Asia, scuola di pluralismo
di Sandra Mazzolini *
Se diversi sono i motivi per i quali sempre più persone viaggiano per il mondo, molto spesso è comune il fine conseguito: l’incontro tra persone di varie provenienze culturali e religiose. Che, per periodi più o meno lunghi e in forma più o meno stabile, interagiscono in uno stesso contesto, che per gli uni è quello conosciuto delle origini e per gli altri è un vero e proprio «nuovo mondo» da scoprire.
Le forme dell’incontro sono molte, certificate sia dall’esperienza quotidiana, sia dall’informazione, spesso concentrata sugli esiti negativi o sui fallimenti che sembrano sigillare l’impossibilità di una pacifica convivenza. Pare così giustificato, per esempio, il pensiero di coloro che ipotizzano uno scontro di civiltà o le paure e i timori di possibili «invasioni», ulteriormente destabilizzanti il già precario assetto istituzionale, politico ed economico del nostro Paese.
Se è un fenomeno sostanzialmente nuovo per il nostro Paese, non è così per altre aree continentali, la più significativa delle quali è quella asiatica. Qui il dialogo è tematizzato e praticato come modalità specifica dell’evangelizzazione, con riferimento a tre realtà che caratterizzano l’Asia: i poveri, le culture e le grandi religioni. Liberazione, inculturazione, dialogo interreligioso sono conseguentemente assunti quale terminologia specifica per descrivere i modi e gli ambiti dell’evangelizzazione in Asia.
Padre Michael Amaladoss, gesuita indiano, docente di teologia e autore di diverse opere sul dialogo interculturale e tra le grandi religioni, mette in rilievo che il dialogo interreligioso - l’interazione tra persone che appartengono a varie tradizioni religiose - può essere compreso e praticato in due modi differenti e complementari: o come dimensione della missione (e quindi con riferimento all’annuncio evangelico), o come dialogo praticato da credenti di religioni diverse che vivono insieme nella società civile, spazio pubblico multireligioso, che offre un’effettiva possibilità di collaborazione in ordine alla creazione di una nuova società giusta, libera e fraterna.
Il dialogo non esclude perciò alcun ambito della vita dei credenti e non è neppure appannaggio dei soli specialisti. La collaborazione per la difesa e la promozione di comuni valori umani e spirituali, e allo stesso tempo la condivisione della vita quotidiana della comunità di appartenenza, delle proprie esperienze spirituali, delle riflessioni sul proprio specifico modo d’intendere la vita e la realtà, sono le coordinate lungo le quali si sviluppano - certo non senza difficoltà - esperienze di dialogo tra le religioni, dalle quali può conseguire una reciproca ed effettiva comprensione e conoscenza, volta a superare quei pregiudizi che stanno all’origine delle divisioni anche conflittuali e che le mantengono vive.
Quindi l’apporto che i cristiani possono offrire al dialogo interreligioso, senza in alcun modo indebolire o negare la specificità della loro professione di fede e della loro appartenenza ecclesiale, si muove nella doppia linea della conoscenza degli interlocutori e del riconoscimento, che in ultima analisi riguarda un fattore determinante: Dio è già presente in essi e nelle loro tradizioni religiose. Destinatario dell’annuncio evangelico è, dunque, un mondo nel quale Dio non è estraneo.
Considerare in modo non pregiudiziale o idealizzato l’esperienza dei processi dialogici già in atto altrove permette di sottrarre dal limbo dell’utopia l’ipotesi di un’effettiva possibilità d’incontro.
Le nostre società, che si stanno configurando come interculturali e interreligiose, hanno bisogno certamente di leggi ad hoc che determinino i modi della convivenza civile, ma hanno anche e soprattutto bisogno di superare preliminarmente i pregiudizi; se questi permangono, la diversità è percepita e vissuta sostanzialmente come attentato alla propria identità. Invece occorre pervenire a una fondata conoscenza degli interlocutori, senza la quale non ci può essere un reale ed efficace riconoscimento
* Teologa, docente di missiologia alla Pontificia università urbaniana
(da Mondo e Missione, m aggio 2007)