Mondo Oggi

Venerdì, 17 Agosto 2018 23:11

Sovversione dei dati reali e strumentalizzazioni ideologiche (Maurizio Ambrosini)

Vota questo articolo
(0 Voti)

Al rimbombo delle retoriche ideologiche si contrappone la solidarietà di minoranze attive, capaci di costruire dal basso l'integrazione. Gli immigrati sono ormai parte della società europea, che decresce e che ha bisogno di ritrovare i propri valori compromessi dagli egoismi individuali. Le democrazie liberali devono prestare ascolto a chi bussa alle porte.

Spostamento, attraversamento di un confine e tempo prolungato, sono questi i tre elementi che definiscono colui che può essere chiamato immigrato; tuttavia gli immigrati benestanti o famosi, seppur provenienti da Paesi poveri, non godono di questo appellativo, bensì il termine viene applicato soltanto ai residenti classificati come poveri. La ricchezza sbianca, ma soprattutto la disinformazione distorce quelle che sono le realtà statistiche. Nel moderno immaginario collettivo, sembra essere in drammatico aumento l'immigrazione di uomini, prevalentemente musulmani, africani e medio orientali in continua ricerca di asilo. Tutto ciò avviene quando davanti agli occhi c'è l'evidenza statistica la quale dimostra come l'immigrazione sia da parecchio tempo stazionaria, ma soprattutto interessi in maggioranza la popolazione europea, femminile e cristiana che si sposta a causa di lavoro e famiglia. Infatti, malgrado le promesse di chiusura delle frontiere, il blocco degli ingressi è contrastato da altri interessi, prevalentemente economici e riguardanti il mercato del lavoro e degli scambi internazionali, ma anche culturali e religiosi, nonché politici. Le politiche migratorie, retoriche e pratiche, falliscono proprio a causa di questi interessi. A loro volta ci sono anche ì diritti umani, i quali entrano in contrasto con chiusure troppo rigide.

Disinformazione

A tenere le redini è, come sempre, la disinformazione, anche quando si parla di migrazione come conseguenza della povertà. Le migrazioni hanno a che fare con le disuguaglianze di opportunità, ma il numero di migranti internazionali è pari al 3% della popolazione, mentre i poveri si presentano in numero molto maggiore e soprattutto i migranti non provengono dai Paesi più poveri del pianeta, se non in minima parte. In Italia, i 5 milioni di immigrati sono arrivati da Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina e Filippine e non si tratta nemmeno dei più poveri dei loro Paesi, in quanto, per spostarsi, occorrono risorse.

In molti casi, l'emigrazione è una strategia estrema di difesa di uno stile di vita da classe media. Inoltre, la grande maggioranza dei migranti, anche gli irregolari, arrivano regolarmente, spesso con visti turistici. L'aspirazione dei migranti è quella di migliorare le proprie condizioni di vita e quelle della propria famiglia. E la speranza a contare più della disperazione.

L'Europa, alla richiesta crescente di aumentare il contrasto del traffico dei migranti, risponde aumentando le misure di contrasto e ne consegue un trasporto dei migranti in condizioni più pericolose e quindi un aumento dei morti in mare durante le tratte. La spirale della morte gira e all'aumento della chiusura delle rotte corrispondono solo nuove morti.

L'86% dei rifugiati viene accolto in Paesi del cosiddetto Terzo mondo, l'Unione Europea ne accoglie meno del 10%... L’Europa non sta venendo invasa; gli attuali flussi verso l'Europa, globalmente modesti e selettivi, hanno a che fare con la crisi dei sistemi di accoglienza nei Paesi di primo asilo e con il crollo dei finanziamenti delle agenzie internazionali. Non sono i Paesi ricchi ad accogliere: in rapporto agli abitanti il Libano accoglie 183 immigrati per ogni mille abitanti, la Giordania 87, la Turchia 32. In Europa la proporzione si abbassa notevolmente e per ogni 1000 abitanti Malta accoglie 23 persone, la Svezia 17 e l'Italia 3. Oltre un milione di profughi sono arrivati in Europa nel 2015, ma si tratta di 1/60 dei migranti forzati nel mondo, di 1/50 degli immigrati stranieri residenti in Europa, di 1/500 della popolazione dell'Europa. L'afflusso in Europa è molto più basso di quello che sopportano, ad esempio, i Paesi confinanti con il teatro di guerra siriano.

Minacce e paure

La grande disputa riguardante l'immigrazione è tra il contenimento e l'accoglienza. Nelle oscillazioni delle politiche europee il pendolo si colloca ora verso il contenimento: tornano i muri, si creano patti e alleanze (primo fra tutti quello con la Turchia), si lotta contro gli scafisti, si rallentano le ricollocazioni, si chiudono i canali umanitari. Coloro che arrivano in Europa sono i più fortunati, relativamente dotati di risorse e pieni di aspirazioni, in primo luogo quello di valicare le Alpi; non possono essere confusi coloro che sbarcano sulle nostre coste e coloro che invece vengono accolti.

Una nuova minaccia si è aggiunta alla lista delle motivazioni per respingere gli immigrati, specialmente siriani, e negar loro l'accoglienza: la paura di legami con l’ISIS. Gran parte dei rifugiati siriani scappa dall'ISIS, i terroristi noti sono invece un prodotto europeo: nati e cresciuti in Europa, si sono radicalizzati in Europa e hanno colpito in Europa. Un'altra grossa minaccia sembra essere il fatto che il multiculturalismo faccia male alle donne, il che è ben rappresentato dai fatti accaduti a Colonia nella notte di Capodanno 2015. I possibili antidoti possono essere luoghi di socialità e di associazione per giovani maschi che si ritrovano soli e in una dimensione del tutto nuova. L'ultima avvisaglia è rappresentata dai confini apparentemente segnati del welfare, a causa dei quali sembra necessaria una competizione per le scarse risorse. La grande domanda riguarda l'effettivo peso di rifugiati e l'effettivo contributo di immigrati al welfare di Stato.

Ci sono però limiti scritti all'accoglienza, indipendentemente dalle molteplici minacce apparenti e insite nell'ideale comune? Per i rifugiati, né la Costituzione né le convezioni internazionali prevedono limitazioni, per gli immigrati economici, invece, il mercato si è dimostrato un regolatore molto più efficace delle politiche. Le società civili di accoglienza non sempre però sono così accoglienti e forse nemmeno civili. Troppo grandi sono ancora le contraddizioni tra mente e cuore, tra comportamenti e atteggiamenti, la nostra è una società multietnica di fatto, ma che non vorrebbe esserlo. La nota positiva e portante è quella che riguarda l'aiuto agli immigrati, forse nell’insieme la più significativa mobilitazione solidaristica dal dopoguerra ad oggi. Molte forme di aiuto verso gli immigrati vanno oltre gli angusti confini delle norme e difatti esistono minoranze attive e capaci di costruire dal basso l'integrazione degli immigrati. Se i nostri Paesi si stanno faticosamente adeguando al loro futuro, lo si deve in buona parte a queste minoranze.

Urgenze e pericoli

Tre sono però i problemi fondamentali dell'aiuto agli immigrati: quello della disseminazione culturale, spesso c'è una visione diversa di immigrato e rifugiato; quello del miserabilismo, per cui a volte l'aiuto è legato a una visione dell'immigrato come una persona incapace di tutto; quello della dipendenza, l'aiuto infatti deve essere emancipante.

Serve una governance mondiale, o almeno europea dell'asilo. Servono nuovi canali umanitari. Serve libertà di insediamento per i richiedenti asilo con costi a carico del bilancio UE. Serve specialmente un adeguamento di istituzioni, di comunicazioni e di mentalità verso la cosmopolitizzazione del mondo. Il mondo è diventato più vasto delle nostre idee e istituzioni e necessita di novità, capaci di andare più avanti del mondo attuale.

Maurizio Ambrosini

Università di Milano

(in Rezzara notizie, anno XLVI, n. 4, luglio-ottobre 2016, p. 5)

 

Letto 1968 volte Ultima modifica il Venerdì, 17 Agosto 2018 23:20
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search