Dimenticavano che l'islam non separa religione e politica. Gli eventi dell'11 settembre 2001 hanno mostrato di nuovo che gli occidentali non hanno imparato le lezioni dalla loro prima sventura. L'incomprensione tra due mondi non fa che accentuarsi. Gli accademici occidentali, che dovrebbero interessarsi ai movimenti di idee dei Paesi islamici, traducono soltanto lavori che vogliono fare credere che l'islam e la democrazia occidentale sono compatibili. I cristiani convertiti all'islam lo presentano come una religione altamente spirituale. È un mercato di imbrogli.
Poiché li cristianesimo ha fatto la sua autocritica, molta gente pensa che altre religioni lo facciano a loro volta. Non è questo il caso. Considerandosi nato da una rilettura della tradizione giudeo-cristiana a suo avviso corrotta, l'islam non sente la necessità di una riforma.
C'è di più: l'islam resta combattivo di fronte a quelli che considera come idolatri; non è mai stato indulgente con i dhimmis. La storia lo prova. Chi, all'inizio del terzo millennio, chiederebbe a dei giovani di andare a farsi uccidere, dopo averli indottrinati e resi fanatici a lungo? Siamo in presenza di due concezioni morali e sociali che vivono su terre distinte e che i politici hanno voluto confondere. Rifiutare di vederlo significa andare alla catastrofe.
Contrariamente al mondo giudeo-cristiano, l'islam ha vissuto il suo Rinascimento (l'epoca brillante degli omayadi di Damasco, degli abassidi di Bagdad e dei califfi di Cordova) prima dl conoscere il suo Medio Evo e il suo declino. Il cristianesimo ha avuto un percorso opposto. L'islam, rifiutando l'autocritica, rimane persuaso di avere ricevuto la benedizione di Allah con i pozzi di petrolio. Il miglioramento delle relazioni tra l'Occidente giudeo-cristiano e l'Oriente musulmano passerà per l'"aggiornamento" dell'islam. Se il Corano è intangibile per il momento, la tradizione non Io è. Per i sunniti la tradizione si limita ai detti e agli atti del Profeta. Gli sciiti vi aggiungono quelli dei loro dodici primi imam. Dopo ciò, non è più permesso approfondire il contenuto del messaggio.
Dopo l'11 settembre, le teorie di Huntington sullo scontro delle civiltà si diffondono. Cosa fare per allontanare tale spettro? La guerra rischia soltanto di approfondire il fossato di incomprensione tra i due mondi, il popolo, già oppresso e misero, soffrirà ancora di più. È un'altra la via che occorre tentare. Gli intellettuali dei Paesi musulmani hanno una grande responsabilità. Devono mettersi in ascolto dei loro Paesi, e conoscere meglio la teologia Islamica per dimostrare il carattere insufficiente del sistema politico islamista. Devono fare la loro autocritica.
Il futuro appartiene alle giovani generazioni. I giovani della seconda o terza generazione di immigrati hanno difficoltà a collocarsi: non hanno dimenticato la loro identità, benché siano in ricerca. Integrarli per farne degli occidentali sarebbe un errore. Prepararli lentamente al ritorno nel Paese d'origine è un compito urgente. Chi meglio di loro potrebbe tentare una nuova sintesi?
La Chiesa continua a predicare il dialogo interreligioso e ha fatto di tutto per evitare un confronto armato. Del resto, se c'è dialogo, ci sono due vincitori. Il timore del pericolo comunista è stato sostituito da quello della propagazione dell'islam in Europa. Ma il timore non è mai stato buon consigliere: molto meglio sostituirlo con una conoscenza reciproca.
(da Mondo e Missione, giugno-luglio 2003)