Francesco di Sales (1567-1622)
I. VITA E OPERE
Francesco di Sales nacque il 21 agosto 1567, nel castello di Sales, in Savoia. Fu un dono di Dio il fatto che poté crescere in un’atmosfera di fermezza e profondità religiosa. Sua madre scrive al riguardo: «Non fossi sua madre, potrei rivelare molte cose mirabili sulla sua infanzia. Ma senza mentire posso affermare che il piccolo Francesco era direttore d’anime di se stesso ed era maestro di pietà per se stesso, tutto protetto dall’amore di Dio. L’ho sempre considerato un santo. di cui non meritavo di essere madre».
Già gli anni di studente a La Roche e Annecy mostrano le prime tracce di quello che sarà Francesco in futuro. Il giovane lavora tenacemente per dominare il proprio temperamento impulsivo. l’animo sensibile., facilmente irritabile, gli umori mutevoli. E per tutti un caro amico. Non è possibile dire dove si trovino le radici profonde della sua vocazione sacerdotale. Nel 1578 riceve la tonsura, il segno dello stato clericale. e vuole diventare sacerdote. Molti anni più tardi confesserà a madre Angelique Arnauld, badessa di Port Royal: «Sin da dodicenne ero così deciso a servire la chiesa, che non avrei mutato la mia decisione neanche per un impero». Nell’autunno del 1582 suo padre, François, lo vuole mandare a Parigi, ell’elitario Collège de Navarre. Ma Francesco, dietro a una grande gentilezza, mostra la propria tenacia. Vuole il Collège de Clermont, diretto dai Gesuiti, perché caratterizzato da maggior rigore e pietà. Con intelligente diplomazia - e non tanto per il timore di affrontare la metropoli disse a suo padre che si sentiva debole ed era ben consapevole della propria natura propensa al male. Non era una fuga dal mondo - non cercò mai di fuggire! -, ma una scelta interiore: e con l’aiuto della madre riuscì nel suo intento.
Durante gli otto anni di studi a Parigi la sua fisionomia spirituale e religiosa incomincia ad assumere contorni precisi. Si delineano i tratti caratteristici della sua personalità: impegno coerente in funzione di obiettivi ben precisi. ordine, metodo e profondità; e soprattutto misura e armonia tra scienza e virtù.
Dapprima di nascosto, quindi con il permesso del prefetto degli studi, inizia a studiare anche teologia. «A Parigi, dirà più tardi, ho imparato alcune cose per far piacere a mio padre, ma la teologia l’ho imparata per mia soddisfazione personale». Questa gioia, questo eros santo. lo entusiasmerà per tutta la vita. Al di là di ogni impegno per formarsi sul piano scientifico, ciò che resta determinante per lui è lo sforzo per una maturazione spirituale sempre più intensa.
Giunto a Parigi si cercò immediatamente un padre spirituale, cui poter confidare i problemi della sua coscienza. Nutriva una profonda devozione per la Vergine Maria, specialmente nella figura della Madonna Nera di Saint-Etienne des Grès. ed entrò a far parte della congregazione mariana. Nei propositi formulati per prepararsi bene alla comunione appare per la prima volta l’espressione «vie spirituelle militante». Questa lotta interiore scoppiò ben presto in lui come un «turbine»: aveva la sensazione di essere condannato, e che per lui non ci fosse salvezza. Dopo un tormento durato per settimane, che minò anche la sua salute, si recò davanti alla Madonna Nera di Saint-Etienne des Grès, nel giorno «in cui piacque alla provvidenza divina di liberarlo», come si sarebbe espressa la Signora di Chantal. Il giovane s’affidò completamente all’onnipotenza di Dio, per quanto oscura gli apparisse. Il racconto di questa totale «dedizione di sé» fa parte dei documenti più sconvolgenti della sua vita.
Dopo una preghiera a Maria, si consacrò a Dio e alla Vergine nel celibato e s’impegnò a recitare il rosario ogni giorno. Allora il tormento e le tenebre dell’anima si staccarono da lui come «scaglie della lebbra», per far posto a un’abbondanza straordinaria di luce, libertà e amore. M. Müller vede qui il momento della nascita di quell’ottimismo vittorioso, ispirato ad un sereno amore di Dio, che caratterizzò da allora il santo.
Per obbedire a suo padre, nel 1588 Francesco inizia a Padova lo studio del diritto canonico e civile. In segreto però continua anche a studiare teologia. Si prescrive ogni giorno otto ore di studio, quattro di giurisprudenza e quattro di teologia. Come passatempo s’interessa anche di botanica e medicina, il 5 settembre 1591 è il giorno della promozione: li famoso giurista Guido Pancirolo gli consegna l’anello e il diploma di doctor utriusque iurjs.
Due anni dopo, il 18 dicembre 1593, il vescovo di Franier ordina Francesco sacerdote. I cinque anni successivi (1593-1598) li dedica con intenso amore all’attività di «buon pastore». Con zelo ardente vigila sulle persone che gli sono affidate. Ha il proprio confessionale accanto alla porta della cattedrale, e lì Io si trova dall’alba a mezzogiorno. Agli invidiosi, che lo definiscono un «innovatore irragionevole ed esagerato», o un «fanatico pericoloso», replica che «i principi del Vangelo sono diversi dai principi di questo mondo». Il centro del suo interesse risulta con chiarezza dalle parole che rivolge ai canonici, in occasione della installazione solenne a preposto della cattedrale, a Ginevra. Egli fa riferimento alla tragedia dello scisma (la città era diventata calvinista) e afferma: «Con amore cristiano dobbiamo scuotere le mura di Ginevra, con l’amore dobbiamo espugnarla. con l’amore conquistarla».
Uno dei vertici nella vita e nell’opera del giovane sacerdote è costituito dagli anni trascorsi come missionario nel Chablais. una zona della diocesi che aveva abbandonato la fede cattolica. Egli s’impegna. spesso rischiando la vita. Dapprima incontra odio e rifiuti: è un insuccesso spaventoso; ma poi, nel 1598, riesce a riconquistare la popolazione alla fede cattolica.
L’8 dicembre 1602 Francesco viene consacrato vescovo di Ginevra, e s’addossa così la grave eredità dello scisma. I due decenni trascorsi come vescovo sono intensi di fatica e di lavoro. Sull’esempio di san Carlo Borromeo cerca di rinnovare con ogni sforzo la diocesi, nel senso del concilio di Trento. Gli abusi nella popolazione. e soprattutto nel clero e negli ordini religiosi, erano grandi.
Accanto a questa preoccupazione pastorale. Francesco diventa maestro della direzione spirituale. Il frutto più bello di questa attività è l’amicizia con Giovanna Francesca di Chantal. Con lei nel 1610, fonda l’ordine delle suore della Visitazione.
Come scrittore di teologia spirituale il vescovo di Ginevra è giustamente ritenuto un classico. Nel 1608 appare la sua famosa Filotea, Introduzione alla vita devota. Gli effetti operati da quest’opera nella storia della spiritualità sono enormi. Di fronte a forme di pietà sovraccariche di elementi monastici, egli propone un nuovo modo di essere cristiani in mezzo al mondo. Nel 1616 completa e pubblica la sua principale opera teologica, il Teotimo. il Trattato sull’amore di Dio.
L’anno 1621 comporta una svolta nella vita del santo. Dopo aver rifiutato la dignità cardinalizia e l’invito ad andare a Parigi, vuole ritirarsi nell’eremitaggio di Saint Germain. La sua salute è fortemente scossa. Gli è stato assegnato un vescovo ausiliario.
II. DOTTRINA SPIRITUALE E INFLUSSO
Francesco di Sales è stato ed è un maestro di vita spirituale e, allo stessop tempo, un santo e un mistico, che ha cercato di vivere e ha potuto esperimentare ciò che ha insegnato.
1. Doctor Ecclesiae: Maestro della Chiesa
Non mancano documenti ecclesiastici ufficiali sull’importanza di Francesco di Sales. Nella ricorrenza del IV centenario dalla sua nascita, nel 1967, papa Paolo VI invitava a “onorare il maestro dell’amore divino e della dolcezza evangelica”.
2. Doctor theologiae cordis: Maestro della teologia del cuore
Ciò che fece del santo un anticipatore delle delibere del concilio Vaticano Il fu, accanto al lavoro di riforma per la chiesa e gli ordini religiosi, accanto all’atteggiamento ecumenico, soprattutto il suo messaggio spirituale: apertura cristiana al mondo, affermazione della realtà terrena, spiritualità del cristiano nel mondo. Walter Nigg sostiene: «L’arditezza delle sue prospettive è difficilmente misurabile persino dall’uomo di oggi... La pietà nel mondo era l’ideale che Francesco di Sales annunciò; e lo fece in modo così amabile che si è impresso indelebilmente nella memoria dell’umanità.»
Francesco di Sales era egli stesso troppo umile per annoverarsi tra i grandi teologi, che cita di continuo: Paolo. Agostino, Bonaventura, Tommaso d’Aquino e molti altri.
All’interno della tradizione occidentale della philosophia e theologia cordis, Francesco di Sales si pone come uno dei grandi esortatori e rinnovatori, che insiste sul ritorno al primato dell‘amore, sulla dogmatica della testimonianza viva. sulla forza di ogni pensiero teologico, basato sulla preghiera e che conduca alla preghiera. sull’amore affettivo ed effettivo. Il pensiero teologico può vivere soltanto in un’atmosfera di dialogo con Dio. Perciò trattare dell’amore di Dio è difficile, «soprattutto per coloro che non conducono una profonda vita di preghiera». sostiene Francesco di Sales. L’obiettivo del vescovo dì Ginevra era una «dogmatica pregata», una theologia rnvstica et spriritualis.
Francesco è riuscito in grande misura a scrivere tale teologia. nonostante i suoi impegni pastorali. Intatti, per lui «costituiva un grande tormento non poter trovare il tempo per questo». La composizione dei suoi scritti avvenne sotto la pressione di impegni incessanti. La sua opera assomiglia un po’ alle viti selvatiche, che per disattenzione producono non soltanto grappoli, ma anche foglie e viticci che dovrebbero essere potati e tagliati, cosa per la quale egli non trovò il tempo.
Per questo dobbiamo leggere la sua opera sull’amore di Dio in quella dimensione storica condizionata che l’autore stesso ha indicato: «naturalmente, ho tenuto presente lo spirito del nostro tempo. L’ho dovuto fare. E’ molto importante sapere in quale tempo si scrive». Noi però possiamo tagliare quei «viticci» e quelle «foglie» che sono condizionate dal tempo: mentre dobbiamo conservare e accogliere nel suo valore sovratemporale ciò che risulta irrinunciabile per l’oggi cristiano.
La concezione teologico-antropologica di Dio, della creazione, dell’uomo e della redenzione, sostenuta da Francesco di Sales. è chiara, C’è una «correspondance» tra Dio, il fondamento e la fonte dell’amore, e l’uomo, creato per amore, abilitato all’amore e degno di amore. In ciò si fonda tutta quanta la sua teologia e la sua pastorale. Questa concezione si risolve nell’affermazione fondamentale della realtà di Gesù Cristo e del suo lieto messaggio.
Francesco di Sales ci offre dunque una teologia dell’amore. In tal modo tocca il centro del rapporto tra Dio e l’anima umana, il mistero che noi, in mancanza di un’espressione migliore, chiamiamo «grazia», la presenza di Dio al centro della nostra esistenza. Non coglie forse egli, in tal modo, il nucleo centrale del cristianesimo, anzi di ogni religione che meriti questo nome? Non si tratta forse della prospettiva più entusiasmante che l’uomo possa nutrire? E Francesco non tratta questo argomento centrale dall’esterno, come uno studioso che dispone le proprie informazioni in maniera ordinata, per comporne un libro: bensì dall’interno, come un conoscitore di anime. per esperienza. Egli tenta una psicologia della realtà soprannaturale nella natura. Nessuno prima di lui ha fatto questo con altrettanta chiarezza.
Il teologo Francesco di Sales conosce e descrive la via induttiva di un’esperienza della fede, di quella «mistica» della cui necessità oggi parla K. Rahner nella famosa espressione: «La persona pia di domani sarà un “mistico”, sarà uno che ha esperimentato qualcosa, o non esisterà più, poiché la pietà di domani non sarà più sostenuta da una convinzione pubblica univoca, ovvia, precedente l’esperienza e la decisione personale, e dalla consuetudine religiosa di tutti: e anche perché la formazione religiosa, corrente fino ad oggi. costituisce un rivestimento molto secondario del dato religioso istituzionale». Per questo Rahner richiede una «mistagogia» nell’esperienza di Dio e della fede. un’«introduzione» alla mistica.
In ciò Francesco di Sales era un maestro, e questo quasi quattro secoli fa. Si confronti il suo processo di crescita e di apprendimento, com’è testimoniato da lui stesso per gli anni in cui compose il suo Trattato sull’amore di Dio e fondò l’ordine della Visitazione. Questo influsso reciproco tra teologia deduttiva e speculazione. da un lato, ed esperienza induttiva dovuta all’azione dello Spirito nell’uomo dall’altro, non è ancora stato oggetto sufficiente di indagine.
Al vescovo interessa che tutti nella chiesa diano all’amore quel posto che gli spetta, che tutto si fondi sull’amore, che tutto sia determinato in funzione di esso e sorga da esso. Egli ci offre una mistica dell’amore.
La perfezione spirituale dell’uomo, il meravigliarsi di fronte alle promesse divine, l’amore per i misteri del cristianesimo, era questo l’obiettivo principale del vescovo di Ginevra. Le strade che conducono a queste realtà oggi forse sono diventate più ripide. Discipline puramente scientifiche implicano soltanto, insieme all’acquisizione delle conoscenze necessarie, progressi nello sviluppo intellettuale. La vita spirituale esige molto di più. Non è neanche possibile descriverne compiutamente la natura. L’uomo intero, piuttosto, dev’essere impegnato nella crescita, se vuole tendere verso la perfezione spirituale, cosa per la quale non necessariamente aiutano i progressi della conoscenza e della scienza, Ed è proprio per questo che la dottrina e l’esperienza di san Francesco di Sales, come maestro di vita spirituale, della vita per grazia vissuta nella realizzazione piena della fede, della speranza e dell’amore, restano valide e attuali fino ad oggi.
L’uomo è il compimento dell’universo. lo Spirito il compimento dell’uomo, l’amore il compimento dello Spirito, e l’amore divino il compimento di quello puramente naturale. Perciò l’amore divino è scopo, compimento e coronamento dell’universo.
Questa prospettiva del santo costituisce il nucleo della sua teologia e mistica, che resta una risposta valida anche per l’uomo del secolo XX, nella sua ricerca faticosa, spesso anonima e solitaria, del senso della vita.
Ci sono alcune linee direttive secondo le quali è possibile spiegare la prospettiva fondamentale del santo per il nostro tempo:
a) L’immagine di Dio, come ci è mostrata da Gesù Cristo. secondo i Vangeli: il Dio della bontà e della misericordia, che come amore che si dona, è il centro e lo scopo dell’uomo.
b) L’immagine dell’uomo: il rispetto per l’uomo creato da Dio,da lui voluto e redento. Quest’uomo è aperto all’amore di Dio; c’è un movimento d’amore reciproco, misterioso, La «correspondence» tra la pienezza divina e la povertà e il bisogno dell’uomo.
c) La religione come vita e amore: come servizio all’uomo in mezzo al mondo. Ciò che oggi ci sembra ovvio, ciò che fu sempre vissuto dai cristiani, dovrebbe essere riscoperto nella riflessione teologica, perché riacquisti efficacia. In questo Francesco di Sales, specialmente per quanto riguarda la spiritualità e la mistica, è una pietra miliare importante.
d) La gioia di una umanità aperta al mondo, che è pronta ad affermarne i valori.
e) Lo spirito di libertà
Queste direttive costituiscono dei criteri e dei punti fermi: e in quanto tali sono valide al di là del tempo in cui sono state scritte e meritano attenzione da chiunque intenda rinnovarsi cristianamente, nella mente e nella vita.
3. Doctor indifferentiae: Maestro della serenità fiduciosa
Non è dunque l’erudizione, e neanche l’esperienza estatica a costituire la sostanza della mistica del santo, ma è l’essere afferrati dall’amore di Dio. «La volontà di Dio è l’amore di Dio», suona il suo motto. E ciò significa, per la sua vita concreta, l’atteggiamento della santa indifferenza e della tranquillità interiore.
Alcuni definiscono san Francesco di Sales il santo gentleman, come viene presentato spesso: il santo della dolcezza, della mitezza, della bontà. Anche per papa Giovanni XXIII egli è il più amabile di tutti i santi. Il che è vero, ma la misura della sua perfezione cristiana e umana è un’altra: è la fede radicale nella provvidenza buona e amorevole di Dio e la dedizione totale alla sua volontà, alla sua guida e disposizione. Perciò per Francesco la serenità interiore è l’ultimo criterio dell’amore: santa indifferenza nei confronti delle cose, apertura al mistero dell’amore di Dio, che supera ogni comprensione.
Non si tratta di un fatalismo cieco, né di freddezza stoica o di durezza di sentimento e negazione della realtà della vita. Si tratta piuttosto di Vangelo vissuto. di compimento della fede come dedizione fiduciosa alla guida e alla disposizione di Dio, anche quando superano la nostra capacità di comprensione.
Si dice che a quattro anni Francesco abbia fatto questa affermazione: «Il buon Dio e mia madre: li amo molto tutti e due». Si ha qui l’espressione simultanea di una fiducia profondissima in Dio e del sentimento di essere oggetto della sua grazia: «Mi sento protetto dalla bontà e dall’amore di Dio».
Quando suo padre cerca di trattenere il giovane sacerdote e preposto di Annecy dalla pericolosa attività missionaria nelle regioni del Chablais, diventate calviniste, Francesco di Sales si richiama esplicitamente alla provvidenza divina. E come vescovo afferma: «Ora devo prendere su di me il peso greve e pericoloso dell’ufficio episcopale. Accada secondo la provvidenza di Dio».
Alla fine della sua vita, accetta la morte con totale serenità. Si fa pressione su di lui perché preghi Dio di conservarlo per la chiesa e per la diocesi, dato che la sua opera non è ancora finita. Egli risponde: «Sono solo un servo inutile, inutile…... La mia opera non è finita…., la finirà Dio». Le suore gli chiedono un ultimo testamento, un’ultima parola sua. Non essendo più in grado di parlare, domanda un pezzo di carta e vi scrive sopra a grandi lettere humilité: umiltà davanti all’amore di Dio, che resta tale anche se spesso non lo comprendiamo.
4. Doctor Disctretions: Maestro del discerinemto
Nel caso di mistici come Francesco di Sales. Spesso, non è più possibile - e neanche necessario - dire ciò che proviene dalla loro esperienza personale e ciò che è materiale della tradizione. Francesco si poneva con tale consapevolezza nella tradizione della spiritualità cristiana, ed era tale la determinazione con la quale intendeva vivere nella chiesa cattolica, che per lui insegnamento e vita, dottrina ed esperienza, dogma e mistica, erano una cosa sola.
Ciò risulta chiaro dall’amicizia spirituale con santa Giovanna Francesca di Chantal (1572-1641). L. Cognet scrive a questo proposito: «Come direttore spirituale sapeva essere esigente e severo: le sue direttive erano taglienti e incisive». Dopo la morte del marito, al quale la figlia del presidente del parlamento della Borgogna aveva regalato quattro figli. Giovanna volle appartenere in tutto e per tutto a Dio e vivere solo per la preghiera, l’amore del prossimo e l’educazione dei figli. Difficoltà interiori l’avvicinarono, nel 1604. a Francesco di Sales, nel quale trovò il direttore d’anime e l’amico spirituale. Insieme a lui nel 1610 fondò ad Annecy l’ordine della Visitazione di Maria, per donne che volevano cercare Dio e l’esperienza di lui nel più rigoroso distacco. Francesco di Sales le fu compagno severo, e verso la fine della sua vita si allontanò persino volutamente da lei, affinché la realtà di Dio divenisse ancor più luminosa.
Non c’è dubbio che negli scritti del santo, in modo particolare nel Trattato sull’amore di Dio, è confluita non solo la sua esperienza personale, ma anche, insieme all’esperienza della grande tradizione, quanto egli aveva potuto conoscere nel contatto con donne come Giovanna Francesca di Chantal, come si può avvertire là dove, in questo trattato che porta il nome di Teotimo, arriva a parlare della «pace dell’anima, della “ferita dell’amore” e dell’comunione dell’anima con Dio». Le differenze più importanti che egli coglie, per il grado più elevato della mistica, dimostrano, accanto alla profonda esperienza e all’ampia erudizione, anche l’intelligenza pastorale del santo.
Francesco di Sales mostra che l’estasi e il raptus sono due aspetti dell’unica esperienza.
L’anima che viene rapita in tal modo, s’adegua in maniera così totale e intensa, che non solo sale e s’eleva; essa esce anche da sé per gettarsi nel centro delta Divinità.
L’«estasi santa» si distingue radicalmente dall’«estasi demoniaca, oscura», che trascina l’anima in basso, e questo sotto tre aspetti:
- È estasi d’intellezione. caratterizzata cioè dall’ammirazione, dalla luce, dalla visione; e Francesco lo dimostra rifacendosi alla teologia mistica dell’Areopagita.
- È estasi del fervore interiore e dell’amore:
Dio tocca la volontà del l’uomo) con soavi adescamenti; e come l’ago magnetico, attratto dal polo nord, si volge verso questo punto, così la volontà s’eleva e si lancia verso Dio, non appena è toccata dall’amore celeste. Abbandona tutte le tendenze terrene ed entra in un campo di forza in cui è attirata fuori di sé.
Ambedue le «estasi» sono in stretto rapporto reciproco. Ma «un eccesso di conoscenza non ha necessariamente come conseguenza un eccesso di amore; né l’eccesso d’amore è sempre... accompagnato da un eccesso di conoscenza». E con questa distinzione Francesco può mostrare che l’estasi d’intellezione può essere ingannevole, mentre «la vera estasi della volontà, nella quale soltanto la volontà si getta nella bontà divina, è dono esclusivo dello Spirito altissimo, mediante il quale l’amore di Dio è riversato nei nostri cuori».
Anche qui il santo porta esempi dalla sua esperienza e da altre esperienze.
In termini sintetici, concentrati sull’aspetto essenziale, viene quindi esposto in maniera pregnante e chiara l’insegnamento per cogliere la differenza tra l’estasi vera e quella falsa.
- È estasi dell’azione e della vita. È questo il terzo aspetto che caratterizza inequivocabilmente l’estasi santa. Qui si tratta degli «impulsi di Dio, che possiamo seguire, quando Dio si eleva non solo al di sopra della nostra forza, ma anche al di sopra del desiderio e della tendenza della natura». Si tratta dunque di una vita e di un operare nel tempo, che chiaramente va al di là di ciò che è calcolabile e misurabile con criteri umani, e che accade per impulso di Dio.
Solo con questa ultima «estasi», che supera tutto in conoscenza, utilità o esperienza, e che ha come fondamento il Dio trascendente, diventa chiaro per Francesco di Sales che si tratta di un’estasi santa». Se manca tutto ciò, c’è la possibilità che «lo spirito cattivo, che scimmiottando Dio inganna l’anima e scandalizza i deboli, si sia mutato in uno spirito della luce, causando, nelle anime che non sono saldamente istruite nella vera pietà, un’esperienza di raptus.
Con questi criteri, che non si fermano ai tratti immanenti all’esperienza, ma che prendono in considerazione anche i loro effetti nella vita e nell’azione e la loro motivazione ultima a partire dalla trascendenza di Dio, Francesco di Sales si pone nella grande tradizione spirituale della chiesa e, allo stesso tempo, si basa - come risulta chiaro pagina dopo pagina - su una ricca esperienza personale.
«La volontà di Dio è sempre amore di Dio», suona l’intuizione fondamentale del santo. Dio ci conduce spesso per vie strane, ma dobbiamo sapere che lui vuole sempre la nostra realizzazione piena. Dobbiamo aver fiducia in lui, che ci indica la via, lungo la quale non sempre forse raggiungeremo ciò che noi riteniamo il meglio, ma raggiungeremo sempre ciò che in effetti è per noi il meglio.
Questo abbandono totale alla provvidenza di Dio è il vertice della spiritualità salesiana.