Ecumene

Mercoledì, 15 Febbraio 2012 20:09

L'islam fra crisi e dimensione europea (Khaled Fouad Allam)

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In Europa l'immagine generalizzata dell'islam è negativa. Ciò deriva dalla questione terrorismo/sicurezza. Inoltre ci si immagina una religione ridotta a codice di divieti. Bisogna dare una speranza all'islam europeo nel formare nuove generazioni e con 'un diverso approccio al dialogo.

Pochi hanno notato negli ultimi anni l'aspetto inedito della relazione fra islam e Occidente e fra islam e immigrazione. Per la prima volta nella sua storia l'islam, nel tumulto del mondo odierno, si sta costruendo al di fuori della sua geografia tradizionale, vale a dire quello che i classici arabi chiamavano il Dar-al-Islam (territorio dell'islam).
Come ha sottolineato lo studioso Olivier Roy, l'odierna mondializzazione dell'islam è il prodotto di uno scardinamento geografico mondiale e di fenomeni migratori di tipo planetario; e a tutt'oggi non siamo in grado di misurare le conseguenze di questo fenomeno.
L'islam della nostra quotidianità, nell'Europa odierna, è in realtà orfano di due elementi che ne avevano definito l'esistenza e la continuità nella storia: uno è una cultura - araba, africana o asiatica - che interpretava in funzione delle culture locali i contenuti dell'identità religiosa; l'altro è uno Stato che organizza l'islam non essendovi in esso una struttura di tipo ecclesiastico. Da quando l'islam ha perso il suo califfato nel 1924, con la fine dell'impero ottomano, gli Stati moderni hanno assunto il controllo e la funzione strutturante dell'islam, e ciò ha comportato il delinearsi di forti divergenze interpretative sull'islam tra Paesi diversi; si possono prendere ad esempio Paesi come l'Arabia Saudita (rigorosamente ortodossa), la Siria (laica) e l'Indonesia (riformista).

Gli islamici europei perdono la loro identità?

Le nuove generazioni musulmane presenti in Europa stanno perdendo - o perderanno nel corso di un paio di generazioni - il legame con la cultura d'origine, che diventa un ricordo che i genitori trasmettono ai figli, ma che questi comunque iniziano a dimenticare. Così oggi in Europa cambia l'identità del musulmano, che si trova però sprovvisto di una cultura nuova, europea, in grado di aiutarlo a costruire la sua identità di europeo e di musulmano.
Di questa situazione né l'islam né l'Europa si possono considerare colpevoli. Si tende spesso a pensare che le religioni si limitino a un corpus di testi e a una serie di riti: in realtà una religione ha ovunque bisogno di un vettore culturale che sia capace di tradurre l'identità religiosa nel complesso contesto sociale in cui essa si trova; ciò è avvenuto per il cristianesimo, che si è definito attraverso l'arte, la musica sacra, la letteratura, ecc.; per il buddismo, che si è definito culturalmente in modo diverso in India, in Tibet e nell'Estremo Oriente; e per l'islam, che si è definito con diverse modalità nell'Africa subsahariana, nell'Asia centrale o nel Maghreb.
In Europa l'islam, che giunge oggi non più come religione di conquista - come era avvenuto nel medioevo in Spagna o in Sicilia, dove aveva portato il suo modello di civiltà - ma come religione di minoranza, non può rivendicare nulla nel contesto globale. Ne consegue che i musulmani non hanno alcuna possibilità di mediazione: si ritrovano dinanzi alloro testo, sprovvisti di una cultura europea in grado di modulare e di adattare l'identità religiosa alle nuove condizioni.
Questa situazione si traduce spesso in drammi individuali per le nuove generazioni sprovviste di punti di riferimento autorevoli: di qui l'emergere frequente di forme di identità religiose retrograde - come ad esempio il caso dei genitori di una ragazza marocchina a Torino che hanno vietato alla figlia di ascoltare qualsiasi tipo di musica, perché secondo loro in contrasto con l'etica dell'islam - o di casi di giovani emarginati, che non si sentono appartenere ad alcun ambito e che, manipolati da cattivi maestri, rischiano di passare da un approccio fondamentalista a forme più eversive del radicalismo islamico.
 
Il vuoto culturale

Ciò che caratterizza l'islam contemporaneo, anche in Europa, è un enorme vuoto culturale; per questo motivo spesso il legislatore e l'amministratore si trovano in grande difficoltà nel governare il fenomeno religioso islamico. Oggi questo islam europeo, comunque in corso di formulazione, manca di personale di culto autorevole, che abbia interiorizzato a fondo la cultura europea per poterla adattare alla comunità dei credenti musulmani. Inoltre le giovani generazioni, dalla Francia alla Germania all'Italia, mancano di punti di riferimento a tutti i livelli, sia sul piano intellettuale che su quello della rappresentatività nelle istituzioni. Vivono psicologicamente e sociologicamente una situazione di marginalità, e non esito a definirli una generazione borderline, vale a dire a rischio, perché esposta a un contesto, in cui l'immagine generalizzata dell'islam è negativa; ciò avviene non solo perché la questione del terrorismo e della sicurezza è all'ordine del giorno, ma anche perché negli ultimi quindici anni si è sviluppata in Europa una visione essenzialista dell'islam, che tende a proiettare l'immagine di una religione ridotta a una specie di codice di divieti, in cui è del tutto assente quella visione critica che la stessa filosofia araba medievale aveva sviluppato.
E pertinente definire l'attuale situazione con un'espressione del sociologo tedesco Wilhelm Mueller: «Nevrosi da contatto culturale». Ma come uscirne? Come offrire una speranza sia ai musulmani che a coloro che li osservano con occhio perplesso?

Come vivere insieme

La questione dell'islam europeo è centrale, e nella sua costruzione vanno privilegiati tre canali.
1. Il primo consiste nel rafforzare una volontà politica, capace di definire luoghi e istituzioni di formazione di personale di culto musulmano europeo, con un programma di insegnamento non concentrato esclusivamente sulle scienze religiose dell'islam, ma anche sulla storia delle religioni, l'ecumenismo, i diritti dell'uomo, e una storia della filosofia comparata europea e islamica.
2. Il secondo risiede nel formare e far emergere nelle nuove generazioni di origine musulmana una classe dirigente che divenga punto di riferimento del sistema di integrazione, in modo da rafforzare in questi giovani la cittadinanza e il senso di identità e appartenenza al Paese di residenza.
3. Il terzo canale è costituito da un nuovo approccio al dialogo: qui il ruolo della Chiesa mi sembra centrale, perché essa può incarnare, per i musulmani, una virtù pedagogica, nel senso che la modernità non rappresenta necessariamente una diminutio dell'identità religiosa; perciò si potrebbero immaginare delle commissioni miste permanenti, a livello locale e nazionale, con programmi precisi di approfondimento e di integrazione delle nuove generazioni di origine musulmana.
Attraverso la grande questione dell'islam si pone una domanda filosofica le cui risposte avranno impatto e conseguenze notevoli per il nuovo secolo. Alla fine degli anni '70 Roland Barthes, linguista e semiologo al Collège de France, tenne una serie di lezioni su un tema che rappresentava una profezia: "Come vivere insieme?". La questione è religiosa, etica, culturale e sociopolitica. Su tutti noi incombe oggi la responsabilità di definire gli elementi che serviranno a costruire il "come vivere insieme"; perché il mondo, già così cambiato, dovrà riscoprire i germi dell'universalismo insito nelle religioni.

Khaled Fouad Allam *

* sociologo e politico algerino naturalizzato italiano; docente di sociologia del mondo musulmano e storia e istituzioni dei Paesi islamici all'Università di Trieste e islamistica all'Università di Urbino.

(da Vita Pastorale n. 1, gennaio 2011)

 

Letto 2942 volte Ultima modifica il Giovedì, 16 Febbraio 2012 09:21
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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