Spiritualità benedettina e cistercense
Veri e falsi religiosi
Testo estratto dal "parabolario"di Galando di Reigny (1)
a cura di Sr. Giovanna Grazioli o. cist.
Galando di Reigny non è uno scrittore illustre, piuttosto potrebbe essere nominato come una persona di secondo piano nel campo della spiritualità del XII secolo. Secondo le sue due opere, Parabolario e Il piccolo libro dei proverbi, possiamo situare la sua attività scritturale in due diversi monasteri. Inizialmente, era membro d’un gruppo d’eremiti, fondato nel104, nella diocesi Autun (Francia), i cui fondatori erano preti ed uno si chiamava Gerardo. Si sono stabiliti in un luogo chiamato, Fontesme o Fontemoy, che vuoi dire: Fons humidus, fonte umida. Alcuni monaci e anche Gerardo sono morti a causa della loro permanenza in questo luogo malsano. Il successore di Gerardo, Giuliano insieme agli altri monaci chiese di entrare nell’Ordine Cistercensi affiliandosi a Clairvaux. San Bernardo accettò l’incorporazione scegliendo come abate il monaco Étienne de Torcy che trasferì il monastero sulla terra di Reigny, diocesi di Auxerre, nel 1134.
Galando scrive nel prefazio del libro Parabolario, di avere incominciato a scrivere secondo l’ordine dell’abate Giuliano, ma ora vuole continuare il suo scritto come monaco di Clairvaux. La seconda opera di Guglielmo, Il piccolo libro dei proverbi è dedicato a San Bernardo.
I veri e i falsi religiosi (2)
1. Si ascolta talvolta più volentieri ciò che si dice per mezzo di paragoni: per dono di Dio, abbiamo dunque composto la seguente parabola che ha per soggetto i veri e i falsi religiosi
Essendo studente (A) e percorrendo (B) numerose province con lo scopo di istruirmi, arrivai con lo spirito in una città (C) abbellita da edifici numerosi e importanti (D). Dato che la percorrevo con occhio d’ammirazione, vidi due uomini (E) dall’aspetto rispettabile e con una grande personalità. lo mi avvicinai, mi sedetti al loro fianco e ascoltandoli parlare per lungo tempo, appresi dalle loro stesse parole che uno di loro era passato da una grande povertà (F) alla più grande ricchezza; l’altro invece era diventato molto povero da ricco che era (S). Stupefatto, domandai di essere informato circa la salita del primo e la caduta del secondo.
Quello che era giunto alla ricchezza rispose per primo:
«lo ero, disse, un ragazzo (I) povero (H); ora capitò che un uomo di questo paese, nobile e molto ricco (K) esortava la sua giovane figlia (L) a sposarsi, Ella gli rispose in questi termini: “Dato che devo obbedire ai tuoi ordini, padre caro, voglio che tu mi unisca a quel ragazzo povero - è di me che parlava - perchè è di animo dolce e umile (M). Se si tratta di ricchezze, grazie a te lo ricolmerò di beni sovrabbondanti: perché dovrei sopportare, per bramosia di ricchezza, un qualsiasi riccone orgoglioso e vizioso (N) col carattere che non si accorda col mio e che offuscherebbe alla lunga la nostra unione con litigi di coppia?”. Che dire di più? Con l’approvazione di suo padre, questa fanciulla molto illustre mi è stata data in sposa con una grande dote».
2. Prendendo la parola disse l’altro:
«lo, al contrario, sono nato da una nobile stirpe (O); un tempo ero molto ricco (P). Ascolta come sono caduto in povertà. Una giovane donna, una serva, si mise a frequentare la mia casa col pretesto di rendermi dei servizi. Questo servizio che all’inizio ho accettato come necessario, con retta intenzione, si è cambiato poco alla volta nel vizio della carne (Q). Perché dilungarmi? Vinto da un amore degradato, la presi in moglie (R). Subito, il suo padrone (5) mi rivendicò per servo e si mise a saccheggiare, a devastare, a dissipare i miei beni (T) di giorno in giorno. In breve, sono stato ridotto a una indigenza così grande che tutto il mobilio della mia casa, e gli stessi abiti che indosso, ad eccezione del mantello che, era magnifico, ora vale appena un soldo. Così non oso ricevere nessun ospite nella mia casa (V) per paura che veda la mia orrenda indigenza. Se talvolta mi capita dì dover accogliere uno, chiedo in prestito dei piatti, della biancheria e quanto è necessario (X), e davanti all’ospite dico che è tutto mio.
Dopo aver valutato un po’ la situazione dissi;
«Tu non sarai mai libero finché vivrà la tua sposa. Ricordati giorno e notte di domandare a Dio la sua morte. Quando la avrai ottenuta, rendi al suo padrone tutto ciò che hai acquistato con lei, e rinuncia così a lui. Se, anche dopo questa rinuncia, egli osasse rivendicarti o reclamarti, porta la tua causa davanti al giudice (Z), e grazie al suo appoggio potrai dimorare al sicuro».
3. Diciamo ora brevemente dove vogliamo arrivare.
Cominciamo dal principio: è discepolo spirituale chiunque si sforza di conoscere i precetti divini.
Inoltre quando si raffigura nel suo cuore la vita degli uomini religiosi che dimorano in diversi luoghi al fine di imitarli, li ricerca con lo scopo di istruirsi.
Ora, se guardiamo con lo spirito la situazione della Santa Chiesa, entriamo in una specie di città; in essa vediamo degli edifici numerosi e importanti quando riflettiamo sulle differenti categorie di fedeli. Quanto a questi due uomini che si distinguono dal loro aspetto, che brillano similmente ma vivono molto differentemente fra loro, sono due generi di religiosi: i veri e i falsi.
Esteriormente non sembrano differire quasi in nulla, ma interiormente sono così lontani l’uno dall’altro quanto la verità lo è dalla menzogna.
Quell’uomo molto nobile è Dio. Sua figlia, è la saggezza, perché ogni saggezza è dono di Dio. Desiderando sposarsi - cioè generare a Dio dei figli spirituali - essa cerca di unirsi non agli orgogliosi ma alle persone dolci, secondo le parole: «La saggezza proclama sulle piazze: se qualcuno è piccolo, venga a me» (cf. Pr 9,3-4).
A chi è privo di senno essa dice:
Suo marito, prima povero e poi ricco, indica coloro che, rinunciando alla vita del secolo dove erano privati dei veri beni e elevati dal loro matrimonio con la religione pura e la saggezza spirituale, abbondano di ricchezze interiori.
L’altro, al contrario, divenuto miserabile da glorioso che era, che non aveva che un mantello prezioso per coprire la vergogna della sua mendicità, rappresenta coloro che, essendo cresciuti nella miseria di una cattiva volontà dopo aver abbracciato la proposta della vita religiosa, cadono dalla cima della santità, come da una grande ricchezza, in una povertà interiore.
Agli occhi degli uomini, sembrano ancora stare in piedi tanto coprono la malizia del loro aspetto religioso di un tempo, conservato come un abito prezioso; ma agli occhi di Dio sono già caduti, dal momento che hanno abbassato il loro spirito ai desideri della terra, come è scritto: «Cadono ai suoi occhi tutti coloro che scendono nella terra» (Sal 21,30).
4. Essi hanno ammesso all’inizio i piaceri della cupidigia, in quanto necessari, come di una serva; poi si sono disonorati sposandola: consegnandosi così al potere del diavolo, sono spogliati da lui di tutti i loro beni spirituali.
Essi non osano introdurre nessun ospite nella loro casa, poiché evitano con la più grande cura di scoprire la malizia che si nasconde sotto il tetto del loro spirito.
Se capita di farne entrare uno, cercano gli ornamenti degli altri e dicono che appartengono loro: se qualcuno, infatti, indaga sui segreti della loro coscienza. Si vantano subito di possedere delle virtù che non hanno; così dicono proprio ciò che appartiene agli altri.
Non mettono il loro mantello che in presenza di un ospite o per uscire; profondamente viziosi interiormente, «cercano di sembrare giusti davanti agli uomini» (Lc 16,15).
lo ho dato questo consiglio: cercare di ottenere da Dio la morte della sposa cattiva, perché nessuno di loro potrà respingere il giogo del diavolo a meno che l’azione divina non spenga in loro la cupidigia di questo mondo.
Una volta avvenuta la sua morte per un dono di Dio, noi rendiamo in qualche modo al diavolo tutto ciò che abbiamo acquistato nello stesso tempo dalla cupidigia, ossia tutto ciò che il diavolo dà ai suoi servitori.
E così noi rinunciamo a lui. Infatti se la cupidigia di questo mondo è perfettamente morta nel nostro cuore, ben presto abbandoniamo tutti i nostri attaccamenti terreni; ma coloro che sono dominati dal «principe di questo mondo» (Gv 12,31), si impadroniscono immediatamente di ciò che noi rigettiamo. Quanto a noi, rinunciando al diavolo, sfuggiamo al suo dominio.
Se in seguito egli avesse la presunzione di reclamarci di nuovo, portiamo la nostra causa davanti al giudice supremo con la preghiera, «spandiamo la nostra preghiera sotto il suo sguardo ed esponiamogli le nostre tribolazioni» (cf. Sal 142,3) , ed Egli «ci libererà dai nostri nemici» (cf. Sal 135,24), Lui che vive e regna.....
NOTE
A. Alla scuola di Colui che dice: « Voi non avete che un solo Maestro» (Mt 23,8).
B. «Giro attorno al tuo altare e... », ecc. (Sal 26,6).
C. Ossia nella Santa Chiesa.
D. Ossia i diversi ordini della società.
E. Due generi di religiosi.
F. Ossia lo stato secolare.
G. Ossia lo stato religioso.
H. Ossia un secolare.
I. Ossia semplice di cuore e di una natura docile.
K. Ossia Dio.
L. Ossia la Sapienza.
M. Essa ricerca gli umili (cf. Sal 112,6).
N. «La sapienza non entra in un animo mal disposto» ecc. (Sap 14).
O. «Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio...» (1Gv 3,2)P. Le virtù di Dio.
Q. Talvolta la cupidigia mondana si insinua poco alla volta nel cuore; e mentre la si ammette come necessaria, cambia la necessità in volontà.
R. Sposa dei buoni: la carità. Sposa dei cattivi: la cupidigia.
S. Ossia, «Il principe di questo mondo» (Gv 12,31).T. I beni spirituali.
V. Egli chiama casa la sua coscienza, a lui ripugna che la vedano.
X. Ossia le virtù.
Y. Egli «cercava di sembrare giusto davanti agli uomini» (cf. Lc 16,15)
Z. Ossia Dio.
1) GALAND DE REIGNY, Porabolaire, a cura di C. Friedlander, Sources Chrétiennes, 378, Paris 1992, Parabola n. 6, pp. 114-125. In Vita Nostra, n. 3 2002, sono state pubblicate le Parabole 3, 7 e 21.
2) La Parabola è inseparabile da questi termini.