«Trondheim fu un tempo città di pellegrinaggi. Anche oggi siamo pellegrini. Luogo d'incontro: le acque qui si mescolano, fiume e fiordo scorrono insieme. Siamo rinviati ai nostri rispettivi battesimi, camminando verso i nostri luoghi d'incontro. Quest'onda che trascina le nostre Chiese le une verso le altre è segno di speranza per l'avvenire, allorché constatiamo il peso delle nostre diverse eredità storiche, in comunione gli uni con gli altri e con il Cristo» (dal messaggio finale).
«Tutto è dono, tutto è grazia. Se vogliamo avere nei confronti dell'Europa un linguaggio che guarisca e riconcili, bisogna che sia il linguaggio di Dio e non il nostro. Ciò che abbiamo da offrire al mondo non è un programma, né un'ideologia, ma una persona, Gesù Cristo» (Patriarca ecumenico Bartolomeo I).
Il documento finale ruota intorno a cinque punti:
1. Vivere insieme come Chiese d'Europa. Bisogna superare i conflitti e la proclamazione del Vangelo in parole ed opere deve diventare comune per la salvezza di tutti. I dialoghi sull'unità cristiana vanno proseguiti, come pure il processo di chiarimento tra le Chiese ortodosse e le altre Chiese del KEK.
2. La KEK e l'Europa. Le Chiese dovranno far sentire la loro voce per le questioni spirituali, sociali ed etiche. Dovranno prestare la massima attenzione alle varie forme di povertà e favorire la cooperazione.
3. I problemi mondiali nella prospettiva europea. Si tratta di rafforzare, andando oltre l'eurocentrismo, la responsabilità dell'Europa nei confronti dell'umanità intera. Importante viene individuato il problema del controllo e della riduzione delle armi.
4. La KEK e il mondo ecumenico. La collaborazione ecumenica, che sta attraversando un periodo di crisi, va ripensata e ristrutturata.
5. La KEK e i rapporti con i suoi membri. Emerge l'esigenza di rendere più snella l'amministrazione della KEK. Le organizzazioni giovanile sono considerate parte integrante della KEK.