La consapevolezza di tante guerre dimenticate sta diventando patrimonio comune. Un po' a fatica, ma la faccenda irachena ha aperto gli occhi di tanti su molte regioni in guerra. È una vittoria del pacifismo, quello genuino che si informa e racconta e alza il simbolo arcobaleno. In questo mesi si sono ascoltate tante parole, inseguite analisi, cercati retroscena. Lo hanno fatto giornalisti onesti che non si sono fermati alla sceneggiata dei soldati sui plastici in tivù. La pace ha bisogno di ragioni e di memoria storica. Non si nutre di semplificazioni. La pace non polemizza. La pace marcia per le strade delle città. Ma i passi sul selciato servivano a svegliare governanti senza idee e senza cultura: Ce l'ha fatta il pacifismo? La risposta emergerà solo tra qualche tempo. Bisognerà capire se le parole di questi mesi troveranno un posto stabile nei cuori e nelle menti. Non sono servite a fermare la guerra, ma hanno inchiodato responsabilità e insinuato dubbi, costretto alla riflessione e non alla sovversione, come invece qualcuno con arroganza ha accusato.
Sotto le bandiere arcobaleno hanno marciato in tanti. Ricordate il presidente ScaIfaro che camminava nella notte a Roma da piazza Venezia al Colosseo? Passi e parole, parole e passi: non é velleitarismo e non lo sarà mai, anche se sempre sarà oggetto di anatemi, di maledizioni, di proscrizioni.
La sfida del pacifismo adesso è sopravvivere oltre le marce. Può farcela perché ha intrecciato alle bandiere parole oneste, testimonianze autorevoli, profonde e convincenti. Che non vanno dimenticate. C'è un libro curato da Ennio Remondino, che aiuta a farlo. Ha raccolto in una sorta di sussidiario gli appelli e le riflessioni di questi mesi. L'ha intitolato in modo provocatorio: Tutti sporchi comunisti?. E la provocazione è salutare, perché lo schieramento è sorprendente: il papa e Jimmy Carter, Gino Strada e Giulio Andreotti, i reduci americani e i gesuiti della Civiltà Cattolica. E poi c'è un altro libro, Segni di pace, pubblicato dall'editrice Ave. Raccoglie altre riflessioni, che riaffermano: la forza del dialogo e della pace. Potrebbe essere il compito nuovo del pacifismo: non dimenticare, non lasciare per strada le parole. Perché chi perde la memoria è uno sconfitto e, in questo caso sì, un velleitario.