Ecumene

Giovedì, 01 Settembre 2011 10:36

Mahdi e messia (Jean Pierre Filiu)

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Una maggioranza schiacciante dei sunniti come pure degli sciiti, vede il Mahdi come una figura spirituale, fortunatamente al di sopra dei conflitti e delle crisi attuali.


Il Mahdi, letteralmente “il ben guidato”, è una figura primordiale della spiritualità islamica. Eppure non è neanche menzionato nel Corano, ma si ritrova negli hadith, queste citazioni delle parole del profeta Mohamed la cui raccolta è riconosciuta valida dalla sunna, la tradizione. Secondo uno degli hadith più popolari, il Mahdi si chiamerà Mohamed Ibn  Abdallah, con lo stesso nome, dunque, del Profeta.
Secondo altre fonti, egli si mostrerà alla Mecca dove i suoi sostenitori gli presteranno giuramento di fedeltà per combattere, sotto la sua guida, le forze dell’empietà.
Il Mahdi in ogni caso occupa un ruolo centrale nella visione sunnita della fine dei tempi, perché condurrà i fedeli alla vittoria.
La minoranza sciita tenta invano durante i due primi secoli dell’Islam di vanificare le pretese sunnite e di imporre, al loro posto, la priorità dei discendenti di Alì, cugino e genero del Profeta. Durante questo periodo, delusioni e sconfitte inducono la pietà sciita ad idealizzare la personalità di un  Mahdi vendicatore, trincerato in un santuario e inaccessibile, fino allo scatenamento della suprema rivincita.
Questa pietà sciita venera una dinastia mistica degli imam discendenti in linea diretta da Alì e depositari della missione sacra.
Alle compilazioni degli hadith di Mohamed, gli ulemani sciiti aggiungono quelle degli imam successivi.
Quando il Duodicesimo Imam scompare in Irak (873), la figura dell’Imam nascosto si identifica con quella del Mahdi. Lo si trasfigura in “Signore del Tempo” di una longevità eccezionale;
egli non uscirà allo scoperto  se non per restaurare la giustizia universale.  Sarà implacabile contro gli empi; i suoi sostenitori costituiranno “l’armata della collera”.
Una corrente dissidente dello sciismo, l’Ismaelismo, pretende sin dal principio del X secolo che il suo dirigente è il Mahdi. Questa ribellione “fatimida” vittoriosa in Tunisia, vi fonda la città portuaria chiamata Mahdia in onore del Mahdi, e si lancia alla conquista dell’Egitto. La dinastia fatimida, però, insediatasi al Cairo, abbandona progressivamente ogni prospettiva messianica. Il grande filosofo-storico  Ibn Kaldoum descrive, secoli dopo, questi cicli storici durante i quali la rivolta, suscitata in nome del Mahdi, come emergenti da popolazioni emarginate che contestano il potere centrale. In caso di successo, il capo carismatico inizia una nuova dinastia che si stabilizza neutralizzando le tentazioni millenariste.
Queste ondate sorte da sottostrati della popolazione, non risparmiano il mondo sunnita, particolarmente il Marocco, terra feconda d’emergenze di mahdi, finiti tragicamente o trionfanti.
Tuttavia sarà in Sudan la rivolta più significativa: Mohamed Ahmad Ibn Abdallah si proclama mahdi nel 1881 e scaccia le forze armate inglesi ed egiziane. Un professore del Collegio di Francia stima questo mahdi sunnita “un fanatico onesto” e paragona questa rivolta a quella dei "sans culottes” (poveri popolani) della rivoluzione francese nel 1793.
Il mahdi sudanese muore poco dopo la conquista della capitale Khartum, nel 1885. Questa scomparsa mentre era al sommo della gloria, infligge un grave colpo al messianismo rivoluzionario.

L’effervescenza millenarista

Occorre aspettare fino al 1979 per vedere il sorgere d’un nuovo mahdi con lo stendardo della rivolta. I suoi partigiani armati gli prestano giuramento di fedeltà alla Mecca, conformandosi allo hadith profetico. Si fanno conoscere il primo giorno dell’anno 1400 del calendario mussulmano e controllano durante due settimane il santuario più venerato dell’Islam, prima di essere schiacciati. Questo bagno di sangue, a causa della sua dimensione sacrilega, soffoca sul nascere per molto tempo le pulsioni messianiche nel mondo sunnita.
Durante questo stesso anno 1979, lo sciismo rivoluzionario trionfa a Teheran e l’ayatollah Khomeyni situa la sua Repubblica Islamica sotto l’autorità dell’Imam nascosto. Interdice, però, ai dirigenti iraniani di sfruttare il fascino del Mahadi per i propri interessi.
Il trauma dell’invasione americana dell’Iraq, nel marzo 2003, ravviva le tentazioni millenariste negli ambienti sciiti.
Moqtada Sadi, un mullah, giovane e ambizioso, lancia “l’armata del Mahdi” contro le truppe americane e si asserraglia nella città santa di Najal nell’agosto 2004, Mamhoud Ahmadinejad è eletto presidente della Repubblica dell’Iran nel giugno 2005 e si riferisce esplicitamente al Mahdi di cui pretende preparare il ritorno. Questa effervescenza millenarista  si unisce a una contestazione della gerarchia clericale, considerata troppo tiepida  e a una grande crescita dello spirito miliziano in Iraq. I “soldati del cielo” sono sconfitti a Najaf nel gennaio del 2007, tuttavia "i partigiani dell’Imam Mahdi” sfidano le forze dell’ordine nel Sud del paese, l’anno dopo. Nel mondo sunnita si diffonde una letteratura sul tema del prossimo ritorno del Mahdi e del castigo implacabile che si abbatterà sugli infedeli.
Tuttavia una maggioranza schiacciante dei sunniti come pure degli sciiti, vede il Mahdi come una figura spirituale, fortunatamente al di sopra dei conflitti e delle crisi attuali.

Jean Pierre Filiu

Professore all’Istituto di Scienze Politiche di Parigi

(da Le monde des Religions, ottobre, 2008 - Traduzione a cura di Immacolata Occorsio smsm)

 

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Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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