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Sabato, 23 Ottobre 2010 09:51

Il peccato nella chiesa

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Una riflessione al di là delle polemiche

Nel difficile momento che il popolo di Dio attraversa, Benedetto XVI ha più volte richiamato l’attenzione sulla Chiesa peccatrice e sull’esigenza della conversione quale occasione di rinnovamento.

Il momento attuale di difficoltà che la Chiesa vive può invitare a un atteggiamento difensivo e recriminatorio oppure a un discernimento nel quale il credente cerca di cogliere, nel contesto, una chiamata del Signore. I testi biblici orientano nella seconda direzione. Vengono in mente, ad esempio, le parole di Pietro, secondo il quale, «è giunto infatti il momento in cui inizia il giudizio dalla casa di Dio» (1Pt 4,17), nella consapevolezza che «la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo» (Eb 3,6). In tale direzione, vanno anche i recenti richiami di Benedetto XVI.

Il discernimento – come si vedrà – implica un’autocritica. Questa è connessa a un rattristarsi «secondo Dio», sorgente di «un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte» (2Cor 7,10). L’atteggiamento umile torna sempre a vantaggio della Chiesa, del suo servizio testimoniale al Vangelo, e permette di cogliere come «il segno di Cristo risplenda più chiaramente sul volto della Chiesa» (LG 15).

«Ri-imparare la penitenza, accettare la purificazione»

a) Nel difficile momento che il popolo di Dio attraversa, Benedetto XVI ha più volte richiamato l’attenzione sulla Chiesa peccatrice – a causa del peccato dei suoi membri – e sull’esigenza della conversione. Nella Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, ad esempio, ha scritto che «per riprendersi da questa dolorosa ferita, la Chiesa in Irlanda deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi» e ha aggiunto che l’attuale situazione deve essere vissuta quale occasione di «slancio per un onesto auto-esame e un convinto programma di rinnovamento ecclesiale e individuale».

b) Ancora più incisive e profonde sono state le parole del Papa ai giornalisti, lo scorso 11 maggio, nell’intervista loro concessa durante il volo verso il Portogallo. In riferimento al terzo segreto di Fatima, padre Federico Lombardi ha sollevato la domanda sulla possibilità di «inquadrare... in quella visione le sofferenze della Chiesa di oggi, per i peccati degli abusi sessuali sui minori».

La risposta di Benedetto XVI è stata chiara: «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia... Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali».

c) Nell’incontro con i vescovi italiani riuniti in assemblea generale, il 27 maggio scorso, il Papa ha ripreso i termini dell’intervista appena accennata, nella prospettiva del servizio al Vangelo. Infatti, dopo aver affermato che «la volontà di promuovere una rinnovata stagione di evangelizzazione non nasconde le ferite da cui la comunità ecclesiale è segnata, per la debolezza e il peccato di alcuni suoi membri», ha ribadito che «ciò che è motivo di scandalo, deve tradursi per noi in richiamo a un "profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia"».

Poco prima, Benedetto XVI si era soffermato sul servizio al Vangelo, nel contesto dell’attenzione al compito educativo, privilegiato dai vescovi per i prossimi anni: «Il compito educativo, che avete assunto come prioritario [...] necessita di luoghi credibili: anzitutto la famiglia; la scuola; la parrocchia, "fontana del villaggio", luogo ed esperienza che inizia alla fede nel tessuto delle relazioni quotidiane». Giustamente, a proposito, il Papa ha sottolineato l’importanza dei "luoghi" menzionati, pensando a una testimonianza che passa attraverso la qualità della relazioni: «In ognuno di questi ambiti resta decisiva la qualità della testimonianza, via privilegiata della missione ecclesiale.

L’accoglienza della proposta cristiana passa, infatti, attraverso relazioni di vicinanza, lealtà e fiducia. In un tempo nel quale la grande tradizione del passato rischia di rimanere lettera morta, siamo chiamati ad affiancarci a ciascuno con disponibilità sempre nuova, accompagnandolo nel cammino di scoperta e assimilazione personale della verità».

L’esigenza del servizio testimoniale al Vangelo

a) Una riflessione che voglia riprendere e approfondire il richiamo alla conversione, nella prospettiva del servizio testimoniale al Vangelo, può trovare un valido sostegno in quanto scriveva il padre Yves Congar (1904-1995), nel suo libro Vera e falsa riforma nella Chiesa (prima edizione nel 1950 e seconda edizione nel 1968). Va subito precisato che se, da una parte, i problemi del contesto a cui Congar faceva riferimento non avevano nulla in comune con quelli immediatamente inerenti il momento attuale della vita della Chiesa, dall’altra parte, alcuni fra i punti fondamentali della sua riflessione possiedono un indubbio potenziale per pensare anche l’attualità ecclesiale.

b) In estrema sintesi, il nodo della questione – che qui ci si limita a segnalare fra le considerazioni di Congar – sta in alcune espressioni esteriori della Chiesa, le quali costituiscono praticamente uno schermo al Vangelo, a Dio e al mistero stesso della Chiesa. A proposito, rifacendosi a Jean Guitton (1901-1999), Congar ribadiva l’accusa che molti provano difficoltà ad accettare la parola della fede, a motivo del rivestimento storico sotto cui viene presentato il Vangelo, perché tale rivestimento, di fatto, nasconde la realtà vivente del Vangelo e si presenta con dei tratti estranei ad esso. A proposito, pertanto, Congar suggeriva l’importanza dell’autocritica, motivata dal desiderio di rivedere, aggiornare, purificare tutto ciò che nella Chiesa può limitare o ostacolare l’opera del Vangelo. L’autocritica è sia vantaggio del Vangelo, per non creare cioè ostacoli al suo cammino nel cuore degli uomini, sia provocata dall’esigenza di verità del Vangelo.

In modo specifico, l’autocritica dovrebbe avere due ambiti privilegiati. Il primo è dato dai gesti posti dai cristiani. L’autocritica, qui, non riguarda soltanto la volontà di autenticità dei gesti dei singoli credenti, ma anche le strutture storiche, le forme concrete di esistenza ecclesiale: «L’evangelismo di pensiero e di cuore suppone un evangelismo di condizioni di vita. Tutta la storia della Chiesa e dei santi testimonia che queste cose sono interdipendenti e che è molto difficile pensare evangelicamente quando si porta il peso di una situazione di gloria, di prestigio, di sicurezza e di potenza».

Il secondo ambito concerne le forme della vita concreta della Chiesa, nella chiara consapevolezza che «molti nostri contemporanei accetterebbero un cristianesimo delle origini, ma essi inciampano di fronte alla Chiesa, al di fuori della quale, tuttavia, storicamente e dogmaticamente non si potrebbe trovare il Vangelo. Ciò che li allontana non è il cristianesimo, ma il mondo cristiano, con tutto il non-cristiano a cui è amalgamato e che si ritrova in parecchie strutture concrete, ispirate da una ricerca paternalista dell’influenza, anzi della potenza, dalla stima borghese del denaro, ecc... Ah! Se si potesse rinnovare il volto umano della Chiesa e fare in modo ch’essa appaia meglio come Chiesa di Cristo».

c) Il discernimento, che implica l’autocritica, riporta quindi, inevitabilmente, l’attenzione alla via testimoniale. Infatti, quando i membri del popolo di Dio sono autenticamente fedeli al Vangelo, attestano che la salvezza, portata da Cristo e annunciata dalla Chiesa, veramente ha visitato e continua a visitare l’umanità. In tali condizioni, i testimoni rendono credibile il Vangelo nell’esperienza, nelle relazioni umane sane, sante e santificanti, diventando trasparenza della verità del Vangelo stesso. In modo molto incisivo, LG 15 mostra lo stretto legame tra la purificazione e la testimonianza, quando afferma che «la madre Chiesa... esorta i figli a purificarsi e rinnovarsi, perché il segno di Cristo risplenda più chiaramente sul volto della Chiesa». 

di Nunzio Capizzi

Vita Pastorale n. 7/2010

Letto 1855 volte Ultima modifica il Martedì, 14 Dicembre 2010 17:12

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