico evidenziando un accento moralistico. La carne, però, nel senso paolino significa la personalità fisica dell’uomo, identificata con la propria natura peccaminosa. La carne (o il corpo) non è soltanto un oggetto da poter toccare, ma un concetto spirituale che riguarda tutti gli esseri umani, senza distinzione tra gli egoisti e gli altruisti.

Secondo San Paolo due voci parlano nella natura umana: quella della carne ridotta all’egoismo e quella dello Spirito, con la quale Dio ci chiama. Lo Spirito è la forza della vita. Lo Spirito ci fa i figli di Dio, i quali senza paura e senza vergogna possono gridare: Abba”, vuol dire ”Padre” e ricevere eredità del Padre. “Saremo eredi insieme con Cristo perché, se soffriamo con lui, parteciperemo anche con lui alla gloria” dice l’apostolo. Parteciperemo insieme – proprio questa è la grande speranza dell’ecumenismo, della ricerca dell’unità; parteciperemo portando i nostri frutti, i nostri doni. Abbiamo doni diversi. La Chiesa di Cristo, come dice San Agostino, si decora con la diversità. Questi doni, secondo il nostro brano, sono nati nella sofferenza e la sofferenza è proprio destino della carne. Perché la sofferenza? La carne come incarnazione del peccato - nel nostro testo - si trova in combattimento con lo Spirito. La contraddizione tra queste due voci - due forze - provoca le sofferenze. Ma la vittoria finale appartiene allo Spirito; “io penso, dice San Paolo, che le sofferenze del tempo presente non siano assolutamente paragonabili alla gloria che Dio manifesterà verso di noi”. C’è una cosa meravigliosa in questa gloria che si manifesterà - non aldilà del nostro mondo visibile - ma nella sarx paolina, dove il corpo è identificato con il peccato, come pure nel creato come opera di Dio. Paolo dice che il creato è stato condannato, sottomesso alla schiavitù, e tutti noi, creature di Dio, dobbiamo condividere la sua condizione per essere salvati. Ma la salvezza è anche trasfigurazione della carne - non come egoismo - ma come mondo visibile. Questo è la grande intuizione di San Paolo (ispirata dallo Spirito Santo) che ha visto il lavoro nascosto dello Spirito stesso in tutta l’opera di Dio, tra cui l’uomo, e che l’uomo servirà come re, sacerdote e profeta. E poi egli sviluppa la sua teologia della speranza, una delle cose più belle e stupende nel Nuovo Testamento.

Devo dire che ho scelto questo brano proprio per questa bellezza. “Siamo salvati, ma soltanto nella speranza. E se quel che si spera si vede, non c’è più una speranza, dal momento che nessuno spera ciò che già vede”. Non vediamo Dio-Padre, non vediamo Dio-Figlio, ancora meno Dio Spirito Santo, che non ha neanche un’immagine, ma portiamo dentro di noi l’impronta della loro presenza, il loro pegno. Come dice la Lettera agli Ebrei: la fede è il modo di conoscere le cose che non si vedono. E noi le conosciamo insieme e questa conoscenza condivisa ci porta alla grande speranza dell’unità nella fede. Le convinzioni possono essere diverse, come anche le preghiere, ma la ricerca di Dio piena di speranza è comune a tutti cristiani. Lo Spirito prega in noi in lingue diverse, in confessioni diverse e questa preghiera silenziosa dello Spirito è un grande segno d’unità fra tutti i cristiani.

Vladimir Zelinskij

(Intervento durante la veglia ecumenica presso la Chiesa Valdese di Brescia, 19 gennaio 2018)

 

Letto 2137 volte Ultima modifica il Domenica, 28 Gennaio 2018 14:43
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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