Ecumene

Giovedì, 12 Agosto 2004 01:32

Noi cristiani e il "mercato delle religioni"

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di Andrei S. Desnitskij

L'ex-Urss è la casa comune di centinaia di gruppi etnici e differenti religioni. L'urgenza del dialogo con buddhismo e islam.

L’esperienza della diversità e della convivenza è un tema cruciale nelle società dell'Occidente. Una questione che coinvolge senza eccezione anche noi cristiani perché le nostre divisioni diventano sempre più evidenti proprio mentre svaniscono tante speranze suscitate dal sorgere e dal rafforzarsi del movimento ecumenico. Nel medesimo tempo l'Occidente sta iniziando solo ora a confrontarsi con la sfida rappresentata dalla presenza di una numerosa e compatta comunità islamica al suo interno.

Il confronto con quanto succede nella Federazione russa può essere forse di una qualche utilità e interesse per il mondo occidentale. E non solo per i pochi che cercano di costruire (o ricostruire?) ponti tra Oriente ed Occidente. Dopo il crollo del regime comunista, la società russa sta affrontando fondamentalmente le stesse sfide delle società occidentali, anche se con caratteristiche sue proprie. È superfluo dire che questa situazione può offrire una buona opportunità per trarre insegnamento dagli errori degli altri. Ed è sperabile non solo dagli errori.

Questa esperienza diventa ancora più importante per gli occidentali che a vario titolo sono impegnati nel dialogo con le tradizionali istituzioni religiose della Russia. Indubbiamente importante lo scambio ufficiale di messaggi tra il Vaticano e il patriarcato; ma l'opinione pubblica si crea ad un livello più basso e il futuro di queste relazioni - ne sono fermamente convinto - si gioca al livello della gente comune. Cosa accade nella testa e nel cuore dell'uomo della strada? Ciò che capita nei palazzi, nei santuari del petrolio, nei campi di battaglia della Cecenia è raccontato con dovizia di particolari dai media. Ma cosa pensa la gente comune che vive e lavora? Anche dopo l'indipendenza ottenuta e riconosciuta internazionalmente per 14 Paesi facenti parte del territorio dell'ex Unione Sovietica (altri invece sono ancora in attesa del riconoscimento), la Federazione Russa rimane tuttora la casa comune per più di cento gruppi etnici con differenti culture, lingue e religioni. Quando parliamo oggi di Russia, dobbiamo ricordarci che si tratta di uno Stato con una pluralità di nazionalità e di religioni. La coesistenza tra popolazioni diverse non è sempre stata pacifica, ma in generale non è per nulla paragonabile alla veloce e totale distruzione delle culture indigene avvenuta nelle Americhe. Per esempio, il Dalcota è un territorio popolato per la gran parte da abitanti di lingua inglese e di confessione protestante. Sono molto pochi i discendenti degli indiani dakota. Invece la Jacuzia è una regione autonoma dove il presidente è un autoctono e dove la lingua autoctona è parlata comunemente, insegnata nelle scuole e studiata all'università. E non è raro vedere gli sciamani della religione tradizionale celebrare pubblicamente i riti e le festività.

D’altro canto le grandi città ospitano in continuazione emigranti provenienti dai nuovi Stati indipendenti, in maggioranza musulmani. Sotto questo aspetto Mosca sta diventando sempre più simile a Roma, Londra o Parigi, anche se la situazione in Russia è diversa da quella di Francia e Italia.

Pur con qualche eccezione, l’integrazione dei vari gruppi etnici e religiosi (non la loro assimilazione) è una costante della storia russa. Da secoli a Mosca esistono quartieri abitati da tatari. Con il tempo sono diventati parte integrante della città, anche se rimane in quelle zone una percentuale di tatari superiore al resto della popolazione. Tuttavia camminando per le strade, non si notano differenze rispetto al resto della città. Questo quadro è ancora più evidente in regioni vaste come il Povolzhye o la Siberia, dove la colonizzazione russa si è semplicemente aggiunta a una quantità di popolazioni e religioni presenti. La religione è ancora considerata una nota importante dell'identità etnica, anche da quanti non professano nessuna fede. Per molti essere nati russi o tatari significa essere ortodossi o musulmani per sempre. A livello popolare, quando parliamo di ortodossia, islam o buddhismo, scopriamo in realtà una fede che mischia tradizioni folkloristiche e superstizioni; la gente tuttavia insiste nel dire che questa è la religione degli antenati. In larga parte è proprio così.

Riferisco a questo proposito un episodio accaduto realmente. Un linguista occidentale stava facendo delle ricerche lungo il fiume Volga. Viveva in un villaggio e ogni mattina faceva ginnastica. Un giorno viene avvicinato da un uomo del posto, che si dichiara ammirato per la fedeltà religiosa che dimostra. Sorpreso, lo studioso chiede spiegazioni. "Noi ciuvasci siamo ortodossi e preghiamo così" disse facendo il segno della croce. "I tatari nel vicino villaggio sono musulmani e pregano in questo modo". E imitò la preghiera rivolta alla Mecca. "Ma la vostra preghiera - e a questo punto ripetè alcuni degli esercizi fisici che il professore faceva ogni mattina - è davvero la più difficile di tutte". Il crollo dell’ideologia comunista ha aperto nuove possibilità e rivelato antichi segreti. È apparso chiaro che l'influenza dell'ateismo ufficiale è stata molto superficiale. Mi disse un anziano tajiko: "Stupisce davvero come la gente abbia subito dimenticato i nomi di Marx e Lenin che sono stati costretti a sentire per decenni, e invece abbia subito ricordato il nome di Dio che era stata costretta a dimenticare".

Ma non è tutto. Dopo le ondate di conversioni agli inizi degli anni Novanta, quando sembrava che tutti fossero diventati credenti, divenne evidente che la capacità delle istituzioni religiose tradizionali di accogliere i neofiti e di soddisfare i loro bisogni spirituali erano limitate, così come limitate e insufficienti erano le chiese e le moschee rimaste.

Molti convertiti si accontentavano di un livello d'impegno e di vita religiosa minimale. Mia figlia, allora undicenne, mi disse una volta: "Nella mia classe tutti sono battezzati, ma si meravigliano quando dico che vado in chiesa".

In questa situazione, il sincretismo religioso è diventato un tratto comune. Una volta nella Repubblica dei Buriati - dove gli abitanti per la gran parte sono buddhisti - chiesi a un'anziana signora russa che partecipava a una festa buddhista perché mai avesse abbandonato la religione degli antenati. "No - rispose - non l'ho abbandonata affatto. Semplicemente vengo qui perché il lama è una persona tanto affabile, ma incontro anche il prete locale e lo sciamano, pure persone tanto gentili". La signora non vedeva nulla di contraddittorio nel mettere insieme queste religioni. È un segno di tolleranza che caratterizza molte regioni della Russia. Anche in sanguinosi conflitti etnici e politici, come la guerra in Cecenia, si usano slogan religiosi per coprire ben altre mire.

Può sembrare che questa coesistenza pacifica delle religioni abbia qualcosa a che fare con un'idea di solidarietà. Di fatto il suo nome corretto è sincretismo, o anche "mercato delle religioni". La gente vuole assaggiare tutti i prodotti, per verificare che siano piacevoli e attraenti. Un fenomeno molto simile a quanto accade oggi in Occidente.

Tuttavia esistono ancora molte persone che si mantengono coerenti, ed in linea con l'educazione ricevuta ritengono ci sia una sola risposta corretta per ogni domanda fondamentale. Così, come estremo opposto al "mercato delle religioni", troviamo un cieco tradizionalismo. Una certa immagine della "fede dei padri" (che non ha cedimenti e dubbi) è ritenuta sufficiente e riconosciuta come modello invariabile. Un fatto che può sembrare strano, ma è molto diffuso e comprensibile: in tempi di grandi cambiamenti la religione tradizionale è considerata l'ultima spiaggia per quanti cercano stabilità. D'altra parte questa forma di tradizionalismo sembra essere un'invenzione recente. Pochissime famiglie hanno conservato la fede tradizionale durante gli anni della persecuzione. Inoltre le risposte che provengono dal Diciannovesimo secolo, a stento possono confrontarsi con gli interrogativi del Ventunesimo. Di conseguenza anche i fanatici del passato si trovano a fare i conti con sfide del tutto nuove. La loro reazione abituale è di chiudere gli occhi e di negare l'esistenza di queste sfide. Per esempio, recentemente in una scuola ortodossa di Mosca gli insegnanti si sono rifiutati di utilizzare testi scolastici pubblicati dopo il 1917, anche per materie come chimica e fisica. Per molti anni la gente ha vissuto in una società dove l'ideologia dominava ogni cosa. Ora la gente accetta con facilità il cambio delle ideologie, non ne segue però facilmente la trasformazione della mentalità plasmata dal bolscevismo.

Si è detto che le religioni tradizionali coesistono e non esistono conflitti, non tanto tra cristianesimo, islam e buddhismo, quanto tra denominazioni tradizionali e non tradizionali. Questo fenomeno si verifica particolarmente nelle religioni rurali. Un giorno, tra gente cresciuta nelle locali tradizioni religiose, arriva un missionario dall'Occidente e fonda una comunità di nuovo genere mai esistita in quel territorio. Un fatto questo che già in se stesso crea sospetti aggravati poi da diversi fattori. L'attività missionaria è così ritenuta "espansionismo", perfino una forma di "aggressione". Giudizio pesante, non oggettivo ma comprensibile. Il sorgere di nuove Chiese, il diffondersi di nuovi culti sono collegati ad una catena di eventi che qualche volta è descritta come una sconfitta della Russia in quella sorta di guerra fredda che ha messo alla prova l'orgoglio nazionale, se non l'identità. Le nuove Chiese non sono certamente la stessa cosa dei McDonald’s, del cinema hollywoodiano, o dell'arroganza della filosofia dell'arricchimento a tutti i costi, ma si sono affermate in Russia nello stesso tempo come conseguenza del medesimo processo storico. Per cui non fa meraviglia che vengano strettamente associati.

I fedeli delle stesse comunità ne sono convinti: "Non adorano Dio ma il modo di vivere americano", mi ha detto un pastore protestante inglese dopo aver visitato i suoi fedeli in una città della provincia russa. Un'altra volta, in Siberia, un missionario americano del posto pubblicò un programma della sua attività missionaria sul suo sito Internet. Tra gli altri suggerimenti, ai suoi potenziali seguaci nel lavoro missionario in quei territori dava istruzioni circa la dieta: portare con se patatine e salsicce era buona cosa, visto che la cucina locale mal si addice ad uno stomaco occidentale. Inutile dire che queste notizie, riportare con rilievo dalla stampa, suscitano reazioni a dir poco negative. Un dettaglio, questo, che può sembrare insignificante, ma che riflette un grande problema: le relazioni attuali tra questa comunità e il clero ortodosso locale non potrebbero essere peggiori. Conflitti simili non sono banali, e spesso hanno conseguenze tragiche. Qualche anno fa, nel nord dei Caucaso, una coppia che si era convertita dall'islam al protestantesimo venne uccisa dalla folla. Gli uccisori avrebbero tollerato e anche rispettato la fede cristiana dei loro vicini russi, ma hanno vissuto la conversione e quindi il cambio dello status quo religioso come un attentato alla propria identità. Circostanze simili rendono ogni ricerca di condivisione nella fede tra Oriente ed Occidente molto problematica. Ed è per questo che non dobbiamo stancarci di cercare occasioni di dialogo e di costruire ponti, piuttosto che muri.

 

 

 

 

Letto 1561 volte Ultima modifica il Giovedì, 15 Settembre 2011 12:18
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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