Vita nello Spirito

Martedì, 30 Ottobre 2012 21:04

La santità oggi (Giovanni Vannucci)

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Raggiungere la santità significa procedere attraverso l’intrico delle interiori e spesso sconosciute deformazioni personali. Lavoro faticoso, non conosciuto da altri che da Dio, lavoro di discesa nei propri personali inferi, perché l’Uomo vero risorga in ognuno.

Vorrei tentare di trovare una risposta a una grave domanda che ci vien posta dal nostro tempo: «È possibile esser santi oggi?» e se sì: «Qual è la forma di santità possibile nel nostro tempo?». Comincio col precisare il concetto di santità e di santo, seguendo, naturalmente, quello che l’esperienza vissuta del Mistero divino può dirci. In tutti i tempi si è sempre ritenuto che Dio potesse compiacersi di qualche mortale, colmarlo di doni e favori speciali, così da separarlo dai suoi simili e da porlo in una situazione più vicina a Lui stesso. Anzi, si finì per ritenere il prescelto come un valido intercessore presso la divinità; si pensi, per rimanere nell’ambito della nostra religiosità, alle figure di Abramo, di Mosè, di Elia.

Questa scelta fatta da Dio nei confronti di un mortale fu chiamata santificazione, e santità la qualità peculiare che lo rendeva differente, separato, in una posizione di privilegio, dai suoi simili. A seconda dei tempi, delle idee religiose, le qualità che rendevano preferito un mortale di fronte alla divinità sono differenti. Uno Sciamano è differente da un Profeta, uno Stregone da un Santo indù; con raffinarsi dell’intelletto d’amore, del senso morale, il concetto di santità fu individuato nella virtù, nella dedizione all’affermazione dei diritti dello spirito sopra la materia, nello sforzo costante e tenace per esprimere più e meglio l’interiore somiglianza divina, impressa in ogni uomo come un sigillo di predestinazione. Vale a dire: l’uomo deve compiersi in Dio, deve ascendere a Dio per poter assumere fino a Lui la materna materia. La santità è perciò la separazione dalla natura bruta. L’uomo è per sua natura predestinato alla santificazione e alla santità. Lentamente, ma sicuramente, assurgerà ad esse, anche suo malgrado. «La parola di Dio non torna alla sua sorgente senza aver recato i suoi frutti» (Is 55, 10).

Oggi l’uomo non è per niente migliore, nei suoi istinti e nelle sue passioni, dell’uomo di mille anni fa, ma ha in sé alcuni istinti, alcuni modi d’essere sconosciuti allora. La violenza oggi non passa più per coraggio, l’astuzia non è più lodata come intelligenza. Nella valutazione generale non sopportiamo la tortura, la privazione della dignità e della libertà umana; gli stessi tiranni cercano di coprire i loro soprusi di fronte all’opinione pubblica e, quando ne hanno l’occasione, parlano con disinvoltura dei diritti dell’uomo! Ieri san Francesco e sant’Antonio suscitavano commozione predicando agli uccelli e parlando con i pesci; oggi, pur permanendo l’antica ferocia nei cacciatori, si moltiplicano le associazioni a carattere protettivo degli animali e delle piante. Il gesto di san Francesco è divenuto atto spontaneo in tanti uomini che lo compiono con naturalezza, come inerente ormai alla loro natura.

La compassione, fuori da ogni isterismo sentimentale, è diffusa nelle coscienze, e con la compassione è sempre più esteso uno dei peculiari caratteri della santità che consiste in una maggiore identificazione con Dio. Se Dio è buono anche l’uomo deve esserlo; se Dio è giusto, l’uomo del pari deve esercitare la giustizia; per l’uomo l’unico modo di esercitare la giustizia è quello di astenersi dalla vendetta. Ecco, quindi, le stesse leggi umane trasformarsi da punitive in preventive; ecco una nuova volontà riguardare alle carceri, ai patiboli come a cose che è necessario superare; ecco sorgere numerosi tribunali, costituiti da uomini e donne di matura coscienza, che condannano gli abusi del potere compiuti dai tiranni, e costoro non si sentono santi o eroi, ma semplicemente uomini.

La compassione dell’uomo per l’uomo si unisce a quella dell’uomo per la creazione. Tutto dolora nel creato e l’uomo sta imparando a far naturalmente suo l’altrui dolore, e a non dare a questo suo nobilissimo sentimento un’importanza di virtù. La virtù, sotto questo aspetto, diventa per l’uomo un modo d’essere naturale, così lo spazio della santità si sposta, gli elementi della santificazione si complicano.

Occorre assai più oggi che non ieri per santificarsi. Se ieri visitare i poveri, gli infermi, i carcerati era un gesto meritorio, oggi la società, con l’assistenza sociale e sanitaria, ne ha fatto addirittura una professione. Se ieri il lavoro dell’operaio era affidato alla coscienza del datore di lavoro, oggi, in ogni nazione civile, un contratto nazionale tenta di salvare, per tutti, i limiti di una dignità umana e impedirne gli abusi. Se ieri masse umane venivano tenute nella soggezione e nell’ignoranza, oggi ad esse viene, più o meno bene, spezzato il pane della conoscenza, mentre scompaiono i tuguri e la società affronta i ricettacoli del vizio.

La coscienza di essere si affaccia in tutti gli esseri umani, e la voce dell’Uomo si fa sentire nel cuore e nella mente delle moltitudini. Mentre la società umana è ascesa a nuovi orizzonti, la singola individualità sembra stazionaria o regredita. Un tempo 1’individuo era migliore della società, oggi è la società che impone all’individuo una linea evolutiva. La bontà collettiva, 1’anelito collettivo alla giustizia, l’attuazione su vasta scala dei più urgenti postulati della carità portano l’individuo su una via di santità più sicura, ma anche più difficile. Oggi il santo non deve più, né può farlo, distinguersi per singolarità di costumi e di comportamenti, deve fare ciò che il vivere sociale impone e in più procedere a un interiore lavoro di trasformazione. Oggi il santo è veramente solo con Dio, talmente solo, come nessun eremita lo fu mai nel deserto.

Raggiungere la santità significa procedere attraverso l’intrico delle interiori e spesso sconosciute deformazioni personali. Lavoro faticoso, non conosciuto da altri che da Dio, lavoro di discesa nei propri personali inferi, perché l’Uomo vero risorga in ognuno. Chi sente l’appello a quell’aggiunta di apertura all’essere che è la santità, deve inoltrarsi per la via della sua personale liberazione, con generosità, senza speranza o desiderio di premio alcuno, al fine di giungere alla perfetta statura di Cristo: l’Uomo vero. Il premio è insito nel compimento perfetto dell’opera, nella libertà sconfinata e consapevole dei Figli di Dio che, partecipando all’esistenza, se ne sentono indipendenti, che, di fronte a tutte le sollecitazioni di intrupparsi sotto qualche vessillo, rimangono se stessi, liberi da ogni richiamo idolatrico.

Oggi il santo è chiamato alla solitudine del suo interiore laboratorio, ove può sperimentare che la trasfigurazione del corpo nello spirito e la corporificazione dello spirito non sono un concetto ma una possibilità. Orgoglio? Più probabilmente coraggio e fedeltà al divino che è in ogni uomo.

Giovanni Vannucci

(in Risveglio della coscienza, Sotto il Monte - BG, 1997, pp. 193-195).

 

Letto 6670 volte Ultima modifica il Martedì, 30 Ottobre 2012 21:15
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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