Vita nello Spirito

Sabato, 05 Dicembre 2009 21:58

Bernardo, contemplativo e servo dell'unità della Chiesa (P. Gabriele Maria Checchi)

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San Bernardo di Chiaravalle San Bernardo di Chiaravalle

 Vita Monastica

 Bernardo, contemplativo e servo
dell'unità della Chiesa

di P. Gabriele Maria Checchi o.cist.

 

Introduzione

Da quando il 25 giugno 2005 è stata riaperta la chiesa inferiore del nostro monastero - quella chiesa che dal 1790 al 1970 ha raccolto la preghiera fedele e perseverante di tante madri e sorelle che ci hanno precedute nella fede - è divenuta consuetudine, in occasione della festa di S. Bernardo, ospitare un concerto d'organo, nell'ambito della manifestazione culturale promossa dall' Associazione per il recupero e la valorizzazione degli organi storici della città di Cortona.

L'antico e prezioso strumento da noi custodito, costruito da Giosuè Agati e figli nel 1833 e restaurato nel 2005, quest'anno ha offerto il meglio della sua espressività grazie ad un'organista d'eccezione, la signora Cristina Antonini, insegnante presso il Conservatorio di Vicenza, direttore artistico e collaboratrice di numerose associazioni, concertista conosciuta in Italia e all'estero. La sua sensibilità ed esperienza è volta a trasmettere non solo un messaggio musicale, ma anche un coinvolgimento di fede e preghiera che, nel corso degli anni, l'ha condotta ad approfondimenti con diversi teologi, tra cui Luigi Sartori, a promuovere e coordinare ricerche e seminari per lo studio del canto liturgico nelle diverse religioni e ad impegnarsi in campo ecumenico.

All'esecuzione dei brani musicali, tratti dalle opere di compositori del '600-'700 fra cui Clarembault, Zipoli, Marcello, era alternata la lettura di alcuni brani scelti dalle Lodi della Vergine Madre, scritte da S Bernardo nel 1125. Parole e musica si sono perfettamente armonizzate creando fascino stupore e grande soddisfazione nel numeroso pubblico.

Anche quest'anno, nell'intento di valorizzare non solo il nostro antico organo, ma anche la bellezza del carisma cistercense, concerto è stato preceduto da una conferenza su Bernardo di Chiaravalle.

È stata questa l'occasione per uno scambio fraterno fra la nostra piccola Comunità e quella ancor più piccola, ma antichissima e gloriosa, di Santa Maria di Tiglieto (Genova) la quale vanta significativi primati: fondato dall'abbazia borgognona di La Fertè nel 1120, a soli 20 anni dalla nascita del nostro Ordine, è la prima fondazione esterna alla terra di Borgogna, la prima al di fuori della Francia e la prima in Italia.

Da qui proveniva, infatti, il nostro bravo conferenziere, Padre Gabriele Maria Checchi, il quale, oltre a saper comunicare dei contenuti, è riuscito anche a trasmettere la sua esperienza di vita monastica, vissuta con passione e amore.

Dopo aver sapientemente dipinto la figura di S. Bernardo, sottolineandone la dimensione contemplativa e il servizio a favore dell'unità della Chiesa, ha considerato, alla luce della spiritualità del Santo, le figure della Venerabile Veronica Laparelli e della Beata M. Gabriella Sagheddu, tanto care alla nostra Comunità. L'esposizione è stata così ricca e convincente che vale la pena riproporla nella sua interezza.

È molto difficile riassumere la spiritualità di S. Bernardo in pochi tratti. Egli è sicuramente un capolavoro di collaborazione tra natura e grazia, perché tutta la sua spiritualità è intrisa della ricchezza del suo temperamento, ora dolce, ora forte, ora affettuoso, ora appassionato e combattivo.

Certamente aveva ed ha un fascino trascinatore: il fatto che, quando decide di farsi monaco, a ventun anni, nel 1113, si trascini insieme trentadue persone ci dice tutto della sua personalità.

Si innamora dell'umanità di Cristo nel mistero del Natale e «contagia» di questo amore chiunque lo accosta.

Non sceglie il grandioso Cluny per farsi monaco, ma il piccolo e oscuro Cìteaux, che meglio incarna le istanze di riforma che erano partite dal grande Gregorio VII.

Egli si Innamora della vita cistercense come dice il grande Jean Leclercq nella prefazione all'edizione critica dell'opera omnia: « ... in realtà; egli è fondamentalmente cistercense, ogni sua preferenza va all'ordine che si è scelto e dove si augura di veder realizzate il maggior numero di vocazioni, della comparsa e dello sviluppo di quest'ordine - fatto storico che si impose all'attenzione dei contemporanei -, egli da l'interpretazione teologica e spirituale e ne rileva le caratteristiche riallacciandole a grandi idee bibliche: purezza della regola e purezza del cuore volute da Cristo: primato della Carità che consente alle istituzioni di evolversi senza deviare dal loro scopo; povertà reale che comporta quella forma di partecipazione alle sofferenze di Cristo che è il lavoro faticoso; fedeltà alla Regola di S. Benedetto, considerata come adattamento per i monaci dei precetti evangelici; obbedienza generosa e senza limiti, se non quelli che la Regola stabilisce all'autorità dei superiori nell'interpretarla e nel farla applicare; rispetto delle vocazioni, in particolare di quelle dei monaci che desiderano compiere un passaggio "transitus", all'osservanza cistercense. Questa stima, quasi ossessione, che Bernardo sembra aver avuto per il suo ordine è stata una delle fonti del suo dinamismo». (p. XXVI voI. I Opera Omnia 1984).

Ricordiamo che il carisma dell'Ordine di Cìteaux non è stato dato ad un singolo santo, ma ad un gruppo di monaci: questo valorizzerà la dimensione comunitaria nella carità, al punto da spingere il geniale Stefano Harding, terzo abate di Cìteaux e maestro di S. Bernardo, a porre l'autorità suprema dell'ordine non nelle sue mani (avrebbe ripetuto la struttura giuridica cluniacense), ma nel Capitolo Generale. Il cammino monastico per S. Bernardo è simboleggiato molto bene dall'edificio della chiesa di Fontenay nel Champagne che egli stesso ha progettato, quasi che egli volesse affidare anche alle pietre la memoria del fine per cui il monaco era entrato nel monastero cistercense. Ricordiamo la domanda che egli rivolgeva sempre ai suoi monaci "perché sei venuto qui?».

La facciata asimmetrica della chiesa (Anche a Tiglieto e Staffarda) ricorda al monaco lo stato della sua anima prima dell'inizio del cammino monastico: egli vive nella "regio dissimilitudinis» la sua anima è squinternata, asimmetrica, perché il peccato originale ha distrutto l'equilibrio primordiale tra immagine e somiglianza di Dio.

Vuole la navata semioscura, con finestre basse che gettino delle lame di luce di tanto in tanto: il cammino è fatto di luci ed ombre, di momenti oscuri e di aridità illuminati dalle "visite del Verbo” di tanto in tanto, che temperino l'asprezza e l'aridità, e sostengano la fatica della ricerca di Dio e il cammino faticoso dell'obbedienza che mortifica la "voluntas propria”.

Il coro e il presbiterio vedono invece la chiesa farsi simmetrica e regolare, totalmente illuminata dalle dodici finestre poste nell'abside ad est: lì il monaco incontra Dio nella Messa e nell'ufficio Divino, lì la sua anima ricupera l'equilibrio primordiale e viene "ricreata” a immagine di Cristo: il sole che illumina di pura luce (niente vetrate colorate), che opera la "puritas cordi” nel monaco uomo nuovo nel nuovo Adamo.

Nessuna meraviglia che durante tutto questo processo di conversione il cistercense, con il suo lavoro faticoso ritrasformi anche l'ambiente esteriore (bosco e palude) da caos in nuovo Eden: una natura ordinata, bella coltivabile: un nuovo giardino dove il contatto con Dio diventi immediato per la bellezza circostante.

E tutto questo il monaco non lo attua da solo, ma in una comunità di fratelli per lui scelti dal Signore. Fa molta tenerezza e suscita molta commozione vedere nei primi documenti dell'Ordine definire le protoabbazie "ecclesia cisterciensis» o "ecclesia Claraevallensis». Chiese unite fra loro nella Carità (Carta Caritatis: nome dato al documento giuridico che tenta di definire i criteri di comunione nell'ordine).

Bernardo cresce a questa scuola. Il suo cammino monastico è personale e comunitario e vissuto nella comunione ecclesiale, prima nel suo monastero e poi, con lo stesso zelo, nella comunità ecclesiale.

I capisaldi della sua spiritualità sono una fortissima e tenera devozione per l'umanità di Cristo, soprattutto nei misteri dell'infanzia e della Passione. E l'esperienza di amore per Cristo-uomo, contemplato in tutti i suoi misteri gli fa apprezzare tutto ciò che è umano dai sensi (ricordiamo quante volte ricorre l'aggettivo "dulcis” o il sostantivo "dulcedo” collegato sia al Cristo che ai fratelli, all'intuizione, all'amicizia, alla comunione di intenti e di ideali. Una devozione tenerissima a Maria Santissima, immagine e modello della chiesa e del monaco perfetto: nel commento al cantico dei cantici vi è un continuo passaggio nell'identificazione della "sposa” ora con la comunità monastica, ora con l'anima del monaco, ora con la Chiesa del suo tempo, ora con Maria Santissima.

Infatti questo amore tenerissimo per il Capo, che comporta tutte le sfumature dell'affetto umano, diventa indisgiungibile dall'amore per il suo Corpo Mistico: la Chiesa, di cui riconosce le ferite e che egli tenta con tutto se stesso di mantenere nell'unità della carità. La sua esperienza spirituale si traduce infatti nell'obbedienza al papa per l'unità della Chiesa del suo tempo e per la riconciliazione dei vari conflitti che oppongono ora nobili ora ecclesiastici del suo tempo. Egli si sente peccatore e bisognoso della salvezza che gli deriva dall'esperienza di Cristo, e in Lui vuole curare le ferite sia della sua anima, che della chiesa monastica Claravallese, che della grande Chiesa del suo tempo, dilaniata dalle fazioni e dagli scismi, e sconvolta dalla simonia, dal concubinato del clero e dalla superficialità nella vita spirituale.

Nel 1130 infatti vengono eletti due papi: Innocenzo Il con il voto del maggior numero dei Cardinali, e Anacleto Il, l'antipapa, con una minoranza di suffragi, ma sostenuto dal Re di Sicilia e dall'Imperatore di Germania. Gli Stati sono divisi, le fazioni dilaniano le Città. Innocenzo Il incarica S. Bernardo di risolvere la questione, e ci riesce nel giro di cinque anni, percorrendo l'Europa e convincendo Signori ed Ecclesiastici favorevoli all'antipapa a dare l'obbedienza al vero papa, promuovendo il Concilio di Pisa, nel 1135, che risolverà definitivamente la questione, e sistemando in seguito situazioni locali rimaste «spinose», come Genova e Milano.

Da questo impegno grande si nota come gli stia a cuore l'unità della Chiesa del suo tempo, come voglia che essa sia presentata a Cristo Sposo «senza macchia e senza ruga».

AI Concilio di Pisa conquisterà per Clairvaux il Canonico Paganelli, che diventerà suo novizio, poi suo monaco, poi Abate delle Tre Fontane a Roma, e infine verrà eletto papa: Eugenio III per il quale Bernardo scriverà il «De Consideratione», in

cui gli da ottimi consigli per svolgere il suo servizio nel modo più consono alla situazione della Chiesa del suo tempo.

Eugenio III lo incaricherà poi della predicazione della Il crociata, incarico al quale si dedicherà con tutte le sue forze, come prima le aveva dedicate alla risoluzione dello scisma. Anche se questa crociata fallirà miseramente e Bernardo ne porterà il rimorso fino alla tomba, sicuramente nelle sue intenzioni vi era il desiderio di riconquistare la Terra dove aveva vissuto il suo amato Gesù e di garantire l'incolumità della chiesa contro i musulmani. Anche qui si notano quindi i due aspetti sottolineati precedentemente: vita mistica centrata sulla contemplazione della vita di Cristo e amore per una chiesa sicura, ben difesa (Elogio della nuova milizia) e unità.

Curiosamente, anche nell'altra «cantonata» presa da Bernardo possiamo scorgere ancora questi due aspetti: la disputa con Abelardo, iniziatore del metodo scolastico, basato sull'intellectus. Bernardo era invece il campione della teologia monastica, basata sulla fedeltà alla S. Scrittura e alla tradizione patristica e più mossa dall'affectus. Certamente le informazioni tendenziose fornite a Bernardo da Guglielmo di Saint Thierry devono aver contribuito ad accendere l'animo di Bernardo, ma un maestro che con il potere della ragione un giorno dimostrava una verità di fede e il giorno successivo, con lo stesso metodo, la negava, a Bernardo puzzava di eresia. Nessuna meraviglia quindi che si sia scagliato contro colui che riteneva una nuova minaccia per l'unità della Chiesa, questa volta colpita nell'integrità del suo patrimonio di fede e di tradizione, e che abbia messo i vescovi al concilio di Sens contro Abelardo, prima che questi avesse la possibilità di discolparsi. I due si riconcilieranno prima della morte di Abelardo, grazie alla mediazione dell'allora Abate di Cluny, Pietro il Venerabile.

Ma veniamo alle due «figlie» di S. Bernardo, che incarnano nella loro vocazione cistercense questi due aspetti: l'una la contemplazione, la Venerabile Veronica Laparelli, qui vissuta, e l'altra l'Amore per l'unità della Chiesa: la Beata M. Gabriella Sagheddu, della Trappa di Grottaferrata. Tenendo conto della diversa sensibilità derivante dal periodo storico nel quale le due monache vivono, si può riscontrare in entrambe l'autenticità del carisma cistercense, lo stesso che aveva affascinato Bernardo: l'amore per una vita povera e penitente, il senso della caducità delle cose, la tenerezza per l'Umanità di Cristo, il senso comunitario e il desiderio di servire le loro sorelle umilmente e fedelmente, l'obbedienza alla Regola «senza sconti», l'amore appassionato per la chiesa. Tutti questi aspetti rendono le due monache in questione pienamente Cistercensi.

Ma vediamo come in una singola virtù fondamentale le due sorelle abbiano assimilato da Bernardo l'insegnamento nella tradizione cistercense. Si sa che l'obbedienza è la virtù fondamentale per il cammino monastico, fin dal prologo della Regola di S. Benedetto: «Ascolta figlio gli insegnamenti del maestro e mettili in pratica ... per ritornare con la fatica dell'Obbedienza a colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza». In quest'obbedienza si attua il cammino monastico simboleggiato dall'architettura delle chiese cistercensi, in sottofondo vediamo la parabola del figliol prodigo e il monaco che ritorna dalla «regio dissimilitudinis» al recupero dell'immagine e somiglianza di Dio sul modello di Gesù Cristo, uomo nuovo e «obbediente fino alla morte e alla morte di croce». Quali sono le caratteristiche dell'obbedienza per S. Bernardo?

S. Bernardo tratta di questo argomento nel sermone 41 «De Diversis». E individua sette gradi dell'obbedienza evangelica da imparare a vivere gradualmente nella vita consacrata, al suo tempo esclusivamente monastica. Già questo ci dice che il cammino per obbedire al modo di Cristo è lungo e difficile e ci vuole un esercizio continuo.

 

1) Si deve obbedire Iibenter: obbedire volentieri (RB, cap V), far propria la volontà di chi comanda come Gesù nell'agonia, che fa sua la volontà del Padre di salvare tutti gli uomini. «Non lasciarti spaventare dall'imperizia di chi comanda (oggi diremmo non guardare ai limiti umani del Superiore) ma accogli con la volontà quello che il Superiore ti richiede», cioè «fai tuo il volere dell'altro»! Volentieri, non significa «con piacere», faccio diventare mia la volontà dell'altro senza che il mio cuore si ripieghi su se stesso; in tal modo «sradico» la mia volontà e faccio mia la volontà dell'altro.

 

2) Obtemperare simpliciter (Pv 10,9 «Qui ambulat simpliciter ambulat confidenter»): obbedire con semplicità (senza questionare, senza porsi molte domande, né brontolare, nemmeno interiormente, anche se si obbedisce esteriormente. L'atteggiamento ribelle del cuore rende l'atto di obbedienza sgradito a Dio). Niente malcontento davanti ad un comando, fingendo che quanto mi si dice è impossibile, scusandosi frequentemente o invocare il supporto degli amici (che facciano quanto a me non piace compiere). Prendere Abramo come modello di obbedienza, dal partire dalla sua terra fino al sacrificio di lsacco, senza mormorare nella tenda del proprio corpo, come Israele che mormorava contro Mosè nelle sue tende nel deserto. Non avere un cuore doppio, ma limpido, che si riveste di fortezza e di semplicità. Correre con prontezza e semplicità nella via dei Comandi del signore.

 

3) Obbedire ilariter: con gioia, il signore ama chi dona con gioia, quindi niente "musi”, serenità nel volto e dolcezza nelle parole, se uno obbedisce con volto triste e aspetto corrucciato è segno che il fervore ha abbandonato la sua anima. La dolcezza è propria di colui che aderisce alla volontà altrui. Anche davanti ad un comando impossibile devo mantenere la mia serenità interiore. Custodisci la comunione con Dio senza agitarti; "poi fai presente, al momento opportuno e con sottomissione e umiltà al superiore le tue difficoltà, ma se egli persiste nel suo comando obbedisci, perché questa è la cosa migliore per te” (RB 69,2). Stiamo attenti all'ansia che accresce, anticipa e accelera tutto, causando reazioni, sia in me che nell'altro sproporzionate alle cause: sappiamo attendere il momento giusto, senza voler risolvere subito e in fretta il nostro problema, e anche il superiore sarà più disposto ad ascoltarci e a capirci.

 

4) Obbedire velociter: obbedire con rapidità: "corro” per la via dei tuoi comandamenti. Non rimandare alle calende greche l'esecuzione di un ordine antipatico. «Chi obbedisce fedelmente obbedisce prontamente, rifugge dal procrastinare. Ignora la lentezza. Prepara gli occhi a vedere, le orecchie a udire, la lingua a parlare, i piedi a camminare e le mani ad eseguire». Tutto il mio essere è orientato verso Dio e la vita eterna, e non al mio vantaggio personale in questa vita. Come l'Agnello Pasquale che deve essere mangiato in fretta con le vesti cinte e i calzari ai piedi, pronti per il cammino verso la terra promessa. Del resto anche nel Vangelo Maria parte "in fretta” per servire Elisabetta, e Zaccheo scende «in fretta» dal sicomoro per accogliere il Signore. Le parole del signore vogliono l'obbedienza rapida!

 

5) Viriliter adimplere: obbedire virilmente, con forza! Con coraggio: indugiare nell'obbedienza è proprio delle anime deboli e pigre. La fortezza e il coraggio nell'obbedire salvano anche le altre virtù. Obbediamo con costanza nonostante la durezza dei colpi!

 

6) Obbedire umiliter: con umiltà, senza la quale la fortezza può scoppiare nella superbia, perché si pone la propria sicurezza non in Dio ma nelle proprie forze: vanagloria. Non serve obbedire con fortezza e coraggio se poi si cade nell'orgoglio. «Siamo servi inutili, abbiamo fatto quel che dovevamo fare». La nostra forza è in Dio, non in noi.

 

7) Indesinenter obtemperare: con continuità e non saltuariamente, con la vostra perseveranza salverete le vostre anime: chi si salva non è chi comincia, ma chi persevera nel cammino intrapreso. Tutto il bene che non porta questo sigillo finisce in un oblio, in una dimenticanza.

 

È una via difficile e faticosa, piena di spine ad ogni passo, l'animo deve staccarsi dalla prosperità e abbracciare l'avversità, come Gesù nella Passione, per togliere la radice violenta della volontà propria. Le avversità sono il contesto in cui impariamo a crescere. «Queste nazioni misero Israele alla prova per vedere se veramente obbediva ai comandamenti del Signore» (Giud 3,4). Le «nazioni» sono tutte le realtà faticose che incontriamo: non è mai esistita una via comoda per la santità. Guardiamo al Mistero Pasquale di Cristo: la Passione e la Croce sono la via alla Risurrezione, la sua e la nostra.

Entrambe le monache in questione hanno queste caratteristiche nel loro modo di obbedire. Veronica accentua, se si vuole, la serenità e l’ilarità dell'obbedienza, fin dalla cerimonia della sua vestizione, quando «scaraventa i gioielli e gli ornamenti» suscitando il riso dei presenti, ma per lei obbedendo con gioia alla chiamata che la invita a disfarsi di tutto per seguire Cristo che, attraverso la Madre Badessa le rivolge l'invito a spogliarsi di tutto per appartenere solo a lui.

Nella beata M. Gabriella è forse più accentuato l'obbedienza nella forza e nell'umiltà. Di poche parole amava «sparire» nella comunità e servire di nascosto le sorelle per non essere lodata, fedele all'osservanza anche in modo eroico.

La Venerabile Veronica dà prova di un attaccamento speciale alla Regola e alla povertà cistercense quando, in un monastero che permetteva alle monache di conservare una certa somma di denaro per le necessità personali, si spoglia di tutto attendendo tutto dalle mani della Badessa.

Inoltre ha uno spiccato senso comunitario, fa tutto per amore delle sorelle e desidera servirle fino in fondo, nel nascondimento e nell'umiltà, per farla irritare basta lodarla in pubblico. Nella celebre visione in cui la Madonna la notte di Natale le concede di tenere in braccio il Bambino essa domanda alla Vergine che anche le altre monache lo vedano perché lo amino di più. Chiede al Signore che le grazie mistiche che le concede non avvengano in pubblico, ma desidera che tutte le sue sorelle ne facciano parte. È un'anima molto distaccata da se stessa, con eccessi d'amore che possono far sorridere, come quello di suonare le campane per tre ore di fila nella festa di S. Francesco, ma totalmente orientata a Cristo e alla chiesa, sia «incarnata» nella sua comunità, che estesa ai prelati e ai fedeli di Cortona e della Chiesa Cattolica intera. Anche in questo, probabilmente inconsciamente, è una buona figlia di S. Bernardo.

Entrambe le monache fanno della loro vita, e soprattutto della loro sofferenza e morte un atto d'amore per Dio a favore della chiesa, anche se nella Beata Maria Gabriella vi è una caratteristica completamente differente: quella dell'offerta di se stessa, nell'obbedienza come vittima per l'unità dei cristiani.

Se Bernardo si mostra infaticabile operatore e strumento nelle mani di Dio per l'unità della Chiesa, la Beata Maria Gabriella si offre vittima per questa causa. Ma tra Bernardo e la Beata Maria Gabriella vi è l'insegnamento e l'esempio di Teresa di Gesù Bambino, che ha segnato la spiritualità del secolo scorso con l'insegnamento della «piccola via» e l'offerta di se stessa come vittima all'amore Misericordioso di Dio. Questa è la prova evidente di una fedeltà al carisma cistercense e di un pieno inserimento nella sensibilità e nella santità della chiesa della nostra epoca.

 

Letto 7574 volte Ultima modifica il Mercoledì, 09 Maggio 2012 22:48
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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