Ecumene

Martedì, 13 Luglio 2004 21:47

Pace e/o guerra: cristiani e musulmani a confronto

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"Pace e/o guerra: cristiani e musulmani a confronto" è stato il titolo dell'VIII incontro cristiano-musulmano promosso dalle Acli di Modena e svoltosi nella città emiliana il 16 e 17 novembre 2002. Un titolo reso obbligatorio da quanto accaduto nell'anno a livello mondiale, dopo gli attentati dell'11 settembre e dopo la dichiarata guerra internazionale contro il terrorismo, sempre a rischio di trasformarsi in "guerra di civiltà", o, peggio, in "guerra di religione".

 "È la prima volta che ci incontriamo dopo i fatti di New York dello scorso anno - ha esordito Brunetto Salvarani, direttore della rivista di dialogo ecumenico e interreligioso Qol e tra i promotori dell'iniziativa. Per questo era doveroso affrontare questo tema e capire "se tra cristianesimo e islam c'è possibilità di incontro e di dialogo".

Premesso, come ha evidenziato il sociologo Stefano Allievi aprendo i lavori, che tanti sono i cristianesimi oggi esistenti e tanti pure gli islam proposti, uno dei problemi principali da cui occorre partire è quello dell'identità: "I fondamentalismi odierni - ha detto - sono più virulenti del passato non tanto a causa delle religioni ma proprio per un'esasperata richiesta di costruzione di identità da parte delle tante nuove comunità che si affacciano sulla scena mondiale". Il processo di integrazione, dunque, deve essere un processo di pacificazione che permetta alle minoranze di conoscere le maggioranze: un processo che "non può avvenire solo attraverso il dialogo tra le religioni", ma "tra persone in carne ed ossa", poiché "l'incontro tra le persone viene prima delle discussioni teologiche".

Khaled Fouad Allam, dell'Università di Trieste, ha evidenziato come il mondo dell'islam contemporaneo abbia assunto un carattere individualista, perdendo la sua matrice comunitaria: un cambiamento dovuto ai processi di modernizzazione e di conseguente destrutturazione delle società musulmane tradizionali. Lo studioso ha denunciato l'esistenza di "frontiere simboliche" create dalla falsa immagine che l'Occidente ha del mondo islamico, presentato come unico e intollerante, mentre è invece frammentato e pluralista. "Si sta cercando di diffondere l'immagine dell'Islam come un monolito intollerante, come una religione di conquista, mentre la maggioranza dei musulmani si sente invece tollerante. E questa contrapposizione che offusca gli sforzi di dialogo e provoca una reazione che può diventare esplosiva, da una parte lasciando spazio al razzismo e dall'altra spingendo i musulmani al ripiegamento su se stessi".

Entrambe le religioni hanno al loro fondamento una tradizione di ospitalità e di accoglienza. Il biblista Carmine Di Sante ha evidenziato come il precetto dell'amare lo straniero sia presente nell'Antico Testamento ben 36 volte, mentre nel Nuovo Testamento esso si trasformi nell’amare il nemico. "L'ospitalità e la fratellanza - ha osservato - sono concetti trascurati dal lessico politico contemporaneo, il quale ha privilegiato l'analisi dell'uguaglianza e della libertà, che poggiano su un fondamento individualista, mentre i testi biblici insistono sulla categoria dell'ospitalità, ponendo le basi per una fratellanza universale".

Medina, la "città illuminata" che ha accolto il Profeta, è il modello di una città ospitale e pluralista: "lo stesso Mohammed è stato ospite, dunque partecipe della condizione di chi viene accolto in una comunità diffidente - ha affermato Adel Jabbar, docente dell'università Ca' Foscari. La tradizione dell'apertura è dunque alla base della costruzione dell'islam che però conosce attualmente frange estremiste e violente che rigettano quanto viene dall'esterno. Il compito dei musulmani, che nella stragrande maggioranza sono ancorati alla tradizione illuminata, è di individuare nuovi processi educativi, capaci di arginare gli estremismi e far prevalere il dialogo. La tradizione cristiana e quella musulmana, dunque, hanno una matrice culturale e religiosa universalistica che permette di contribuire a creare maggiore serenità nelle relazioni, nella consapevolezza della complessità delle questioni sul tappeto".

Su tale complessità e sulla necessaria consapevolezza che tale dialogo sia comunque non facile è tornato anche Salvarani: "L’11 settembre è stato uno spartiacque, se non altro perché ha rivelato le contraddizioni legate al ruolo delle religioni. Questa rivelazione comporta la necessità di un salto di qualità da parte del cammino ecumenico, di una maggiore franchezza nel dire le cose come stanno, anche all'interno delle stesse religioni. Siamo veramente chiamati ad ascoltare, a metterci in gioco".

Della necessità di lavorare insieme - cristiani, musulmani e laici che condividono una visione di dialogo e di apertura reciproca - ha parlato anche Paolo Naso della rivista Confronti. Impossibile, anche a suo giudizio, parlare di cristianesimo e di islam come di mondi omogenei, poiché entrambe le religioni presentano panorami molto frammentari, essendo presenti, nell'uno e nell'altro, l'atteggiamento di ascolto e quello della divisione: "se è vero che il tema dello scontro è all'interno di ogni singola comunità, è altrettanto vero che c'è chi non vuole questo scontro, chi predica la convivenza, chi si riconosce nel valore della pace, dei diritti umani, della coesistenza, del pluralismo, della laicità autentica. Chi vi si riconosce può oggi lavorare insieme e testimoniare la propria opposizione contro ogni forma di oppressione". Una disponibilità che già molte comunità islamiche hanno manifestato aderendo alla giornata del dialogo cristiano-islamico del 29 novembre. "Sono state 140 le realtà islamiche che hanno aderito alla giornata - ha affermato Hamza Picardo, segretario dell'unione delle Comunità islamiche in Italia. È un segno che in Italia è presente la volontà di dialogo. Criminalizzare tutto l'islam significa costringerlo a una reazione che può assumere connotati di ostilità. Occorre invece che tutti facciano uno sforzo per spogliarsi della propria identità ideologica e vedere quali sono i valori condivisi, per tracciare un cammino di pace".

Ma perché ciò sia possibile occorre promuovere tutti gli strumenti giuridici che garantiscano la piena manifestazione delle proprie identità, come ha ricordato il parlamentare Luigi Manconi: "la convivenza non è certamente facile, ma è meno costosa dello scontro. E perché questa possa realizzarsi occorrono leggi adeguate come le intese fra lo Stato e le varie religioni e anche la legge sulla libertà religiosa che ancora attende in Parlamento di essere discussa. Si tratta di una cornice giuridica che oltre a evidenziare il giusto riconoscimento delle religioni presenti oggi in Italia è segno di una laicità matura, in Italia non ancora pienamente realizzata".

Letto 2272 volte Ultima modifica il Mercoledì, 08 Dicembre 2010 20:07
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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