Ecumene

Venerdì, 16 Settembre 2011 18:00

Il sacramento dell'Altro (Vladimir Zelinskij)

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Ogni uomo nasce libero e “dotato” della presenza irresistibile dell’Altro. Chi può affermare che l’avventura umana non ha senso? Questo senso non è forse nascosto nella ricerca, nella scoperta dell’identità di Colui che abita in noi?

Non si finisce mai di chiedersi: quale è l’origine dell’uomo? Non l’origine temporale, ma quella propriamente umana, nella sua stessa essenza. Il corpo che ci appartiene è ancora il corpo dell’animale, ma il suo amministratore è la ragione che dice al corpo va qui e fa questo. Il pensiero esercita il potere di cui è investito, ma, nella realtà, esso “serve” il vero padrone del nostro “io”, che fa la sua apparizione solo nei momenti eccezionali. Viviamo nella magia della formula “Io penso, dunque sono”, senza mai chiederci in fondo chi è questo signore che si chiama “io”. Qual è il suo luogo preciso dentro di noi? Forse il nostro “io” altro non è che un inviato che imbocca la strada già indicata in precedenza. Ma inviato da chi? In altre parole, chi è il vero “motore” dell’uomo, quello che lo spinge verso i pensieri e verso gli atti?
Certo esistono varie risposte a questa domanda. Si dice spesso che l’uomo non è padrone dell’uomo, è comandato dalla società e, d’altra parte, è il suo subconscio che mena la danza, è la carne che suggerisce allo spirito gli ordini che vuole eseguire. Ora, l’antica saggezza, quella della Bibbia, indica nel cuore il vero “signore” dell’essere umano. Solo il cuore può ospitare Colui che “i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere” (1 Re 8, 27),  così come d’altronde potrebbe ospitare il suo avversario. E qui, nel centro spirituale, ma anche fisico, che si trova la fonte della nostra esistenza, il suo nido invisibile, le sue radici originarie sulle quali cresce l’albero dell’uomo in tutte le sue molteplici manifestazioni. L’origine dell’uomo è in questa parte invisibile del suo essere che lo trascende infinitamente, secondo le parole di Pascal. La parola o il pensiero nascono dal suo rintocco interiore, da questa voce non udibile che germoglia in fondo all’uomo e che “accorda” la nostra esistenza. Ogni azione, o il “progetto mentale” che la precede, così come la passione, la volontà, la voglia che precedono il progetto, sono già stati scelti e accordati dall’uomo con il cuore rivolto verso il Dio Vivente… o verso satana. Ad imporsi non è il subconscio, questo cimitero di desideri putrefatti repressi che vuole tenerci in schiavitù. Al contrario, il cuore che precede tutto ciò che è cosciente e pre-cosciente, è il luogo della nostra libertà; libertà gratuita e spesso tragica della quale ogni uomo è dotato.
La vita in Dio è vita in libertà riempita dalla Sua presenza. Ma questo dono, come sappiamo, porta in sé anche la possibilità di schernirlo. Ecco perché il pensiero detto laico, abbastanza lungimirante da vedere che l’esistenza umana è calamitata da qualche energia, senza però scorgerne la “personalità”, può “glorificare” la “gratuità” della libertà quasi fosse una maledizione. In effetti, siamo tutti condannati alla libertà, dice J.-P. Sartre, e se decifriamo questo messaggio, vediamo che la scelta è una necessità di incontro con quel Qualcuno che è in noi e che trascende tutto quello che è in noi. È radicalmente e intimamente Altro e noi siamo condannati, o meglio chiamati, a restare faccia a faccia con lui. La maggior parte delle volte preferiamo evitare il fardello di dover scegliere senza tregua tra Dio ed il personaggio che si oppone a lui dentro il nostro essere, rimanendo in tal modo “fuori dalla mischia”. Per questo motivo, il fenomeno maggiormente diffuso nella nostra storia di uomini è la “fuga dal cuore”, per analogia alla “fuga dalla libertà” di cui Erich Fromm ha fatto una formula famosa. Ma l’uomo non può liberarsi di se stesso, così come non può fuggire né dalla sua libertà, ne dal suo Dio che non lo vuole abbandonare…
Questa coabitazione significa, in primo luogo, che Dio non può restare immobile, incatenato e muto come un osservatore indifferente e benevolente. Egli continua la sua opera, la creazione, la ricerca e la conquista di tutto ciò che è umano. Questa ricerca reciproca – la sua e la nostra – è attestata dall’esperienza di tutta la Chiesa fin dalle sue origini, sia in Oriente, sia in Occidente. Esiste questa “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). Ogni uomo è attirato verso questa luce e la cerca, consapevolmente o no. La sua scintilla provoca in noi la nostalgia del paradiso perduto ed ogni uomo, credente o ateo, porta in sé il suo richiamo insistente e silenzioso. “Figlio mio! Ascoltami” dice il libro dei Proverbi nella Bibbia francese. Ma in russo, lo stesso versetto esprime un pensiero sottinteso: “Figlio mio! Dammi il tuo cuore!” (23,26) e questa traduzione sembra incisa nell’anima dell’Ortodossia.
A queste parole fa eco il grande santo russo Serafino di Sarov: “Il Signore cerca il cuore, colmo d’amore per Dio e per il nostro prossimo”, poiché il cuore umano è il suo trono. Figlio mio, dammi il tuo cuore ed io ti darò  tutto il resto in sovrappiù, perché nel cuore umano sta l’intero Regno di Dio.
Eppure questo Regno è qui, vicino a noi, ma spesso non lo vediamo. È in noi, anche se è molto lontano. È rinchiuso tra le mura innalzate dalle decisioni umane, mura che solo l’uomo può abbattere. Dio è più intimo a noi di quanto noi non lo siamo a noi stessi, dice Sant’Agostino, ma può essere “prigioniero” in una gabbia. Questa “gabbia” si costruisce da sola, senza che noi ce ne accorgiamo, per effetto delle scelte del cuore rivolte alle cose che Gesù definisce “impure”. “Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri…” (Mt 15,19). Questi propositi hanno la loro natura specifica; cambiano la “sostanza” volatile dei pensieri e si trasformano in materiale duro e pesante che solo il fuoco riesce a fondere.
“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12, 49). Gesù non si riferisce al fuoco dei falò, ma a quello che distrugge i muri che ci separano da Dio. Poiché è lui stesso questo fuoco, il fuoco che s’infiamma nel combustibile umano la fede, la carità, la preghiera, la penitenza, la purificazione… “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8) e secondo il realismo del vangelo, essi vedranno Dio a casa loro, nel loro domicilio. “Liberano” la sua presenza dalla sua prigione anonima, liberando in tal modo anche se stessi. I cuori puri sono i luoghi della dimora di Dio. In essi il Padre agisce liberamente attraverso suo Figlio, che scaccia e brucia tutto quello che è ostile a Dio. I “cuori puri” sono i templi interiori consacrati dal nome di Gesù: in essi egli celebra la sua Eucarestia con l’opera della preghiera e la grazia dello Spirito Santo.
Nell’Oriente cristiano la via più breve, ma anche la più laboriosa verso questa consacrazione della “specie umana” consiste nell’invocazione nota come “la preghiera di Gesù” o “la preghiera del cuore”. Tutti la conoscono: “Gesù Cristo, Figlio del Dio Vivente, abbi pietà di me, peccatore!”. Il centro di questa preghiera è il nome di Gesù. La bocca, il fiato, il cuore innalzano la preghiera che racchiude la storia di questo nome ed il nostro dialogo segreto con lui. All’inizio l’uomo dice al Signore: Vieni, ho fatto ogni cosa per prepararti un posto accogliente. Ho confessato i miei peccati, ho proclamato la mia fede incrollabile. Ma Gesù risponde: Lo dici tu, però il muro tra noi è ancora solido, la porta che ci separa è chiusa a doppia mandata. Alla fine del suo percorso spirituale l’uomo dice: Non ho ancora iniziato a lavorare per te, Signore e non so pregare. Ma vieni lo stesso a visitare la mia miseria. E Gesù - contro qualsiasi aspettativa - apre la porta. Viene ad abitare nel nostro cuore, ne diventa il Signore e lo cambia, lo trasfigura. Così si compie il sacramento dell’Altro che si unisce a noi. Così si realizzano le parole del profeta: “Uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne” (Ez 11,19) E la carne del cuore diventa la carne del mondo. Dal mistero della fede si passa al miracolo della trasfigurazione. Il Nome del Signore si rivela, si manifesta come il suo Regno.
Come può il mondo essere trasfigurato? Dalla Parola che entra nel nostro discorso, dalla luce che traspare dal nostro sguardo… Una delle storie del cuore consacrato che santifica il mondo con la preghiera si trova, tra tante altre, nei famosi “Racconti di un pellegrino russo”, libro anonimo del XIX secolo. Ci dice come la preghiera cambi il mondo e ci avvicini a Dio. In realtà, il percorso di questo cambiamento è più lungo e richiede più sforzi di quanti il libro non lasci intendere; ma la grazia della conoscenza è sempre inattesa, sempre gratuita. La conoscenza di Dio arriva all’improvviso attraverso gli occhi, le orecchie, la ragione, ma soprattutto tramite Colui che si impossessa del nostro foro interiore.
Grazie a questa chiave io cominciavo a comprendere il senso celato della Parola di Dio. Cominciavano a rivelarsi a me molte cose  della Bibbia: l’uomo nascosto in fondo al cuore; la preghiera autentica; l’adorazione in spirito; il regno dentro di noi; lo Spirito che intercede per noi […] Compresi allora che cosa significhino le espressioni: cammina davanti a me; rimanete in me; dammi il tuo cuore; rivestitevi del Signore Gesù Cristo […] e così via. E quando pregavo con il cuore, tutto intorno mi appariva nel suo aspetto migliore: gli alberi, l’erba, gli uccelli, la terra, l’aria, la luce. Era come se ogni cosa mi dicesse di esistere per l’uomo, per testimoniare l’amore di Dio verso di lui; tutto pregava e rendeva gloria a Dio. Compresi allora ciò che la Filocalia chiama conoscenza del linguaggio del creato attraverso il quale l’uomo può conversare con le creature di Dio. (1)
Così la conoscenza diventa un sacramento nel quale si apprende un linguaggio dimenticato, quello della creazione primordiale. Si entra nel “luogo del cuore” come nel laboratorio di Dio dove si compie l’opera invisibile della salvezza – della mia anima – ma anche quella del cosmo che è contenuto lì dentro. Compito dell’uomo è permettere a Dio di agire in questo luogo e attraverso il cuore operare nel mondo. Questo compito è immane, coinvolge tutte le energie umane e le unisce all’energia salvifica di Dio. L’uomo non ha in effetti altra alternativa, se non la rovina.
Ogni uomo nasce libero e “dotato” della presenza irresistibile dell’Altro. Chi può affermare che l’avventura umana non ha senso? Questo senso non è forse nascosto nella ricerca, nella scoperta dell’identità di Colui che abita in noi?

1) Racconti di un pellegrino russo, a cura di Aleskej Pentkovkij , Città Nuova Editrice, Roma 1998, pp. 126-127.

Vladimir Zelinskij

(pubblicato in Vladimir Zelinskij, Rivelami il tuo volto, Cantalupa (To) 2010, pp. 21-26)

 

Letto 2477 volte Ultima modifica il Mercoledì, 21 Settembre 2011 12:10
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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