Ecumene

Martedì, 03 Agosto 2004 22:05

Le vergini e l'uva: sulle origini cristiane del Corano

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Uno studioso tedesco di lingue antiche rilegge il libro sacro dell'islam. Sostiene che è nato ad opera di cristiani di lingua siro-aramaica, per evangelizzare gli arabi. E lo traduce in modo nuovo.

Che l'aramaico sia stata la lingua franca di una vasta area del Medio Oriente antico è nozione ormai arcinota a un vastissimo pubblico, grazie all'ultimo film di Mel Gibson, The Passion of the Christ, ascoltato da tutti proprio in quella lingua.

Ma che il siro-aramaico sia stato anche radice del Corano, e del Corano di primitivo impianto cristiano, è nozione più specialistica, quasi clandestina. E parecchio pericolosa. L'autore del libro più importante in materia "un professore tedesco di lingue antiche semitiche ed arabe" ha preferito, per prudenza, firmare con lo pseudonimo di Christoph Luxenberg.

Questo è l'inizio di un articolo apparso sul sito chiesa.espresso-online (marzo 2004), il testo in questione Die Syro-Aramäische Lesart des Koran: Ein Beitrag zur Entschlüsselung der Koransprache (La lettura siro-aramaica del Corano: un contributo alla decifrazione del linguaggio coranico), è uscito in Germania nel 2000. 1

La tesi sostenuta dall'autore è che nessuno prima ad ora si era accorto che Muhammad non aveva predicato una nuova religione, sono stati i suoi successori che non comprendendo l'aramaico hanno travisato il tutto "creando" il Corano. Quello che i musulmani chiamano Corano sarebbe un libro liturgico con inni e brani tratti dalla Bibbia. E le famose hûrî che popolano il Paradiso dei musulmani in realtà sarebbero grappoli di uva bianca.

L'impressione che ho avuto dalla lettura dell'intervista all'autore è stata di incredulità e ho pensato: questo sarebbe il più grande studioso in materia? Ma mi è stata chiesta una opinione e qualche byte lo devo sprecare. Mi è difficile poter farvi capire quante cose "stonate" chi conosce un po' della materia ha avvertito nel leggere l'articolo citato. Due piccole considerazioni storiche.

Ma se i musulmani furono per vari secoli una minoranza delle popolazioni da loro conquistate, possibile che mai nessuno si sia accorto che il Corano dovesse essere letto in siriaco?

Basti pensare alla Bayt al-Hikma (Casa della sapienza) fondata a Bagdad nel 832 in cui lavorò Hunayn, arabo cristiano nato a Hira, 2 il più celebre traduttore di opere greche. Raramente le traduzione avvenivano direttamente dal greco all'arabo, ma erano fatte dal greco in siriaco 3 e dal siriaco in arabo. E di ciò bisogna tenerne conto perché è in questo modo che venne elaborata la terminologia tecnica del pensiero teologico e filosofico in lingua araba.

Cristiani nestoriani erano i medici dei califfi, i Catholicos 4 nestoriani godevano di grande prestigio e Timoteo (780-823) esercitò una particolare autorità alla corte. Mi ripeto non un piccolo accenno.

Su internet, alla ricerca di notizie e recensioni del libro, mi sono imbattuta in una marea di materiale utile quanto il libro, le tesi di Luxenberg hanno fatto parlare tanta gente che non aveva la minima preparazione in merito, e che non si è posta il minimo dubbio sul valore dello studio, o sulla metodologia usata, con un fiorire di nuove prospettive a dir poco assurde.

E poi quello che sostiene non è una nozione specialistica e clandestina, ciò che lo contraddistingue è "l'ossessione siriaca". Vi riporto alcune righe da un testo divulgativo di storiografia musulmana: "...secondo questi studiosi (M. Cook e P. Crone ; G Luling) ciò che Muhammad originariamente predicò non era la religione dell'Islam ma un'eresia cristiana o giudaica. Secondo loro furono i califfi umayyadi o anche, successivamente, i sostenitori della teocrazia a canonizzare per primi il Corano, mentre la tradizione sull'emergere e sulle attività del Profeta non sarebbe che mitologia (J. Wansborough). Non si hanno tuttavia prove convincenti per sostenere simili ipotesi...". 5

Alla fine ho anche trovato una critica seria sulla metodologia linguistica adottata.

E' innegabile che nel Corano vi siano prestiti linguistici da alcuni dialetti aramaici, Luxenberg sostiene che molte parti del Corano non sono grammaticalmente corrette perché composte in un misto di aramaico-arabo, i musulmani, che non capivano la lingua aramaico-araba, adottarono una nuova lettura araba e si inventarono una tradizione orale per sostenerla 6.

Da alcuni esempi riportati nello studio critico 7 appare chiaro che secondo Luxenberg per tutte le parole arabe che ricordano il siriaco bisogna determinarne il significato riferendosi a quest'ultima lingua.

Il metodo adottato è però un circolo vizioso, siriaco e arabo sono lingue semitiche e a questa parentela linguistica si devono le molte parole simili e non a riflessi culturali.

E altra "stranezza": Luxenberg ignora completamente l'eredità pagana, la poetica araba e l'influenza dell'ebraismo, eredità a cui l'Islam deve più che a quella cristiana. Per esempio le regole alimentari, la direzione della preghiera in origine era orientata verso Gerusalemme, il digiuno nel mese del ramdân riprende quello dello Yom Kippur, ma per il nostro autore tutto questo non esiste.

Per de Blois Luxenberg è un dilettante che parla alcuni dialetti arabi, ha una passabile conoscenza dell'arabo classico, anche se fa errori grammaticali da studente alle prime lezioni, sa abbastanza il siriaco, ma non ha nessuna base di metodologia comparativa delle lingue semitiche. Di sicuro non è tedesco ma quasi sicuramente un cristiano libanese.

Aspettatevi ahimè ancora notizie da questo Luxenberg: ha in progetto di riscrivere il Corano.

Note
  1. Il libro è esaurito, prossima una nuova edizione, sempre in tedesco.
  2. Città sul corso del basso Eufrate fu capitale del regno Lakhmide, V-VI sec, era una coalizione di tribù armene e cristiane.
  3. Siriaco: è il dialetto aramaico di Edessa che nei primi secoli cristiani divenne lingua letteraria.
  4. Il vescovo di Seleucia era il capo assoluto della comunità nestoriana.
  5. G. Endress, Introduzione alla storia del mondo musulmano, 1994 p 40; l'autore è docente universitario.
  6. E stranamente non cita i precedenti lavori di J. A. Bellamy e di G. Lüling che sostengono la stessa idea.
  7. F. de Blois Journal of Qur'anic Studies , p 92-97, issue 1, volume V, 2003.
Letto 3578 volte Ultima modifica il Domenica, 26 Giugno 2011 13:20
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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