Maria è la prima nell'ordine delle creature ad avere ricevuto la pienezza di grazia come totale accoglienza dello Spirito Santo e quindi totale testimonianza del Figlio, ma anche totale "svuotamento" di ogni peccato.
La Madre di Dio non si impone alla fede. Nel cammino di fede, semplicemente, la troviamo sempre presente, o all'inizio o alla fine, perché porta dentro, per aver una volta portato il Figlio, tutta l'umanità che da lei il Figlio ha preso e mai lasciato.
La fede cambia il credente nella sua vita privata, nella sua vita interiore, ma lo rende sempre anche protagonista di una novità relazionale che riguarda il suo popolo, la sua comunità di vita, la sua discendenza diffusa nello spazio e nel tempo.
Si può capire perché una teologia della creazione possa derivare e non "fare da premessa" alla fede che presuppone l'esperienza dell'alleanza e della liberazione.
La fede, come riconoscimento dell'esistenza di un altro, passa dall'esperienza di una relazione-rivelazione dove l'affermazione di Dio come Creatore non è cronologicamente prima né esclusivamente cristiana.
Da dove viene il mondo? Noi, da dove veniamo? Dove andiamo? Da dove viene e dove va tutto ciò che esiste?
L'incarnazione ha manifestato questa verità: il valore della terra vivificata dallo Spirito. Perciò non si può parlare di Spiritualità cristiana quando, a motivo di qualche spiritualismo viene disprezzata la terra, il creato, il corpo, la materia.
L'uomo, nel corpo, è immagine di Cristo risorto nel corpo. Quello che si tratta di affermare è quindi il rapporto tra corpo e risurrezione.
Ireneo difende l'integrità della rivelazione perché avverte la gravità del pericolo di isolare elementi del messaggio evangelico o della Scrittura in genere, e di elaborare sulla parzialità qualche dottrina che alla fine non ha più niente di cristiano riguardo all'insieme della salvezza.
La gloria di Dio è l'uomo che vive, è vivo l'uomo formato dalle due mani di Dio: il Verbo e lo Spirito Santo.