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Domenica, 27 Aprile 2025 08:58

Seconda domenica del tempo di Pasqua - Annno C

Seconda domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 5, 12-16

Dagli Atti degli Apostoli
 

Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.
Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro.
Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.


Salmo Responsoriale Sal 117

Rendete grazie al Signore perché è buono:
il suo amore è per sempre.

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!
Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina.

Seconda Lettura Ap 1, 9-11.12-13.17.19


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese».
Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d'oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d'uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito».
 
Canto al Vangelo (Gv 20, 29)


Alleluia, Alleluia

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 20, 19-31
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.


OMELIA

La medesima sera del giorno di Pasqua, l’Amore – infrangendo e vincendo la paura – raggiunge coloro che lui stesso aveva scelto. Un ‘materiale umano’ questo non ineccepibile dato che di questi uno l’ha rinnegato, gli altri sono fuggiti. Ma questi lui «non si vergogna di chiamarli fratelli» (cfr. Eb 2, 11), e ancora una volta si fa loro incontro, li raggiunge nella loro debolezza, nella loro invincibile fragilità, nella loro incredulità e paura.
Il testo dice che il Risorto entrò e ‘stette nel mezzo’ (v. 19). Egli si pone al centro, ‘dentro’ la parte più buia di ciascuno di noi. L’amore risorto, ossia quello più forte della morte, non è più solo il Dio con noi ora, ma il Dio ‘in noi’, parte di noi, e lì vi apporta pace! Al centro delle mie paure, delle mie debolezze, delle mie depressioni, delle mie disperazioni, egli entra ‘a porte chiuse’ e dona la pace da sempre invocata.
«E detto questo, insufflò e disse loro: Accogliete lo Spirito Santo» (v. 22). Gesù insufflò. Questo verbo, tradotto nel nostro brano con soffiò, è un termine rarissimo nella Bibbia. Ricorre qui, e nell’Antico Testamento due volte: quando Dio soffiò vita in Adamo fatto di terra (cfr. Gn 2, 7) e s’una distesa di ossa aride riportandole in vita (cfr. Ez 37).
Ora noi portiamo questo medesimo Spirito santo, la stessa vita di Dio, per questo ha senso questo “amatevi” di Gesù. Un invito – non un comando – ad essere, a vivere secondo la nostra vera natura, per farci passare dall’essere solo ‘terra’, ammasso di ossa, a esseri finalmente viventi!
Amando vivremo ‘da Dio’, adatti a insufflare vita in coloro che ne saranno privi, a dare senso a storie frantumate, rimettere insieme cocci in coloro che si sentono a pezzi. Ma soprattutto, possedendo il medesimo ‘potere’ della divinità potremo perdonare. Ossia farci dono reciproco del perdono capace di riscattarci da tutte le tenebre che ci abitano; ed è nel perdono che ogni miseria diventa luogo di amore più profondo, ogni relazione viene rinsaldata.
Saremo così chiamati a testimoniare il perdono che è un miracolo più grande che risuscitare i morti, perché i morti moriranno di nuovo, mentre facendo dono del perdono sarò trasformato, non conoscendo più la morte.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 27 Aprile 2025 08:52

Domenica di Pasqua - Annno C

Domenica di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 10, 34. 37-43

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».


Salmo Responsoriale Sal 117

Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci ed esultiamo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Seconda Lettura Col 3, 1-4


Dalla  lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
 
Canto al Vangelo


Alleluia, Alleluia

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 20, 1-9
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.


OMELIA

«La resurrezione di Gesù è l’annuncio, la proposta essenziale della fede cristiana. Essa si rende credibile non dalle parole di banditori evangelici, bensì dalla loro testimonianza di vita. Se Gesù è realmente risorto deve ridondare dalle operazioni di coloro che lo proclamano tale. La risurrezione non è una parola magica, ma un programma di vita nuova, spirituale, celeste che tende a farsi breccia nel tempo. Vi credono tutti coloro che fanno compiere un passo avanti alla storia avvicinandola all’eternità. Forse sono molti di più di quanti si pensi, indipendentemente dalle loro convinzioni e confessioni religiose» (Ortensio da Spinetoli).

«Un divino cui non corrisponda una fioritura dell’umano non merita che ad esso ci dedichiamo». (Dietrich Bonhoeffer).

Dal vangelo evinciamo come le donne e gli uomini che incontrarono Gesù, fecero esperienza in quel preciso istante di vita eterna, ovvero fiorita, piena, realizzata. Frequentandolo hanno sperimentato nella carne la sua capacità di far germogliare, sbocciare la vita, di far fiorire il deserto. Per questo credevano e testimoniavano la resurrezione.

In uno straordinario passo degli Atti degli Apostoli in cui, nel descrivere le azioni della prima comunità cristiana, si afferma che: «Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù […]. Nessuno infatti tra loro era bisognoso» (At 4,33-34). Il fatto che nessuno della comunità fosse indigente era chiara testimonianza della risurrezione di Gesù, perché una comunità che si prende cura degli ultimi grida coi fatti che Gesù è veramente risorto.

La resurrezione non è dunque questione di vedere uscire un morto da un sepolcro, toccare un cadavere tornato alla vita. La resurrezione è credere e sperimentare qui e adesso di poter uscire dai propri sepolcri esistenziali. Son certo che le donne e gli uomini del tempo di Gesù abbiano vissuto le ‘apparizioni’ del Risorto prima dell’evento della croce, nel loro quotidiano vivere, quando hanno incontrato un uomo talmente buono, giusto e umano, da sperimentare essi stessi la resurrezione. Questo vuol dire avere fede nella resurrezione, vivere la Pasqua: fare esperienza dell’amore e uscire dai propri sepolcri.

In questo un passo di Eugen Drewermann, approfondisce proprio questo: «Il suo entrare nella loro vita, deve aver avuto l’effetto di un ridestarsi dopo un lungo sonno, come un appello ad abbandonare la non vita per entrare nella realtà, come un lacerare sogni angosciosi, come un aprire gli occhi alla luce. Con Gesù accanto, quelle donne e quegli uomini percepirono che la vita merita di essere vissuta, perché colma di promessa d’infinito, perché finalmente amate, accolte, ridestate alla dignità, perché oggetto di amore da sempre. Ecco, chi a contatto con Gesù fece una tale esperienza di rinascita non poté pensare che Gesù potesse rimanere prigioniero della morte.


 
Paolo Scquizzato
 
Domenica delle Palme o della Passione del Signore - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Is 50, 4-7

Dal libro del profeta Isaia
 

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.


Salmo Responsoriale Sal 21

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d'Israele.

Seconda Lettura Fil 2, 6-11


Dalla  lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
 
Canto al Vangelo (Fil 2,8-9))


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 23,1-49 (Forma breve)
 
Dal Vangelo secondo Luca


- Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna
In quel tempo, tutta l'assemblea si alzò; condussero Gesù da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell'uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l'autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.

- Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell'accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

- Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest'uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest'uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

- Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: "Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato". Allora cominceranno a dire ai monti: "Cadete su di noi!", e alle colline: "Copriteci!". Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

- Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

- Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

- Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

- Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

OMELIA

In questa domenica detta ‘domenica delle palme’, come si sa, si fa memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme nel suo ultimo viaggio nella città santa. Alla notizia del suo arrivo, i presenti, entusiasti, stendono mantelli sul terreno sventolando e agitando i rami tagliati degli alberi, palme appunto.
L’immagine è icastica: Gesù entra trionfante a Gerusalemme, seduto sul dorso d’un asinello.
Per lui ha inizio l’ultima settimana di vita. Infatti a Gerusalemme vi rimarrà cinque giorni. Al ‘sesto giorno’ lo uccideranno. Al settimo entrerà nel buio del sepolcro, per risorgere l’ottavo giorno.
Questa cadenza temporale altro non è che la narrazione di una ‘nuova creazione’.
Si è passati dalla ‘creazione dell’uomo’ – avvenuta secondo il libro della Genesi il sesto giorno – alla sua ri-creazione compiutasi con la morte e resurrezione di Gesù, il nuovo Adamo.
Ora la domanda che s’impone è questa: in che senso, in che modo, la morte e resurrezione di Gesù ha permesso questa ricreazione dell’umanità intera?
La narrazione classica – e ufficiale – della Chiesa ci è nota: la morte di Gesù sulla croce – come Agnello di Dio, e dunque vittima sacrificale – ci ha riconciliato con Dio una volta per tutte. Questa ‘verità’ teologica ci ha plasmato fin dal catechismo, con affermazioni come queste:
_ “Tu ci hai redenti (ri-uniti con Dio, riacquistati, ricondotti alla sua amicizia…) con la tua morte e risurrezione”. (Dalla liturgia eucaristica)
_ “Dalle sue piaghe (dal suo sacrificio) siamo stati guariti” (1Pt 2, 25)
_ “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo…” (Dalla liturgia eucaristica)
E si potrebbe continuare per pagine e pagine…
L’idea che è passata nel cristianesimo, cattolico, protestante o ortodosso che sia, è che l’evento-croce di Gesù sia di per sé salvifico. Che è la presunta morte-sacrificale di Gesù ad averci riconciliato con suo padre, un dio adirato con noi; e che quest’ira possa essere placata solo col sangue nientemeno del suo unico e amato ‘figlio’ (nella tradizione ebraica questa presunta riconciliazione avveniva almeno con la morte di capi di bestiame -un capro (espiatorio) e un agnello).
Personalmente è da tempo che ho abbandonato questo modello teologico per leggere l’evento-croce di Gesù di Nazareth.
Non posso più starci dentro, da uomo di fede e per onestà intellettuale.
La croce non è per me il progetto concepito da un dio sadico che sacrifica ciò che ha di più caro – suo figlio – per ristabilire l’amicizia con la massa dannata degli uomini e delle donne colpevoli solo d’essere gli ‘esuli figli di Eva’. La croce non può essere l’altare dove si consuma – ad opera di un sedicente dio-amore – il male più assordante della storia seppur a fin di bene! Quel medesimo dio che stando alla rivelazione biblica fermò il coltello nella mano di Abramo pronta a sacrificargli il figlio Isacco.
Ma a questo punto la domanda si fa ancora più cogente. Cos’è dunque la croce; che cosa significa la morte di Gesù sulla croce? Anzitutto credo profondamente che la croce sia la destinazione (non il destino) dell’avventura amante dell’uomo Gesù. Non è la realizzazione di un progetto sadico ma l’ultima stazione dell’amore. La croce non è stata cercata, voluta, conseguita, agognata, ma la conseguenza storica, contingente, naturale del cammino intrapreso ‘in direzione ostinata e contraria’ dell’uomo di Nazareth. Gesù ha deciso di amare senza se e senza ma, e questo l’ha portato sul patibolo infame ad opera del potere -esclusivamente – civile e temporale del suo tempo.
Credo che occorra passare dunque dalla logica redentivo-sacrificale alla logica dell’asino.
L’entrata sul dorso di un asino, a livello simbolico è infatti potentissima. Gesù vince la morte in quanto ‘asino’, ovvero attraverso una vita all’insegna delle virtù innegabili di questo incredibile animale che diventano metafora: la mansuetudine, il servizio disinteressato, la condivisione dei pesi altrui (cfr. Gal 6, 2) e una spiccata capacità di ascolto (le sue orecchie molto grandi). Gesù ha rifiutato di servirsi di un cavallo, l’animale di chi detiene il potere facendo uso della forza e della violenza.
Laddove vi è capacità di servire, si realizzerà il Regno di Dio: «Benedetto il Regno che viene», dice Marco 11, 9. Insomma, è la capacità di servire, di fare il bene che ci salva, porta compimento la nostra umanità, che ci fa fiorire!
Per questo occorre ‘slegare’ dentro di noi l’asinello (Mc 11, 2), ossia la nostra capacità di amare e di servire. Gesù è venuto proprio a tentare di sciogliere, slegare in noi questa capacità di prenderci cura dell’altro, di giocarci la vita in una modalità non mondana.
“Il Signore ne ha bisogno” di questo asino (v. 3). Egli ha bisogno del mio bene, ossia che si sciolga in me l’egoismo che mi blocca la vita, per effondere luce nel mondo facendo arretrare la tenebra del male. E stiamone certi: questo asinello il Signore ce lo rimanderà indietro subito (v. 3): l’amore che doniamo agli altri ci tornerà sempre indietro e in maniera sovrabbondante.
Il problema di fondo, è che noi amiamo il potere e la forza. Per questo preferiamo salire sul cavallo del vincitore di turno. All’asino mansueto, che si pone a servizio, preferiamo la violenza dei potenti, per ingrossare il nostro ego.
Siamo chiamati a realizzarci attraverso la via del bene e del dono, ma continuiamo a strizzare l’occhio al mondo, con la sua logica apparentemente vittoriosa, fondata sul potere, l’avere e il successo. Ma se incrociamo l’asino col cavallo rischiamo di stare al mondo come il mulo, semplicemente sterile.
Gesù entrò nella sua settimana di ‘compimento’ avendo come trono un asino, e la terminò su di un altro trono, la croce: segno, solo, dell’amore che va fino alla fine. E ora molta gente urla: “Osanna” che significa “Dio salva”. Sì, Dio salva così, con l’amore che non demorde, rinnegando il proprio io a favore dell’altro. E grida ancora: «Benedetto colui che viene…». Sì, perché l’Amore non può venire che in questa maniera, perché venisse in altro modo, con potenza e violenza, rinnegherebbe semplicemente sé stesso.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 06 Aprile 2025 09:01

Quinta domenica del Tempo di Quaresima - Annno C

Quinta domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Is 43,16-21

Dal libro del profeta Isaia
 

Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».


Salmo Responsoriale Sal 125

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Seconda Lettura Fil 3,8-14


Dalla  lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
 
Canto al Vangelo (Gl 2,12-13)


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Gv 8,1-11
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

OMELIA

Siamo nel tempio di Gerusalemme, due schieramenti, da una parte gli scribi e i farisei, dall’altra ‘la misera e la misericordia’ (Agostino).
Da una parte i puri e duri, tutti dalla parte di Dio, dall’altra Gesù di Nazaret tutto dalla
parte dell’uomo. Per i primi Dio è somma giustizia. D’altra parte lo dice il testo sacro: «Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte» (Lv 20, 10). Dall’altra Gesù, per il quale nulla può venire prima dell’uomo, infatti dirà: il mio Dio è il Dio dei vivi e non dei morti (cfr. Mt 22, 32).
Una Legge, un testo sacro, una tradizione che in nome di Dio provoca anche solo
minimamente sofferenza all’essere vivente (ogni essere vivente) può essere solo frutto di menti malate e quindi partorito da una volontà umana e malvagia: «Invano essi mi rendono culto – dice Gesù – insegnando dottrine che sono precetti di uomini» (Mt 15, 9).
Gesù dinanzi a questa donna, «piccolo animale braccato, paralizzata da quegli uomini che l’hanno strappata dal letto dell’amante» (Françoise Dolto), sta in silenzio. Non giudica, perché l’Amore non giudica nessuno (cfr. Gv 5, 22). E, in questo quadro di morte e di rabbia, Gesù pare il solo ad essere interessato alla vita, alla storia, e al destino di questa povera donna.
Gesù invita a chiederci dinanzi a questo ‘animale braccato’ – simbolo di tutti i colpevoli della storia –: «Ma cosa ne sai di questa creatura? Cosa ne sai del suo mondo interiore, dei suoi sogni, dei suoi desideri profondi?». Merita la morte una donna costretta a sposarsi a dodici – tredici anni non per amore ma solo per soddisfare gli interessi economici della famiglia di origine? Merita la morte una donna il cui unico desiderio è la felicità e il compimento del proprio cuore?
Merita di morire dentro, chi ha fallito una relazione, chi s’è sbagliato sul proprio partner, sulla vita, sull’amore?
Gesù è solo l’incarnazione dell’Amore. E l’amore non condanna appunto, senza per
questo giustificare. Per Gesù l’essere umano è sempre più grande, ‘oltre’ ogni peccato, ogni legge, civile o ecclesiale che sia. L’alternativa è stare con la fazione dei puri e dalle mani piene di pietre, che come tutti gli integralisti di questo mondo odiano nell’altro ciò che non riescono ad accogliere di sé. Gesù è il Dio che si è messo dalla parte dell’umano sancendo la fine della Legge (cfr. Rm 10, 4), perché per lui una sola è legge che vale, quella della misericordia dato che: «Pieno compimento della Legge è l’amore» (Rm 13, 10)

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 06 Aprile 2025 08:54

Quarta domenica del Tempo di Quaresima - Annno C

Quarta domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Gs 5,9-12

Dal libro di Giosuè
 

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto».
Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.
Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.


Salmo Responsoriale Sal 33

Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

Seconda Lettura 2Cor 5,17-21


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.
 
Canto al Vangelo (Lc 15,18)


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 15,1-3.11-32
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

OMELIA

Per Gesù di Nazareth la gioia di suo Padre non dipende dal comportamento dei suoi figli, ma che questi conoscano, ovvero sperimentino, di quale stoffa è fatto il Padre. È questo il messaggio ultimo inscritto nella parabola del figlio che Gesù racconta nel vangelo di questa domenica.

Anche in Giovanni Gesù insiste sul fatto che in ultima analisi ciò che comunemente denominiamo salvezza è questione di conoscenza, ovvero di esperire la medesima natura di Dio: «Questa è la vita eterna [ossia la gioia piena, esperienza salvifica] che conoscano te [Padre]» (Gv 17, 3).

Credo in ultima analisi che questa conoscenza-esperienza della stessa natura del Mistero sia la santità. Noi col tempo siamo arrivati ad identificare la santità con un ‘migliorismo’ morale, col farcela tramite un impegno etico. Abbiamo creduto che lo scopo del cristianesimo fosse magari far felice un dio assiso da qualche parte in cielo. Abbiamo ridotto la confessione sacramentale ad un’accusa del dislivello tra ‘ciò che avrei dovuto essere e ciò che mi ritrovo a vivere’, quando il vangelo ricorda che la salvezza altro non è che perdersi nell’abbraccio di un Amore che versa su me il balsamo che guarisce le ferite del mio vagabondare aprendomi così ad un futuro di fecondità. Solo questo abbraccio produrrà vita, gioia, trasformazione interiore, mentre l’accusa continua (e frustrante) del divario tra dovere e la realtà delle nostre miserie, genera solo sensi di colpa e tristezza mortale.

Dio non nutre aspettative su di noi, perché l’amore non s’aspetta nulla dall’amato, come un genitore non dovrebbe attendersi nulla dai propri figli: «Il vero amore per i figli dev’essere a favore dei figli, svincolato da qualsiasi aspettativa nei loro confronti. Questa è una debolezza dei genitori: la si potrebbe definire il loro destino» (Etti Hillesum, Diario).

«Questo tuo fratello era morto» (v. 32) dice il Padre al fratello maggiore. Ma ora è tornato a vivere – è letteralmente risorto dice Gesù- perché ha accolto il perdersi in un abbraccio amoroso piuttosto che vivere di rimpianti.

Non avendo mai veduto cadaveri tornati in vita, credo fermamente che risorgere significhi credere anzitutto ad una postura esistenziale capace di effondere vita; potenza del perdono donato a chi ha fallito il bersaglio esistenziale col cosiddetto ‘peccato’.

Perdonare non significa infatti né amnistia né amnesia, ma dono gratuito perché l’altro possa tornare a vivere, aprendolo così a un futuro che abbia il sapore di rinascita.

Perdonare significa concedere all’altro il miracolo del ‘ricominciare’, rialzarsi dalle proprie ceneri, per poi sperimentare che i primi a volare siamo noi stessi.


 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 23 Marzo 2025 09:10

Terza domenica del Tempo di Quaresima - Annno C

Terza domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Es 3,1-8a.13-15

Dal libro dell'Esodo
 

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».


Salmo Responsoriale Sal 102 (103)

Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
 
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
 
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.
 
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Seconda Lettura 1Cor 10,1-6.10-12


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
 
Canto al Vangelo (Mt 4,17)


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 13,1-9
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

OMELIA

Il vangelo di oggi può essere riassunto con questa domanda: “Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. L’idea di un Dio che premia i buoni e castiga i cattivi, se la portavano dentro i discepoli di Gesù e molto cristianesimo oggi.
Gesù pare mandare in frantumi l’idea di un Dio onnipotente e quindi ‘troppo umano’. Se le cose ti vanno male (o bene), il dio che hai in testa non c’entra assolutamente nulla con tutto ciò. La vita procede per la sua strada, il cosmo si muove per le sue leggi intrinseche. Insomma, la realtà, la vita non obbedisce a un dio capriccioso che comanda le cose dal proprio centro di controllo …
“Dio non fa le cose, ma fa in modo che le cose si facciano”, è probabilmente la postura mentale che dovremmo assumere da ‘credenti’ nel XXI secolo. Non un dio interventista, ma la forza che – intrinseca alla realtà – la muove perché questa, in nome solo delle proprie leggi autonome, giunga a compimento.

Non solo. Qui Gesù distrugge l’equazione peccato = castigo, e quindi la tentazione di credere che l’umanità sia divisa in buoni e cattivi, santi e peccatori, giusti e sbagliati. Il mondo è costituito solo da ‘ladroni sulla croce’ e non da uomini e donne premiati o puniti per le proprie azioni morali.
Esistesse un Dio che amasse in base alla morale delle sue creature, cesserebbe di fatto essere l’Amore, che si dà non per i meriti acquisiti (si chiamerebbe premio), ma perché non può non farlo. Come la luce non può non illuminare.
Paolo ha provato a balbettare qualcosa sull’essenza di Dio: è magnanimo, buono; non invidioso. Non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). Questo è il dio di Gesù. Anche se dobbiamo pensare il Mistero impronunciabile infinitamente oltre tutto questo.
Se la quaresima ha un senso, è quello di disintossicarci da una falsa immagine di Dio. Occorre convertirci, trasformare la nostra mentalità, smetterla di sbagliarci su Dio, perché, come diceva Turoldo: «Sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che possa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita».


 
Paolo Scquizzato
 
Seconda domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Gn 15,5-12.17-18

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

 

Salmo Responsoriale Sal 26 (27)

Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
 
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.
 
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
 
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Seconda Lettura Fil 3,17-4,1


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
 
Canto al Vangelo (Mc 9,7)


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l'amato: ascoltatelo!».

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 9,28b-36
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

OMELIA

Tutto è trasformazione. Questa è la legge della vita: il seme diventa pianta, il bruco farfalla, l‘energia materia. Tutto è ‘impermanenza’, tutto muta, diviene, si trasfigura. E per questo tutto è vita.
Morte è la stasi, la consuetudine, la conservazione, l’immobilità, il vivere di sogni riguardo al passato o al futuro.
“Muori e diventa” ci ricorda Goethe. Muori al tuo piccolo io e sperimenterai il Mistero indicibile che matura in te. E dagli credito, lascialo agire, lascia che si apra in te e ti porti a compimento.
Il Vangelo di oggi ci riconcilia con i nostri fallimenti e i nostri naufragi esistenziali.
Vivere fino in fondo il dolore e il fallimento, le nostre morti quotidiane può essere premessa perché si riveli qualcosa di nuovo. Spesso è il medesimo veleno maligno che ci ha feriti a morte a rivelarsi l’antidoto migliore per la guarigione.
La cura del dolore sta nel dolore.
Gesù molte volte invita a riconoscere nel naufragio della propria vita non tanto la fine e la sconfitta, ma un’opportunità di vita nuova. Gesù è l’uomo fallito che accogliendo sino in fondo la realtà in un abbandono totale, ha sperimentato il cominciamento di una vita nuova e per sempre.
Nessuno ama naufragare, si sa, ma spesso proprio ciò si rivela come possibilità di approdare in terre sconosciute e lì ricominciare una vita nuova. Sperimentare che la propria vita va in frantumi può rivelarsi una grazia, quando a sfasciarsi sono i sogni su cui abbiamo costruito la vita, oppure i desideri e le attese che gli altri hanno riversato su di noi.
Dopo essere andati a pezzi, non si tratta di ricomporre i cocci per tornare a come s’era prima; piuttosto ad approfittare della situazione in modo che rimettendo insieme i pezzi possa nascere qualcosa d’inedito, di altro, d’inaudito, e magari di bellissimo. E che non avremmo mai potuto immaginare.
La crisi, ciascuna crisi sarà sempre dunque un atto ‘grazioso’, trasfigurazione dell’esistente e manifestazione di una bellezza collaterale inimmaginabile. Basta un atto di fiducia.
La croce ha rappresentato la frantumazione nei discepoli dell’immagine che si erano creati su Gesù, su Cristo e su Dio. Tutto difronte a quel legno è crollato. Gesù stesso ha ‘mollato la presa’: i chiodi conficcati nei polsi gli hanno permesso di aprire la mano in un abbandono totale, per poi sentirsela afferrare finalmente da un amore fedele ed essere così riportato a casa e questa volta per sempre.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 09 Marzo 2025 09:49

Prima domenica del Tempo di Quaresima - Annno C

Prima domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Dt 26, 4-10

Dal libro del Deuteronomio
 
Mosè parlò al popolo e disse:
«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all'altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: "Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato". Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».
 

Salmo Responsoriale Sal 90

Resta con noi, Signore, nell'ora della prova.

Chi abita al riparo dell'Altissimo
passerà la notte all'ombra dell'Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell'angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».

Seconda Lettura Rm 10, 8-13


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
 
Canto al Vangelo (Mt 4,4)


Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Vangelo Lc 4,1-13
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo"».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano"; e anche: "Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «È stato detto: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

OMELIA

Nell’episodio denominato delle ‘tentazioni’, a Gesù viene chiesto: ‘vuoi essere felice?’ e al contempo gli viene indicata la via per esserlo: ‘fa’ questo e lo sarai’.
Il ‘diavolo’ dovrebbe imparare che ‘la felicità è una direzione, non un luogo’ (Sydney Harris).
La felicità (Gesù preferiva parlare di beatitudine) è sempre l’effetto collaterale di un cammino sul sentiero del bene. Si può essere felici solo come conseguenza, retrogusto di un ‘modus vivendi’ buono.
Ecco perché Gesù rifiuta la ‘via direttissima’ sulla parete nord della felicità, prospettatagli dal diavolo. Troppo rischiosa. La vita è complessa, e la sua bellezza risiede proprio in questa complessità. Non si danno scorciatoie per il compimento del cuore. La strada va percorsa tutta, con le sue fatiche, le cadute, i fallimenti, i limiti accogliendo, passo dopo passo, ciò che lei, la vita, e solo lei, ha deciso per noi. Non si danno vie di fuga per la felicità, altrimenti rischieremmo di pensare che questa consista nella semplice assenza di problemi e d’ostacoli.
La felicità, o meglio la beatitudine – insomma – ci verrà incontro quando smetteremo di cercarla. Magari impegnandoci a favorire quella degli altri. Sempre nella consapevolezza che il bene dell’altro, il vivere relazioni sane, e la pace son qualcosa di affermabile solo a caro prezzo, e con tempi molto lunghi; quelli dell’amore.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 02 Marzo 2025 08:38

Ottava domenica del tempo ordinario. Anno C

Ottava domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Sir 27,4-7

Dal libro del Siracide
 
Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.
 

Salmo Responsoriale Sal 91

È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.

Seconda Lettura 1 Cor 15, 54-58


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?»
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
 
Canto al Vangelo (Fil 2,15d-16a)


Alleluia, alleluia.

Risplendete come astri nel mondo,
tenendo salda la parola di vita.

Alleluia.

Vangelo Lc 6,39-45
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

OMELIA

«Ogni albero si riconosce dal suo frutto» (v. 44).
Occorre vivere come le radici degli alberi, avendo l’ardire di riposare nella solitudine, nel silenzio e nel buio della propria terra interiore. E lì stare. Radicati.
Troppo spesso viviamo da sradicati. Ci manca il contatto silenzioso con noi stessi, con la nostra interiorità e profondità, trovandoci alla fine soli e infecondi. “Dov’è la vita che abbiamo perduta vivendo?” si domanda T.S. Eliot.
“Non vi è albero cattivo che produca un frutto buono” ci ricorda il vangelo di oggi.
Non è esclusiva dell’essere religioso, credente, magari cristiano di dare ‘frutti buoni’. Ciò che conta è il frutto, è il bene seminato, l’amore donato, la vita condivisa, la cura prestata. E ciò è sufficiente per mostrare che l’albero da cui proviene è esso stesso buono.
Una coppia irregolare, chi vive un amore ‘diverso’, un senza dio, il seguace di una tradizione spirituale che non sia quella cristiana cesseranno d’essere agli occhi di alcuni pseudo-religiosi, ‘alberi cattivi’ alla prova dei fatti, proprio per quell’amore che sanno donare e donarsi; e se questo amore sarà capace di trasformare, fecondare una vita, significherà che l’albero da cui quel bene è scaturito, è di per sé buono, senza se e senza ma, con radici talmente profonde d’attingere direttamente al cuore stesso del Mistero insondabile.
Ma occorre stare attenti, perché può accadere il contrario, ossia ritenersi alberi buoni solo perché appartenenti al sottobosco della consuetudine religiosa, cresciuti all’ombra delle pie pratiche di pietà, e dell’osservanza di sterili precetti, per poi scoprirsi dispensatori di frutti acerbi, cattivi e velenosi. E magari, alla fine della vita, ritrovarsi fatti solo di spine e rovi (cfr. v.44). Ma questo potrebbe comunque rivelarsi una benedizione: se prendessimo veramente coscienza d’essere fatti di spine, potremmo ancora essere posti come corona in testa al Cristo crocifisso (cfr. Mt 15, 17), realizzando così il detto di Isaia: «Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio» (Is 62, 3). Ed essere finalmente guariti dalla nostra presunzione, ritrovandoci nell’abbraccio di un Amore che tutto copre (1Cor 13, 7) e lasciandosi accarezzare da una misericordia che rigenera e manda avanti la vita.

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 22 Febbraio 2025 21:29

Settima domenica del tempo ordinario. Anno C

Settima domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23

Dal primo libro di Samuele
 
In quei giorni, Saul si mosse e scese nel deserto di Zif, conducendo con sé tremila uomini scelti d'Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif.
Davide e Abisài scesero tra quella gente di notte ed ecco, Saul dormiva profondamente tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisài disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisài: «ANon ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?».
Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore.
Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era una grande distanza tra loro.
Davide gridò: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore».
 

Salmo Responsoriale Sal 103

Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome. 
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe, 
guarisce tutte le tue infermità, 
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore, 
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

Seconda Lettura 1 Cor 15, 45-49


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti.
E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste.
 
Canto al Vangelo (Gv 13,34)


Alleluia, alleluia.

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Alleluia.

Vangelo Lc 6, 27-38
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

OMELIA

Sii luce nella tenebra e compassione nell’odio; rialza chi è caduto, credi sempre che la sconfitta e la violenza non sono l’ultima parola; da’ e non pretendere in cambio; ama gli altri come ‘vuoti a perdere’. Non giudicare, e fai dono del più grande dono: il perdono. Se ti scoprirai ad agire così, ossia ‘da Dio’, sappi che sei della sua medesima sostanza: ‘sarate figli dell’Altissimo’ (cfr. v. 35).
‘Porta avanti la vita’, spezza le catene di chi si sente sbagliato, inadatto, sempre fuori luogo, irregolare. E se “la Chiesa scomunica, il cristiano continua ad andare a braccetto con chi è scomunicato. La Chiesa può condannare, dichiarare peccatore uno, metterlo sul rogo, ma il vero cristiano brucia sul rogo con colui che è condannato. Perché il cristiano deve unicamente e solamente portare la vita” (Giovanni Vannucci).
Questa è dunque è la vocazione dell’umano: essere trasparenza al divino che ci abita, dandogli forma nel quotidiano, elargendo Vita, diffondendo luce, iniettando nel mondo antidoti alla morte.

«La divinità si incontra laddove l’umanità diventa integra e profonda, quando si vede una persona senza difese e senza potere che è capace di darsi totalmente. Questo è il momento in cui il Gesù umano ci apre gli occhi a tutto ciò che significa Dio e ci permette di vedere tutto ciò che Dio è» (John Spong).

 
Paolo Scquizzato
 
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