Ecumene

Martedì, 10 Agosto 2004 22:37

La Chiesa Maronita

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di Lorenzo Lorusso

1. Cenni storici

I Maroniti costituiscono la comunità cristiana più numerosa del Libano. Alla loro origine vi è un santo anacoreta: Marone (+ 410). Calcedoniani (due nature in Cristo in una sola persona), si ricollegavano alla cattolicità ed erano fedeli all'unità cristiana:

- nel 517 la firma di Alessandro, archimandrita (superiore di monastero) maronita, compare a capo dei nominativi che sottoscrissero una lettera contro Severo di Antiochia, indirizzandola al Papa Ormisda;

- nel 536 la firma di Paolo, apocrisario (rappresentante) maronita, si coglie negli atti del sinodo costantinopolitano che ribadì la condanna del monofisismo (una sola natura in Cristo). Erano quindi già presenti prima della conquista islamica e s'insediarono in Siria, sulle rive del fiume Oronte.

Nel 694 Giustiniano II riusciva a raggiungere il monastero di San Marone, devastandolo e uccidendo cinquecento monaci. L'azione non fece che confermare l'esigenza maronita di provvedere alla creazione di un patriarcato, progetto che si rese esecutivo verso la metà del secolo VIII.

I discepoli di Marone vennero in Libano, innanzitutto come missionari, per convertire i pagani al Cristianesimo. Per salvaguardare la loro fede e la loro identità originale, di fronte ai Bizantini, ai monofisiti e ai musulmani, il popolo maronita fu però costretto a lasciare quei luoghi e a rifugiarsi tra i monti del Libano. Il loro Patriarca vi si installò a partire dal secolo IX.

I rapporti con Roma

Fu con l'arrivo dei crociati nel 1099 che i Maroniti uscirono dal loro isolamento e ristabilirono i rapporti con l'Occidente e con Roma. Una prova inoppugnabile della consolidata comunione tra Roma e i Maroniti nella seconda metà del XII secolo è costituita dal privilegium (1184), che papa Lucio III accordò alla cappella maronita di San Simone sita in Beirut. Fu, in ogni caso, il Lateranense IV (1215) l'occasione per far risaltare all’intera cristianità il vincolo esistente tra le due Chiese: il Patriarca maronita Geremia II al-Amsiti venne a Roma per partecipare di persona ai lavori conciliari. Innocenzo III definì l'incorporazione maronita nella cattolicità con la bolla Quia divinae sapientiae. Questi rapporti, proibiti durante la dominazione dei mamelucchi, ripresero in modo particolare a metà del XV secolo e s'intensificarono sotto il regime ottomano con il sostegno dei re francesi. Si mantennero prima di tutto grazie ai missionari Frati Minori Conventuali prima e Frati Minori Osservanti dopo, poi ai Gesuiti, ai Cappuccini, ai Carmelitani, ai Lazzaristi, ai diversi Ordini religiosi femminili.

Il Vescovo maronita della comunità cipriota Elia di Biblo inviò ai tempi del concilio Fiorentino, tramite il prete Isacco, la sua professione di fede al Papa Eugenio IV, la cui bolla Benedictus Deus (1445) venne successivamente accolta anche dal Patriarca Giovanni EL-Jaji. Infine, il Patriarca Simone ibn Hassan inviò legati al Lateranense V (1516). I rapporti con Roma e l'Occidente si consolidarono anche grazie al Collegio maronita, fondato a Roma nel 1584, che promosse una seria apertura della Chiesa maronita alla Chiesa latina di Roma.

Allo stato attuale non esistono statistiche complete e aggiornate dei fedeli della Chiesa maronita in Libano e nel mondo. Si dice che ve ne siano circa un milione in Libano e dieci milioni nel resto del mondo, dove sono costituiti in eparchie. A partire dal 1790 il Patriarca risiede a Bkerke, a circa 25 miglia dà Beirut.

3. La liturgia

La liturgia maronita riallaccia le sue origini ai tre grandi influssi liturgici della provincia romana della Siria antica. Alla fine del secolo IV, infatti, nella cristianità di quella provincia tre erano i centri principali di creatività liturgica: Antiochia, Gerusalemme ed Edessa.

I Maroniti utilizzavano il siriano come lingua liturgica, ma anche e sempre più la lingua araba. Il loro rito appartiene alla tradizione d'Antiochia, tradizione caratterizzata dalla fedeltà alle proprie fonti scritturali ed ebree, da un'apertura sul mistero dell'Imperscrutabile Divino che si rivela in Gesù Cristo Salvatore, dal senso della misura, da una tensione acuta verso le realtà escatologiche.

La liturgia maronita si avvicina anche alle liturgie siro-orientali e la preghiera eucaristica è quella detta di San Giacomo. Ve ne sono altre trenta, di cui quattordici soltanto erano contenute nel primo messale del 1592.

Quello più recente ne contiene sei.

L'anno liturgico maronita è molto simile a quello siro e malankarese, con un ciclo mobile e uno fisso (santorale). La domenica della consacrazione della Chiesa è l'inizio del ciclo mobile: è la prima domenica di novembre.

 

 

 

 

Letto 3964 volte Ultima modifica il Mercoledì, 14 Settembre 2011 18:36
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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