Un incontro indispensabile
Nel suo libro L'Incontro indispensabile: Dialogo delle Religioni, Panikkar parla di dialogo indispensabile, nel senso che tutte le culture e tutte le religioni hanno ormai bisogno le une delle altre per restare fedeli alla parte migliore di se stesse. Se "l'ospitalità è la strada della verità", (Louis Massignon), quando i seguaci di una religione si irrigidiscono nelle loro posizioni, si verifica una sorta di regressione culturale verso gli elementi più arcaici della propria tradizione o si blocca la loro maturazione spirituale.
Per Panikkar però non basta predicare con entusiasmo il dialogo perché questo avvenga, ma occorre entrare nello spirito e nella pratica del dialogo, altrimenti si possono commettere dei danni che potrebbero peggiorare la situazione. Nel dialogo interreligioso egli vede il congiungimento di due approcci fondamentali: uno filosofico e l'altro spirituale. Il primo permette che il dialogo sia rigoroso e pertinente a tutte le esigenze di accoglienza dell'altro; il secondo permette di arricchirsi nella conoscenza reciproca di sublimi esperienze spirituali, scaturenti dalla parte più profonda e personale dell'essere di ogni uomo. Qualora un incontro interreligioso non permettesse lo scambio di esperienze spirituali profonde, l'impresa del dialogo sarebbe non solo incompiuta ma "insensata". D'altro canto un dialogo che tocchi il livello dell'esperienza spirituale è inevitabilmente difficile, perché essa rimanda al "dialogo del silenzio", dove "l'uomo oltrepassa infinitamente l'uomo", provenendo da una sorgente più profonda. Tale sorgente - che è presente in ogni uomo, ma lo supera perché l'oltrepassa - può essere chiamata "l'umana sete per la verità".
Il dialogo interreligioso è qualcosa di vitale perché "l'incontro delle religioni è un processo continuo. È sempre in cammino. Il suo scopo non è di arrivare alla completa unanimità o di mischiare tutte le religioni, ma piuttosto è comunicazione, simpatia, amore, complementarità polare. La vita vuole vivere e non scivolare nella morte". (p. 71) Inoltre, il dialogo interreligioso potrebbe essere qualificato come un "atto liturgico". Panikkar osserva che "il dialogo non è una nuova religione. É liturgia alla quale ogni persona, e direi ogni cosa, è invitata, finalizzata a trasformare tutte le cose mentre mantiene l'identità di tutte le parti e di tutti i partecipanti. (...) Ciascuna religione può credere di rappresentare la verità più alta e di giocare il ruolo principale, ma ciascuna è anche pronta ad ascoltare l'altra e a lasciare che il gioco della vita si svolga, senza violenza o furbizia. (...) Ho più volte insistito sul fatto che ogni dialogo è una communicatio in sacris, una santa comunione, senza la quale non può veramente sussistere alcuna comunità umana". (p. 67)
La ghirlanda del dialogo: 9 "fili"
Per Panikkar il dialogo tra le religioni, per essere genuino, si configura come nove fili (sutra), intrecciati in un'unica ghirlanda (mala), da considerare come un tutt'uno. Tali fili si potrebbero assumere, a nostro avviso, anche come altrettante "finalità educative", atte a scandire il processo del dialogo interreligioso.
La ghirlanda del dialogo interreligioso si sorregge su uno stelo o primo grande filo-maestro, che Panikkar definisce "una necessità vitale". A partire da questo, seguono altri Otto fili, cioè gli altri caratteri del dialogo interreligioso che dovrà essere: aperto, interiore, linguistico, politico, mitico, religioso, integrale, continuo. Dei suddetti fili vediamo sommariamente solo qualche aspetto fondamentale.
Il dialogo delle religioni è oggi una necessità vitale e ciò non solo per evitare contrasti di ogni tipo tra uomini e culture, ma perché senza una vita dialogica non si può realizzare una piena umanità. Questo implica una nuova antropologia che "dovrebbe mostrare che l'uomo è (e non solo ha) corpo (soma), anima (psiche), comunità (polis) e mondo (aion), cui dovremmo aggiungere spirito (pneuma)". (p. 23) L’essenza del dialogo consiste nell'apertura a tutti, nessuno escluso, in quanto l'incontro tra le religioni non può restringersi a pochi "addetti ai lavori" e si configura come "il luogo dove gli uomini - insieme alla terra in basso e al cielo in alto - si raccolgono per indagare in sincerità le cose che più li riguardano, i loro interessi fondamentali (e fondamentalmente comuni).
Tutti sono invitati, per diritto e ciascuno con le sue convinzioni, al banchetto della Vita". (p. 30).
Il dialogo si snoda a partire da una domanda interiore. Se non si è pronti a rinunciare alle proprie sicurezze, se non ci si rende consapevoli della propria contingenza o ignoranza (o schiavitù dei propri desideri) allo scopo di "confidare con tutto il cuore e la mente in una verità che non è (...) proprietà privata, allora [non si è pronti] per un dialogo maturo". (p. 34)
Il dialogo è costitutivamente dialogo linguistico nel senso che esso non include due monologhi ma consiste nel confidare, senza ambiguità e condiscendenza, le proprie idee, intuizioni, esperienze all'altro e ciò allo scopo che io sia disponibile a "essere compreso dall'altro, e anche preparato a possibili incomprensioni. E lo stesso vale per l'altra parte. Un dialogo è possibile quando si può stabilire un campo comune nel quale la discussione è significativa". (p. 41)
A livello politico, il dialogo religioso si qualifica come non neutrale in quanto non è una questione privata perché la religione tocca la totalità dell'uomo, dunque anche la comunità. Impedire il dialogo interreligioso su problemi politici significherebbe ritenere la politica o irrilevante o maggiore di qualsiasi religione.
Osserva Panikkar: "Ogni religione vive in virtù del proprio mythos, il crogiolo di magma dal quale il logos fuoriesce per coagularsi in strutture concettuali e in dottrine. (...) I dialoganti devono partecipare dello stesso mito, collocandosi almeno in parte dentro lo stesso orizzonte di intelligibilità". (p. 56) Attualmente nello scenario mondiale esistono miti interculturali quali la democrazia, la pace, la secolarità, l'humanum. Sono tutti valori che comportano dei significati interreligiosi.
Solo partecipando di tali miti-valori, gli uomini potranno realmente comunicare gli uni con gli altri.
Di conseguenza, il dialogo delle religioni è in se stesso un atto religioso in quanto "la ricerca della verità non riguarda l'inseguire un oggetto, riguarda il lasciarsi possedere dalla verità e, fin dove è possibile, condividere il destino di tutti gli altri.(...) Oggi per molti conseguire la pace fra le religioni e promuovere la fiducia reciproca equivale ad una genuina attività religiosa, indipendentemente dal fatto che uno appartenga a una particolare tradizione". (p. 63).
Infine, il dialogo è qualcosa di integrale e continuo perché ogni dialogo è unico e impegna l'uomo intero in una ricerca continua. Osserva Panikkar: "Il dialogo dialogico è un processo che non finisce mai, appartiene alla vita stessa dell'uomo". (p. 73)
In definitiva, attraverso il dialogo, qualcosa accade nel cuore di ciascun dialogante e... nel nucleo più interno del mondo. Il dialogo libera un Logos, un Karman, una Provvidenza speciale, giungendo al cuore mistico della realtà.
(da Cem-mondialità, marzo 2004)