Nel 1920 a Costantinopoli si svolse un meeting di oltre 20 Vescovi ortodossi russi, che decisero di creare temporaneamente una Chiesa autonoma per i rifugiati russi, con l’intenzione di ristabilire, non appena possibile, legami canonici con il Patriarcato moscovita. Un Sinodo di Vescovi ebbe luogo sotto la presidenza di Antonio Khrapovitsky, l’esiliato metropolita di Kiev. Invitati dalla Chiesa Ortodossa Serba, essi stabilirono la loro sede in Karlovci (Iugoslavia).
La tendenza monarchica di questo gruppo si manifestò quando il Sinodo del 1921 chiese formalmente il ritorno della dinastia Romanov in Russia (il Sinodo avrebbe canonizzato lo zar Nicola II e la sua famiglia nel 1982). Nel maggio 1922 il Patriarca Tikhon denunciò il Sinodo per aver supportato la monarchia. Nel 1928, dopo che il Sinodo Karlovci si rifiutò di accettare l’invito rivolto a tutti i Vescovi dal Metropolita Sergius a non svolgere attività politica, Sergio ordinò che il Sinodo fosse dissolto.
Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica il Sinodo all'estero ha continuato a mantenere la sua indipendenza dalla Chiesa ortodossa russa.
Il 17 maggio 2007 lo scisma si è formalmente ricomposto, con la firma di un atto di riunificazione da parte del patriarca russo Alessio II e del metropolita Lavr, capo della Chiesa estera, nella cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca. A seguito della firma, le due delegazioni hanno celebrato congiuntamente l'Eucaristia.
Ma il Sinodo all'estero permane ancora in uno stato di isolamento eucaristico rispetto alla maggior parte del mondo ortodosso, non essendoci un pieno rapporto di comunione con la maggior parte delle altre giurisdizioni.