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Domenica, 28 Gennaio 2007 18:27

Fasi della cultura europea d'oltralpe. Immanuel Kant (1724-1804) (Renzo Bertalot)

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Fasi della cultura europea d'oltralpe

Immanuel Kant (1724-1804)

di Renzo Bertalot

A - Perchè Kant

È quasi impressionante sentire alla nostra televisione di Stato le raccomandazioni delle letture per l'estate. Al di là della novellistica di successo, attualmente in circolazione, il testo che da solo ha raccolto un suggerimento caloroso è la "Critica della ragion pura" di I. Kant!

Cercando di riassumere, in ben altro settore, l'incontro e lo scontro delle filosofie odierne si è parlato della contesa celeste tra Platone, Aristotele e Kant. Il primo particolarmente amato dal cristianesimo orientale, il secondo da quello latino e il terzo da quello dell'area protestante. (1)

In altre parole Kant passa indenne attraverso il momento di sintesi di Hegel e di Schleiermacher per raggiungere il nostro tempo. Nell'ambito protestante e in quello secolarizzato, che hanno lasciato fuori il magistero ecclesiastico cattolico come punto di riferimento, la filosofia di Kant fa capolino non solo nella teologia del nostro secolo e nell'etica dell'impegno sociale, ma anche in alcuni settori d'origine non protestante che affrontano, in maniera indipendente, il tema di una presenza attiva nella società in via di evoluzione.

In altri termini nella contesa estenuante delle varie filosofie, del loro sorgere, del loro affievolirsi e del loro tramontare, trascinandosi dietro ideologie multicolori, Kant sembra sopravvivere come richiamo sempre valido ogni volta che si tenta di riprendere fiato e di intravedere una pista per il futuro. (2)

Non intendiamo sostituirci allo storico o al filosofo, ma semplicemente chiederci se, attraverso le ricerche e le intuizioni di entrambi, vi sia un filone capace di stimolare la problematica del nostro presente in riferimento alla filosofia della religione.

Esamineremo alcuni esempi dei settori menzionati nel tentativo di capire l'attualità del loro porsi in rapporto con il messaggio cristiano. È una testimonianza che viene da lontano; ben lungi dall'essere un tentativo di guardarci nello specchio essa si trasforma in un appello alla libertà e al coraggio di presentarsi con una parola più chiara, sempre più attenta alla variabilità continua della situazione umana.

B - Richiami e rinvii

Non si tratta di riprendere la manualistica che ci accompagna fino alle soglie dell'università, ma di cogliere quelle idee religiose di Kant che hanno attirato l'interesse dei teologi.

I. Kant (1724-1804) era nato a Konigsberg nella Prussia orientale da madre ardentemente pietista. In seguito alla libera docenza del 1755 arrivò ufficialmente alla cattedra nel 1770. Il suo insegnamento suscitò l'approvazione dei filosofi, ma non quella dei teologi e della casa regnante. Il contrasto mise un freno alla sua ricerca che poté riprendere soltanto con la morte di Guglielmo II. Kant non era insensibile all'evolversi delle idee in seguito alla rivoluzione francese.

Sarà ricordato per le sue tre critiche che intendono segnare il passaggio dalla immaturità, al sapere aude, al coraggio delle proprie idee. Si parlerà di "criticismo" kantiano relativamente al pensiero, alla volontà e al sentimento.

Con la "Critica della ragion pura" (1785) Kant pone la ragione come limite insuperabile della nostra conoscenza: la cosa in sé (il noumenon) ci è preclusa. Siamo alle prese soltanto con fenomeni e forme che costituiscono il regno autonomo della ragione e dell'esperienza. La filosofia è la scienza entro i confini della ragione, è la messa al bando di ogni metafisica di sorpasso illegittimo verso il trascendente e l'eteronomia religiosa tradizionale. I metafisici sono simili a "visionari". L'accento posto in questa libera prospettiva farà sì che Kant venga considerato, per molti, il "filosofo del protestantesimo".

Controprova ne sia l'interpretazione filosofica tomista e antikantiana della Fraternità di S. Pio X (Ecòne) discendente da Lefebvre.

Con la "Critica della ragione pratica" (1788) Kant prende in considerazione il problema morale che è alla base di ogni volontà di azione. Nel mondo dei "fenomeni" l'io funziona come unificatore, legislatore e garante della razionalità dell'esperienza. Tutto ciò che appartiene al puro fenomeno è subordinato alla ragione. Ora se la volontà è legge a se stessa e la libertà può essere solo osservata è pur vero che l'uomo resiste al comando e la sua decisione potrebbe essere viziata dalla paura e perturbata dalle passioni. Si rende quindi necessaria la critica della ragione. Si giunge così ad uno degli aspetti dell'"imperativo categorico": opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una norma universale". Il dovere fa splendere la buona volontà, il "sommo bene"! Ma a sua volta il ragionamento può reggere solo sulla base di postulati o principi evidentemente indimostrabili che non hanno valore conoscitivo: l'immortalità, Dio e l'anima. Sono esigenze della legge morale che riguardano la volontà e non aprono sentieri, sempre sbarrati, verso la metafisica (il noumenon) e la conoscenza.

Con la "Critica del giudizio" (1790) Kant tenta una sintesi tra le prime due critiche, tra il pensiero e la volontà, tra determinismo naturale e libertà morale. La "coscienza" ci avverte che vi sono leggi mediate dalla volontà che non sono fisiche o naturali, ma dipendono dal fare o non fare: riguardano la capacità di autodeterminarsi e il valore "soprasensibile" (non soprannaturale) della personalità. L’uomo è legato alla causalità, ma è anche libero di iniziare una serie causale. La soluzione tra le due critiche è offerta dal "sentimento" come concetto intermedio orientato, nei suoi vari aspetti, verso un fine. Si tratta quindi di un giudizio teleologico. Come tale non è dimostrabile per esperienza, ma pensabile come finalità oggettiva, dovuto ad una causa intelligente e suprema: Dio.

C - Kant e la religione

Salta agli occhi un aspetto immediato della rivoluzione copernicana attuata da Kant: mentre tradizionalmente la morale si fondava sulla religione ora la religione assume interesse in quanto basata sulla morale (P. Lehmann). Per questi motivi i critici più severi hanno visto nel filosofo prussiano sia un'ombra di pelagianesimo sia una reviviscenza del Rinascimento e di Erasmo. (3) Occorre tenere presente che nel 1789 Kant pubblica "Il fondamento della metafisica dei costumi” e nel 1794 "La religione entro i limiti della ragione". Per Kant la religione razionale, puramente morale, è implicita nella rivelazione, ne costituisce la parte interna senza negarne l'unità intrinseca. In fondo la religione cristiana, in quanto presupposto indimostrabile e postulato che si trova oltre i limiti della ragione, (ma non quella dei sistemi religiosi storici) è la vera religione naturale restaurata secondo la grazia originaria. La Parola di Dio è presente nei cuori sotto forma di legge ragionata. Tuttavia per la ragione, che ha il suo limite nel mondo dei fenomeni, la rivelazione non è necessaria, Dio non si può conoscere e la presenza del male rimane un mistero inspiegabile e irrazionale. Cristo dev'essere considerato un esempio ma non un redentore. La chiesa (invisibile) è la vittoria del principio buono sul male, ma le chiese visibili sono repellenti perché promuovono una fede imposta. La preghiera si riduce a un feticcio, cioè a una debolezza, a una rinuncia nei confronti del coraggio (sapere aude).

Infine per Kant la coscienza della libertà è la sola fonte del diritto: "È giusta ogni azione, secondo la quale, .. la libertà dell'arbitrio di ciascuno può coesistere con la libertà di ognuno secondo una legge universale". (4)

A questo punto vale la pena richiamare Ugo Grozio, il fondatore del diritto naturale internazionale (giusnaturalismo). Rivolgersi a tutti gli uomini, partendo dalla loro autonomia (laica) vuol dire farlo Etsi Deus non daretur.

D - Nuove aperture

Il terzo motivo per cui Lutero alla Dieta di Worms del 1521 rifiuta di ritrattare i suoi scritti è la coscienza (dopo la S. Scrittura e la ragione). Questa linea di pensiero doveva incidere sulle tappe della futura teologia protestante. Non è quindi un caso che Kant con la sua Critica del Giudizio inviti a ritornare su questo tema intessendo sulla sua nozione del "soprasensibile", del "sentimento" e della "coscienza" quella teologia protestante che si esprimerà in tutto il secolo XIX.

Sarà Friedrich Daniel Schleiermacher (1768-1834) a trarre le indicazioni più incisive del suo tempo. Con lui siamo in piena rottura rispetto ai dogmi tradizionali della fede cristiana perché la religione riguarda anche il non credente che ha, come tutti gli uomini, una sua religione, cioè una coscienza viva del divino al di là dello psicologico e del condizionato. Si tratta del sentimento immediato di dipendenza dall'incondizionato: un'esperienza autonoma e indistruttibile, un criterio di valutazione del fenomeno religioso che si trasforma in una via d'accesso alla teologia e in un appello all'adorazione di Dio dentro di noi. La religione è un atto di creazione originaria che non dipende dalla metafisica e dalla morale. Per i liberali protestanti del suo tempo si rilevava ancora una certa vaghezza di contenuto mentre per i non liberali del secolo successivo si vedeva nel cristianesimo di Schleiermacher la riduzione ad una "provincia del tutto", del fenomeno religioso generale.

Nonostante il successo enorme di Schleiermacher vanno notate alcune reazioni significative e anche ulteriori innovazioni. (5)

Albrecht Benjamin Ritschl (1822-1889) e la sua scuola fanno di Kant il filosofo del protestantesimo. Non vi sono giudizi sull'essere ma soltanto giudizi di valore in quanto l'esperienza non può essere fonte di verità. L'amore di Dio lo fa Padre di tutti; Cristo è il rivelatore perfetto, il prototipo dell'umanità e l'ideale etico. Il peccato originale diventa il regno del peccato e la riconciliazione risponde all'attuazione dell'ideale umano. Il grande merito di Ritschl rimane quello di aver stimolato il metodo storico; critico sollevando tuttavia l'interrogativo se mai sia possibile basare la fede sui risultati della ricerca scientifica. (6)

viene proposta la nuova categoria dell'"a priori" religioso: una struttura, un "qualcosa" nella mente da cui sorge la religione. Come non essere sensibili alle enormi masse di vita religiosa? Ogni religione è una verità su Dio corrispondente alla tappa comune del divenire dello Spirito. Troeltsch diventerà il campione del Kulturprotestantismus ma si renderà sempre più indipendente dal dogma cristiano fino a lasciare il sospetto di un confine evanescente tra cristianesimo e religioni orientali. (7) (Das Heilige) parla di un "a priori" nella struttura della mente, che non può essere riferito ad altre categorie. È un dato primario e non razionale che può soltanto essere discusso, evocato, ma mai definito. È una "capacità" innata di ricevere e di capire, appartiene allo spirito umano e non alla natura. Non c'è quindi una religione naturale (dovuta alla fantasia e prodotta dall'uomo), ma soltanto una ricettività nei confronti del "sacro", del "Totalmente Altro", dello Spirito. Otto libera la storia delle religioni dalle ipoteche naturali e metafisiche. Il "sacro" e un a priori", un dato ineliminabile erompente dall'anima, un'intuizione interna e contemporaneamente un'attestazione dello Spirito divino che promuove dall'esterno il risveglio e la vera esperienza religiosa. Ciò che è in potenza nelle altre religioni è già in atto nel cristianesimo. (8)

E - Chiarimenti: Karl Barth e Paul Tillich

sono sicuramente i massimi teologi dell'area protestante del XX secolo. Il loro pensiero ha influenzato trasversalmente tutte le confessioni cristiane ed ha avuto ampie ripercussioni sulla filosofia recente. Entrambi hanno dovuto lasciare la loro cattedra in Germania con l'affermarsi del nazismo e hanno inciso sull'evolversi delle idee socialiste della nostra epoca. Entrambi prendono le mosse dalla teologia kerigmatica diventata determinante, come reazione al liberalismo del secolo precedente, con il succedersi degli eventi dopo la prima guerra mondiale. Ciononostante molte delle loro affermazioni sembrano contraddittorie e il dialogo in lontananza (tra l'America e l'Europa) non facilitava certo l'emergere della comune radice e dei loro parallelismi. Kant è per loro un forte momento di convergenza (il solo che ci interessa a questo punto) sul quale ci dobbiamo soffermare.

Per Barth, Kant non ha disonorato la metafisica anzi l'ha onorata partendo dalla ragion pratica. La cosiddetta conoscenza di Dio, della libertà e dell'immortalità è un autoinganno e una presupposizione: un insieme di intuizioni inadeguate che appartengono al "soprasensibile”, ma non "soprannaturale" estraneo alla conoscenza empirica. Quando parliamo di "essere" non parliamo di Dio. L'idea di Dio ha certamente un influsso sulla volontà, ma costituisce un ricordo senza criterio valido per la pratica.

La filosofia della religione è relativamente necessaria, ma è opportuna. Infatti si dovrebbe aggiungere alla teologia un corso sulla dottrina religiosa puramente filosofica che abbia per oggetto le verità universali della ragione: un razionalismo puro della pratica alieno all'intellettualismo di maniera. Si tratterebbe di un'area ristretta e inclusa in quella più ampia della rivelazione. La filosofia della religione vuole interpretare la religione come fenomeno razionale. In questo senso Kant ha parlato da filosofo ai teologi.

Inoltre occorre tener presente in Kant il suo concetto di "male radicale" che rimane un mistero irrisolto. È un nemico che inganna e si nasconde dentro la ragione. L'uomo è malvagio e può diventare buono solo attraverso la rigenerazione: una rivoluzione nel modo di pensare e un cambiamento di cuore. Solo la grazia può risollevarci dalla nostra responsabilità perché Dio solo può perdonare in base a una giustizia non nostra. La ragione non protesta, ma sa che i misteri si collocano oltre i suoi limiti, appartengono all'area soggettiva; non siamo capaci di comprenderli.

Oltre alla filosofia della religione non c'è una filosofia della rivelazione e della fede. La teologia si occupa di cose estranee alla filosofia (e viceversa), non parla secondo le regole della pura ragione. Il teologo non può essere contaminato dal libero pensiero della filosofia, non parla di prove, ma dell'effetto che la Bibbia ha sul cuore umano; fa conto sulla grazia mediante la fede. (9)

Paul Tillich si trova in piena assonanza con la posizione barthiana: entrambi i teologi accettano la critica kantiana. Siamo limitati entro il mondo dei fenomeni e le nostre categorie non ci permettono di varcarne i confini. Non oltre la nostra finitezza! Kant ci insegna che solo la grazia di Dio può superare la separazione tra Dio e l'uomo. La volontà effettiva dell'uomo è perversa, a causa del male radicale, per cui la storia è una lotta continua tra il bene e il male. Il comandamento incondizionato dell'imperativo morale ci è dato - per Kant non c'è una mistica presenza del divino nell'uomo - ma non l'accogliamo.

Il teologo, servendosi di categorie che non competono al filosofo, afferma che Cristo soltanto può ristabilire l'unità. Il Regno di Dio instaura l'uomo essenziale che come simbolo si esprime in una filosofia dell'uomo morale sulla terra. In questo senso la religione entro i limiti della ragione rappresenta una piccola teologia sistematica. Le chiese empiriche, dominate da superstizioni e autorità, devono essere giudicate in base alla chiesa invisibile, composta da quanti sono determinati dalla ragione essenziale incontaminata dal male radicale.

Per Tillich tra teologia e filosofia non c'è né conflitto né sintesi; non hanno un terreno comune, procedono da fonti diverse e propongono contenuti diversi. Per questo va respinta una filosofia cristiana (sarebbe una "disonestà filosofica"), ma non la filosofia della religione che ha la sua ragion d'essere nella descrizione del fenomeno umano, nell'indagine di quegli interrogativi che emergono da ogni situazione esistenziale senza mai trovarvi una risposta. (10)

Per Tillich è quindi valida l'affermazione che Kant è il filosofo del protestantesimo. Si tratta di una fenomenologia laica non esposta ad una criptoteologia o ad una criptofilosofia.

Riassumendo

Kant ha posto decisamente uno sbarramento alla nostra conoscenza racchiudendola entro i confini del fenomeno. Da allora è preclusa la via della metafisica tradizionale all'area protestante e in genere alla filosofia moderna, impostasi con la Riforma (11) del XVI secolo. È vero che i "postulati", le "intuizioni", il "soprasensibile" e la "coscienza" di memoria kantiana offrono spesso il fianco alla tentazione di sfondare lo sbarramento di base e di oltrepassare i limiti della ragione, ma è difficile ottenere molto credito. Tuttavia diventa sempre più evidente che abbassando la fede al livello della filosofia della religione si cade nel secolarismo vuoto o nel sincretismo; viceversa elevando la filosofia della religione al livello della fede s'inciampa inevitabilmente nell'idolatria (nell'eresia del terzo articolo del Credo - secondo Barth), nella dea ragione o nelle ideologie più o meno nascoste. In un caso come nell'altro rimarremmo prigionieri del nostro narcisismo o dell'autogiustificazione. Occorre scegliere tra una "partenogenesi" o una "fecondazione" nell'incontro con l'Altro.



Note

1) P. Tillich, Umanesimo cristiano nel XIX e XX secolo, Ubaldini, Roma, 1971, p. 83.

2) K.R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. I, Armando Editore, Roma, 1996, pp. 49, 54, 495. In forte stile kantiano James Kavanaugh (The birth of God. A pocket edition, Simon &Schuster Ltd, Richmond, Ontario Canada, 1970) si oppone con rigore all'invasione dei miti della religione. Tuttavia non sempre i postulati indimostrabili della "critica del giudizio" di Kant rimangono entro i limiti del "soprasensibile", ma sembrano valicare i confini verso la "nascita di Dio" che ricorda più una teologia naturale che un "cristianesimo adulto" alla D. Bonhoeffer.
Vedi anche: T. Römer, I lati oscuri di Dio. Crudeltà e violenza nell'Antico Testamento, Claudiana, Torino, 2002.

3) Aa.Vv., Grande Enciclopedia filosofica, vol. XVII, Marzorati, Milano, 1971, pp. 344ss.

4) Ib., p. 142.

5) K. Barth, La teologia protestante nel XIX, vol.2, Jaca Book, Milano, 1979, pp. 11-51. Secondo Barth la teologia di Schleiermacher è una teologia della cultura in parallelo al concetto di Regno di Dio; l'uomo diventa soggetto e Cristo diventa predicato (p. 51).

6) Barth., La teologia, vol 2 pp. 260ss.

7) J. L. Neve, A History of Christian Thought, vol.2, The Muhlenburg Press, Filadelfia, 1946, pp. 159 ss.

8) Ib., pp. 161 ss.

9) Barth, La teologia, vol. I, pp. 313-354: "Sapere aude" p. 313, male radicale p. 339, Kant ha compreso che cosa sia la chiesa e la grazia p. 383.

10) Tillich, Umanesimo, pp. 83 ss. Cf. dattiloscritto di D. Müller, Morale, Culture et Religion dans la dynamique de l'Esprit, in PauI Tillich et l'experience religieuse contemporaine, Faculté de Theologie, Losanna, 1991, pp. 121 ss.

11) I richiami all'attualità di Kant attraversano il secolo XX da Rauchenbush con il Social Gospel, dal modernismo cattolico (Buonaiuti), da John Dewey fin dalla sua tesi di laurea, da Aldo Capitali fino a Karl Raimund Popper con la sua teoria della "falsificazione".
Particolari su questi temi si possono trovare in R. Bertalot, Per una chiesa aperta. L'eco di Kant nel mondo moderno, Edizioni Fedeltà, Firenze, 1999.

Letto 1990 volte Ultima modifica il Sabato, 31 Marzo 2007 18:15
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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