Vita nello Spirito

Domenica, 02 Gennaio 2011 22:20

Identità del monaco: uomo di relazione (D. Cipriano Carini OSB)

Vota questo articolo
(3 Voti)

San Benedetto molto chiaramente domanda a chi entra in monastero di essere capace di cercare Dio e vivere con i fratelli; richiede quindi al postulante la capacità di relazione. "Si osservi soprattutto se egli cerca veramente Dio, se si dedica con amore all'Opera di Dio, all'obbedienza e se sa accettare le umiliazioni" (RB 58,7).

Identità del monaco:
uomo di relazione

di P. D. Cipriano Carini OSB

San Benedetto molto chiaramente domanda a chi entra in monastero di essere capace di cercare Dio e vivere con i fratelli; richiede quindi al postulante la capacità di relazione. "Si osservi soprattutto se egli cerca veramente Dio, se si dedica con amore all'Opera di Dio, all'obbedienza e se sa accettare le umiliazioni" (RB 58,7). Vorrei proporre alcuni pensieri al riguardo.

Relazione con Dio

È’ la base, il fondamento della Vita di ogni uomo, di ogni monaco. E non significa compiere riti e salmeggiare in coro, ma avere la mente e il cuore in relazione con l'amore della Vita, con l'assoluto da cercare, col senso del proprio respiro.

La relazione con le persone accende il cuore benignamente o con malizia. È’ una realtà che dà importanza al Vivere in mezzo all'umanità. Se non si fa esperienza di relazioni vere, di amore o di odio, tra noi, è difficile comprendere e volere una relazione vera con Dio. Si parla di Dio come se fosse una idea, una materia scolastica, non una persona.

Liturgia delle ore, sacramenti, lectio divina prendono il nostro tempo, la nostra intelligenza, ma se non giungono ad essere relazione interiore con Dio, se non viene colpito anche il cuore, diventiamo professionisti della preghiera, con più attenzione al ritmo, al tono, al rito che a Dio-persona.

Così si vive la clausura, ma senza contemplazione di Dio; il distacco dalla mentalità del mondo è clausura; se non vi è contemplazione di Dio, con facilità perderemo il tempo in pettegolezzi, in malizie, leggendo giornali, stando alla televisione, giocando con internet, compilando una settimana enigmistica, convinti di avere mantenuto la clausura perché non abbiamo varcato la porta del monastero. Ci accomodiamo con pigrizia l'ambiente della vita, senza cambiare il cuore, senza saper amare. La mancanza di relazioni con gli uomini deve essere ricchezza di relazione con Dio.

Questa relazione è fondamentale per fare il monaco, e se non è vera, tutto diventa problematico.

Relazione con i fratelli

Noi siamo cenobiti. San Benedetto ha scritto una Regola intera per educare allo stare insieme, "a prevenirsi nello stimarsi a vicenda, nel sopportare con instancabile pazienza le infermità fisiche e morali, nel fare a gara nell'obbedirsi a vicenda, nel non cercare il proprio vantaggio ma quello degli altri, nell'amare con cuore casto tutti i fratelli" (RB 72,4-8).

È normale nel monastero "promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano .... Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa capacità di sentire il fratello di fede nell'unità del Corpo mistico, dunque, come uno che mi appartiene, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio; un “dono per me”, oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità della comunione è infine saper “fare spazio” al fratello, portando i pesi gli uni degli altri, e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita" (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 43). Quando il monaco ha vera relazione con Dio, ha facilità di vedere Dio nei fratelli; quando la sua relazione con Dio è solo esteriore, non c'è possibilità di relazione, di comunione con i fratelli. E allora nel monastero regna la divisione, la discordia.

Relazione con l'umanità

Prima di tutto relazione vera con Dio-persona. Da questa sgorga la comunione fraterna nella comunità stessa.

Successivamente il monaco, la comunità monastica senza accorgersene aprirà la ricchezza della propria carità a tutti coloro che accostano la vita del Monastero; tutti i cristiani sono chiamati ad annunciare il Vangelo, e anche i monaci hanno la loro responsabilità, rispettando il proprio carisma, vissuto esteriormente in modo diverso secondo i tempi e i luoghi, ma interiormente sempre lo stesso per tutti e ovunque: uomini di Dio, cercatori permanenti di Dio.

La storia monastica in tutti i secoli e anche oggi in tutti i continenti ci mostra come un monastero vivo non si preoccupa tanto delle formule, bensì della vita.

"I religiosi ... sono chiamati proprio in virtù della loro scelta di vita, che li rende poveri e marginali, a essere segno di speranza, testimoniando la possibilità data a ogni uomo di abitare le frontiere della società e della vita trovandovi un senso, una ragione per cui è possibile vivere e dare la vita. Perché questo avvenga sarà necessario che essi si consacrino alla conoscenza amorosa di Dio, fino a far sì che la loro esistenza diventi segno della presenza di Dio fra gli uomini. Ognuno secondo il proprio carisma, ... quelli di vita contemplativa praticando con amore e dedizione il ministero dell'ospitalità" (CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 62).

E l'ospitalità in un monastero può avere tante sfaccettature, secondo la storia, l'arte, la posizione in cui si trova. Ospitalità culturale (convegni, mostre, concerti), ospitalità di carità per i poveri di oggi, ospitalità spirituale (ritiri, esercizi spirituali), ospitalità scolastica (formazione religiosa), ma sempre accoglienza dell'uomo, religioso e non, povero o ricco, italiano o straniero.

E questo scomoda; e nel nome della Regola si può andare contro il Vangelo, nel nome della clausura contro la carità, con abili citazioni bibliche o patristiche che molto facilmente nascondono la propria pigrizia ed egoismo.

Ma la relazione col mondo esterno non è la grande preoccupazione. Dipende dalla ricchezza interiore, dalla relazione con Dio prima di tutto, e poi dalla relazione fraterna nella comunità monastica.

 

(Da Il Sacro Speco di San Benedetto, n. 2, 2009)

Letto 7673 volte Ultima modifica il Giovedì, 20 Gennaio 2011 14:42
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search