Ecumene

Giovedì, 12 Agosto 2004 02:07

L'Oriente Cristiano ci ha permesso di respirare

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Intervento del cardinale Christoph Schömborn O. P.
Arcivescovo di Vienna al Sinodo d'Europa 
Città del Vaticano - Ottobre 1999

Vienna è situata a metà strada tra Madrid e Mosca. Ma si può dire che per questo è il cuore dell'Europa? O che sia addirittura il cuore del nostro continente? É vero che si trova quasi a metà strada tra Londra e Sofia, Bruxelles e Kiev, Stoccolma e Atene, Malta ed Helsinki. Ma è per questo il cuore dell'Europa? Quali sono i confini dell'Europa?

Di quale Europa parliamo nel corso di questo Sinodo? Dieci anni fa, la cortina di ferro accerchiava la metà dell'Austria e la città di Vienna allora era situata nell'angolo morto del "mondo libero". Vienna era la città dell'Europa occidentale più a Est di tutte. La cortina di ferro è caduta. Una nuova cortina è stata innalzata, stavolta elettronica, "la frontiera di Schengen", che alla fortezza di prosperità dell'Unione Europea assicura protezione contro l'intrusione di coloro -soprattutto giovani - che vengono dall’Europa dell'Est e dai continenti poveri a cercare lavoro.

Visto il prezzo che è necessario pagare per l'espandersi verso l'Est dell'Unione Europea, più di un uomo politico è stato costretto di malavoglia ad approvare che l'Unione Europea divenga europea nel vero senso del termine, così come ne ha parlato il Santo Padre a Vienna il 20 giugno 1998. Ritengo pertanto estremamente importante che noi non ci rassegniamo a questa separazione de facto dell'Europa. Giacché la separazione dei cuori e degli atteggiamenti interiori, conseguenza della cortina di ferro, continua ad esistere. Non si lascerà di certo superare unicamente grazie all'integrazione economica e politica, tanto agognata, quanto soprattutto per mezzo di una guarigione psichica dell’Europa. Ed è Gesù che ce ne dona la chiave, anzi, Lui stesso ne è la chiave. Lui ci può guarire solo se gli presentiamo apertamente le nostre ferite. Ne citerò tre e vorrei invitare tutti noi a chiedere prima di tutto la guarigione a Cristo, durante questo Sinodo, e a chiedere di essere pronti a impegnarci in prima persona.

Prima ferita. Abbiamo a lungo esitato a denunciare le disumane barbarie del comunismo. Al contrario, i crimini del nazismo li abbiamo denunciati tutti, puniti più di una volta e registrati con estrema esattezza.

Ma una "nube di non conoscenza", di silenzio, copre i crimini del comunismo. E vero che durante il periodo della massiccia persecuzione contro i cristiani messa in atto nei paesi comunisti, alcune voci si sono levate per denunciare le sofferenze di nostri fratelli e sorelle. Ma non è stato più grande il silenzio che il grido di ribellione?

Fratelli e sorelle dei "paesi liberi" dell'Occidente, non dovremmo domandare perdono ai nostri fratelli e sorelle dei paesi comunisti (che, in parte, comunisti lo sono sempre), per non averli sostenuti, aiutati, per averli abbandonati con il nostro pubblico silenzio? Non dovremmo farci questa domanda davanti a questo Sinodo che precede l'Anno Giubilare, che deve essere un anno per chiedere perdono? Così, la grazia del perdono ci unirà più profondamente e non permetterà che cada nell'oblio quell'immane sofferenza costituita dai lunghi anni di persecuzioni. Cosi potremo, con un cuore purificato, celebrare la memoria martyrum.

Seconda ferita. Il Santo Padre continua a ricordarci - facendo riferimento alle parole del filosofo delle religioni Ivanov - che la Chiesa europea deve respirare con i suoi due polmoni. Le Chiese, quella d'Occidente e quella d'Oriente, come l'Europa intera, hanno bisogno l'una dell'altra.

Fratelli e sorelle, personalmente devo confessare: molti, me compreso, non avrebbero ricevuto il dono di affrontare la profonda crisi che ha scosso la cristianità occidentale dopo il Concilio, senza il soccorso della tradizione della Chiesa orientale: sono stati e sono sempre vitali per noi la teologia dei Padri, la grande esperienza monastica della Chiesa orientale, la testimonianza di bellezza e di nobiltà della sua Liturgia, il mondo delle sante immagini (icone) dell'Oriente cristiano. Tutto ciò ci ha permesso di respirare nel momento in cui un uragano ha colpito la nostra Chiesa e l'ha resa troppo umana e troppo "orizzontale".

Il rinnovamento della Chiesa occidentale deve enormemente all'eredità preziosa e viva dell'Oriente. Per esempio, la lettera apostolica Orientale Lumen è diventata per noi un'esperienza benedetta! È da aggiungere ancora la testimonianza, troppo poco conosciuta, dei martiri della Chiesa orientale del nostro secolo. Nessun'altra Chiesa ha conosciuto un tale numero di autentici martiri e di testimoni della fede come i cristiani di tutte le Chiese dell'ex Urss.

Però possiamo con certezza affermare che anche le Chiese d'Oriente hanno bisogno del polmone dell'Occidente per essere capaci di respirare e anche di superare il trauma del comunismo e di colmare certe mancanze, dovute alla separazione; il cristianesimo occidentale è in grado di aiutarle. Possiamo aiutarle, per esempio, sotto tre aspetti:

1 - nell"'incarnazione" storica della fede cristiana nelle strutture politiche, sociali ed educative;
2 - in un'autentica differenziazione tra temporale e spirituale;
3 - l'ortodossia deve poter superare il pericolo mortale rappresentato dalla Chiesa nazionale, dalla sacralizzazione della nazione. Sovente "l'autocefalismo" è vittima di questa tentazione.

L'ortodossia ha necessità di aprirsi al cattolicesimo dell'Ecclesia Universalis.

Affinchè i nostri fratelli e sorelle ortodossi riconoscano che la Chiesa degli apostoli Pietro e

Paolo, la Chiesa di Roma, ha la presidenza della carità, devono servirci da modello gli sforzi del nostro Santo Padre, successore di Pietro, nel tendere instancabilmente la mano a suo fratello Andrea, il primo chiamato.

Terza ferita. Cento anni fa, Vladimir Solov'ev aveva profeticamente intuito che le crepe della cristianità, la sua divisione in blocco orientale e blocco occidentale, possono essere guarite solo se la cristianità si riferirà in un nuovo modo al mistero d'Israele. Non abbiamo qui il tempo necessario per sviluppare in maniera più profonda la sua crescente attualità.

In breve però, se oggi noi, i cristiani, ci ricordassimo di nuovo che siamo stati innestati sul tronco di Israele (Rm 11,17), e che è la radice a sostenerci e che non siamo noi a sorreggerla, allora prenderemmo di nuovo coscienza che siamo il popolo di Dio. E lo siamo non per il fatto di appartenere a una lingua, a una cultura, a una nazione, ma per l'elezione e la chiamata di Dio e così noi siamo il popolo che ha creato una "santa alleanza", la quale trascende tutte queste differenze.

Alla fine di questo secolo, che è stato devastato dalle ideologie anti-semite e anti-cristiane, del nazismo e del comunismo, Gesù di Nazaret, il Messia d'Israele, si rivela di nuovo ai nostri occhi, batte ancora una volta alla nostra porta, alle porte dell'Europa. Quel Gesù che di se stesso ha detto, per mezzo della sua santa madre Maria e per mezzo dei suoi apostoli: "La salvezza viene dai Giudei"(Gv 4,22). Quella salvezza, che dev'essere trasmessa a tutte le nazioni dalla Chiesa di Gesù Cristo, il Figlio di Dio.

(Traduzione dal francese a cura del Centro Russia Ecumenica - Roma)

 

 

 

 

Letto 4336 volte Ultima modifica il Giovedì, 15 Settembre 2011 12:31
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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