Vita nello Spirito

Domenica, 26 Marzo 2017 10:41

Nelle perdite e nei lutti (Arnaldo Pangrazzi)

Vota questo articolo
(1 Vota)

Il "lutto" è una parola che vorremmo non esistesse. È associata al dolore, alla perdita di una persona cara, di una speranza, di un amore o di una amicizia... è una parola che ci accompagna durante tutta la vita fin dal suo sorgere, e richiama la finitezza della nostra condizione di esseri umani...

La storia di ogni persona, dalla culla alla tomba, è un complesso pianeta solcato da una miriade di piccole e grandi separazioni e lutti.
Il volontario che si addentra in una corsia di ospedale effettua, spesso, dialoghi semplici e superficiali, ma talvolta si trova ad affrontare situazioni delicate incarnate da chi ha sofferto:
Perdite fisiche: dolori acuti o cronici, forme di disabilità, asportazione di organi, vecchiaia.
Perdite mentali: perdita di memoria, preoccupazioni che impediscono di dormire, ricordi che ossessionano, fragilità psichiche.
Perdite affettive: lacrime legate alla solitudine o all'esperienza di abbandono, amarezza per tradimenti subiti o separazioni, il vuoto provato all'ombra di un lutto doloroso.
Perdite sociali: la percezione di emarginazione, fallimenti relazionali o professionali, la perdita del lavoro o economica, il venir meno di ruoli all'interno della famiglia.
Perdite spirituali: il senso di confusione o smarrimento, l'alienazione da Dio, la mancanza di pace, l'assenza di ideali, la difficoltà a perdonarsi, la disperazione.
Alcune perdite verbalizzate dai malati sono di lieve entità e abbastanza gestibili; altre sono macigni che sconvolgono la vita e lasciano sgomenti. Il volontario, nelle sue visite in corsia, diventa depositario di tante ferite che possono riguardare una diagnosi infausta, la condanna in carcere di un figlio, il ricordo della morte di un bambino durante la gravidanza, il dramma di una figlia tossicodipendente, il turbamento per una metastasi avanzata, la perdita di un rene o della vista.

I volti del patire

Ogni sofferente narra la sua via crucis con le cadute, la ricerca di cuori che comprendano, la sfida a non arrendersi dinanzi alle contrarietà. C'è chi, all'ombra di una perdita, diventa più umano, saggio e spirituale e chi, sul versante opposto, assume atteggiamenti ostili o aggressivi, si tormenta o si percepisce vittima di ingiustizie assurde. Per alcuni le perdite sono solo provocazione e generano indignazione, per altri si trasformano in purificazione di valori.
Il volontario cammina accanto ai diversi volti del patire e ascolta sia le tribolazioni che si detestano, per i problemi che procurano, sia quelle cui si rivolge un debito di gratitudine, per l'opera di trasformazione che propiziano.

Accogliere sfoghi e lacrime

«Dietro ogni problema è nascosto un dono», recita un aforisma.
Il volontario non ha la bacchetta magica per togliere i patimenti o placare l'amarezza di chi protesta per i beni perduti, quali la salute o l'autonomia, o è straziato dal cordoglio per l'improvvisa morte del coniuge o di un figlio.
Nell'ascoltare gli sfoghi, cerca di esplorare e capire le circostanze e il tipo di perdita sofferta, il significato e il valore attribuiti al bene o alla persona perduta, gli eventuali ruoli che il defunto copriva in famiglia, le conseguenze del vuoto lasciato, ma anche le risorse attivate per far fronte ad una vita cambiata.
Lo scopo della sua visita è di permettere la liberazione del dolore, per mitigarne il peso, e di promuovere la graduale cicatrizzazione dei cuori feriti.
Percorsi di guarigione per chi ha vissuto perdite, includono: trovare persone con cui aprirsi, crescere interiormente nel rapporto con Dio, trasformare il dolore in amore, non focalizzare l'attenzione su ciò che si è perso, ma ringraziare per quanto si è avuto e goduto.
Il rischio del volontario è di ostacolare gli sfoghi, perché condizionato dall'affanno consolatorio, e di ricorrere a frasi che invece di confortare possono turbare, quali: «È stata la volontà di Dio», «Il Signore sa cos'è meglio per noi». «Sei giovane, ti sposerai di nuovo». «C'è chi soffre più di te».

Il disagio del silenzio

Queste veloci rassicurazioni – o premature iniezioni di fiducia – nascono dal disagio del volontario di fronte al silenzio del malato, o dal sentirsi in colpa, se non si dice niente. Il dolore invoca rispetto e umiltà, non pompieri che gettino acqua sul fuoco.
L'itinerario di graduale guarigione del cordoglio prevede che, dopo una fase iniziale di turbamento e sconforto facilitata dall'ascolto incondizionato del volontario, la persona superi le emozioni più intense, si concentri sul presente e sulle proprie responsabilità sociali o familiari e recuperi le energie e la motivazione per reimmergersi nella vita.

Arnaldo Pangrazzi

(da Missione Salute, n. 6, 2015, p. 64)

 

Letto 2550 volte Ultima modifica il Domenica, 26 Marzo 2017 20:50
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search