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Il progetto di crescita umana comporta il travaglio di accettare le perdite che segnano la vita. Per qualcuno queste sono diradate nel tempo; per altri il distacco giunge come uno tsunami. Alcuni ritrovano la motivazione per andare avanti, altri si smarriscono poiché sono dotati di insufficiente autostima.

Ognuno di noi ha diversi lutti e sfide da affrontare. L'elaborazione di un distacco e la graduale guarigione del cuore si realizza attraverso quattro possibili percorsi, che hanno molto a che vedere con il carattere del soggetto, il tipo di perdita subita e le risorse disponibili.

Il primo percorso è l'auto aiuto: si fonda sulla capacità della persona di attingere alle proprie risorse mentali, psicologiche e spirituali nel far fronte ad una vita cambiata. Di solito, quanti superano da soli la perdita tendono ad avere un buon livello di fiducia personale, sanno canalizzare bene le proprie energie, possono contare sul sostegno di amici e possiedono adeguate risorse spirituali nel far fronte alle avversità.

Ci si aiuta facendo pace con il passato, interpretando al meglio i ruoli familiari o professionali, facendo leva sui propri doni, praticando attività sportive o artistiche, coltivando il contatto con la natura, comunicando con gli altri, vivendo bene con il silenzio.

Il secondo percorso è il supporto psicologico e professionale. Per qualche persona la perdita è troppo dolorosa, e per affrontarla c'è bisogno di uno psicoterapeuta, uno psicologo o un sacerdote, che aiuti a percorrere i labirinti mentali, emozionali e spirituali turbati dal vuoto prodotto. L'aiuto psicologico e/o spirituale può protrarsi per mesi o per anni, ma intanto consente a chi è in lutto, attraverso il dialogo e il confronto con qualcuno disposto ad ascoltarlo e sostenerlo, di percorrere un graduale cammino di guarigione.

Un terzo percorso riguarda l'aiuto medico e/o farmacologico. L'afflizione generata da un'assenza significativa scombussola l'organismo e la salute fisica e psichica dei superstiti. Alcune morti avvenute per suicidio, omicidio o incidente stradale, risultano cosi strazianti che un congiunto può trascorrere notti insonni, tormentato da domande che lo consumano, o può entrare in depressione. In queste circostanze si rende necessaria una visita medica o psichiatrica, per valutare la situazione e prendere le opportune contromisure: il medico o lo psichiatra suggeriscono l'opportuna dose di ansiolitici, antidepressivi o sonniferi da assumere, per ristabilire l'equilibrio e aiutare il soggetto a riprendere in mano la propria vita.

Un quarto percorso consiste nella partecipazione a gruppi di mutuo aiuto nelle perdite e nei lutti. Questi sono formati da persone che hanno sperimentato la perdita di una persona cara e si incontrano per condividere con altri la propria esperienza. Lo scambio allevia la solitudine, permette di sperimentare nuove forme di appartenenza e contribuisce a far crescere la fiducia in se stessi.

Modelli di sostegno

I precursori di questo modello di sostegno comunitario sono i gruppi AA (Alcolisti Anonimi) sorti negli USA più di 70 anni fa la cui metodologia, fondata sulla reciprocità, ha favorito la proliferazione di questo modello di aiuto applicato a un'infinità di crisi, bisogni e fragilità.

Il ventaglio dei gruppi di mutuo aiuto, include gruppi per disabili, separati e divorziati, malati di cancro, tossicodipendenti, dipendenti dal gioco di azzardo, persone depresse, dializzati, vedovi, familiari di suicidati, malati di cuore, genitori che hanno perso i figli, familiari di colpiti da Alzheimer e così via. Ogni gruppo ha la sua identità, i suoi obiettivi, un calendario di incontri e strategie per rispondere ai bisogni dei partecipanti. Questo modello di aiuto si è andato diffondendo nella società e nella Chiesa, in parte anche per colmare il vuoto di servizi o di professionisti disponibili a fornire supporto, dinanzi ai tanti problemi sollevati da vissuti luttuosi.

La persona chiave nell'attivazione, promozione e animazione del gruppo è rappresentata dal facilitatore che è generalmente un professionista (psicologo, psicoterapeuta, medico, sacerdote, educatore, assistente sociale...) sensibile al problema e motivato a creare le condizioni per questa forma gratuita di sostegno reciproco finalizzato alla guarigione.

Arnaldo Pangrazzi

(tratto da Missione Salute, n. 4/2019, pag. 64)

 

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