Ecumene

Domenica, 08 Agosto 2004 03:42

Ecumenismo in Italia: Protestantesimo e Maria (Renzo Bertalot)

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Eppure il Vangelo è molto semplice per ogni uomo: per l'ortodosso, il cattolico e il protestante. Maria ce lo ricorda: "Fate tutto quello che il Signore vi dirà".

Premessa

Non è una novità dire che il discorso ecumenico su Maria è in forte ritardo. Le varie confessioni cristiane hanno ripreso questo tema all'interno della propria riflessione, ma mancano documenti di studio comune a livello mondiale. L'argomento, infatti, non è stato affrontato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e non trova spazio nei dialoghi bilaterali tra le grandi famiglie cristiane.

Negli anni che ci separano dall'ultimo conflitto mondiale è tuttavia sorto un nuovo interesse per la figura biblica di Maria. Questo si può verificare là dove sono nati nuovi modelli di vita comunitaria che raggruppano elementi provenienti da tutte le confessioni cristiane, compresa naturalmente quella cattolica romana. Citiamo come esempio: le Sorelle di Maria, in Germania, sorte in ambiente luterano; la comunità di Taizé, in Francia, costituitasi in ambiente riformato, e l'Ordine dell'Agape e della Riconciliazione, negli Stati Uniti d'America, organizzato all'interno della chiesa anglicana. Le chiese sono certamente state confrontate e messe in movimento dalle nuove idee germogliate in questi centri moderni di vita comunitaria. Come sempre accade, di fronte al sorgere del nuovo, le reazioni non sono tutte positive ed entusiaste. Vi sono anche momenti di disagio e di perplessità. Il discorso rimane, tuttavia, lontano dalla base costituita dalla gente che si ritrova in chiesa la domenica mattina. Ma è anche lontano dalle decisioni assembleari delle grandi famiglie cristiane che si incontrano nelle organizzazioni ecumeniche. Non si può quindi parlare, per il momento, di un cammino comune. Si scruta l'emergere di nuovi interessi come si può scrutare l'orizzonte all'alba o come si cerca al buio con l'ausilio di una candela. Si cerca e questo è importante! Ieri non era così.

Importante è anche un incontro come questo di oggi, non certo per quello che si può dire all'alba, ma per il fatto che lo si dica qui insieme. I fatti marcano indelebilmente la storia. Le idee, cui i fatti si riferiscono, sono, invece, in fase di evoluzione e le nuove leve le ripenseranno e le accoglieranno in un contesto di prospettive diverse e aggiornate.

Credo perciò che sia giusto riconoscere l'importanza del fatto: il "Marianum" ha voluto chiedere ad un teologo protestante di aprire l'anno accademico di una università cattolica romana. È forse una primizia e certamente lo è in Italia. Queste cose non accadono senza coraggio, determinazione e volontà ecumenica. Le persone coinvolte passano, ma il fatto rimane come testimonianza alle nuove generazioni della volontà presente. Soli Deo gloria!

Gli avvenimenti che segnaleremo questa mattina riguardano l'ultimo anno. Essi sono interessanti, anche se molto limitati, perché ci rendono attenti al desiderio di uscire dal silenzio tradizionale per mettere in evidenza aree di possibile riflessione comune. Dopo secoli di contrapposizione emergono accenni positivi per un confronto anche se non è ancora attuale la formulazione di un consenso vero e proprio.

Nella misura in cui l'ecumenismo è una prospettiva, nella quale va ripensata la teologia del popolo di Dio in cammino sotto la guida dello Spirito Santo, dobbiamo bandire gli angoli oscuri o trascurati che favoriscono il prolungamento della propria riflessione in maniera isolata.

DALLA STAMPA EVANGELICA

Il giornale delle chiese valdesi e metodiste, La Luce, pubblicava l'anno scorso quattro brevi articoli su Maria. Era il mese di maggio, che la tradizione popolare cattolica romana vuole dedicato a Maria: una scelta precisa, dunque, per dire che Maria non è assente dal patrimonio della chiesa evangelica. Se Maria è presente in maniera diversa non vuol dire che non si debba prestare attenzione alla sua testimonianza. Non è lecito trascurare le parole del Magnificat, dove Maria appare come una testimone singolare della Parola di Dio. Maria inoltre è un esempio di riconoscenza verso Dio. La riconoscenza ci rende diversi a motivo di quello che Dio ci dà. Nella riconoscenza non siamo più soli. Maria è una credente gioiosa: "una grande lezione" per tutti noi. Maria è una catecumena attenta. Ricorda bene le lezioni apprese dalla Sacra Scrittura e le ripete, con parole importanti e significative, al momento in cui la Parola le è rivolta. In questo senso essa è nostra sorella nella fede.

Queste affermazioni, che appartengono al patrimonio della chiesa evangelica, riemergono oggi con pieno diritto di ascolto nel mondo protestante italiano. Sono dette chiaramente all'inizio del discorso anche se il discorso non finisce a questo punto. Passando al confronto si sente, infatti, l'esigenza di volerle distinguere da quanto conosciamo sotto la forma di pietà popolare mariana dei nostri ambienti. A noi interessa rilevare la priorità positiva, data dal giornale La Luce, a questo intervento sulla figura di Maria. Quanto è stato detto, in questo senso, può certamente essere detto insieme senza avere la pretesa di esaurire il discorso. Notiamo intanto che l'accento messo su Maria catecumena è molto interessante. Non lo dobbiamo lasciare cadere quando richiamiamo la nostra gente alla lettura e allo studio della Bibbia.

FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA

Dai 3 al 5 settembre si è svolto a Roma l'incontro delle Facoltà Protestanti di Teologia dei paesi di lingua latina. La Facoltà Valdese ne è stata l'ospite e l'organizzatrice. Il tema prescelto per una riflessione comune verteva sulla figura di Maria. Non vi sono state delle motivazioni esplicite per questa scelta. Essa era offerta implicitamente dal fatto di trovarsi a Roma, nel cuore del mondo cattolico, e dal nuovo interesse mariano, suscitato dall'attuale pontefice. I presenti si rallegrarono per la scelta dell'argomento e per l'articolazione data ai vari temi. L'auspicio comune, in fase di conclusione, è stato quello di riaprire il discorso su Maria e di farlo con coraggio nonostante le difficoltà che si devono incontrare. Occorre trovare un modo nuovo per affrontare e sbloccare il dialogo. Certamente v'è uno spazio riservato a Maria quando si discute di cristologia, di ecclesiologia e di pneumatologia.

Il colloquio di Roma si è svolto intorno a tre relazioni centrali. Non è senza significato, nella metodologia protestante, che il primo intervento fosse quello della prof. Ida Magli, antropologa dell'Università di Roma. Il suo fu un discorso laico e disincantato rispetto alle costruzioni teologiche sia protestanti sia cattoliche. Fu un richiamo al ruolo della donna. Il ritmo del discorso era chiaramente marcato dall'insofferenza creata da una visione del mondo eccessivamente maschilista; nascondeva, ma non sempre, una protesta di natura secolarizzata. Nel suo insieme la relazione della prof. Magli si proponeva come un terzo elemento di costante riferimento nel confronto di impostazioni teologiche diverse tra di loro.

La seconda relazione, sulla posizione attuale della chiesa cattolica, fu affidata al prof. Salvatore M. Meo del "Marianum". Credo che anche in questo caso sia necessario rilevare l'importanza prioritaria del fatto. Anche nel protestantesimo italiano va ora affermandosi la prassi di lasciare all'interlocutore la presentazione di se stesso. Nel passato non era così, ma i tempi cambiano e qualche volta cambiano in meglio. Così per la prima volta il "Marianum,' era presente, non solo con un relatore ma con lo stesso Rettore p. Aristide M. Serra, ad un colloquio organizzato dalla Facoltà Valdese.

Ripetiamo: è importante sottolineare il fatto, come segno evidente di una metodologia in formazione nel campo della ricerca teologica. Già nella lontana conferenza di Fede e Costituzione, tenutasi a Losanna nel 1927, si proponeva alle chiese di andare a scuola le une dalle altre. Quest'auspicio oggi non è più un sogno, una speranza, ma una realtà.

Il prof. Meo intrattenne l'uditorio sui due principali documenti che regolano la ricerca mariologica attuale: il capitolo VIII della Lumen gentium del Concilio Vaticano II e l'esortazione apostolica del pontefice Paolo VI, intitolata Marialis cultus. L'intervento mise in rilievo con indiscutibile chiarezza, sia le linee della rielaborazione in atto, nella ricerca mariologica cattolica, sia le critiche e le distanze che si devono evidenziare rispetto agli sconfinamenti eccessivi della pietà popolare. Da parte protestante si doveva prendere atto che, in questo caso come sempre, vi è un ritardo tra la vita delle comunità periferiche e il cammino percorso dai pionieri in sede di ricerca. Intercorre sempre un lungo lasso di tempo tra il discorso fatto a livello di Facoltà Teologica e la risposta attenta della base. Se è vero che questo accade a tutti i livelli non sarà sorprendente ritrovare lo stesso fenomeno quando parliamo di Maria.

La relazione di p. Meo era molto curata dal punto di vista biblico, ma quello che un cattolico legge nella Sacra Scrittura a proposito di Maria è sempre sorprendente per un protestante. Evidentemente ci troviamo di fronte ad interpretazioni diverse, maturate durante secoli di isolamento. Ma oggi, a differenza del passato, la diversità, che dobbiamo registrare nell'interpretazione della Bibbia, è un occasione di confronto e non solo di scontro, non sospende il dialogo, ma lo precisa e precisandolo lo rende possibile. Nel caso specifico della riflessione sulla figura di Maria, ci rendiamo conto delle motivazioni che finora hanno governato il ritardo nel dialogo ecumenico. Vi è un discorso a monte che le chiese devono affrontare per poter progredire nel loro cammino.

Al di là delle interpretazioni divergenti, vi sono degli elementi non teologici che creano divisioni e che vanno accuratamente individuati se si vuole favorire il confronto e possibilmente la ricerca di un consenso. La novità, che il nostro tempo ci permette di rilevare, è che questo lavoro lo possiamo fare insieme, andando a scuola gli uni dagli altri. La formulazione di documenti ufficiali, a livello di Consiglio Ecumenico delle Chiese o di dialoghi bilaterali, non può essere raggiunta senza questa fatica previa, che ci coinvolge tutti, cattolici e protestanti.

L'ultima relazione al colloquio di Roma fu tenuta dal prof. Jean-Paul Gabus di Bruxelles. Mentre nel secolo scorso, da parte cattolica, l'attenzione si concentrava sulla proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione e sul Concilio Vaticano I, da parte protestante, la teologia doveva fare i conti con l'affermarsi della critica biblica. In un certo senso gli interessi confessionali seguivano spinte in direzione opposta e la distanza fra le chiese si faceva sempre più rilevante. La redazione tardiva dei Vangeli dell'infanzia incoraggiava l'accantonamento della discussione sulla figura di Maria. Inoltre, fin dal tempo immediatamente successivo alla Riforma, l'argomento stesso era andato occultandosi nella teologia evangelica. Alcuni temi non erano stati ripresi e si allontanavano sempre più in un passato rimasto senza attualità. La Riforma aveva sostenuto la perpetua verginità di Maria. Lutero e Zwinglio non si erano opposti alla recita dell'Ave Maria sia pure come preghiera di lode e non d'intercessione. Calvino aveva parlato a chiari termini della chiesa-madre. Questo patrimonio era andato perso e anche contraddetto. Infine il puritanesimo aveva dato il suo pesante contributo all'allontanamento di temi relativi alla donna e alla sessualità. Nell'insieme assistiamo ad un processo di occultamento della figura di Maria nella teologia protestante.

Oggi è necessario riprendere il confronto partendo da temi che favoriscano il superamento dei blocchi tradizionali. Tra questi il prof. Gabus ha voluto ricordare con insistenza quello della cooperazione dell'uomo alla grazia di Dio. Ma non è tutto: bisogna anche avere il coraggio di prendere nota dei tanti simboli di carattere poetico ed artistico che nel frattempo sono fioriti intorno alla figura di Maria sia nell'ambiente cattolico, sia in quello ortodosso. Sono simboli che vogliono trasmettere un messaggio e una testimonianza religiosa ai quali non possiamo negare il nostro ascolto. Sono utili come informazioni su realtà diverse nelle quali la fede cristiana cerca di esprimersi con caratteristiche che non sono quelle familiari all'ambiente evangelico, diventato troppo arido e severo. Si tratta di aree con le quali abbiamo perso il contatto con la facile scusa di non perdere tempo.

Gabus ha voluto sorprendere i suoi uditori richiamando la loro attenzione su mondi ancora più lontani. Dall'estremo oriente giungono spesso segnalazioni che la nostra cultura occidentale non sempre facilita un approccio alla Sacra Scrittura, consono alla sensibilità degli altri popoli. Capita spesso che altre popolazioni sentano il mondo biblico più vicino al loro di quanto offre la nostra mediazione culturale europea o americana. A questo proposito Gabus si richiama ad una recente pubblicazione del teologo riformato Choan-Seng Song di Formosa. Nel suo libro Third Eye Theology del 1979 egli imposta una riflessione su Maria proponendo una teologia del seno materno.

Nell'Antico Testamento il "seno materno" ha un'importanza teologica da non trascurare. Basti ricordare Sara, Anna e l'attesa messianica dei profeti. La nascita di Giovanni Battista si trova sul prolungamento di questa prospettiva e così anche la nascita del Cristo. È nel "seno materno" che si incontrano le generazioni: passato, presente e futuro. Nel grembo di Maria, Cristo rappresenta il nesso delle generazioni e ne costituisce il centro portando a compimento la "teologia del seno materno" dell'Antico Testamento.

Con questa intuizione, che può lasciarci pensosi e perplessi sia per la sua novità sia per i suoi limiti, l'orizzonte si allarga e, se non altro, ci aiuta a capire l'angustia dello spazio nel quale la teologia protestante sembra, a torto o a ragione, essersi racchiusa negli ultimi tempi.

Gabus non finiva di sorprendere il suo uditorio dichiarandosi al termine del suo discorso, sostanzialmente d'accordo con i criteri mariologici della Marialis cultus. Rappresentano un punto interessante di riferimento per poter riprendere il dialogo con Roma.

Nel complesso il colloquio di Roma ha aperto un discorso e lo ha fatto con stile protestante moderno. È stata un'occasione per uscire dal silenzio tradizionale, dal mancato dialogo con Roma, e di avviare nuove risposte a vecchi interrogativi. La discussione che ne è seguita è stata aperta e sincera. Ha permesso di sollevare, con spirito nuovo, antiche domande. Si è notato che si può predicare Cristo e tutto il Vangelo senza fare riferimento a Maria. Così avviene nelle lettere del Nuovo Testamento. L'intervento rivela una posizione che oggi ancora ha un suo largo spazio nella sensibilità popolare protestante. Non dobbiamo mai dimenticare la gente che si muove alla periferia dei nostri centri di studio.

Si è detto inoltre che si può comprendere il simbolismo, la poesia e l'arte come espressione di fede, ma è più difficile capire la necessità di dogmaticizzarli. Sono perplessità significative che sembrano fare il punto sul presente del protestantesimo italiano, ma che sono anche offerte per una futura riflessione.

Ci si è ancora chiesti se Maria è esempio o fonte per le affermazioni ecclesiologiche. Se si tratta di esempio è facile trovare un consenso ed eventualmente allargarlo e approfondirlo. Se si tratta di fonte ci troviamo al di là delle posizioni che attualmente si possono condividere. Anche in questo caso emerge spontaneamente uno degli aspetti più vivi del protestantesimo italiano nella sua riflessione sulla figura di Maria. Rimane però il futuro.

Il mio pensiero andava a S. Kierkegaard e alla sua distinzione tra ripetizione e ripresa. Difficilmente il nostro futuro ecumenico ci permetterà di ripetere il nostro passato.

In ambito protestante non è pensabile poter ripetere oggi quello che, a suo tempo, i riformatori hanno detto su Maria e neppure quello che è accaduto in altre confessioni cristiane. Ma certamente è possibile riprendere il passato per interrogarlo e verificarne l'eventuale attualità sulla base di una riflessione biblica rinnovata. Non si finisce mai d'imparare da quanti hanno creduto prima di noi e indipendentemente da noi. Bisognerà riprenderlo senza soffocare il nuovo che per tutti affiora all'orizzonte e che sarà una vittoria, di Dio e non nostra, sulle nostre divisioni e sui nostri isolamenti.

SEGRETARIATO ATTIVITÀ ECUMENICHE (= S.A.E.)

Il protestantesimo italiano, che s'interessa del dialogo ecumenico, si ritrova anche nelle file del S.A.E.: un'organizzazione interconfessionale di laici con sede nazionale a Roma. Vi partecipano, come membri aderenti, professori della Facoltà Valdese di Teologia e pastori di varie denominazioni evangeliche. L'anno scorso si è dedicato l'intero periodo, degli incontri della sezione romana, allo studio della figura di Maria. Si voleva innanzi tutto verificare se i tempi e gli animi erano sufficientemente maturi per intraprendere questo cammino ancora molto periferico a livelli più ampi. Chi dall'estero è venuto a conoscenza o ha seguito questo tentativo ci ha ammirati per il coraggio che sottendeva tutta l'impresa. L'accento fu messo sull'informazione reciproca perché è l'informazione che costituisce il presupposto necessario ad ogni futura formazione ecumenica.

Eravamo anche coscienti di non poter varcare il limite di questo primo passo. Gli uni e gli altri si sono posti, in partenza, la domanda sul come sbloccare l'isolamento confessionale e sulle linee di una metodologia ecumenica in questo settore. Le meditazioni bibliche, sui testi relativi a Maria, hanno aperto ogni incontro con un richiamo essenziale alla Parola di Dio. Era così possibile ridimensionare gli inevitabili confronti bilaterali diretti per fare riferimento all'unica autorità e unità di misura che trascende ogni confessionalismo. È un cammino obbligato per ogni ricerca ecumenica ed una lezione che, a livello mondiale, ci rende debitori alla chiesa ortodossa fin dalla seconda assemblea mondiale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, tenutasi ad Evanston negli Stati Uniti nel 1954

In questa prospettiva è stato deciso di ascoltare innanzi tutto gli ebrei sul tema: Maria madre in Israele. Quello che gli ebrei hanno da dire è certamente molto diverso dalle attese dei cristiani. Sulla linea che congiunge l'ebraismo al cristianesimo, Maria è sentita più come l'ultima ebrea che come la prima cristiana.

Il confronto tra cattolici e protestanti non aveva lo stesso carattere di novità perché, anche nell'area ecumenica italiana, una più rapida circolazione di notizie c'è stata e le informazioni sono ormai più precise e dettagliate. Questo non vuol dire che non ci fossero sorpresa e attesa nell'apprendere i nuovi orientamenti della ricerca cattolica post-conciliare e che non ci fosse meraviglia nel riscoprire le antiche posizioni della Riforma protestante così spesso sconosciute dai contemporanei. Per un ambiente, come quello del S.A.E., composto in massima parte da laureati che, da anni, si dedicano allo studio di problemi ecumenici, è stata una esperienza molto interessante ascoltare e discutere temi relativi a Maria che si trovano, ancora oggi al margine della riflessione mondiale.

Dal Centro Anglicano di Roma fu presentata una lezione su Maria e la chiesa d'Inghilterra. I protestanti dovevano prendere atto di una sensibilità diversa, in parte dovuta al peso che la tradizione ecclesiastica conserva nella teologia anglicana. Non si tratta certo del sola Scriptura dei riformati anche se l'autorità ultima della Parola di Dio è fuori discussione. La preghiera è sempre e soltanto rivolta a Dio anche se si fa riferimento a Maria come esempio per la comunità cristiana. È dell'epoca di Edoardo VI questa preghiera (1549): "Noi eleviamo lodi altissime e ringraziamo di cuore per la meravigliosa grazia e per le virtù che sono rese manifeste in tutti i santi, sin dal principio del mondo, e soprattutto nella gloriosa e santissima Vergine Maria, Madre di tuo Figlio Gesù Cristo nostro Dio e Signore". Per i cattolici veniva posta una domanda precisa: "Perché la preghiera (rivolta a Maria) non viene offerta a Dio Padre per Cristo e nello Spirito?".

L'incontro con gli ortodossi metteva in evidenza assonanze e divergenze che marcano la loro posizione distinguendola da quella delle chiese occidentali. Per i protestanti, al di là del vocabolario sempre difficile da recepire, era necessario riprendere anche nei confronti di Maria, i temi relativi al sinergismo, alla collaborazione tra Dio e l'uomo.

Per i cattolici era necessario rendersi conto che i due ultimi dogmi mariani creavano difficoltà e non collimavano con la sensibilità ortodossa. La nozione di peccato originale e quella della nostra morte terrena, anche in relazione a Maria, sono vissute in maniera diversa e il dialogo deve cominciare a fare luce su questi settori remoti prima di approfondire la tematica mariana tra le due confessioni.

Gli incontri romani del S.A.E. sono terminati con una riflessione sulla cristologia quasi ad indicare il punto di partenza di una prossima tappa, che, al di là dell'informazione ecumenica, diventi formazione per tutte le chiese cristiane.

L'esperienza positiva del gruppo romano del S.A.E. portava gli organizzatori a proporre un gruppo di studio su Maria e lo Spirito Santo per la sessione nazionale estiva: un passo modesto, che tuttavia voleva essere un tentativo di rompere un silenzio imbarazzante. Nell'incontro tra le chiese è necessario non lasciare delle zone d'ombra. Anche se non si è sorretti da documenti e consensi a livello internazionale, questi problemi, di marcata divisione confessionale, si trasformano presto in interrogativi per tutti e non si possono ignorare. Si può intanto prendere atto che il momento di inquadrarli nel più vasto lavoro ecumenico non è ancora venuto.

Si è dunque voluto tentare un primo passo anche a livello nazionale. Benché i partecipanti fossero per lo più insegnanti di scuole medie superiori, si è notato subito la difficoltà del discorso. Dalle profondità delle rispettive culture emerge, da un lato, la viva sensibilità alla devozione mariana e, dall'altro, il timore della mariolatria. Il constatarlo non deve, tuttavia, intralciare il lavoro ecumenico che vuol essere un servizio reso alla nostra gente così com'è.

Insieme è stato esaminato il Magnificat ed ascoltata, con attenzione da entrambe le parti, la testimonianza che il Vangelo mette sulla bocca di Maria. Questo ascolto comune, rimeditato insieme, lasciando che la Parola ci interroghi nel nostro modo di capire la fede, è stato significativo non solo per il gruppo, ma anche per l'intera sessione che ne ha seguito la relazione finale. Nell'umiltà e nella perseveranza è dunque possibile rompere l'isolamento e parlare insieme di Maria, madre del Signore.

CONCLUSIONE

L'8 dicembre 1980 la rubrica televisiva Protestantesimo era stata dedicata alla figura di Maria. Volle essere un primo tentativo di uscire dal silenzio tradizionale. Ci si trovava di fronte allo scontro di due sensibilità popolari diverse ed entrambe esigevano il più alto rispetto.

Quanto abbiamo detto in questa sede è stato volutamente limitato ad alcuni aspetti significativi del discorso ecumenico su Maria, aspetti che hanno coinvolto il protestantesimo italiano. Non è stato possibile censire quello che è stato fatto dai singoli o dalle comunità locali.

Continua la fraterna collaborazione con il "Marianum" ed è sempre più frequente la partecipazione evangelica a corsi di teologia per laici e per specialisti, ad incontri internazionali e a pubblicazioni divulgative. Nell'insieme possiamo dire che vi sono segni evidenti di un crescente interesse ecumenico che si sviluppa intorno alla figura di Maria. Queste indicazioni non lasciano intendere che sia superata, da una parte e dall'altra, la tentazione di chiudersi nel proprio guscio. È la via più facile ed è comprensibile perché dà sicurezza ed evita il rischio di discutere la propria identità. Cedere alla tentazione vuol però dire incoraggiare la stagnazione del cristianesimo e prevenire il cambiamento che l'ecumenismo comporta. È giunto il tempo in cui la crescita nella propria vocazione deve confrontarsi con la crescita nella vocazione comune. Il futuro è foriero di sorprese e di incertezze, ma è anche lo spazio nel quale si esercita la nostra fiducia nel Signore e l'audacia della nostra fede. Il futuro sarà diverso dal presente perché il popolo di Dio è un popolo in cammino che passa di tappa in tappa senza fermarsi. Ora il Signore, che gestisce il futuro, sta preparando nuove vie per attualizzare l'antico e sempre nuovo messaggio del Vangelo. Saremo pronti a seguire il suo modo di scandire i tempi della storia della salvezza? Non rischiamo forse, come gli antichi Israeliti in marcia verso la Terra Promessa, di essere tentati di rivolgere il nostro pensiero nostalgico alla terra d'Egitto?

Al momento della Trasfigurazione si odono dal cielo le parole: "Questo è il mio Figlio, io l'ho mandato. Ascoltatelo! " (Matteo 17, 5; Marco 9, 7; Luca 9, 35). Il Padre rende testimonianza al Figlio e ordina ai discepoli di ascoltarlo. La nostra attenzione è orientata, con autorità unica, verso le parole del Signore. Maria, nella concretezza storica delle nozze di Cana, invita i servi a fare tutto quello che il Signore dirà (Giovanni 2, 5). Sarà ricordata per il suo comportamento esemplare di catecumena e discepola, di credente che ubbidisce. È interessante cogliere il rapporto tra l'"Ascoltatelo! " della Trasfigurazione e le parole di Maria. Intorno a Cristo, cielo e terra convergono. La grande storia della salvezza trova la sua eco nelle circostanze concrete della nostra piccola storia di tutti i giorni. Maria da discepola e catecumena diventa per noi maestra ed immagine della chiesa. Possiamo insieme notare l'importanza di questo fatto, ma dovremo chiarirne insieme tutta la portata. Che la parola umana diventi l'eco di quella divina ci trova d'accordo, ma, come sempre, dovremo ancora soffermarci sul modo diverso d'interpretare lo stesso rapporto.

Diventa urgente la necessità di riprendere, non di ripetere, i discorsi dei nostri padri sul rapporto tra grazia e natura e sulla collaborazione dell'uomo alla iniziativa di Dio. In fondo anche questo tipo di ricerca sembra essere in ritardo nella discussione ecumenica mondiale. Non mancano certo consensi al livello di ricerca teologica, ma dobbiamo evitare che la distanza tra le cattedre e le comunità periferiche si faccia talmente grande da rompere il passo della nuova sensibilità ecumenica di tutto il popolo di Dio.

Come potremmo farlo senza gravare intellettualmente, con la nostra cultura occidentale, sulla ricerca delle giovani chiese del Terzo Mondo? È anche vero, forse, che il Terzo Mondo non è poi così lontano e si affaccia pure all'interno dei nostri confini dell'emisfero settentrionale. Infine l'alta specializzazione della nostra civiltà esige linguaggi sempre più diversi che non sono neutri o asettici. Si trascinano dietro altre visioni del mondo e della vita e forse preparano una nuova Torre di Babele. Sotto questo profilo, l'aspetto culturale, e quindi teologico, si fa pesante e certamente richiede da noi tutti molto più delle nostre forze e della nostra buona volontà.

Eppure il Vangelo è molto semplice per ogni uomo: per l'ortodosso, il cattolico e il protestante. Maria ce lo ricorda: "Fate tutto quello che il Signore vi dirà" (Giovanni 2, 5). Un giorno i credenti di ogni confessione diranno allo sposo: "Tu hai conservato il vino buono fino a questo momento" (Giovanni 2, 10).

Renzo Bertalot

 

Letto 3068 volte Ultima modifica il Giovedì, 19 Aprile 2012 09:35
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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