Ecumene

Giovedì, 15 Luglio 2004 02:01

Le radici comuni delle tre grandi religioni monoteiste

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di André Chouraqui *

Recentemente sono stato a Roma, una città nella quale sono sempre felice di trovarmi perché riflette una grande storia. Dopo il papa Giovanni XXIII e il papa Paolo VI è stato capito che la pace tra gli uomini e le nazioni è un cammino estremamente difficile, ma che non ci sarà pace se non inizia una pace tra le religioni. Questa pace è appunto il grande progetto della Bibbia, del Vangelo e del Corano per riconciliare l’uomo con sé stesso. La mia vita è stata segnata da coincidenze: sono nato in una cittadina molto piccola dell’Algeria, allora francese, e gli antenati della mia stessa famiglia erano già grandissimi conoscitori della Bibbia in quanto traduttori. Tutta la mia vita è stata scandita dai passi della Bibbia, e infatti persino prima di conoscere il nome della mia città natale conoscevo già Israele, Gerusalemme, e quindi il mio passato è stato proprio scandito dalla Bibbia e dal Corano.

Ovviamente nella cittadina in cui sono nato la prima scuola che ho frequentato è stata quella del mio rabbino, mentre il mio asilo, dove ho imparato il Francese, era diretto da suore cattoliche e, da dove abitavo, sentivo sia il suono della sinagoga, sia il richiamo del muezzin alla preghiera. Dopo ho avuto la grande fortuna di potermi recare a Gerusalemme, dove sono stato vicesindaco ed ho amministrato una realtà che era tutto sommato come quella della mia cittadina algerina: in Gerusalemme ci sono più di 102 comunità diverse provenienti da tutto il mondo, tra cui 33 confessioni cristiane diverse. In questa città ho dovuto appunto gestire tutto ciò che aveva trovato in Algeria in precedenza: cioè il contrasto tra la parte islamica e la parte ebraica.

Erano ovviamente i centri di queste tre grandi religioni che si dimostravano veramente tumultuose e generatrici di guerre senza fine, invece che generatrici di pace, come doveva essere secondo la Bibbia. Pertanto ho di nuovo vissuto in modo quotidiano le sofferenze avute da bambino, vedendo Gerusalemme, questa città sacra per tutti, distrutta dai conflitti e le guerre tra Ebrei, Cristiani e Musulmani, che possono essere chiamate "peccati contro lo spirito", un "crimine senza remissione".

Ora, vorrei dare qualche idea innanzi tutto sulla natura di questi conflitti religiosi, e vedere quale sarebbe il modo con il quale gli uomini potrebbero operare per la fine dei conflitti. Innanzitutto per quanto riguarda il conflitto fra Ebrei e Cristiani, dobbiamo sì risalire alle origini della Chiesa, ma questa situazione si è aggravata nel periodo di Costantino: diventando Chiesa di stato, i rapporti tra la nuova religione di stato e l’Ebraismo sono andati peggiorando, quindi le ragioni del contrasto non sono di carattere teologico ma sono di carattere politico. Il conflitto ha assunto una gravità incredibile durante il medioevo. Le due figlie della Bibbia avevano infatti due missioni estremamente diverse: la Chiesa si era data come missione di convertire l’universo intero, mentre gli Ebrei volevano conservare la loro cultura per tutti i tempi, e questo voler mantenere la cultura religiosa è stato interpretato come un voltafaccia all’immagine di Cristo.

Dopo venti secoli la Chiesa ha convertito l’umanità e Israele è tornato a casa. Bene o male le due missioni sono state compiute dalle figlie di Isaia e di Abramo. Il problema però non è solo di vedere se sono state compiute queste due missioni, ma di vedere quale è la situazione attuale, che è più critica che mai, con il conflitto in corso con il mondo musulmano. Come è nato il conflitto con i Musulmani? L’Islam è predicato da Maometto dall’anno 610 fino all’anno 632. Il profeta è venuto per autentificare la Torà e i Vangeli. Non c’è una pagina del Corano che parli contro gli Ebrei o contro la Bibbia dei Cristiani. Questo stesso conflitto che si era dichiarato tra gli Ebrei e i Cristiani ormai si sta dichiarando tra Ebrei e Musulmani. All’inizio la Chiesa ha completamente ignorato l’Islam: la cristianità ha conosciuto la Bibbia dopo più di mille anni che i profeti l’avevano tramandata e ha conosciuto l’Islam sei secoli dopo che Maometto l’ha predicato. C’era una situazione di guerra tra Ebrei e Cristiani, e fra la cristianità e l’Islam, sia in Spagna dove i re cacciavano via gli Ebrei, sia in Turchia dove i Musulmani attaccavano la cristianità.

Questa situazione di guerra è stata purtroppo la situazione ereditata dai figli di Abramo. Si aveva come principio il fatto di ignorarsi e quando non si ignoravano si attribuivano a Ebrei e Cristiani e Musulmani delle idee completamente false. Ed è questa la situazione che noi abbiamo ereditato nel ventesimo secolo. Ciò che è stato possibile sopportare per venti secoli, non è più sopportabile alla soglia del XXI secolo. Noi cerchiamo la pace che è necessaria a tutti, ma il punto è come riuscire ad averla.

Paolo VI e Giovanni XXIII sono stati coloro che hanno aperto la via nuova, ed è in questa direzione che noi dobbiamo andare: noi dobbiamo accettare le nostre differenze, invece di voler uniformare tutta l’umanità distruggendo le nostre differenze, dobbiamo arricchirci della nostra varietà di culture e di lingue e lì dobbiamo tornare alle fonti della nostra spiritualità. Il pubblico viene numeroso per ascoltare la voce di questo pellegrino di Gerusalemme che ha passato la sua vita a tradurre, a capire, a meditare i passi della Bibbia, della Torà e del Corano, e lì, in questi grandi testi, posso assicurarvi che non c’è nulla che giustifichi le guerre sorte fra religioni, assolutamente niente: nella storia gli Ebrei ignoravano i Vangeli e il Corano, i Cristiani ignoravano la Torà e il Corano, e i Musulmani ignoravano la Torà e i Vangeli, mentre Gesù diceva di non essere venuto ad abolire la Torà ma a compierla, mentre Maometto dice di essere venuto per autentificare la Torà e i Vangeli.

E’ alle radici che dobbiamo riconciliarci e per riconciliarci alle radici dobbiamo dunque semplicemente riconciliarci con i profeti e con quello che loro ci hanno chiesto. L’unica scelta che ci è rimasta è quella di riconoscerci o di morire. Nessuno può non conoscere la gravità della situazione mondiale, ci sono più di 100.000 bombe atomiche negli arsenali del mondo, e due volte il debito del terzo mondo è stato investito per armi atomiche: è ora di far cadere il muro che c’è fra Ebrei, Cristiani e Musulmani, come sono crollati tutti i muri, il muro di Berlino, dell’Europa, del Cremlino. Le mura che esistono ancora fra le religioni non crolleranno mai se ogni cristiano, ebreo, musulmano non vuole abolirle dentro il suo cuore e nella sua testa. E’ questa la vocazione di una umanità nuova che vorrebbe semplicemente scappare alla morte che la minaccia.

La Bibbia, i Vangeli e il Corano annunciano dei cieli nuovi, una terra nuova e un uomo nuovo, la terra in cui noi viviamo è completamente nuova, è cambiata la nozione di spazio e di tempo, tutto è cambiato, la nozione di confine, la nozione di umanità sono cambiate, c’è solo una invariante ed è l’uomo, mentre l’appello del Corano, dell’Islam, degli apostoli è quello di far nascere l’uomo nuovo. L’urgenza è grande in quanto tutte le ideologie sono rovinate, tutte le teologie sono completamente disorientate, i popoli vagano senza pastore e il pericolo va aggravandosi. Giovanni Paolo II non smette di ispirarsi ad un messianismo universale e questo sarebbe possibile da sviluppare, oggi, ma non è possibile raggiungere un messianismo universale senza un grande perdono universale. Nella Chiesa hanno adottato tutte le feste di Israele, il riposo settimanale, la Pasqua, integrandole nella significazione della teologia cristiana, ma non sempre festeggiata dappertutto è la festa del grande perdono, durante il quale gli Ebrei non chiedono perdono soltanto per loro ma anche per tutti gli altri: è questo grande perdono universale che dobbiamo ogni giorno celebrare dentro i nostri cuori, e invece di mettere le nostre differenze le une contro le altre, dobbiamo riconoscerci come fratelli, quale che sia il colore della nostra pelle, qualunque sia la nostra teologia, ideologia o religione.

E’ questa nuova era, questa nuova religione, che noi dobbiamo abbracciare, pensando che la guerra o la pace che ci saranno cominciano dentro i nostri cuori, sulla nostra bocca, nelle nostre azioni e nelle nostre speranze. Dal Concilio Vaticano II e dal papa Giovanni XXIII la Chiesa si è svegliata e messa in cammino verso un nuovo ideale che annuncia girando però la schiena a certi aspetti della sua storia: il popolo di Gesù, dopo aver camminato nell’esilio per 2000 anni sta resuscitando sulla sua propria terra, in Israele, con il suo paese, con tutti i suoi esiliati che provengono da 102 paesi del mondo, un fatto unico nella storia universale, che non ha precedenti, e questa è forse una ragione per sperare che un uomo nuovo potrà anche lui resuscitare. L’Islam ha attraversato e continua ad attraversare una crisi terribile: la speranza dei dittatori arabi, per più di 70 anni, è stata quella di distruggere Israele con il risultato di rovinare il mondo arabo e di contribuire all’edificazione di questo Israele che ha la sola ambizione di essere il punto 0 della riconciliazione universale.

Il prossimo libro che sto per pubblicare s’intitola "Il riconoscimento", e questo riconoscimento deve iniziare e non terminare dal riconoscimento di Israele della Santa Sede, e dal riconoscimento della Santa Sede da parte di Israele. Tutta questa realtà è in cammino: tocca alla gioventù del mondo di salvare il mondo e d’offrire ai nostri figli non la distruzione dell’universo con l’atomica, ma una nuova primavera dei nostri popoli degna delle nostre fonti.

Domanda:

Ringrazio perché ci ha parlato con il cuore in mano. Non ci ha tenuto una lezione accademica né una lezione di storia ma ci ha reso partecipi di qualche cosa di grande, cioè dell’esperienza più profonda della sua vita. Ascoltandolo mi è venuto in mente il soprannome che gli è stato dato "lo scavalca barriere". Direi che è molto bello: é un uomo dallo sguardo universale, ma è giusto che non separi per nulla la sua opera e il suo messaggio dal suo essere figlio di Israele. La sua universalità si nutre della sua singolarità ebraica, come la mia o la vostra universalità per chi è cattolico deve nutrirsi della nostra singolarità cattolica. Questo non è un male, ma come ci ha spiegato molto bene, è un arricchimento. Noi, in quanto cattolici, dobbiamo ricordarci che la chiesa è la seconda sinagoga, non l’anti-sinagoga. Giovanni Paolo II nella meravigliosa visita, ed era tempo di farla, alla sinagoga di Roma, dopo quasi 2000 anni, ha detto delle grandi parole: "Gli Ebrei sono i fratelli maggiori, i nostri fratelli maggiori nella fede." E tuttavia non saremmo onesti fino in fondo se non riconoscessimo quanto male ha recato ai figli di Israele in ogni tempo il nostro pregiudizio anti-ebraico e il nostro misconoscimento delle radici ebraiche del Cristianesimo. E’ giunto il momento per noi cristiani di capire che il primo capitolo di un libro sull’ecumenismo è il rapporto tra Cristianesimo ed Israele. Noi cristiani, dice S. Paolo, siamo nati da un innesto, sul tronco, sull’albero di Israele. Ma il ramo su cui c’è stato l’innesto e il tronco possono sussistere senza le radici? E allora permettetemi di concludere riportandovi ancora una situazione da S. Paolo che mi martella nella testa ( Romani 9, 18 ): "Ebbene, se proprio ti vuoi vantare, dice S. Paolo al Cristiano, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te."

Risposta:

Se il ramo non può vivere senza radici, le radici non possono vivere senza rami. Israele è veramente le radici e nessuno può dire il contrario, e se l’albero è la Chiesa e in parte l’Islam, bisogna mettere le radici sotto l’albero e l’albero sopra le radici. E’ assolutamente necessario. Senza l’albero le radici muoiono, senza le nazioni, Israele, come qualunque altra nazione, muore. E adesso perché le radici accettino l’albero e l’albero possa sposare le radici, bisogna che radici e tronco accettino che i frutti non assomiglino né al tronco né alle radici. Molti vorrebbero che tutto cambiasse salvo loro stessi. Bisogna accettare l’uomo nuovo, sapendo che questo uomo non deve assolutamente assomigliarci. In tutta questa storia bisogna accettare l’uomo nuovo, e questo uomo nuovo non sarà né ebreo, né cristiano, né buddista, né scintoista, né musulmano… sarà l’uomo nuovo. E credo che stia cercando di nascere. Visibilmente la Chiesa sta cercando la via. Ci sono dei teologi che sono ben più contrari al passato ecclesiastico che non i teologi che insegnano teologia nell’università di Gerusalemme. Bisogna aspettarsi una rivoluzione prodigiosa del pensiero umano per quanto riguarda appunto questi aspetti di queste vari confessioni. Senza questa rivoluzione, le chiese continueranno a vuotarsi, le sinagoghe continueranno a chiudere, nelle moschee continueranno a predicare davanti a banchi vuoti: nelle sinagoghe, nelle chiese, nelle moschee aspirano ad un canto nuovo, e coloro che aspirano a questo canto nuovo accettano ovviamente a condizione che si mantengano i vecchi ritornelli del passato. Bisogna invece guardare verso il XXI secolo aspirando ad un canto nuovo, ad un vero uomo nuovo.


* Conferenza tenuta da André Chouraqui il 16.3.1992 a Brescia nell'ambito degli incontri organizzati dalla Cooperativa Cattolico-Democratica di Cultura.Testo tratto da http://www.ccdc.it

 

Letto 6384 volte Ultima modifica il Venerdì, 06 Maggio 2011 23:05
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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