Nelle nostre parrocchie
i semi del dialogo e dell'unità
di Olivo Bolzon
Il dettato della Costituzione europea, ormai definitivo, non include le famose "radici cristiane" che Giovanni Paolo II e tutte le Chiese europee volevano includere. Sembra insufficiente e vago il preambolo che parla genericamente di una spiritualità capace di animare la nuova Europa e dell'art. 51 che proclama la libertà religiosa come bene necessario per la vita del nostro Continente.
Il nostro sguardo di credenti è però ottimista, perché si radica su un'affermazione evangelica che ci pare ancora più forte e impegnativa: « Li riconoscerete dalle loro azioni... Si può forse raccogliere uva dalle spine o fichi da un cespuglio? Se un albero è buono, fa frutti buoni; ma se un albero è cattivo, fa frutti cattivi. Un albero buono non può fare frutti cattivi, così come un albero cattivo non può fare frutti buoni. Ma un albero che non fa frutti buoni si taglia e si butta nel fuoco... Dunque, è dalle loro azioni che riconoscerete i falsi profeti» (Matteo 7,16-20).
L'ecumenismo ci ha abituati a confrontarci con il mondo a partire dall'impegno quotidiano delle Chiese, a riconoscere che la validità del Vangelo è la testimonianza dei credenti e la comunione tra le Chiese. Al di là di quello che può scrivere la Costituzione è importante per la nuova Europa, un nuovo modo di essere delle Chiese, una comunione reale nella celebrazione della Parola e del Sacramento, efficace e capace di mostrare la fraternità di tutti. Interesserà molto alla nostra Europa vedere la vita dei discepoli di Cristo: rendersi conto che le relazioni tra i popoli europei non possono essere fondate solo su impegni economici e commerciali. L'unità non è reale se si regge solo su legami economici, se è impegnata a occupare nuovi mercati, a vincere le varie competizioni tecnologiche. Le Chiese unite possono dare la speranza di realtà umane nuove e più autentiche.
«Proprio ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani» (Atti 11,26). L'Europa che sta nascendo ha bisogno di vedere persone che hanno fiducia, intessono tra loro relazioni di amicizia e sono in grado di mostrare con la vita quanto l'apostolo Pietro ha scritto: «Siate sempre a rispondere a quelli che vi chiedono spiegazioni sulla speranza che avete in voi» (1 Pietro 3,15).
Il cammino ecumenico percorso dalle Chiese ci autorizza a sperare e a vedere segni evidenti di un nuovo futuro. Le "orme ecumeniche" sono segni poveri, facilmente cancellabili, ma testimoniano che qualcosa di nuovo è già nato e crescerà. Non ci riferiamo solo ai grandi incontri come la visita del cardinai Kasper a Mosca nello scorso febbraio che pure ha portato il frutto della creazione di una "Commissione mista cattolico-ortodossa" per studiare e sciogliere i nodi ancora esistenti. È stato un grande evento anche l'abbraccio tra Bartolomeo I e Giovanni Paolo II nella festa dei Santi Pietro e Paolo. Molte però e più modeste sono le realtà che i cristiani d'Europa vivono, e grande il carico profetico che il quotidiano in gesti semplici mostra a tutti. Stiamo inaugurando un nuovo stile di vita, una comunione di fede che supera tante difficoltà esistenti in passato.
Anche nelle nostre parrocchie più tradizionali sarebbe ormai impossibile arroccarsi su affermazioni che erano costume e persuasione nella nostra educazione cattolica. Basterebbe ricordare quanto scriveva nel 1928 Pio XI nell'enciclica Mortalium animos: «Ma dove parvenze di bene ingannano più facilmente parecchi, è quando si tratta di promuovere l'unità fra tutti quanti i cristiani. Si sente ripetere con insistenza che non solo è giusto, ma doveroso e quanti invocano il nome di Cristo si astengano da reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta in vincoli di vicendevole carità... Eppure sotto codeste attrattive e lusinghe si nasconde un gravissimo errore che scalzerebbe dalle basi il fondamento della Chiesa cattolica... Risulta quindi evidente, venerabili fratelli il motivo del permanente divieto posto da questa Sede Apostolica ai fedeli di partecipare a riunioni degli acattolici. L'unico modo possibile di favorire l'unità dei cristiani è di agevolare il ritorno dei dissidenti all'unica vera Chiesa di Cristo».
Giovanni Paolo II parla oggi di un cammino ecumenico irreversibile e necessario, di un dialogo tra le Chiese in vista di una visibile unità «perché il mondo creda». Chi accoglie questo grande segno dei tempi rinnova la propria fede e ritrova un'impegnativa appartenenza alla propria Chiesa.
(da Jesus, agosto 2004)