Bilancio e prospettive a 40 anni dalla «Sacrosanctum Concilium»
Monachesimo e riforma liturgica
Monastero Trappista di Valserena
La comunità monastica di Monte Oliveto Maggiore ha ospitato un evento significativo e bello accogliendo il convegno che si proponeva di fare un bilancio della attuazione della Riforma Liturgica a 40 anni dalla costituzione SC, la prima votata al concilio Vaticano II.
Il lavoro del Convegno è stato scandito come ogni giornata monastica dal canto dei salmi in gregoriano, la Messa all’inizio della giornata, celebrata con pacatezza e solennità, cantata con arte rara, pregata dal coro e dagli ospiti, e al termine della giornata raccolti in una cripta laterale il canto del Salve Regina, tradizionale chiusura della giornata per ogni monaco o monaca.
Attualmente la Congregazione benedettina di Monte Oliveto ha monasteri in Italia, Francia, Inghilterra, Brasile, Guatemala, Stati Uniti, Israele e nella Corea del Sud. Tutti questi monasteri sono talmente uniti all’Archicenobio di Monteoliveto in modo da formare una sola famiglia, un «unico corpo», sotto la guida dell’Abate di Monte Oliveto, che perciò è anche Abate Generale della Congregazione e che è ora Dom MICHELANGELO RICCARDO TIRIBILLI1.
Egli ha presieduto sia la celebrazione dell’ufficio Liturgico, sia lo svolgimento del convegno, la cui segreteria scientifica era affidata a Dom Roberto Nardin.
Padre Roberto Nardin OSB, docente di teologia dogmatica alla Pontificia Universitas Lateranensis, e docente a S. Anselmo, in un’intervista rilasciata al Sir, dice: «Il convegno è stato una grossa opportunità per approfondire e riconfermare l’importanza della liturgia per la vita spirituale in genere oper la vita monastica in particolare... Ha permesso di spaziare all’interno delle tre fasi che hanno contraddistinto la liturgia negli ultimi decenni. La prima fase èstata quella del movimento liturgico, con la crescente consapevolezza da parte dei credenti dell’importanza di una liturgia più vissuta e partecipata. La seconda fase ha coinciso con il Concilio Vaticano II e con le novità introdotte. La terza fase, quella attuale, consiste invece - continua p. Nardin - nella necessità di formazione alla riforma».
In tutto questo percorso storico, che abbraccia vari decenni, durante il convegno si è riflettuto — in particolare — sul ruolo avuto dal monachesimo. «Dai lavori del convegno è emersa chiaramente — aggiunge p. Nardin — la disponibilità del mondo monastico, maschile e femminile, a rendere partecipe il popolo di Dio alla liturgia, collaborando all’animazione e formazione liturgica e cercando di agire come il lievito nella pasta».
Tra le notazioni emerse durante i lavori, i rappresentanti delle comunità monastiche francesi hanno mostrato una particolare «unità di intenti» per quanto riguarda l’adozione di forme e preghiere liturgiche. Lo ha testimoniato Dom Marie Gèrard Dubois, per più di vent’anni abate della Grande Trappe e presidente della commissione di Liturgia dell’o.c.s.o. raccontando il lavoro della Commissione Francofona cistercense, che ha come suo strumento di diffusione la rivista Liturgie e che offre sempre una ampia scelta di studi, documenti del magistero, proposte di testi per la liturgia a servizio del mondo monastico. Da parte italiana sono intervenuti, tra gli altri, i rappresentanti delle comunità di Valserena, Praglia, Camaldoli e Bose.
Il mondo monastico italiano è più vario, e non esiste in esso uno strumento di coordinamento come la CFC.
Ogni comunità si muove un po’ all’interno dell’ordine cui appartiene senza troppo collegamento con altre realtà... Il convegno è stato anche un buon tentativo in questo senso di conoscenza e di confronto.
«L’aspetto visibile, concreto della religione, il rito e il simbolo, viene compreso sempre meno, non è più colto e vissuto in modo immediato — ha detto uno dei relatori, il prof. Andrea Grillo, coordinatore della specializzazione in teologia dogmatico — sacramentaria presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma. Grillo ha sottolineato che trattare oggi di liturgia significa «l’approfondire quelli che appaiono ancora come luoghi comuni: il primo è la formazione liturgica intesa come istruzione circa i riti, il secondo è il rafforzamento della separazione tra formazione e spiritualità e il terzo riguarda la soggezione della formazione liturgica ad una lettura sostanzialmente clericale della Chiesa».
Tra i relatori oltre il Prof Grillo e il prof. GIORGIO BONACCORSO, Preside dell’istituto di Liturgia pastorale Abbazia di santa Giustina di Padova. Goffredo Boselli, monaco di Bose ha parlato de prima e dopo la riforma liturgica. PAUL DE CLERKDirettore della rivista La Maison Dieu, membro del Comitè national de Pastorale liturgique (CNPL) già direttore dell’lnstitut Supérieur de Liturgie (ISL) di Parigi ha descritto la ricezione teologica, applicazione pratica e tentazioni di ripiego rispetto alla Sacrosanctum Concilium oggi, mentre DANIEL SAULNIERDirettore dell’istituto di Paleografia musicale dell’Abbazia Saint Pierre di Solesmes e docente presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, ha parlato del canto gregoriano, del suo recupero e del compito che lascia oggi alle generazioni in cerca di una formula musicale altrettanto duratura e valida.
Le relazioni erano seguite da testimonianze delle varie comunità rispetto al lavoro fatto da ciascuna per applicare al proprio interno gli esiti della riforma liturgica, e ora per dare una adeguata formazione liturgica. Una sorpresa per chi ha partecipato al Convegno è stata la presenza viva e numerosa di molta parte del mondo benedettino italiano, comunità giovani e in piena evoluzione, numerica e vitale, ad esempio la comunità di Santa Marta di Firenze, o la Comunità di Poffabro, così come, da parte francese, la Comunità del Bec. Ci si può augurare che si sviluppi ancora meglio l’apporto della dimensione sapienziale femminile così che ad incontri simili ci si possa rallegrare di vedere coniugati insieme relazioni dotte e testimonianze di esperienza, comunità maschili e comunità femminili, nella edificazione di un mondo monastico che proprio nella nostra Europa pare chiamato a ritrovare la sua funzione positiva e profetica, e ha necessità dunque di ogni apporto e di ogni voce. A Monte Oliveto il doppio apporto di testimonianze e relazioni dottrinali ha dato al convegno l’aspetto non solo di un incontro puramente accademico ad alto livello ma di un reale incontro di comunità monastiche in ricerca all’interno di una chiesa desiderosa di riscoprire e riappropriarsi delle fonti della preghiera.
Quali luoghi più appropriati a questo se non i monasteri benedettini, olivetani, cistercensi e trappisti?
(1) Abate ordinario di Monte Oliveto Maggiore, OSB. Nato a Firenze, il 18 marzo 1937, Ordinato presbitero il 2 luglio 1961, nominato abate ordinario di Monte Oliveto Maggiore il 3 ottobre 1992; confermato il 16 ottobre 1992. Membro della Conferenza Episcopale Toscana.