Il Corano.
Storia di una rivelazione
di Serge Laffitte *
Nel 610 un modesto mercante di Arabia afferma di essere il depositario della parola del Dio unico. In quali condizioni si è svolta questa “rivelazione”?
“Leggi, nel nome del Signore che ha creato!”. Così inizia la novantaseiesima sura (capitolo) del Corano, considerata dai musulmani come l’inizio della rivelazione divina accordata a Maometto. La tradizione musulmana colloca questo evento fondatore durante il mese di ramadan (1), verso l’anno 610 della nostra era, durante quel che sarà designato come la “Notte del Destino”. Nel riparo di roccia del monto Hira, un luogo non lontano dalla Mecca dove aveva preso l’abitudine di ritirarsi per meditare, Maometto viene risvegliato di soprassalto da questa ingiunzione a più di un titolo sorprendente. Secondo quel che riferiscono i racconti della tradizione musulmana, il futuro profeta dell’islam non sapeva, infatti, né leggere né scrivere…
A questa svolta della sua vita Maometto ha un quarantina d’anni. Piccolo carovaniere per lungo tempo, è diventato un personaggio importante della Mecca dopo il suo matrimonio con Cadigia, una ricca vedova della quale finora aveva diretto le carovane commerciali. La sua agiatezza materiale non gli impedisce di preoccuparsi delle ingiustizie sociali generate dall’egoismo dei notabili di una città, che è divenuta il più importante centro commerciale dell’Arabia. E Maometto si pone delle domande, di ordine più spirituale, alle quali cerca risposte intorno a sé e durante i suoi ritiri sul monte Hira.
La Mecca, una prospera città, è ancora un centro religioso verso il quale convergono le tribù beduine della regione, perché vi si trova il santuario della Càaba, che ospita le loro divinità. Anche altre tradizioni religiose vi sono più o meno conosciuto da ciò che raccontano i commercianti di passaggio, ma anche artigiani e schiavi.
La Notte del Destino
È il caso del giudaismo e del cristianesimo, che sono d’altronde presenti anche in altre regioni dell’Arabia. La conversione di alcune tribù beduine al cristianesimo spiegherebbe la presenza nella Càaba di rappresentazioni di Gesù e di Maria evocate dalla tradizione musulmana. Ma questa tiene conto anche dell’esistenza di personaggi misteriosi menzionati nel Corano: gli hanif, presentati spesso come precursori del profeta dell’islam a causa del loro attaccamento alla fede di un dio unico, al contrario dei Beduini generalmente politeisti…
Secondo alcuni racconti della tradizione, Maometto sarebbe stato uno di questi monoteisti prima dell’inizio della rivelazione coranica. Come che sia, la Notte del Destino è per lui prima di tutto una prova, come è attestato da testi della Sira, in cui sono stati raccolti gli eventi importanti della sua vita riferiti dai suoi compagni più vicini. Secondo uno di essi, l’angelo Gabriele gli è apparso con “un pezzo di broccato contenente uno scritto” e gli ha ordinato di leggere. “Come leggere? Io non vedo niente da leggere e non leggo e non scrivo”, risponde Maometto, prima di proseguire così il suo racconto: “Allora disse: Leggi, nel nome del tuo Signore(…)!. Io lessi dopo di lui e finì col lasciarmi. Mi svegliai di soprassalto. Era come se la sue parole fossero state scritte nel mio cuore (2).”
“Messaggero di Dio”, questo significa il suo nome in ebraico, nella Bibbia ebraica e nella Bibbia cristiana, l’angelo Gabriele svolge un ruolo chiave nella rivelazione. Al di là dei racconti della tradizione, è presentato nel Corano come “colui che fa discendere” il messaggio divino nel cuore di Maometto (II,97). La tradizione musulmana ritiene che durante la Notte del Destino tutta intera la rivelazione coranica è discesa nel cuore del Profeta e che gli episodi seguenti sono stati dei richiami rivolti a Maometto perché ne trasmetta fedelmente il contenuto. Semplice trasmettitore, questi non è dunque, secondo l’islam, l’autore del corano, la raccolta, che non può essere messa in dubbio, della stessa Parola di Dio.
Scosso da questa prima manifestazione della rivelazione divina, Maometto ha bisogno del sostegno di Cadigia e dei suoi compagni più vicini per restare saldo nell’attesa di una conferma. Essa verrà e si ripeterà a varie riprese fino alla sua morte nel 632. Ma è difficile tracciare con esattezza la storia dei diversi episodi. I testi del corano danno poche notizie precise sul contesto storico e non sono organizzati in modo cronologico. Le 114 sure sono state disposte in ordine decrescente secondo la loro lunghezza. Inoltre molte di esse non hanno un’unità tematica e trattano argomenti diversi, senza alcun nesso diretto fra loro.
Le circostanze della rivelazione
Fin dall’inizio dell’islam i dotti musulmani hanno tuttavia cercato di ritrovare le circostanze della rivelazione per poterne comprendere meglio il contenuto. Per questo hanno considerato due grandi periodi della vita di Maometto: quello in cui inizia le sua missione profetica alla Mecca, dal 610 al 622, e quello in cui stabilirà le fondazioni della comunità musulmana e i grandi principi dell’islam a Medina, dal 622 al 632.
Senza metterlo fondamentalmente in causa, la ricerca storica moderna ha consentito di affinare questa suddivisione, pur dimostrando che rimane troppo approssimativa per poter ricollocare con esattezza tutti i testi del Corano nel loro contesto storico. Ma esso offre una luce utile nel quadro di una presentazione che non pretenda di entrare nei dettagli. Questa ripartizione classica pone le sure più corte, che si trovano nella seconda metà del Corano, durante il periodo della Mecca della vita del Profeta, e le sure più lunghe situate all’inizio del Corano, durante il periodo di Medina.
L’ostilità dei notabili della Mecca
I messaggi coranici trasmessi da Maometto al tempo della sua predicazione alla Mecca sono dominati dal richiamo a una duplice conversione: da un lato alla fede nel Dio unico, Allah, Creatore di tutte le cose, e dall’altro a una condotta morale che insiste specialmente su una maggiore giustizia sociale verso i poveri. Il futuro “Profeta dell’islam” vi è presentato anzitutto come “colui che avverte” i suoi contemporanei della sorte che li attende, oltre la morte, nel giorno dell’ultimo giudizio e della risurrezione: l’inferno per coloro che non avranno seguito la chiamata divina, il paradiso per i giusti…
In un primo tempo Maometto riuscì a convincere alcuni dei suoi parenti prossimi e amici. Ma questo circolo di fedeli rimane limitato, perché egli ha poco successo presso i ricchi notabili della Mecca, attaccati alla conservazione dei loro privilegi e alle tradizioni degli antenati. Essi rifiutano di abbandonare gli dei dei loro padri e accusano Maometto di essere un sognatore, che ricicla vecchie storie sotto l’influsso di spiriti cattivi (i djinn) o di stranieri. L’ultimo giudizio e la risurrezione, infatti, non fanno parte delle credenze dei beduini, per i quali nulla esiste dopo la morte. Ma le accuse degli avversari sono confutate dai messaggi coranici (LII, 29-32) i quali affermano al contrario di trasmettere una rivelazione in chiara lingua araba (XII, 2).
Dopo la morte dei suoi sostegni più preziosi alla Mecca, lo zio Abu Taleb e la sposa Cadigia, Maometto deve decidersi a lasciare la città per mettersi al riparo dall’ostilità sempre crescente dei notabili. Nel 622 egli trova rifugio, con i suoi discepoli, a Yathrib, una grande oasi che si trova a nord della Mecca. Tale emigrazione (hijra in arabo = egira) segna l’inizio del calendario islamico, perché si tradurrà nella fondazione della prima comunità (umma) musulmana, così che Yathrib diviene la città (al Madina) del Profeta, Medina.
Ormai la rivelazione coranica svilupperà le fondamenta della nuova religione abbozzata alla Mecca. Si trova, nelle sure che si riferiscono a questo periodo, l’esposizione di ciò che è chiamato “le cinque colonne dell’islam”: la professione di fede, la preghiera, l’elemosina, il digiuno e il pellegrinaggio. Vi sono specificate le regole che devono guidare la vita personale, familiare, sociale e religiosa dei credenti. Essi saranno d’ora innanzi dei musulmani (muslim in arabo), “coloro che si sottomettono”, nel senso di conformarsi alla volontà del Dio unico.
Abramo, Mosè e Gesù, musulmani esemplari
Nel primo periodo della missione profetica di Maometto i messaggi coranici si sono situati nella continuità della rivelazione divina concessa agli ebrei e ai cristiani, con la dichiarazione di confermarli per gli Arabi. Ma nel contesto dei contrasti violenti che opporranno i musulmani agli “increduli” della Mecca, questi messaggi segneranno una rottura netta. Ebrei e cristiani costretti a scegliere il loro campo sono accusati di aver falsificato la rivelazione divina nelle loro Scritture. Le grandi figure della Bibbia, Abramo, Mosè e Gesù specialmente, sono presentati come musulmani esemplari e come profeti precursori di Maometto. Quando questi nel 631 si impadronisce della Mecca, islamizzando la Càaba della quale fa distruggere gli idoli, un messaggio coranico, considerato come l’ultimo della tradizione musulmana, afferma che la rivelazione divina è stata portata a compimento nell’islam (V,3).
La raccolta dei messaggi coranici
Come sono stati conservati i messaggi coranici al tempo in cui Maometto li trasmetteva? Nei primi tempi, probabilmente, sono stati dapprima, a suo esempio, memorizzati dai suoi discepoli. La tradizione lo sottolinea parlando della loro raccolta “nel petto degli uomini”. Un procedimento che è tradizionale in una cultura che rimane essenzialmente orale e di cui il Corano conserva traccia nel suo appellativo. Se la parola qur’an è spesso tradotta con “lettura”, lo è anche con”recitazione”, un significato più vicino alla sua etimologia. L’apprendimento a memoria del Corano e la sua recitazione a memoria si sono così perpetuati fino ai nostri giorni nel mondo musulmano.
Ma gli Arabi dispongono anche, fin dai tempi di Maometto, del loro sistema di scrittura. È dunque anche molto probabile che già durante la sua vita i messaggi coranici siano stati messi per iscritto. Il messaggio coranico si presenta da sé, a varie riprese, come uno “scritto”. E la tradizione musulmana assicura che esso è stato raccolto su diversi supporti in uso a quell’epoca: pietre piatte, pergamena, foglia di palma e ossi di cammelli. Diversi racconti presentano Maometto nell’atto di dettare a Medina dei passi del Corano a scribi che gli servivano da segretari.
I testi coranici costituiscono già un insieme ordinato, simile alla forma nella quale li conosciamo oggi? Difficile saperlo, in quanto non si dispone di alcun manoscritto dell’epoca. Ma è poco probabile, perché la stessa tradizione musulmana racconta che il Libro santo dell’islam è stato anche il risultato di una raccolta organizzata dopo la morte del Profeta. Raccolta alla quale sono stati associati due dei segretari medinesi di Maometto, Zayd e Ubbay. E i racconti, spesso contradditori, di questa tradizione lasciano supporre che questa impresa abbia consentito di riunire dei frammenti, più o meno completi, del messaggio coranico mentre si trattava di unificarne il contenuto.
* Giornalista specialista delle religioni, è l’autore di La Bible et le Coran (Plon 2006) e Maomed et l’islam des origines (Plon octobre 2006)
(da Le monde des religions 19, p. 22-25)
Note
1) Così è chiamato, già prima dell’islam, il nono mese del calendario beduino, basato sui cicli lunari.
2) Al-Sira. Le prophète de l’islam raconté par ses proches compagnon, par Mahmoud Hussein, Grasset.