Il primo gradino
È una virtù l’umiltà? Certamente non è né vile codardia, né un complesso di inferiorità e neppure un ridicolo contorsionismo che si denigra a parole per sentirsi dire che non è vero e che si è un santo da canonizzare. Direi invece che l’umiltà è l’atteggiamento di un uomo che una volta in qualche modo ha incontrato Dio e si è prostrato davanti a Lui con la faccia a terra: "Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è rimasta salva" (Gen 32,31). "Allontanati da me che sono un peccatore" (Lc 5,8).
Per questo motivo san Benedetto pone come primo gradino dell’umiltà il "timor di Dio"; non si tratta certo di paura, anche se qualche cenno è fatto ai possibili castighi, ma del sentimento religioso di un credente che riconosce la grandezza e la maestà di Dio, che lo ama, che osserva la sua legge. È il sentimento che pervade tutta la vita del credente. Si può forse dire che non c’è pagina del libro sacro che non accenni al timor di Dio o al temere Dio o al suo contrario, il non temere Dio.
Il timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona di esultanza.
Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita.
Per chi teme il Signore andrà bene alla fine, sarà benedetto nel giorno della sua morte.
Principio della sapienza è temere il Signore; essa fu creata con i fedeli nel seno materno.
Tra gli uomini essa ha posto il nido, fondamento resterà fedelmente con i loro discendenti.
Pienezza della sapienza è temere il Signore; essa inebria di frutti i propri devoti.
Tutta la loro casa riempirà di cose desiderabili, i magazzini dei suoi frutti.
Corona della sapienza è il timore del Signore; fa fiorire la pace e la salute.
Dio ha visto e misurato la sapienza; ha fatto piovere la scienza e il lume dell'intelligenza; ha esaltato la gloria di quanti la possiedono.
Radice della sapienza è temere il Signore; i suoi rami sono lunga vita. (Sir 1,9-18).
Colui che ha con Dio questo rapporto di riverenza e di amore "fugge la smemoratezza", ricordandosi di Dio notte e giorno e non può e non vuole sottrarsi allo sguardo divino che continuamente lo segue nelle sue azione e nei suoi pensieri. Uno sguardo pieno di amore e di benevolenza, che non terrorizza, ma che incoraggia a bene operare, a vincere le cattive tendenze, a superare ogni innato egoismo. Uno sguardo esigente, sì, ma anche liberante: se Lui mi guarda, io mi sento al sicuro e cammino nelle sue vie in pace. Tutto sta nel non dimenticarlo, vivendo giorno per giorno alla sua presenza, una presenza che vince ogni solitudine, ogni paura, ogni stanchezza, come lo sguardo di un Padre che segue con amore i passi del suo figliolo.
Pensiamo a Maria che può cantare: "Ha guardato l’umiltà della sua serva" (Lc 1.48). Il ricordo del Signore ci porta a riconoscere la nostra povertà creaturale e insieme la grandezza di cui Egli ci ha rivestito: l’umiltà è verità e perciò è libertà e pace.
sr. Francesca osb